Angelo Izzo, 50 anni, criminale e massacratore del Circeo. Durante la semilibertà, nell’orario di lavoro, uccide la moglie e la figlia di un altro detenuto
Ferrazzano (Campobasso), 28 Aprile 2005
Titoli & Articoli
“Non gli ho concesso mia moglie” (La Gazzetta del Mezzogiorno – 13 maggio 2005)
Dopo le quattro ore di interrogatorio di Angelo Izzo, dopo la «sua» verità sul movente del massacro di Ferrazzano (Campobasso), gli inquirenti tirano le fila dell’inchiesta sul duplice assassinio di Maria Carmela Linciano e della figlia Valentina Maiorano.
Magistrati e poliziotti passano al vaglio la deposizione del reo confesso – «quella donna era diventata opprimente, ho voluto liberarmi di lei» – ma intanto una prima smentita è arrivata dall’interno del carcere, dal marito e padre delle due vittime, l’ex boss pugliese Giovanni Maiorano: «non ho mai dato il mio beneplacito – ha affermato – a una relazione tra lui e mia moglie».
«Non avrei mai potuto – ha scritto Maiorano in un fax inviato stamani al suo legale Stefano Chiriatti -, ero gelosissimo di lei. Mi rivolgo all’Italia che si è sentita commossa dalla strage di Maria Carmela e Valentina – ha aggiunto l’ex esponente della sacra Corona Unita, detenuto per omicidio – affinché non creda ad Angelo Izzo. Se avessi fatto un accordo del genere con lui mi riterrei un verme».
«Sono sempre stato gelosissimo – ha ribadito -. Difenderò l’onore di Maria Carmela e Valentina fino allo stremo, se lo meritano». Maiorano ha preannunciato quindi l’intenzione di denunciare Izzo per le sue affermazioni.
Ma al di là delle smentite dell’ex compagno di detenzione a Palermo, al quale Izzo, durante il periodo di semilibertà a Campobasso, ha distrutto la famiglia dopo averne preso il posto in veste di «uomo di casa» – definizione data da lui stesso ai magistrati -, restano da verificare molte delle circostanze emerse nell’interrogatorio di ieri. E resta ancora da delineare appieno, sicuramente meglio di quanto non sia stato fatto finora, la personalità del massacratore del Circeo: gli avvocati difensori Enzo Guarnera e Filomena Fusco hanno chiesto espressamente che venga disposta una perizia psichiatrica, e non era certo casuale la presenza all’interrogatorio del criminologo e psichiatra Massimo Picozzi, nominato consulente della Procura.
Izzo ha parlato agli inquirenti di una relazione nata tra lui e Maria Carmela, a suo dire praticamente «consegnatagli» dal marito, e che mano a mano era diventata per lui oppressiva, asfissiante. Un rapporto fatto «di interessi economici comuni, di sentimenti, e anche di sesso», e nel quale la presenza della donna – sempre nel racconto di Izzo – era diventata sempre più incalzante, con richieste anche di fuggire insieme, di andare via dall’Italia. «Dapprima questa situazione mi gratificava – ha spiegato l’ex ‘pariolinò – me sentivo per la prima volta un capofamiglia. Poi ho cominciato ad avvertire come un cappio al collo, che non sopportavo più».
Complice il riemergere dell'”elemento patologico» della personalità di Izzo, che tra l’altro di era procurato due pistole con l’intenzione di compiere delle rapine, è nata allora la volontà di eliminare la donna, e di conseguenza anche la figlia quattordicenne, diventata scomoda testimone. «Dopo averle uccise – ha detto ancora ai magistrati – volevo mettere i corpi nel bagagliaio dell’auto, come avevo fatto nella notte del Circeo, ma poi ho cambiato idea».
Il reo confesso, poi, ha voluto quasi scagionare i due presunti complici: «Luca Palaia era sotto la mia minaccia, ha scavato la fossa per nascondere i corpi ma solo perché l’ho costretto puntandogli la pistola. Palladino, che mi aveva messo a disposizione la villetta di Ferrazzano, l’ho fatto arrivare dopo, a cose fatte». Un passaggio, questo, accolto oggi con soddisfazione dal difensore di Palaia, Giuseppe Fazio, che ha visto pressoché confermate le dichiarazioni del suo assistito. Nuove audizioni, comunque, verranno effettuate alla luce delle affermazioni di Izzo.
