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Lucia Bellucci, 31 anni, estetista. Uccisa dall’ex fidanzato che dopo 10mila messaggi la porta a cena, la fa bere e la uccide a coltellate, la infila nel bagagliaio e parcheggia nel garage della madre.

Pinzolo (Trento), 9 Agosto 2013

luciaLei lo aveva lasciato ma lui le aveva inviato più di 10mila messaggi e alla fine lei aveva accettato l’invito per la loro ultima cena. 

 

 

MADONNA DI CAMPIGLIO (TRENTO) - DONNA 31ENNE SI VEDE CON L'EX, LUI LA UCCIDE E NASCONDE IL CADAVERE NELL'AUTOVittorio Ciccolini, 45 anni, avvocato. Narcisista ma sano. Ama Kant, il tennis, i funghi e le macchine di lusso. Non sopportava di essere stato lasciato, di vedersi rifiutato: un insulto al suo orgoglio di 45enne di successo. Condannato a 30 anni con rito abbreviato.

 


Titoli & Articoli

Il Messaggero
«Una personalità disarmonica con tratti narcisistici e borderline che non esclude la capacità di intendere e di volere». Questo in sintesi il ritratto psicologico dell’avvocato veronese Vittorio Ciccolini, accusato dell’omicidio di Lucia Bellucci avvenuto il 9 agosto scorso a Pinzolo, contenuto nella perizia redatta da Gabriele Rocca, l’esperto dell’Università di Genova nominato dal gip della Procura di Trento Gabriele Forlenza. Il perito afferma che «il narcisista si crede speciale e unico ed è alla ricerca del successo, della bellezza e dell’amore ideale». Quell’amore ideale che l’avvocato veronese avrebbe cercato in Lucia Bellucci, della quale però non avrebbe accettato l’abbandono. La prima udienza del processo è fissata per il 23 gennaio.

Il Messaggero
Il progetto di morte aveva preso corpo prima in un libro. Poi purtroppo la fine tragica di quella storia, Vittorio Ciccolini l’ha scritta davvero col sangue della sua povera vittima. Dal computer sequestrato all’avvocato veronese subito dopo l’arresto per l’omicidio della 31enne pergolese Lucia Bellucci, è saltata fuori la bozza di un romanzo. Si tratta di pezzi di un racconto, scritto da Ciccolini, che parla di un tennista (e quindi di Ciccolini, appassionato giocatore di tennis) che decide di suicidarsi dopo essere stato lasciato dalla sua fidanzata. Fidanzata che, guarda caso, si chiama Lucia e che vuole portare con sé nel suo ultimo viaggio. Il file è risultato modificato il 2 agosto.
Otto giorni dopo, Lucia Bellucci viene uccisa, trasportata per ore nella sua auto e lasciata ormai senza più vita nel garage della casa della madre dove è poi stata ritrovata dalle forze dell’ordine. E’ questo un ulteriore elemento che va a pesare sulla posizione del legale veronese al quale l’altro ieri il pm trentino Maria Colpani ha già contestato altre due aggravanti, oltre alla premeditazione, ovvero la minor difesa della vittima e i motivi abietti.
In pratica, Ciccolini ha ucciso approfittando del fatto che i riflessi della donna erano rallentati per via del vino bevuto durante la cena consumata insieme qualche ora prima del delitto. L’ultima cena alla quale il veronese aveva convinto Lucia ad andare per darsi l’addio in amicizia. In realtà, una trappola mortale. La ragazza, come hanno stabilito gli esami autoptici, aveva un tasso alcolemico di 1,81. Dunque la sua capacità psicomotoria era decisamente rallentata. E di questo avrebbe approfittato. In più, per la Procura trentina, Ciccolini ha ucciso per motivi abietti. Non per gelosia, che per giurisprudenza viene riconosciuta come sentimento che scatena reazioni forti ed estreme, ma per mera volontà di possesso. Per lui, l’essere rifiutato era stato un atto di insubordinazione inaccettabile. Al punto da lavare l’onta nel sangue.
Poi sarebbe dovuto toccare anche a lui. Almeno così era scritto nel romanzo sul pc dell’avvocato. E così Ciccolini ha detto agli inquirenti subito dopo l’arresto. Ma alla fine quella parte è rimasta sul foglio. Non è diventata realtà.
Anche se sembra che l’uomo fosse davvero deciso a togliersi la vita. E lo proverebbe, come riporta il quotidiano l’Adige, il ritrovamento fatto qualche giorno fa grazie al fiuto del cane di una veronese in lungadige Attiraglio dove sono saltati fuori, tra i ciuffi di erba, la carta d’identità e le due carte di credito intestate a Vittorio Ciccolini. La donna ha subito avvisato i carabinieri che hanno sequestrato le tessere in attesa delle analisi. L’avvocato avrebbe quindi provato a buttarsi nel fiume e a lasciarsi affogare. Poi però ha desistito. Magari sarà lui a chiarire questo e altri aspetti nel processo che si aprirà il prossimo 6 marzo.

