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Asilan Agaj, 53 anni, operaio edile, padre. Nel 2001 uccide la moglie a picconate e viene condannato a 16 anni, ridotti a 14 in appello. Uscito dopo 9 per buona condotta, uccide a coltellate la convivente. Si impicca in cella prima del processo

Sutri (Viterbo), 11 Novembre 2014

Ha ucciso la prima moglie a picconate e la seconda a coltellate ma non ricorda nulla. La perizia lo ritiene socialmente pericoloso, mentre la difesa insiste sul disturbo di personalità. Lui si impicca in carcere un anno dopo l’arresto, senza che il processo sia ancora iniziato

 


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Nel 2001 fracassò il cranio a picconate alla moglie
L’albanese, oggi 53enne, arrestato ieri l’altro a Sutri per aver assassinato la convivente a coltellate, tredici anni fa aveva un’altra vita. Una vita normale, tranquilla. Dal 1993 si era trasferito con la famiglia a Cave, in provincia di Roma, dove godeva di ottima reputazione. Lavorava in regola per un’impresa edile fino al luglio del ’99, quando un incidente sul lavoro lo aveva lasciato in mezzo ad una strada. Fino al 20 ottobre 2001, giorno dell’uxoricidio, a mandare avanti la famiglia ci aveva pensato Enkelejda con lavori saltuari. Alla base di quel folle gesto, dunque, poteva esserci la difficile situazione economica. Ma, non lo esclusero gli inquirenti, anche la gelosia.
Quella mattina di ottobre, aspettò che i figli andassero a scuola, per poi uccidere la moglie con un attrezzo da muratore, il ”male e peggio”, colpendola alla testa e fracassandole il cranio. Dopodiché si consegnò alla polizia municipale che, a sua volta, allertò i carabinieri. La tragedia sconvolse l’intera comunità di Cave, dove la famiglia era conosciuta a apprezzata. Due anni più tardi arrivò la condanna a 14 anni di reclusione della Corte d’assise d’appello. I due figli furono affidati agli zii. Nel 2012, dopo aver scontato 9 anni di carcere, l’uomo tornò in libertà. Circa un mese fa, il perché è ancora oggetto d’indagine, arrivò a Sutri e si stabilì nella casa della donna di 31anni, madre di tre figli. E la tragedia si è ripetuta: l’ha uccisa a coltellate. Quella mortale le ha passato da parte a parte il collo.

L’albanese è recidivo, aveva già ucciso la moglie
E’ recidivo Agaj Asilan, l’albanese di 53 anni che, ieri pomeriggio, ha ucciso a coltellate la convivente di 31 anni, madre di 3 figli, a Sutri. Dalle indagini attualmente in corso è emerso che l’uomo, circa tredici anni fa, aveva ucciso la moglie. L’episodio di sangue accade a Cave, in provincia di Roma, nel 2001: la donna fu ammazzata a picconate. Gli investigatori accertarono che il movente del delitto era la gelosia. Il matrimonio tra Agaj e la moglie, dopo 20 anni, era entrato in crisi. Le liti tra la coppia, molte delle quali violente, erano all’ordine del giorno. E fu proprio al culmine dell’ennesima lite che l’uomo afferrò un piccone e assassinò la moglie. Poi, proprio come ha fatto ieri a Sutri dopo aver sgozzato la 31enne, chiamò i carabinieri e si costituì. Il Tribunale di Tivoli, nel 2003, lo condannò a 16 anni di reclusione. La pena fu ridotta a 14 anni dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma. Nel 2012, dopo aver scontato 9 anni di carcere, l’uomo è tornato in libertà.

Uccise la compagna a coltellate, si impicca in cella
Si è impiccato ieri pomeriggio nel carcere di Marassi, a Genova, Agaj Asilan, 54enne albanese accusato dell’omicidio della compagna 31enne Brunilda Hoxha, l’anno scorso, a Sutri. Asilan ha usato l’elastico di una tuta per costruire il cappio con cui si è ucciso. Gli agenti penitenziari hanno provato a rianimarlo, ma per lui era troppo tardi. La notizia del suicidio è stata divulgata dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe. Alle spalle, aveva nove anni di carcere per aver ucciso la moglie a picconate a Palestrina nel 2001. Era uscito da pochi mesi quando l’anno scorso, a Sutri, ha massacrato a coltellate la sua giovane convivente per poi tagliarsi le vene e ingerire candeggina. Il nuovo tentativo di suicidio, stavolta tragicamente riuscito, a distanza di quasi un anno esatto da quell’11 novembre in cui carabinieri e vigili urbani corsero nel piccolo appartamento di via Paladino Orlando, in centro, a Sutri.
Un movente sconosciuto. Salvato per un soffio dai medici del Gemelli di Roma, Asilan non ricordava niente dell’omicidio. Diceva solo di voler morire. Ha continuato a ripeterlo fino all’ultimo, scontando la sua detenzione più in ospedale che in carcere: è rimasto ricoverato per cinque mesi dopo un prolungato e volontario sciopero della fame che gli aveva fatto perdere più 25 chili. L’ultima perizia psichiatrica era impietosa: secondo il perito del tribunale di Viterbo Giovan Battista Traverso – lo psichiatra di Cogne – Asilan era perfettamente lucido quando ha ucciso la 31enne Brunilda Hoxha. Lo psichiatra lo riteneva, inoltre, socialmente pericoloso.
Conclusioni che non trovavano d’accordo il dottor Perugi, consulente della difesa di Asilan, che gli aveva diagnosticato un grave disturbo di personalità. “Era una persona mite e tranquilla al punto da non ritenerlo capace dei due efferati omicidi che aveva commesso – spiega il suo avvocato Elisabetta Centogambe -. Proprio in questo consisteva la sua patologia: un’instabilità emotiva tale da farlo passare da quei gesti terribili a un rimorso insopportabile. Diceva sempre che non meritava di vivere… un dolore che, nella situazione in cui era, poteva sembrare ‘di facciata’, finalizzato solo a ottenere sconti di pena. Non era così. Medici, polizia penitenziaria, la direzione del carcere, le associazioni di volontariato che lo hanno seguito… tutti hanno fatto il possibile per lui, assistendolo con una cura particolare”. Prima dell’estate era stato trasferito a Genova, clinicamente più attrezzata per l’assistenza ai detenuti. A Savona aveva una figlia con cui riallacciare i rapporti. Sembrava stare meglio. Da poco gli era stata notificata la chiusura delle indagini. Il rimorso, forse, si è riacceso fino a trasformarsi nel cappio che l’ha soffocato. Nessun processo: Asilan, per due volte omicida e reo confesso, si è inflitto da solo la più pesante delle condanne.


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