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Vito Tronnolone, 65 anni, pensionato, padre. Uccide la moglie e i due figli a colpi di pistola, poi si suicida

San Fele (Potenza), 9 Agosto 2014


Titoli & Articoli

Uccide la moglie e i due figli, poi si toglie la vita. Tragedia in Basilicata
Tragedia familiare a San Fele, nel potentino, dove un uomo ha ucciso moglie e due figli e poi si è tolto la vita. San Fele è un comune di 3.085 abitanti situato nella parte nord-occidentale della Basilicata, tra il Monte Castello e il Monte Torretta e fa parte della Comunità Montana del Vulture. L’uomo si chiamava Vito Tronnolone, pensionato di 65 anni, e ha ucciso la moglie Maria Stella Puntillo, di 57, e i figli Luca di 32 e Chiara 27 anni, con una pistola che è stata trovata dai carabinieri. La famiglia Tronnolone viveva in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze), da oltre trent’anni: erano a San Fele da una ventina di giorni per trascorrervi un periodo di vacanza.
La sofferenza della famiglia era legata alle condizioni di disabilità di uno dei figli sarebbe all’origine del triplice omicidio e del suicidio avvenuto stamani in una casa di San Fele (Potenza). Il capo famiglia – che viveva in Toscana da circa un anno e da qualche giorno era tornato in Basilicata – pare non sopportasse più la sofferenza causatagli dalle condizioni di uno dei figli.
PARENTI SOTTO CHOC «Siamo tutti sotto choc, che devo dire di più? Lasciateci in pace. Stiamo partendo, andiamo là». Così rispondono al telefono nell’abitazione della sorella di Vito Tronnolone, che stamani a San Fele (Potenza) ha ucciso moglie e due figli e poi si è ucciso. Prima di suicidarsi l’uomo ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze). «No, non ho risposto io – aggiunge la signora al telefono – io sono la nipote. Siamo talmente sotto choc che chiediamo solo di essere lasciati in pace».

Follia a Potenza, uccide moglie e figli e si spara
Drammatico caso di omicidio-suicidio in Basilicata. Un pensionato di 65 anni, ex carrozziere, ha ucciso il figlio disabile, l’altra figlia, la moglie e si è suicidato. È accaduto a San Fele, paese dell’appennino lucano in provincia di Potenza. È ancora mistero sul movente della strage: all’inizio si era pensato che a far scattare la follia dell’uomo potrebbe essere stata proprio la condizione di disabilità di uno dei due figli, Luca, di 32 anni, ma c’è un altro elemento su cui si concentra l’attenzione degli inquirenti: l’uomo proprio ieri era andato all’ospedale di Potenza per alcuni controlli. L’altra figlia, Chiara, aveva 27 anni; la moglie, Maria Stella Puntillo, ne aveva 57. I carabinieri hanno trovato la pistola usata per il massacro, regolarmente detenuta. L’uomo si chiamava Vito Tronnolone e prima di portare a compimento il suo folle gesto ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana, dicendo: “Ho ammazzato tutti e ora mi ammazzo io”. La famiglia Tronnolone viveva in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze), da oltre trent’anni: erano a San Fele da una ventina di giorni per trascorrervi un periodo di vacanza.  “Siamo tutti sconvolti”: questo il primo commento di Donato Sperduto, il sindaco di San Fele, arrivato vicino all’abitazione della famiglia Tronnolone, dove è giunto anche il pm di Potenza, Anna Gloria Piccininni. Nessuno, tra parenti e amici della famiglia, aveva notato “segnali” che potessero far intuire l’intenzione di compiere una strage da parte di VitoTronnolone. All’esterno dell’abitazione di campagna alcuni parenti, disperati per i quattro morti, raccontano però che negli ultimi giorni il capofamiglia “era più ansioso del solito, perché era molto preoccupato per il suo stato di salute”. Tra le lacrime una sorella di Maria Stella Puntillo, moglie di Tronnolone, ricorda “quel povero innocente di Luca”, il figlio disabile: “Per noi era sempre un bambino, non riusciamo acapire che cosa sia successo”.  

Famiglia sterminata, bare bianche per i figli
Diverse centinaia di persone hanno partecipato nel pomeriggio, nel Parco della Rimembranza, nella villa comunale di San Fele (Potenza), ai funerali dei quattro componenti della famiglia Tronnolone, sterminata sabato scorso dal padre Vito, di 65 anni, che, nell’abitazione dove avrebbero dovuto trascorrere un periodo di vacanza, ha ucciso la moglie, Maria Stella Puntillo, di 57, e i figli Luca (32) e Chiara (27) e poi si è suicidato. Per i due giovani (Luca aveva un leggero ritardo mentale) uccisi dal padre, sono state scelte due bare bianche: durante l’omelia il vescovo di Melfi, monsignor Gianfranco Todisco, ha lanciato un invito “a non giudicare” il gesto compiuto dal carrozziere in pensione.
Alla cerimonia hanno preso parte, con la fascia tricolore, anche i sindaci di San Fele, Donato Sperduto, e di Lastra a Signa, Angela Bagni: da oltre trent’anni la famiglia Tronnolone viveva nel Comune in provincia di Firenze. Sia a San Fele sia a Lastra a Signa oggi è stata una giornata di lutto cittadino.