Corriere del Veneto
Per un giorno, dalla cella del carcere di Trento dove si trova rinchiuso ormai da due mesi, è «tornato» a indossare la toga da avvocato. Vittorio Ciccolini, il legale veronese di 45 anni reo confesso dell’omicidio a coltellate della sua ex fidanzata Lucia Bellucci, la 31enne marchigiana uccisa in Trentino il 9 agosto scorso, ha impugnato carta e penna per scrivere agli ex colleghi di studio. Una missiva, quella posta nero su bianco da Ciccolini alcuni giorni fa, in cui è lui stesso a fornire precise e dettagliate indicazioni agli ex soci su come fronteggiare i casi dei «suoi» clienti, quelli che lui assisteva e rappresentava in tribunale fino a quel maledetto raptus omicida di due mesi fa. Erano stati i suoi ex colleghi di studio a chiedergli indicazioni su come procedere e Ciccolini, nel dare loro risposta, ha spiegato con chiarezza e lucidità come procedere con ciascun contenzioso in ballo, a cominciare da quelli su cui erano previste a settembre scadenze urgenti.
Segno che, forse, a distanza di sessanta giorni da quella sua esplosione di follia che non ha lasciato scampo alla bellissima e incolpevole Lucia, l’avvocato scaligero potrebbe aver superato l’iniziale stato di choc e confusione in cui era sprofondato dopo quell’agghiacciante delitto di cui si è macchiato. Lo si capisce, forse, anche da quell’«abbraccio» che Ciccolini ha inviato, sempre attraverso la sua recente missiva, ai due ex compagni di studio.
Queste, in ogni caso, sono per lui ore importanti: con l’affidamento ufficiale della perizia psichiatrica, domani mattina in sede di incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari di Trento Francesco Forlenza, inizierà infatti il delicato e complesso compito dei due esperti chiamati a scandagliare la sua mente. In ballo, del resto, si pone quella contestata tesi dell’infermità mentale sollecitata dalla difesa del legale scaligero. Spetterà dunque a Gabriele Rocca, del Dipartimento di Medicina legale, psicologia Medica e Criminologica dell’Università di Genova (esperto individuato dal gip) e da un criminologo scelto dagli stessi difensori, nello specifico, a dover appurare in Ciccolini l’esistenza di una «possibile sottostante personalità di tipo ossessivo-compulsivo».
Non solo, perché il giudice Forlenza venerdì solleciterà anche un approfondimento clinico- naturalistico «poiché si porrebbe un problema di incompatibilità tra premeditazione e un virtuale vizio parziale di mente (che andrà ovviamente accertato)». Ma non è ancora finita qui, perché qualora fosse verificata in Ciccolini «una capacità grandemente scemata», il gip Forlenza chiederà al proprio perito che «venga analizzato anche il fenomeno della premeditazione, e cioè se sia o meno indipendente dall’infermità che può aver causato il vizio parziale o se sia sintomo del processo proprio della malattia». Una «malattia» che, due mesi fa, avrebbe indotto Ciccolini ad acquistare in centro a Verona un coltello da marine e ad infierire a morte, colpendola più volte tra cui anche al cuore, sulla «sua» Lucia, la fascinosa estetista che lo aveva lasciato. Un rifiuto che Ciccolini, però, non era mai riuscito ad accettare. Tanto da diventare da avvocato a omicida.

