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Davide Duò, 47 anni, disoccupato, padre. Autore della cosiddetta “strage di Sabbione”: con una mazzetta da muratore e un coltello disossatore massacra la moglie e i due figli. Ferisce gravemente anche la padrona di casa. Tenta il suicidio ma si salva. Ritenuto incapace ma pericoloso, viene rinchiuso per 10 anni in un OPG (strage di Sabbione)

Sabbione (Reggio Emilia), 31 Agosto 2009

davide duò


Titoli & Articoli

Massacra la famiglia e cerca di uccidersi (il Secolo XIX – 31 agosto 2009)
Intervento dei carabinieri nell’abitazione teatro della tragedia
Nel reparto Rianimazione dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, è morto questa sera per arresto cardiorespiratorio anche il piccolo Marco Duò, cinque anni ancora da compiere, terza vittima della strage familiare di Sabbione, frazione di Reggio Emilia.
La scorsa notte, Davide Duò (47 anni), armato di una mazzetta da muratore e di un coltello per disossare i prosciutti, ha ucciso la moglie di 45 anni (Sandra Pattio, torinese) e il figlio di 19 (Thomas), riducendo in fin di vita l’altro figlio di 4 anni, poi morto in serata, e ferendo gravemente Elisabetta Detti, la 79enne proprietaria di casa e amica di famiglia, che li ospitava.
Dopo la strage, l’uomo – risultato disoccupato, che da tempo soffriva di depressione ed è descritto come «un tipo ombroso» – si è imbottito di medicinali e alcol e intorno alle 4 ha chiamato il 112; prima dell’arrivo dei carabinieri si è buttato dalla finestra. Ora lotta tra la vita e la morte nell’ospedale di Reggio Emilia, dove è ricoverato in coma.

Disoccupato stermina la famiglia Morto anche il figlioletto di 4 anni (il Resto del Carlino -31 agosto 2009)
Ha ucciso nel sonno moglie e due figli, di 19 anni e 4 anni (quest’ultimo è sopravvissuto alle ferite ma morto in serata), quindi ha ferito gravemente la padrona di casa che da 20 anni ospitava l’intera famiglia. Infine ha ingerito farmaci e alcol, prima di avvisare il 113 e buttarsi dalla finestra e finire in coma.
A sterminare i suoi cari Davide Duò, 47 anni, disocupato residente a Sabbione, frazione di Reggio Emilia. Teatro della tragedia, una palazzina in via Cantù. Le vittime sono Sandra Pattio, 45 anni di Orbassano (Torino), i figli Thomas, 19, e Marco, 5 anni ancora da compiere. Ferita gravemente, ma non in pericolo di vita, l’amica di famiglia Elisabetta Guidetti, 79.
Secondo la prima ricostruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Reggio Emilia l’uomo avrebbe dapprima ucciso la moglie nel letto dove dormiva, per poi colpire e ridurre in fin di vita il figlioletto di 4 anni. A questo punto, sceso al piano sottostante avrebbe sorpreso nel sonno il figlio più grande, uccidendolo, e infierito sulla 79enne, trovata esanime a terra fuori dalla sua camera da letto.
Dopo la strage, Davide Duò si è imbottito di medicinali e alcol e ha chiamato il 113: prima dell’arrivo dei carabinieri, una pattuglia era nei paraggi dell’abitazione, l’uomo, stordito, ha tentato il suicidio, gettandosi dalla finestra del terzo piano, da un’altezza di circa 7/8 metri, riportando traumi e gravi lesioni in particolare alla spina dorsale: ora lotta tra la vita e la morte presso l’ospedale di Reggio Emilia dove si trova in stato di coma.
Seguito da tempo dai servizi di igiene mentale, l’uomo era un ex operaio ceramista dal carattere ombroso. Non lavorava da oltre due anni: prima la cassa integrazione, poi a maggio la fine di ogni rapporto lavorativo. In un distretto ceramico provato dalla crisi subito è balenato il sospetto che il gesto tremendo fosse nato dalla disperazione per la disoccupazione. Ma gli inquirenti, alla luce degli accertamenti, propendono per un raptus, originato da una seria depressione.
La famiglia non aveva reali problemi economici, in casa entravano regolarmente gli stipendi delle due vittime: la moglie e il figlio maggiore. I Duò non dovevano pagare l’affitto perché la padrona di casa, Elisabetta Guidetti, per tutti ‘Adriana’, era una sorta di nonna adottiva che li ospitava gratuitamente perché non aveva familiari. Marito e moglie erano arrivati molti anni fa dal Torinese.L’uomo non ha lasciato biglietti e ciò rende difficile la ricostruzione del movente della strage, anche perchè i suoi parenti, che vivono a Scandiano, lo sentivano pochissimo e da tempo non lo vedevano.
”Non ci sono segni apparenti di dissesto finanziario – ha spiegato il colonnello Giovanni Fichera, comandante provinciale dei carabinieri di Reggio – Stiamo lavorando per ricostruire il quadro ma non e’ facile, anche perché l’unica testimone non può essere sentita”, ha detto riferendosi alla padrona di casa tuttora in prognosi riservata. La donna dovrebbe essere l’unica ad aver subito l’aggressione quando non era a letto, gli altri sono stati aggrediti mentre dormivano, colpiti con mazzetta e coltello.
L’omicida era seguito dal Centro di Salute mentale da circa due anni con regolarità ma, ha spiegato la Ausl, non si era mai reso necessario un ricovero in ambito psichiatrico: ”Aveva un buon rapporto con gli operatori del Servizio, era collaborativo rispetto alle indicazioni terapeutiche e non ha mai mostrato segni di aggressività”.
Intanto gli inquirenti stanno tentando di ricostruire con esattezza il quadro familiare. Il pm titolare dell’inchiesta è Valentina Salvi della Procura reggiana. Duò rischia l’accusa di omicidio plurimo, ma nessuna ipotesi è stata formulata ancora nei confronti dell’uomo.