Strage della famiglia Tronnolone, la pistola non doveva uscire dalla Toscana
La pistola con la quale Vito Tronnolone ha sterminatao la sua famiglia, togliendosi poi la vita, era legalmente detenuta. Ora quella calibro 38 è al centro delle indagini dei carabinieri. Gli investigatori stanno infatti vagliando anche l’ipotesi che l’uomo avesse in mente da diverso tempo di compiere la strage. Ma l’arma della strage doveva essere custodita nella casa di Lastra a Signa (Firenze), dove la famiglia viveva da oltre trent’anni. Prima di partire, Tronnolone non ha chiesto l’autorizzazione alla questura di Firenze per il trasferimento dell’arma e ha quindi illegalmente viaggiato dalla Toscana alla Basilicata con la pistola e con un fucile, che è stato trovato nell’abitazione dove e’ stata compiuta la strage. Il capofamiglia, la moglie e il figlio disabile, di 32 anni, erano arrivati a San Fele una ventina di giorni fa, mentre la 27enne era giunta in Basilicata solo due sere prima del triplice omicidio. Tutti insieme avrebbero dovuto trascorrere un periodo di vacanza nella villetta di campagna dove ieri sono stati scoperti i quattro cadaveri. I carabinieri, coordinati dal pm Anna Gloria Piccininni, hanno ascoltato alcuni parenti e conoscenti di Tronnolone: diversi hanno confermato che da qualche giorno il pensionato – che la sera prima si era recato al pronto soccorso dell’ospedale di Melfi (Potenza) per alcuni controlli – era piu’ nervoso e ansioso del solito, lamentando problemi di saluteLa preoccupazione per una grave malattia, con il conseguente timore di non poter piu’ occuparsi della famiglia e, in particolare, del figlio disabile, potrebbe essere stato il movente della strageGli investigatori hanno anche ascoltato la sorella di Tronnolone, che vive a Lastra a Signa e a cui l’uomo ieri mattina ha telefonato riferendo di aver ucciso i suoi tre famigliari e annunciando che si sarebbe suicidato.
Le quattro salme della famiglia Tronnollone sono nell’obitorio dell’ospedale San Carlo di Potenza, dove nella giornata di domani dovrebbero essere eseguite le autopsie disposte dal pm Anna Gloria Piccininni che coordina le indagini: solo in seguito sarà decisa la data dei funerali. Da ieri pomeriggio, quando le salme sono state portate via dal luogo della strage, sono centinaia le persone che si sono recate al San Carlo in segno di vicinanza alla famiglia. Il sindaco di San Fele, Donato Sperduto, ha proclamato il lutto cittadino per la giornata in cui saranno celebrati i funerali delle quattro persone – che vivevano da oltre trent’anni a Lastra a Signa – e ha disposto l’interruzione delle manifestazioni estive. Anche oggi, giornata di festa, il paese dell’Appennino lucano e’ sotto shock e in molti continuano a ripetere che “Vito era una brava persona, a capo di una famiglia serena”. Nelle ore successive alla strage, inoltre, decine di persone su Facebook hanno lasciato un commento – quasi tutti di condoglianze ma qualcuno anche di sdegno e di rabbia – alla foto postata da Vito Tronnolone il 7 agosto scorso con l’immagine della figlia Chiara seduta su un divano della villetta di San Fele e la frase “Bello averti qui con noi”. 

