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Viron Karabollaj, 41 anni, operaio edile, padre. Uccide l’ex moglie e il suo nuovo compagno a coltellate

Spinea (Venezia), 20 Novembre 2022


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Strage di Spinea: «Karabollaj, numero uno nel lavoro»
I colleghi dell’azienda: «Era logorato, un po’ alla volta si è chiuso in se stesso». Ha ammazzato a sangue freddo due persone e qualche ora dopo si è tolto la vita
Si è ucciso nel capannone. Ha ammazzato l’ex moglie e il nuovo compagno di lei domenica sera, e si è tolto la vita nella notte tra domenica e lunedì alla Veneto Ponteggi di Chirignago. «Viron Karabollaj – fanno sapere dall’azienda – considerava quest’azienda come casa sua. Un lavoratore instancabile, una persona completamente affidabile. Aveva le chiavi d’ingresso della ditta e delle macchine». Ora che tutto è sotto sequestro dopo la strage e il gesto estremo di Karabollaj, la ditta è bloccata.
«Era tutto nelle sue disponibilità. Caposquadra serio e preciso, responsabile e onesto. Avessimo avuto 10 persone come Viron ora saremmo una spa», commentano i titolari. Viron Karabollaj ha ammazzato l’ex moglie Vera Myrtaj, 37 anni, e il giovane Flonino Merkuri di 24, il nuovo compagno della donna, nell’abitazione un tempo condivisa dai coniugi e dalle loro figlie di 15 e 13 anni, in via Leopardi a Spinea. Dopo la strage Karabollaj si è allontanato sull’auto di Vera, una Fiat Freemont, ha vagato fino a raggiungere la Veneto Ponteggi, in cui da 5 anni lavorava, abbandonando l’auto prima di arrivarci e proseguendo a piedi fino al cancello. Qui, dal momento che aveva le chiavi, è entrato per compiere l’ultimo gesto estremo nei confronti di se stesso.
Una strage forse premeditata, in cui Karabollaj ha risparmiato le figlie. Una era fuori con le amiche, la più piccola l’aveva presa, come faceva ogni fine settimana avendo il permesso di vedere le bambine periodicamente, e portata a casa sua a Mira prima tornare a Spinea a uccidere. Ma nessuno fra colleghi e parenti avrebbe mai pensato che un uomo Viron potesse arrivare a tanto. Niente può giustificare quello che Viron Karabollaj ha fatto, ma è l’immagine di «un lavoratore capace, di un caposquadra attento e preciso e di un operatore onesto, che si era guadagnato la stima e l’affetto di tutti», quella che la Veneto Ponteggi vuole dare di Karabollaj, condannando il duplice omicidio che ha messo in atto.
«Teneva alto il morale della squadra, con lui si rideva, facevamo grigliate, lo prendevamo in giro perché non parlava ancora bene l’italiano». Quanto ai presunti problemi economici, la ditta precisa: «Aveva uomini sotto di sé e perciò uno stipendio non da operaio ma adeguato alle responsabilità». Da escludere questa, come causa dell’esplosione della violenza omicida. La famiglia, invece, dopo la separazione che era ancora in corso, era la vera spina nel fianco per Karabollaj. Non tanto, si racconta, per il nuovo compagno della moglie. Viron Karabollaj sapeva della nuova relazione e aveva visto Merkuri con l’ex moglie anche in Albania.
«Si sentiva impotente di fronte alle cause in corso con la ex, tanto che si era chiuso in se stesso», raccontano i conoscenti. Un’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale ancora in piedi, con udienza fissata a lunedì prossimo. E il contenzioso sui conti bancari comuni. Forse una situazione di esasperazione che Karabollaj, un tempo pastore in Albania, non poteva più sopportare». 

Duplice omicidio di Spinea. «Viron? Una bravissima persona, godeva della mia fiducia», il datore di lavoro del killer-suicida sotto choc
«Era una bravissima persona e godeva della mia massima fiducia: gli avevo dato le chiavi del capannone e il bancomat aziendale, ne aveva sempre fatto un uso oculato». Il titolare della Veneto Ponteggi, datore di lavoro di Viron Karabollaj, fatica ad accettare l’idea che quell’uomo possa essersi trasformato in un mostro.
Dopo aver ucciso l’ex moglie e il compagno, aveva deciso di togliersi la vita nel capannone della ditta per cui lavorava, probabilmente proprio perché aveva le chiavi ed era l’unico posto sicuro in cui pensasse di poter andare.
«Siamo tutti sotto choc – continua il titolare – So che sarà difficile da credere per chi non lo conosceva, ma Viron era un grande lavoratore e soprattutto una persona generosa. Se lo chiamavi nel bel mezzo della notte perché ti trovavi in difficoltà, lui accorreva subito. Nel mestiere poi era bravo, era un ottimo ponteggista. Era con noi da quattro anni: un primo periodo, poi era andato alla Fincantieri ma non si era trovato bene ed era tornato qui. Adesso era stabile da due anni e mezzo».
I colleghi non avevano mai avuto da ridire sui suoi comportamenti, anzi. «Avevamo notato che la separazione per lui era stata molto dura, ma come lo sarebbe per tutti – continua – una cosa del genere non avremmo potuto immaginarla nemmeno nel peggiore degli incubi. So che le cose sembravano migliorare, sembrava che si stessero risolvendo, lo voleva fare soprattutto per le figlie. Lui era legatissimo a loro e loro a lui. Si illuminava parlando delle ragazze, loro erano felici con lui: lo so, l’ho visto. Una volta l’ho accompagnato in aeroporto perché doveva andare con loro in vacanza in Albania. Sono un genitore, so riconoscere l’amore di una figlia, loro non avevano certo paura di lui». In questi giorni i colleghi si sono ritrovati, loro malgrado, catapultati in questa tragedia. Delle tante cose dette su di Viron, però, ce ne sono alcune che proprio non hanno digerito.
«In primo luogo non credo proprio avesse problemi finanziari – racconta – lui con noi faceva tante trasferte, quindi lo stipendio saliva molto. Parliamo di un uomo che guadagnava più di tremila euro al mese, in più qui probabilmente si trovava bene e faceva anche spesso straordinari. Al sabato lo si vedeva spesso al lavoro, ci teneva a quest’azienda. L’altra cosa che non è vera è che avesse il vizio del gioco. Viron guardava a non sprecare nemmeno un euro, in quattro anni non l’ho mai visto comprare neanche un gratta e vinci. Non aveva alcun vizio. L’unica passione che aveva erano le sue figlie. Quello che è successo è una tragedia inspiegabile».


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