 

Davide Duò ha inferto un terribile fendente al figlio Thomas, trapassandogli il cuore da parte a parte con il coltellaccio con cui ha anche colpito la padrona di casa. Macabri particolari, importanti però per il movente della strage di Sabbione. Il particolare accanimento con cui il padre ha infierito sul figlio maggiore (colpito più volte anche in testa) viene interpretato dagli inquirenti come la «spia» di un forte contrasto fra i due, da qui il rancore del genitore sfociato in una violenza inaudita. Migliorano le condizioni di «Adriana» Guidetti.
Davide Duò ha inferto un terribile fendente al figlio Thomas, trapassandogli il cuore da parte a parte con il coltellaccio con cui ha anche colpito la padrona di casa. Macabri particolari, importanti però per il movente.
Il particolare accanimento con cui il padre ha infierito sul figlio maggiore – trafitto a morte al cuore, ma colpito anche molte volte alla testa, forse anche con la mazzetta da muratore usata per uccidere gli altri due componenti della famiglia – può essere la «spia» di un forte contrasto fra i due e non solo la conseguenza di una lotta disperata del 19enne che ha cercato di reagire al feroce assalto del genitore.

Sempre più depresso ed incapace di risollevarsi come gli chiedevano da tempo la moglie ed il figlio più grande («Se non cambi, te ne vai»), Duò potrebbe aver «inquadrato» in Thomas la figura maschile rivale che poteva sostituirlo coma capofamiglia, da qui il rancore sfociato in una violenza inaudita.
Alcuni testimoni hanno spiegato come Thomas spalleggiasse la madre, non approvando i comportamenti del padre disoccupato (il consumo di hascisc, l’alcol), agli occhi dei familiari non spiegabili solo con il disagio psichico.
Gli accertamenti fin qui svolti dagli inquirenti – coordinati dal pm Valentina Salvi – hanno detto anche che la moglie (Sandra Pattio) e il figlio più piccolo Marco (di 5 anni) sono stati uccisi con una mazzetta da muratore, colpiti con foga al capo mentre dormivano. Anche le ferite subite da «Adriana» Guidetti – picchiata selvaggiamente al volto e accoltellata al torace – sono in linea con la prima ricostruzione della strage: Duò sarebbe partito con il suo progetto sanguinario dal piano dove dormivano la moglie e il piccolo Marco, poi è sceso al piano di sotto incontrando maggiore resistenza da Thomas e dall’anziana proprietaria della casa (svegliati da tanto orrore).
Il pluriomicida – in coma farmacologico – resta in prognosi riservata nel reparto di Rianimazione del Santa Maria, mentre «Adriana» – ricoverata a Parma dopo l’operazione al cuore – appare in lento miglioramento.