Strage della famiglia Tronnolone. Il dolore, la depressione e la paura del futuro. “Ho ucciso tutti, ora la faccio finita”
CHIARA, 27 anni, fidanzata, era rimasta per alcuni giorni da sola nella villetta a schiera di famiglia, in un’area verde poco fuori Malmantile, località ‘Quattro strade’. Trattenuta a casa da motivi di lavoro, avrebbe raggiunto poi la sua famiglia. Poteva salvarsi, Chiara. Invece il giorno dopo essere arrivata a San Fele, nel Potentino, è stata travolta anche lei dall’esplosione di follia di suo padre Vito, 65 anni, carrozziere in pensione. L’uomo aveva descritto la strage in diretta inviando messaggi sms («Ho ammazzato tutti, ora mi ammazzo») a una delle due sorelle: Lucia, l’altra è Maria, la più anziana, abitano alla Lastra, dove Giuseppe e Marilena, figlie di Maria, e nipoti di Vito, hanno un negozio di parrucchiere, vicino alla ludoteca. «La depressione si stava facendo strada nella sua testa, ogni giorno di più, fino a sconfinare nella follia. Vito, uomo mite, era un padre amorevole e affettuoso, vi raccomando di evidenziarlo — racconta Valter Anichini, vicino di via del Gelsomino — ma si vedeva che era un uomo infelice. Da qui a ritenerlo capace di fare una cosa del genere però ne passa. Purtroppo il dolore che si rinnova di giorno in giorno diventa un’oppressione». Dolore, oppressione, senso di inadeguatezza.
Paura del futuro: tutti i giorni che Dio mette in terra. Il timore — anche per qualche problema di salute — di non poter più provvedere alla famiglia: la moglie Maria Stella Puntillo, 57, casalinga, la figlia occupata in modo saltuario, in un albergo, poi centralinista al Pignone e l’altro figlio, Luca, 32 anni, affetto da autismo. Li vedevano spesso al parco, insieme. Ogni mattina, durante la settimana, Luca era preso in custodia dai volontari di un’associazione di assistenza e trasportato in un centro diurno a Firenze. Si legge a proposito di questa problematica nella relazione intitolata ‘Progetto autismo-Montedomini diurno e residenziale per adulti’ che «occorre diffondere la consapevolezza che l’autismo è un problema che riguarda l’intero arco della vita… la situazione degli adulti affetti da autismo è fortemente condizionata dalla grave carenza di servizi progettualità e di programmazione per il futuro che produce troppo spesso un carico esorbitante per le famiglie col rischio di perdita di autonomie e abilità faticosamente raggiunte, di abusi di interventi farmacologici per sopperire alla mancanza di idonei interventi psicoeducativi o di adeguata organizzazione dei contesti e degli spazi vitali, di istituzionalizzazioni fortemente segreganti in quanto puramente custodialistiche e restrittive. Vi è quindi la esigenza di una presa in carico che si muova per tutta la vita delle persone con autismo dall’infanzia all’età adulta e anziana». Una situazione che sarebbe durata per sempre, ha fatto da detonatore nella mente già duramente provata di Vito, affettuoso con il suo Luca, rimasto «con il cuore, i sorrisi e gli slanci affettivi dei bambini» come lo racconta un’altra vicina: «Ho due figli con problemi di disabilità. Ma le assistenti sociali di Lastra a Signa fanno un lavoro eccezionale. E il Comune ha avviato un progetto per favorire l’inclusività, attraverso lo sport, di ragazzi con disabilità. Mi dispiace tanto, mi dispiace soprattutto non essere andata con questa famiglia oltre il buongiorno e buonasera. Quell’uomo, Vito, lo vedevo spesso fuori in terrazza. Era un suo momento di evasione o forse era come se in qualche modo volesse chiedere un aiuto. A me adesso dispiace non aver colto per tempo quel segnale, di non aver fatto di più». Del resto Vito nonostante tutto non si lamentava mai. Racconta una delle amiche di Chiara che Vito «teneva dentro tutto il suo dolore, forse troppo e non ce l’ha fatta piu». Piange disperata Salvatrice Ferrara, che vive proprio dirimpetto rispetto alla casa della famiglia sterminata: «Noooo, Luca nooooo. Appena mi vedeva mi chiamava e mi abbracciava. Erano buoni vicini, era una buona famiglia, ma avere un figlio e non poterci sperare…». La notte alcuni vicini sentivano Luca: si alzava, gridava o dava colpi sul letto. I genitori erano stremati, la sorella sempre affettuosa con quel fratello sfortunato, possibile, involontaria concausa della devastazione di una famiglia.Uomo uccide la moglie e due figli poi si spara. La figlia su fb: che belle le sere in famiglia
