Giacomo Benvenuti, 40 anni, operaio. Massacra la moglie di botte, schiaffi, calci e pugni fino a farla morire per lesioni interne che il medico archivia come morte naturale. Ma l’autopsia, effettuata grazie alla denuncia del fratello di lei, rivela anni di violenze. La gip lo condanna a 18 anni per maltrattamenti, ma in Cassazione vengono riconosciute le aggravanti e viene condannato in via definitiva a 30 per omicidio volontario
Fucecchio (Firenze), 30 Ottobre 2014
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Marinella massacrata, il giudice: lei non reagiva, lui non si è accorto
Le motivazioni della sentenza con cui il marito della donna morta per le botte a Fucecchio è stato condannato ad agosto a 18 anni di carcere
La morte di Marinella Bertozzi è «l’atto finale di un maltrattamento fisico e morale iniziato poco dopo aver conosciuto Giacomo», «un rapporto fondato sull’aggressione, la violenza e la sopraffazione. «Non c’è l’evidenza della volontà di Benvenuti di uccidere la moglie ma non vi sono dubbi che la maltrattasse», il comportamento dell’uomo, «il fatto di averla pulita, di aver chiamato il 118, denotano la scarsa consapevolezza di quello che aveva fatto». È la motivazione con cui il gip Paola Belsito lo scorso 2 agosto ha condannato con rito abbreviato Giacomo Benvenuti (difeso dall’avvocato Francesco Stefani) a 18 anni con l’accusa di morte in conseguenza di maltrattamenti e non per omicidio volontario come invece aveva chiesto la Procura sollecitando l’ergastolo.
La ricostruzione di quel giorno. Il 30 ottobre 2014, l’operaio conciario, scrive il gip, «si è comportato né più né meno di come si era comportato tante altre volte, quando sembrava che la volesse scannare, quando la umiliava, quando la picchiava ripetutamente senza pietà e come è certificato nel cd» ma non voleva uccidere, «non era consapevole della gravità dei suoi gesti». «Marinella dimostra di essere in grado di sopportare molto, e di sapere e volere tacere, e in questo è certamente aiutata dall’utilizzo di farmaci e di alcol che attenuavano la sua capacità di reazione. Un’attenuazione che deve avere reso ancora più cieco di rabbia il marito, ma anche inconsapevole di quanto, quell’ultima volta, poteva farle del male, poteva ucciderla».
L’autopsia. Marinella ha 50 anni quando viene trovata senza vita, nuda nel letto nella sua abitazione a Fucecchio. A dare l’allarme è proprio il marito al rientro dal lavoro. Aveva chiamato il 118. Ai sanitari aveva riferito di aver trovato la moglie ubriaca con lo sguardo assente. La morte viene archiviata come naturale. Solo la denuncia del fratello di Marinella riesce a dare il via alle indagini dei carabinieri. L’autopsia svela poi ematomi e lesioni interni che solo un pestaggio avrebbe potuto provocare. Benvenuti viene arrestato e tuttora è ai domiciliari. A incastrarlo la registrazione di una lite con la moglie: «Ti tronco tutta se non mi porti il Minias (un sonnifero, ndr) — ripete Benvenuti alla moglie — Quando ti dico alzati, ti devi alzà … devi essere una gazzella con me». Marinella lo supplica: «Basta». Ma è tutto inutile. Quella «è la registrazione dell’orrore — spiega il gip — Non c’è ragione che possa giustificare una persona a comportarsi come Benvenuti si comporta con Marinella. Non si può coprire di botte e di insulti una persona, perché ha sbagliato, perché è debole e malata e ha preso degli psicofarmaci per avere il coraggio di andare avanti». Marinella non trova mai il coraggio di denunciarlo: «Il clima di paura e di sottomissione — scrive il gip — si era ormai radicato nel nucleo familiare. Lei era ripiegata su se stessa, soggiogata, incapace di reagire».