Blitz Quotidiano
“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”, Vittorio Ciccolini ama Kant e lo ha citato nel suo curriculum. Tennis, macchine sportive e bella vita. Vittorio Ciccolini, 44 anni, avvocato di Verona ha accoltellato e ucciso Lucia Bellucci, poi ha caricato il suo cadavere nella Bmw per poi tentare la fuga a piedi non lontano dal box della casa di sua madre, dove aveva nascosto la macchina con il corpo della donna. Alla vista dei Carabinieri Vittorio Ciccolini si è messo a correre (da qui la prima versione, secondo la quale stava facendo jogging), ma è stato fermato sul posto per accertamenti ed è stato portato in caserma in stato di fermo: in quel momento però non sapeva ancora che il corpo della giovane era già stato rinvenuto.
Chi è Vittorio Ciccolini? Laureato in Giurisprudenza all’Università di Modena si occupa di affari penali, anche in qualità di difensore d’ufficio. Su Facebook Ciccolini racconta che oltre alla passione per il diritto, ama la lettura di testi filosofici di Kant, la pratica del tennis “a buon livello, dello sci e la ricerca di funghi, in particolare Boletus edulis e Cantharellus cibarius”. Nel tennis, in particolare, Ciccolini, iscritto al circolo “A T Verona”, ha fatto parte della squadra degli avvocati veronesi che ha vinto il titolo italiano di categoria.
Ha ucciso Lucia Bellucci venerdì scorso dopo una cena al ristorante «Mezzo Soldo» di Spiazzo Rendena, vicino a Madonna di Campiglio. Vittorio Ciccolini ha raccontato in lacrime durante l’interrogatorio alla procura di Trento, che negli ultimi due giorni ha vagato lungo le rive dell’Adige cercando il coraggio di tentare il suicidio. Perché ha ucciso Lucia Bellucci? Aveva paura di essere denunciato per stalking secondo le prime indiscrezioni filtrate dalla procura. “Non sopportava di essere stato lasciato, di vedersi rifiutato da ormai due anni: un insulto al suo orgoglio di 45enne di successo.”
“Erano entrambi molto eleganti, sono arrivati verso le 19 e la cosa che più mi ha colpito erano le premure che lui usava verso lei.” Racconta Rino Lorenzi, il titolare del ristorante: “La loro è stata una cena normalissima. Lui aveva chiamato per prenotare un tavolo – spiega Lorenzi – e sembrava la volesse riconquistare.” Lucia Bellucci, originaria di Pergola (Pesaro-Urbino), alla fine della scorsa settimana aveva preso alloggio in un paese della val Rendena e oggi (13 agosto) si sarebbe dovuta presentare all’hotel Chalet del Brenta a Pinzolo, non lontano da Madonna di Campiglio, dove era stata assunta come addetta al centro benessere.