«Atti orribili, ma non odio Duò» (Gazzetta di Reggio – 2 ottobre 2010)
Parla l’unica sopravvissita alla strage di Sabbione. Sta meglio l’80enne «Adriana» scampata un anno fa alla mattanza. Piange ricordando i «suoi bimbi» Thomas e Marco, ora vive dai parenti
«Ha commesso una cosa orribile, ma non lo odio». E’ trascorso un anno dalla strage di Sabbione e, faticosamente, «Adriana» Guidetti sta recuperando energie e serenità, «protetta» dai parenti con cui ora vive, lontano da quella casa di via Cantù in cui, all’improvviso, il 31 agosto 2009 era piombata una ferocia inaudita.
La sartina 80enne di Sabbione ha «flash» confusi di quella terribile notte, ma dal giorno dell’interrogatorio in ospedale – a metà gennaio – sa che i «suoi bimbi» Thomas e Marco ma anche la cara Sandra sono stati sterminati e per mano del capofamiglia, Davide Duò. Era legatissima a tutti loro, li aveva accolti in casa quando era rimasta vedova, si sentiva protetta da quella bella famiglia, poi l’orrore di cui ricorda ben poco: lei a terra, il calore del sangue che l’avvolge.
Duò l’aveva picchiata e colpita al torace con un coltellaccio, ma l’anziana riuscirà a salvarsi dopo due delicati interventi chirurgici e dalla primavera scorsa ha lasciato l’ospedale per ricominciare a vivere.
«Adriana» ha dentro di sé una tristezza infinita, piange pensando agli affetti perduti in quel modo orribile, ma il livore non fa parte di lei, non riesce ad odiare Davide, il pluriomicida che le ha sconvolto la vita. Non ha, però, mai voluto rivedere la sua casa di Sabbione, ha bisogno di altro tempo per affrontare una prova simile. Intanto, pian piano, sta recuperando autonomia: le medicine e il conforto dei parenti che non la lasciano mai sola sono i punti-fermi di una rinascita che ha del miracoloso visto quello che le è accaduto: le coltellate al torace e le botte di quell’uomo che, in pieno delirio, voleva non solo la morte di «Adriana» ma di tutta la famiglia.
Nella sua nuova abitazione la strage è un argomento quasi tabù, una ferita ancora troppo fresca anche solo per parlarne fra parenti ed ovviamente «Adriana» non sa del rimorso che rode Duò e del suo recente tentativo di farla finita, con un’elevata dose di farmaci, all’interno del carcere milanese di Opera. Quando l’anziana sartina venne interrogata dal pm Valentina Salvi capì – di colpo – che non era stato un incidente stradale a ridurla in quello stato, bensì l’inaudita violenza di una delle persone a cui era più legata. Pensieri cupi, da scacciare ogni giorno, per guardare avanti. Con l’aiuto dei suoi cari.