Omicidio di Querce in Cassazione: 30 anni al marito
La Corte di Cassazione ha scritto l’ultimo e definitivo capitolo dello sviluppo giudiziario dell’omicidio di Querce, quello in cui perse la vita la 50enne Marinella Bertozzi. I giudici del terzo grado di giudizio infatti hanno confermato la condanna a 30 anni di carcere per suo marito Giacomo Benvenuti, operaio conciario di un’azienda di Santa Croce sull’Arno, dove venne arrestato dai carabinieri nel 2015 alla fine delle indagini. L’uomo fin dal primo grado di giudizio, accusato di omicidio volontario aggravato aveva, secondo quanto sostenuto dalla pubblica accusa, ucciso la moglie al termine di una serie di percosse il 30 ottobre del 2014 – come evidenziò l’autopsia -, causandole emorragie interne agli organi del tronco.
Probabilmente prima di essere uccisa dalle botte, la donna era stata anche percossa con un corpo contundente e aveva subito un tentativo di strangolamento. Una condotta, come appurarono i carabinieri, quella di picchiare, ingiuriare e umiliare la moglie, che Benvenuti aveva più volte tenuto, come confermato anche da alcuni testimoni in aula.
La Cassazione ha quindi chiuso definitivamente anche il complesso iter giudiziario. In primo grado con rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare di Firenze, Benvenuti era stato condannato a 18 anni di carcere con gli sconti di pena previsti dalla legge. Sentenza questa che era poi stata appellata in secondo grado. La corte di assise d’appello di Firenze aveva portato la condanna a 30 anni riconoscendo, oltre che all’omicidio volontario, anche l’aggravante di aver commesso il delitto verso il coniuge. Poi l’impugnazione in terzo grado di giudizio davanti alla corte di Cassazione dove l’avvocato Eraldo Stefani, che ha difeso Benvenuti, ha impugnato la sentenza rilevando vari vizi di forma nelle indagini e in particolare nel modo in cui gli inquirenti erano entrati in possesso di elementi di prova emersi da dichiarazioni spontanee rese dallo stesso Benvenuti, che non sarebbero dovute arrivare in aula. Secondo il legale, Benvenuti in quel momento in cui aveva parlato davanti ai carabinieri non era indagato, ma solo persona informata sui fatti. In Cassazione è stato dimostrato che in realtà quelle prove erano già in possesso dei carabinieri che seguirono le indagini, anche prima che il Benvenuti le rendesse spontaneamente.
Per questo e per altri motivi, il ricorso è stato respinto ed è stata confermata, questa volta con sentenza definitiva, la condanna a 30 anni di carcere per Giacomo Benvenuti confermando le sue responsabilità – già emerse in corte di appello di fatto – per il reato di omicidio volontario aggravato. Le indagini avevano avuto un esordio piuttosto incerto in quanto in un primo momento gli inquirenti avevano ipotizzato una morte naturale sulla base di quanto rilevò il medico del 118 quando venne chiamato dallo stesso Benvenuti la sera del 30 ottobre del 2014, dopo che aveva percosso fino alla morte Marinella, persona che versava in una stato di salute piuttosto fragile, forse anche in conseguenza della condizioni del rapporto con il marito. Quando il medico del 118 arrivò sul posto infatti pensò a una morte naturale, ma poi l’insistenza dei fratelli della vittima nei giorni successivi, i quali riferirono agli inquirenti che in passato il Benvenuti aveva già percosso la moglie, persuase la Procura a chiedere un’autopsia. Dalla quale emersero una serie di gravi lesioni alla testa, al tronco e alle gambe che avevano causato delle emorragie interne che erano state fatali per la Bertozzi. Dall’autopsia emersero anche i segni di molte vecchie percosse sulle ossa, segno letto dagli inquirenti come conferma del fatto che il Benvenuti non era nuovo picchiare la moglie. Da li scattò l’arresto cautelare per il Benvenuti che venne prelevato dai carabinieri il 5 marzo del 2014 nella conceria di Santa Croce dove lavorava.