il Resto del Carlino
Omicidio Lucia Bellucci, la sorella: “Non sono riuscita a salvarla dal mostro”
OTTOCENTOSESSANTA pagine di messaggi solo negli ultimi due mesi. E’ stata una vera persecuzione quella messa in atto dall’avvocato Vittorio Ciccolini nei confronti dell’ex fidanzata Lucia Bellucci (si erano lasciati a fine 2012) nelle settimane che hanno preceduto l’assassinio. A rivelarlo, a pochi giorni dal processo, che si celebrerà l’8 ottobre a Trento, è la sorella della vittima, Elisa: «Ho scaricato sul computer tutti gli sms di Ceccolini che erano contenuti nello smartphone di Lucy inviati dall’inizio di giugno dell’anno scorso al 9 agosto (data dell’omicidio, ndr) e ci ho riempito 860 pagine del programma Word. In pratica 15 pagine al giorno, un’infinità di messaggi, in tutto forse più di 10mila, molti dei quali “pesantissimi”: minacce di suicidio, cattiverie… che poi si trasformavano in parole d’amore per ridiventare subito dopo frasi volte a scatenare sensi di colpa. Sapevo che la “tartassava” e che Lucia ci stava molto male, con ripercussioni anche sulla sua salute, tanto che a volte mi chiamava e mi diceva che aveva il vomito, ma non avrei mai immaginato una cosa del genere. Se solo avessi controllato una volta il telefono di mia sorella quand’era in vita le avrei detto subito di stargli assolutamente lontano e di denunciarlo».
ELISA, poi, ci tiene a precisare un aspetto: «E’ incomprensibile — afferma — che anche di fronte ad un reato cosi grave come un omicidio, spesso donne incolpevoli debbano essere messe sotto esame più di quanto accada all’assassino. Si scava nella loro vita, nel loro passato, quasi si volesse per forza colpevolizzarle di qualcosa. Questo atteggiamento di pregiudizio e di discriminazione è gravissimo. E’ stato commesso il reato peggiore, il colpevole è uno e non ci sono fotoromanzi da raccontare. Mia sorella era una ragazza normale, semplice, dolcissima, adorata da tutti, con una sua storia fatta di momenti belli e brutti, come accade a ciascuno di noi. L’unica sua colpa è stata quella di avere incontrato sulla sua strada un mostro e di avergli dato fiducia. E’ stata attirata in una trappola con l’inganno, facendo leva sul senso di colpa, con il ricatto, con la scusa del “lasciamoci da amici, vediamoci l’ultima volta e poi giuro che non ti stresso più”. Un tranello nel quale donne troppo buone cadono spesso. Ciccolini deve vergognarsi di se stesso e riflettere per il resto della sua vita sul male che ha fatto e che ha dentro di sé. Se fosse realmente pentito, non avrebbe la forza neppure di difendersi e accetterebbe le conseguenze dell’orrore che ha compiuto, perché non solo la vita di Lucia ma anche la nostra vita, mia, di mio fratello Carlo e dei nostri genitori Giuseppe e Maria Pia, è distrutta per sempre a causa sua».
GIOVEDÌ a Pergola, con inizio alle 21,si terrà la fiaccolata organizzata dall’amministrazione comunale in ricordo di Luciache proprio il 2 ottobre avrebbe compiuto 33 anni, poi, l’8, come detto, si celebrerà il processo al Tribunale di Trento a carico di Ciccolini, con rito abbreviato, così come richiesto dai suoi 3 legali. Processo che sarà seguito dal sindaco pergolese Baldelli e al quale parteciperanno il babbo, la mamma, il fratello gemello, la sorella e lo zio paterno della vittima, Alfonso, a cui spettò il drammatico compito del riconoscimento il 12 agosto dell’anno scorso. Ci saranno anche i legali di tutte le parti civili: oltre alla famiglia, l’ex marito di Lucia, Paolo Cecchini; il fidanzato Marco Pizzarelli e l’associazione veronese contro il femminicidio, “Isolina”.

il Resto del Carlino
Delitto Bellucci: l’Appello non fa sconti, trent’anni a Ciccolini
Nessuno sconto per Vittorio Ciccolini, reo confesso dell’efferato omicidio di Lucia Bellucci (foto), la 31enne di Pergola, bellissima, che dirigeva un centro benessere a Madonna di Campiglio. La Corte d’Assise di Trento, davanti alla quale si è svolta oggi la seconda e conclusiva udienza del processo d’appello nei confronti dell’avvocato veronese che il 9 agosto di due anni fa uccise l’ex fidanzata con un coltello da marines (quattro fendenti, dei quali il primo dritto al cuore), ha confermato la pena che era stata inflitta all’uomo, 47enne, nell’ottobre del 2014 con rito abbreviato: 30 anni di reclusione, equivalenti all’ergastolo dell’ordinario.
Ad emettere la sentenza, un collegio composto da due giudici togati e sei popolari dopo sette ore di camera di consiglio. In aula, uno accanto all’altro, il papà di Lucia, Giuseppe, la mamma Maria Pia e il fratello gemello Carlo, che alla lettura del dispositivo si sono stretti in un emozionante ed emozionato, lunghissimo, abbraccio.
Non era presente, invece, l’assassino, rimasto nella sua cella del carcere di Gardolo (località a nord di Trento), da dove un mese fa ha inviato una lettera ai genitori di Lucia, nella quale diceva di provare «profonda vergogna», esprimendo il desiderio di uscire «da una condizione minorata, al cui interno e per la quale ho agito e dalla quale sono stato agito» senza, però, mai chiedere perdono in maniera esplicita per l’atrocità compiuta.
Quel maledetto 9 agosto 2013 Lucia, che dopo la fine della storia con Ciccolini si era rifatta una serenità accanto al suo nuovo amore, il medico catanese Marco Pizzarelli, aveva accettato di avere un incontro chiarificatore con l’ex fidanzato e i due avevano cenato al ‘Mezzosoldo’, un ristorante chic di Spiazzo in Val Rendena, lungo la strada che porta a Campiglio. Usciti dal locale della ragazza non si seppe più nulla, fino al ritrovamento del suo corpo, senza vita, tre giorni dopo a Verona, all’interno della Bmw dell’uomo, parcheggiata in garage. «Per i miei assistiti – sottolinea l’avvocato Giuseppe Galli, che tutela i familiari della vittima, unitamente al collega Francesco Colotti dello studio legale Bongiorno di Roma – quella di oggi è una sentenza liberatoria. Nessuno ridarà loro Lucia, ma almeno giustizia è fatta. Sentenze come questa danno forza alla giustizia e fanno sentire il cittadino tutelato».