Caso Izzo, il massacratore del Circeo tornato a uccidere (La Stampa – 20 aprile 2006)
Il 28 aprile 2005, in regime di semilibertà, uccise madre e figlia. Ecco la ricostruzione dei fatti
Udienza preliminare oggi per Angelo Izzo, il massacratore del Circeo che il 28 aprile 2005 mentre era in regime di semilibertà uccise in una villetta di Ferrazzano (Campobasso) Maria Carmela Linciano e la figlia 14enne Valentina Maiorano. Davanti al gup del Tribunale di Campobasso compariranno anche i legali di Guido Palladino, il 27enne coinvolto nell’omicidio insieme a Izzo. Ma ecco tutte le tappe di quella pagina di sangue scritta 30 anni dopo la strage del Circeo da uno dei suoi protagonisti, da uno dei tre aguzzini, insieme ad Andrea Ghira e Gianni Guido, di Donatella Colasanti e Maria Rosaria Lopez.
Anche questa volta Izzo non è solo. Con lui coinvolti nell’omicidio di Maria Carmela e della figlia Valentina due giovani: Guido Palladino, 26 anni, e Luca Palaia, rinviato a giudizio il 30 marzo dal gup del tribunale di Campobasso, Giovanni Fiorilli. È il 30 aprile dello scorso anno quando Palladino e Palaia vengono arrestati. Inizialmente l’accusa è traffico d’armi. I due giovani vengono intercettati dalla Polizia di ritorno dalla provincia di Foggia con in macchina due pistole. Scatta l’arresto ma si tratta solo della punta dell’iceberg.
Impauriti i due giovani raccontano agli agenti una storia sconvolgente: il 28 aprile in una villetta nei pressi di Ferrazzano, piccolo centro a pochi chilometri da Campobasso, di proprietà della famiglia di Guido Palladino, è stato commesso un duplice omicidio. Le vittime sono Maria Carmela Linciano e la figlia 14enne Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia del boss pentito della Sacra Corona Unita, Giovanni Maiorano. Autore del crimine, affermano i due, è Izzo , dal dicembre del 2004 in stato di semilibertà.
Il presunto assassino, meglio noto come il ‘massacratore del Circeo’, sta scontando un ergastolo nel carcere di Campobasso, beneficiando tuttavia del regime di semilibertà, concessagli dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo dove aveva già scontato parte della pena. Dopo 30 anni di galera Izzo sembra essere pentito, appare come un uomo diverso, e comincia a scrivere un libro: ‘The Mob’, la banda.
La sua vita sembra non avere più ombre, nelle ore diurne lavora presso un’associazione di volontariato ‘Città Futura’ che ha sede a poche decine di metri in linea d’aria dal carcere di via Cavour, e ogni sera rientra in cella.
Dietro una normalità apparente si nasconde però una realtà inimmaginabile. Così, dietro indicazione dei due ragazzi gli agenti della Mobile di Campobasso , coordinati dallo Sco di Roma, si recano nella villetta e trovano seppellite nel giardino i corpi delle due donne, sotterrate tra terra e calce, tecnica per accelerare il processo di decomposizione, sotto 50 cm di terra, avvolti in sacchetti di plastica con mani e piedi bloccati da manette. La ragazzina è nuda.
Il giorno successivo, il primo maggio, le indagini si spostano a Gambatesa (Campobasso ) dove madre e figlia vivevano da mesi. La sede dell’associazione Città Futura, frequentata a vario titolo dai tre indagati, viene perquisita e una cinquantina le persone sentite nei momenti successivi ai ritrovamenti dei cadaveri per ricostruire le ultime ore dei presunti killer e delle loro vittime. Il 2 maggio il gip Giovanni Falcione convalida il fermo per Palaia e Palladino mentre Izzo resta in carcere in forza della revoca della semi libertà concessagli dal tribunale dei Palermo a fine 2004.
