Benedetto Conti, 36 anni, padre. Uccide con 17 coltellate la ex, che lo aveva denunciato sei volte, davanti al figlio di due anni. Condannato a 30 anni in via definitiva
Palermo, 10 Luglio 2013
“E’ stata colpa dei parenti di Rosy. E’ colpa loro se l’ho uccisa”
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L’annuncio del sindaco Orlando ai genitori di Rosy – Palermo contro il femminicidio – “Parte civile al processo Bonanno”
Il Comune di Palermo prende una posizione netta contro il femminicidio. Il sindaco Leoluca Orlando, insieme al parroco Santino Ardiri, si è recato oggi a casa dei genitori di Rosy Bonanno, la ragazza di 26 anni barbaramente uccisa mercoledì scorso dall’ex convivente Benedetto Conti di 36 anni, per informarli che ”la città di Palermo si costituirà parte civile al processo contro l’assassino e si farà carico delle spese funerarie sostenute dalla famiglia”.
Il sindaco Orlando ha inoltre assicurato al padre e alla madre di Rosy Bonanno che “i servizi sociali comunali, coordinati dall’assessore Agnese Ciulla, seguiranno la situazione del bambino tenendosi in contatto con la famiglia”.
Una presa di posizione importante dopo che ieri aveva fatto discutere l’assenza delle istituzioni ai funerali di Rosy. Nella stessa giornata di ieri Orlando aveva partecipato all’iniziativa “Neanche con un fiore. Nessuno tocchi Rosalia”: 124 sagome di donne tracciate sul selciato di Piazza Castelnuovo a Palermo a ricordare le donne vittime di violenza in Italia. Sono infatti 124 le vittime di femminicidio nel nostro paese nel 2012 e già oltre 60 nel 2013, l’ultima è proprio Rosy Bonanno.
Un anno fa la stessa tragica sorte era toccata a un’altra ragazza palermitana ancora più giovane di Rosy, Carmela Petrucci. Una studentessa di 17 anni morta per difendere sua sorella Lucia dalla furia omicida dell’ex ragazzo, Samuele Caruso.
Palermo, uccise l’ex a coltellate: condanna definitiva a 30 anni
La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di carcere, per omicidio, per Benedetto Conti. Nel 2013 uccise a coltellate l’ex convivente, Rosy Bonanno, mentre il figlio di appena due anni dormiva nella stanza accanto. La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale che aveva appellato l’esclusione della aggravante della premeditazione. Non sarebbe comunque cambiata la pena.
La vittima, di 26 anni, aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti due volte, una nel 2010, l’altra nel 2011. Entrambe le denunce furono archiviate dal gip su richiesta della Procura di Palermo perché la Bonanno, sentita dagli inquirenti, minimizzò i fatti e in un caso ritirò la querela sostenendo che i dissidi erano cessati. Il processo si è svolto in abbreviato. La famiglia Bonanno si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Paola Rubino.
Dopo l’omicidio la madre di Rosy Bonanno, Teresa Matassa, parlò di “delitto annunciato”. La giovane fu uccisa dopo un ennesimo litigio a colpi di coltello dall’ex convivente. Botte, insulti e minacce, raccontarono, dal canto loro, i familiari della ragazza parlando dei rapporti con l’ex. Conti dopo il delitto è fuggito. La polizia lo ha fermato a Villabate. Agli agenti che lo hanno ammanettato ha detto di aver ingerito del veleno per topi per suicidarsi: è stato allora accompagnato in ospedale per una lavanda gastrica. A scoprire il cadavere è stato il padre della donna assassinata. Lei abitava infatti con i genitori da alcuni mesi dopo la separazione. Ma era un continuo calvario. Conti non accettava questa situazione e andava quotidianamente dai suoceri.
Palermo Today
La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni per Benedetto Conti, imputato dell’omicidio dell’ex convivente Rosy Bonanno, 27 anni, uccisa con dieci coltellate il 10 luglio del 2013 davanti al figlioletto di due anni. L’omicidio avvenne nella casa dei genitori di lei, in via Orecchiuta, dove si era trasferita a seguito della fine della relazione. A trovare il corpo di Rosy fu il padre.
LE IMMAGINI DAL LUOGO DEL DELITTO | VIDEO
Il processo si è svolto con il rito abbreviato e lo stesso pm di primo grado aveva chiesto la condanna a 30 anni. In appello era caduta l’aggravante della premeditazione, ma la pena era rimasta uguale. La Procura generale aveva chiesto il ripristino e aveva fatto ricorso contro la decisione di secondo grado: la Suprema Corte ha però ritenuto inammissibile la richiesta.
La donna aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti in due occasioni – nel 2010 e nel 2011 – ma poi aveva ridimensionato le accuse. Per questo, entrambe le denunce furono archiviate dal gip. Dopo l’omicidio, Conti fuggì a bordo di un’auto in direzione di Villabate, dove fu poi fermato dalla polizia. Bloccato dagli agenti disse di avere “perso la testa”.
Rimane aperta la questione dei risarcimenti riconosciuti alla famiglia della vittima, costituita parte civile nel processo. Conti è nullatenente e non possiede il mezzo milione che dovrebbe dare al bambino, oggi di 7 anni. I parenti di Rosy Bonanno si appellano al Fondo per i parenti e gli orfani delle vittime di femminicidio, ancora non istituito nel nostro Paese.