L’Arena
Omicidio di Lucia Bellucci, parla il padre: «Nessun risarcimento, come se la sua vita non avesse valore»
Il 4 ottobreLucia Bellucciavrebbe compiuto 40 anni. Otto anni fa, il 10 agosto, l’avvocato Vittorio Ciccolini, il suo ex fidanzato la uccise. La loro storia era finita, lui chiese un appuntamento alla sua ex che nel frattempo da Pergola dove viveva in provincia di Pesaro Urbino era andata a lavorare in una Spa in Trentino, lei era estetista. Con la scusa di quell’incontro, poi l’ammazzò.
«Negli anni scorsi, assieme a nostri familiari ed agli amici di Lucia organizzavamo una passeggiata in paese. Era il nostro modo di ricordarla. La pandemia ha fatto interrompere questa tradizione e quest’anno non ci siamo sentiti di riprenderla», dice Giuseppe Bellucci, il padre di Lucia. «Non passa giorno che mia moglie ed io assieme ai fratelli di Lucia, che aveva un gemello, non ci chiediamo come sarebbe stata la sua vita. Vita è una parola grande. Noi abbiamo sempre dato un grande valore a questa parola, ma ci siamo resi conto che invece la vita di nostra figlia non ha avuto un valore per il suo omicida e non ha avuto un valore quantificato dopo che le era stata tolta», riflette papà Giuseppe, «non abbiamo ricevuto alcun risarcimento per la morte di Lucia. Negli anni del processo abbiamo fatto fare accertamenti patrimoniali sul suo assassino ed è risultato che l’avvocato Ciccolini fosse nullatenente. Lui ha tolto la vita a nostra figlia, lui è in carcere, ma non abbiamo avuto nessun indennizzo, avremmo dovuto intentare una causa civile, non ce la siamo sentiti eravamo psicologicamente molto provati. Magari quel danaro poteva servire ad aiutare i fratelli».
Il tempo passa, più per gli altri che per i familiari. «Nel tempo, il dolore è rimasto soltanto nostro. Come è normale che sia», aggiunge il dottor Giuseppe, che era medico, ora è in pensione, «mia moglie un anno o due fa, scrisse una lettera a quell’essere. Non so esattamente cosa gli abbia scritto anche perché non ho voluto leggerla, non ho approvato questa sua decisione. Ma lei aveva sentito la necessità di chiedergli il perché di questo suo gesto. Lui ha risposto. Mi risulta, ma non ho voluto leggere la lettera, che abbia chiesto scusa ma capite bene che sono scuse indotte. Da parte sua non c’è stato alcun gesto spontaneo. Lui sottolineava spesso che «è stato agito» lasciando intendere un vizio mentale, parole senza senso. Durante il processo noi abbiamo temuto che gli venisse riconosciuta la parziale infermità di mente, così non è stato. Io ero un medico condotto forse tra i pochi che ancora avevano la condotta sono andato in pensione lo scorso anno. Andare in pensione non è stato di grande giovamento la professione mi aiutava a non pensare. Immaginavo che la mia vecchiaia fosse diversa, la perdita di un figlio non è un dolore descrivibile, ci convivi non lo superi», conclude. (di Alessandra Vaccari)

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