Duó a processo, ma è folle (Gazzetta di Reggio – 13 gennaio 2011)
Il perito l’ha ritenuto infermo di mente e pericoloso
Fra 3 mesi la strage di Sabbione approderá in udienza. Il pm Valentina Salvi ha chiuso l’inchiesta: il 48enne Davide Duó è accusato di omicidio plurimo premeditato (uccise la moglie e i due figli), ma per il perito è incapace d’intendere e di volere. 
Per la procura dovrá essere processato con giudizio immediato – comunque la difesa (i legali Marco Napoli ed Alessandro Nizzoli) ora ha la possibilitá di puntare su un altro rito alternativo – ma la valutazione dello psichiatra Mario Mantero dovrebbe portare alla non punibilitá dell’imputato ed al connesso proscioglimento.
Un’infermitá di mente che affonda le radici nei problemi (disturbo bipolare e schizofrenia) che da due anni l’operaio disoccupato stava affrontando con l’aiuto degli specialisti del Centro di salute mentale di Reggio finché non è esplosa quell’inaudita violenza in famiglia nella notte del 31 agosto 2009.
Al di lá dell’infermitá mentale, il destino di Duó sembra anche «segnato» da un’altra importante conclusione della perizia psichiatrica: è pericoloso per sè e per gli altri, il che dovrebbe significare per lui l’aprirsi delle porte di un ospedale psichiatrico giudiziario.  Un aspetto, quest’ultimo, piuttosto delicato, visto che Duó va attentamente seguito, avendo giá cercato di farla finita (nel carcere milanese di Opera) ingerendo un’elevata dose di farmaci.
Il rimorso puó aver spinto Duó – che da quando è uscito dal coma è su una carrozzina – verso questo terribile gesto.  Una spinta autolesionistica dimostrata anche al culmine della notte di sangue, quando cercó di uccidersi ingurgitando un micidiale cocktail di farmaci per poi lanciarsi da una finestra della mansarda. Duó si è sempre salvato e della strage commessa ricorda solo l’ansioso aggirarsi su e giù per i piani della casa di Sabbione per poi focalizzare bene il «rito» del tentato suicidio.
Per la procura il movente di tanto orrore si collocherebbe nelle dinamiche familiari. Il figlio Thomas spalleggiava la madre, non approvando i comportamenti del padre disoccupato (il consumo di hascisc, l’alcol) agli occhi dei familiari non spiegabili solo con il disagio psichico. Duó potrebbe aver «inquadrato» in Thomas la figura che poteva sostituirlo come capofamiglia, da qui il rancore sfociato in una violenza inaudita.
La famiglia Duó era da anni ospitata – a Sabbione – dall’80enne «Adriana» Guidetti: anche l’anziana era finita nel folle mirino del 48enne che l’aveva picchiata e colpita al torace con un coltellaccio. «Adriana» si salverá dopo due delicati interventi chirurgici. Di quella notte ha «flash» confusi, non abita più nella casa dell’orrore, piange pensando agli affetti perduti (era legatissima ai «suoi bimbi» Thomas e Marco, ma anche alla cara Sandra), comunque non riesce ad odiare il pluriomicida che le ha sconvolto la vita. Potrebbe costituirsi parte civile al processo.

Strage di Sabbione: dieci anni nell’Ospedale psichiatrico per Davide Duò (il Resto del Carlino – 12 luglio 2011)
È stato riconosciuto incapace di intendere e di volere, ma pericoloso. Per questo sarà ricoverato all’Ospedale psichiatrico giudiziario per non meno di 10 anni. Questa la sentenza emessa questa mattina dal giudice Antonella Pini Bentivoglio nei confronti di Davide Duò, imputato per aver ucciso, il 31 agosto 2009 a Sabbione, la moglie Sandra Pattio 45enne e i suoi due figli Thomas, di 20 anni e Marco di 4, riducendo in fin di vita la 79enne proprietaria di casa e amica di famiglia, che li ospitava. I difensori dell’uomo Alessandro Nizzoli e Marco Napoli avevano chiesto che fosse inserito in una struttura meno coercitiva, che valutasse anche le condizioni si salute di Duò, rimasto paralizzato dopo il volo dal terzo piano che aveva fatto quella terribile sera del 31 agosto di due anni fa nel vano tentativo di togliersi la vita. Questa mattina in aula c’era anche la sorella di Sandra, Emanuela, costituitasi parte civile insieme ai genitori con l’avvocato di Torino Paola Giusti. «È una sentenza giusta – ha commentato il legale – ma non può placare il dolore di questa strage».


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