All’interno della villetta si continuano a cercare indizi utili alle indagini mentre in serata Giovanni Maiorano giunge da Palermo all’obitorio del Cardarelli di Campobasso per dare l’ultimo saluto alle congiunte, gia sottoposte ad autopsia da cui si ha la conferma che le vittime non hanno subito violenza carnale. Il 3 maggio la svolta: Izzo confessa il duplice omicidio e ‘scagiona’ i due giovani. La procura formalizza intanto le accuse: omicidio premeditato, violenza sessuale (Valentina è infatti minore di 14 anni e nonostante non sia stata vittima di violenza carnale è comunque stata denudata), occultamento di cadavere per tutti e tre, oltre al traffico di armi. Manca ancora il movente. Gli inquirenti sono indecisi fra la pista passionale e quella economica.
Il giorno successivo Palaia viene interrogato per sette ore dal gip, mentre Giovanni Maiorano chiede giustizia per la sue congiunte. Intanto scoppiano le polemiche fra Tribunale di sorveglianza di Campobasso e quello di Palermo su chi ha concesso la semi liberà ad Izzo e in tutto ciò la famiglia Izzo dichiara di non volerne sapere più di Angelo. Il 5 maggio, mentre si celebrano i funerali delle vittime a San Donato di Lecce, viene anche chiusa la sede di ‘Città Futurà. Le indagini proseguono ed il 14 maggio l’avvocato Enzo Guarnera, che aveva assunto la difesa di Izzo , dietro richiesta dei familiari abbandona il caso lasciando il reo confesso nelle mani dell’avvocato campobassano Filomena Fusco.
Il 18 arriva invece la revoca formale della semilibertà ad Izzo ed il 30 emerge che Maria Carmela Linciano fu strangolata con un laccio emostatico. Il 31, nel corso di una affollata conferenza stampa congiunta Polizia-Procura, gli inquirenti affermano che il duplice omicidio era premeditato. Vengono così ipotizzati i capi d’accusa. Per Izzo e Palaia sono: concorso in omicidio premeditato, violenza sessuale, sequestro di persona, occultamento e distruzione di cadavere, detenzione di armi, ricettazione e falso.
Per Palladino: concorso in occultamento di cadavere, favoreggiamento nell’eludere le investigazioni, detenzione di armi. Emerge inoltre che dal dicembre 2004 il delitto era stato studiato a tavolino per concretizzarsi ad aprile. Izzo e Palaia si erano procurati per l’omicidio sacchi di plastica, nastro da imballaggio, lacci emostatici e pistole. Fu Palaia a comprarli su ordine di Izzo. Si viene poi a conoscenza del fatto che sulla bocca della ragazzina sono state rinvenute tracce biologiche compatibili col dna di Izzo ma viene esclusa relazione sentimentale tra Izzo le due donne, contrariamente a quanto detto da Izzo .
Fra gli altri particolari emerge anche che Palaia e Palladino avevano il compito di bagnare le fosse per agevolare la decomposizione dei cadaveri buttando tutti gli effetti personali delle vittime nei cassonetti dell’immondizia. La polizia ritrova poi anche delle carte di identità false per Izzo e Palaia pronti alla fuga. L’avvocato Fusco spiega però che i documenti non servivano per una fuga ma piuttosto per girare indisturbati, Izzo infatti poteva girare liberamente solo in alcuni orari, i documenti falsi servivano per eludere i controlli delle forze dell’ordine.
Intanto nei primi giorni di giugno sia Izzo che Palaia lasciano il carcere di Campobasso per essere trasferiti il primo a Velletri ed il secondo a Lanciano. Quanto a Palladino, dal 3 novembre scorso è tornato in libertà dai domiciliari per decorrenza dei termini. La posizione del giovane molisano è più lieve rispetto a quella degli altri due indagati, dovendo questi rispondere non di duplice omicidio bensì ‘solò di occultamento e tentativo di distruzione di cadavere.