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Anna Maria De Concilio, mamma. Sgozzata dal marito mentre tiene in braccio la figlia di 7 mesi (che verrà a sua volta uccisa dal marito, 37 anni dopo)

Napoli, 10 Maggio 1973



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In memoria di

Strangolata dal marito: anche la madre uccisa 40 anni prima (Messaggero Veneto – 26 aprile 2010)
Uxoricidio a Feletto Umberto, emerge una drammatica coincidenza. Lo stesso tragico destino lega la morte di Carmela Cerillo a quella di sua madre: anche lei sarebbe stata uccisa dal marito, nel 1973
Un destino oscuro ha portato madre e figlia a morire nello stesso modo, uccise dai mariti, a 40 anni di distanza l’una dall’altra. E’ la drammatica analogia che unisce la storia di Carmela Cirillo, di 38 anni, strangolata dal marito, Salvatore Guadagno, di 39 anni, ieri sera, nella loro casa di Feletto Umberto (Udine), a quella della madre.
LA CRONACA DELL’OMICIDIO DI FELETTO UMBERTO
Carmela era nata nel 1972, a Pollena Trocchia (Napoli), terza di tre fratelli. Ma a pochi mesi d’età era già rimasta orfana di madre: suo padre, Raffaele Cerillo, gliela aveva ammazzata. Movente e modalità si sono persi nei meandri del passato: neppure i figli, allora troppo piccoli, lo ricordano. Una cosa, però, è certa: per quel delitto, Raffaele Cerillo scontò 16 anni di carcere. Quando si dice il destino. Tragico e insolente. Capace di riservare la stessa atroce fine alla figlia: strappata alla vita a soli 38 anni, per mano di un marito così geloso, da arrivare al punto di strangolarla e negare anche ai loro due figli l’indispensabile amore della madre.
Il particolare – un’agghiacciante coincidenza che, di fatto, nulla aggiunge alle indagini – è emerso ieri, durante gli accertamenti che i carabinieri, che alle 19.30 di domenica, a Feletto Umberto, hanno arrestato Salvatore Guadagno, operaio della Fincantieri, originario di Casalnuovo di Napoli, 39 anni da compiere giovedì, per l’omicidio della moglie Carmela Cerillo, bidella all’istituto professionale Ceconi di Udine, stanno conducendo sul caso.
É stato uno dei due fratelli della donna, arrivato con alcune zie ieri stesso a Udine, direttamente da Napoli, dove abita, a riferire l’episodio al comandante del Nucleo investigativo, capitano Fabio Pasquariello. Era il 1973. Il ricordo è lontano, confuso, forse inconsciamente rimosso. Pare che per liberarsi della moglie, Annamaria De Concilio, il padre Raffaele si limitò a spingerla giù dalle scale. Niente sangue neppure allora, a Napoli. Ma, ieri come adesso, una famiglia irrimediabilmente lacerata.
La sera prima, era toccato al cognato Mauro – che con la moglie Carmelina, una delle due sorelle di Guadagno (l’altra abita a Udine), e con i suoceri vive nell’appartamento vicino a quello in cui si è consumato il delitto, al primo piano del condominio di via Cavour che fa angolo con via XXIV maggio – essere sentito dai carabinieri. É stato lui l’ultimo a vedere la coppia: aveva trascorso il pomeriggio a casa loro e insieme a Salvatore aveva guardato le partite di calcio alla televisione. Nel frattempo, Carmela – stando a quanto raccontato agli investigatori – aveva sistemato casa e si era poi andata a riposare. I figli – Annamaria, di 18 anni, e il fratello P., di 13 anni –, invece, si trovavano entrambi fuori casa.
Terminate le partite, il cognato se n’era andato al parco con i propri figli e con la madre e la sorella di Salvatore. Ed è proprio lì che, verso le 19.30, cioè una quarantina di minuti dopo avere strangolato la moglie, l’operaio ha raggiunto telefonicamente Carmelina, per informarla di quello che aveva fatto e chiederle di tornare a casa. Poi si è affacciato al balcone e ha avvertito anche la vicina, sollecitandola a chiamare i carabinieri. Ma nel frattempo, forse in preda al più devastante dei rimorsi, ha digitato a sua volta il 112 e si è autodenunciato.
Un caso apparentemente già chiuso, quello che domenica sera ha sconvolto la bella, ordinata e tranquilla frazione di Feletto. Ma sul quale gli inquirenti hanno continuato a lavorare per tutta la giornata di ieri, per chiarire, prima di tutto, quale fosse – o meglio – a quale punto di logoramento fosse giunto il rapporto tra i due coniugi e se l’uomo abbia agito sotto l’effetto di un’ira incontrollabile o in maniera premeditata.
«L’ho uccisa, perchè mi tradiva», ha esclamato Salvatore ai carabinieri che, una volta entrati nell’appartamento, lo hanno trovato in cucina, inginocchiato sul corpo senza vita della moglie. Una versione, quella del delitto passionale, che troverebbe conferma anche nelle verifiche effettuate ieri. I conoscenti e gli amici convocati nel pomeriggio nella caserma del Comando provinciale di viale Trieste hanno parlato di una relazione coniugale contrassegnata da frequenti liti e Salvatore è stato descritto come un uomo manesco. E capace, secondo i carabinieri che lo hanno prelevato e interrogato prima di portarlo in carcere, di rimanere lucido, pur nella prostrazione del delitto appena compiuto.