Quattro persone sono morte a San Fele (Potenza) in seguito a un omicidio-suicidio in famiglia. Un uomo, Vito Tronnolone, ha ucciso la moglie e i suoi due figli e poi si è suicidato. Il fatto è avvenuto stamani nell’abitazione di famiglia, in località Difesa, alla periferia del paese. Tronnolone carrozziere in pensione di 65 anni, ha ucciso moglie e figli con una pistola che è stata trovata dai Carabinieri. La moglie aveva 57 anni. I figli, uno dei quali disabile, avevano 32 e 27 anni. Da una prima ricostruzione sembra che la sofferenza legata alle condizioni di disabilità di uno dei figli sarebbe all’origine del triplice omicidio e del suicidio: il capo famiglia – che viveva in Toscana da circa un anno e da qualche giorno era tornato in Basilicata – pare non sopportasse più la sofferenza causatagli dalle condizioni di uno dei figli.
La famiglia viveva in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze), da oltre trent’anni in una villetta schiera a due piani immersa nella campagna fiorentina: erano a San Fele da una ventina di giorni per trascorrervi un periodo di vacanza. Dopo gli accertamenti effettuati dal reparto scientifico nell’abitazione di campagna, in località Difesa, le quattro salme sono state trasportate all’obitorio dell’ospedale di Potenza: nelle prossime ore si conoscerà quando sarà eseguita l’autopsia sulle quattro vittime.
UNA TELEFONATA ALLE SORELLE: HO UCCISO TUTTI – Vito Tronnolone, l’uomo di 65 anni che stamani a San Fele (Potenza) ha ucciso moglie e due figli prima di suicidarsi, ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana, poco prima di spararsi, dicendo: “Ho ammazzato tutti e ora mi ammazzo io”.
LE VITTIME – Le vittime di Tronnolone, che era pensionato, sono la moglie, Maria Stella Puntillo, di 57 anni, e i due figli: Luca (32 anni), che era disabile, e Chiara, di 27. Per uccidere moglie e figli e suicidarsi Tronnolone ha usato una pistola calibro 38 regolarmente detenuta.
IL SINDACO DI SAN FELE: SIAMO SCONVOLTI – “Siamo tutti sconvolti”: con la voce rotta dall’emozione, Donato Sperduto, il sindaco di San Fele (Potenza) – dove stamani un uomo ha ucciso moglie e due fili e poi si è suicidato – ha commentato la tragedia. Sperduto è arrivato poco fa vicino all’abitazione della famiglia Tronnolone e si è fermato a parlare con gli investigatori. Nella casa i Carabinieri del reparto scientifico dell’Arma stanno effettuando i rilievi e poco fa è giunta San Fele anche il pm di Potenza, Anna Gloria Piccininni.
I NIPOTI IN TOSCANA: SIAMO SOTTO CHOC – “Siamo tutti sotto choc, che devo dire di più? Lasciateci in pace. Stiamo partendo, andiamo là”. Così rispondono al telefono nell’abitazione della sorella di Vito Tronnolone, che stamani a San Fele (Potenza) ha ucciso moglie e due figli e poi si è ucciso. Prima di suicidarsi l’uomo ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze). “No, non ho risposto io – aggiunge la signora al telefono – io sono la nipote. Siamo talmente sotto choc che chiediamo solo di essere lasciati in pace”.
TEMEVA PER LA PROPRIA SALUTE? – Forse temeva per la sua salute Vito Tronnolone, è una delle ipotesi investigative che i Carabinieri stanno seguendo per spiegare la strage: ieri sera, infatti, Tronnolone si è fatti visitare nell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Melfi (Potenza). Pare che l’uomo lamentasse di avere problemi di pressione: gli investigatori pensano che l’uomo – preoccupato per la sua salute – temesse di non poter più occuparsi della famiglia e, in particolare, del figlio disabile.
I VICINI TOSCANI: MAI SEGNI DI SQUILIBRIO – Davanti all’abitazione della famiglia, questa mattina, un auto dei carabinieri e un capannello di vicini di casa che non riescono a credere a quanto accaduto. “Era un uomo mite che non ha retto la pressione di avere un figlio disabile – racconta una vicina di casa e amica di famiglia -. Non gli dava mai pace, la notte sentivamo le urla arrivare dalla casa”.
“Nonostante questo Vito non si lamentava mai, lo vedevamo sempre fuori al parco con il figlio Luca”, racconta una delle amiche della figlia di Tronnolone, anche lei uccisa dal padre con il resto della famiglia che aveva raggiunto proprio ieri a San Fele. “Era un uomo davvero tranquillo – dice un’altra vicina – teneva dentro tutto il suo dolore, forse troppo e non ce l’ha fatta più”.
I CARABINIERI A LASTRA DI SIGNA SEQUESTRANO IL PC – Una pattuglia dei carabinieri si è recata questa mattina nell’abitazione dei Tronnolone a Lastra a Signa  sono usciti dopo alcune ore portando via un personal computer.
I PARENTI DI SAN FELE: NON RIUSCIAMO A CAPIRE – All’esterno dell’abitazione di campagna alcuni parenti, disperati per i quattro morti, raccontano però che negli ultimi giorni il capofamiglia “era più ansioso del solito, perchè era molto preoccupato per il suo stato di salute”. Tra le lacrime una sorella di Maria Stella Puntillo, moglie di Tronnolone, ricorda “quel povero innocente di Luca”, il figlio disabile: “per noi era sempre un bambino, non riusciamo a capire che cosa sia successo”.

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