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Silvia Gobbato, 28 anni, praticante in uno studio legale. Uccisa con 12 coltellate da uno che cercava “una ragazza qualunque”

Udine, 17 Settembre 2013

Rimarrà per sempre una ragazza d’oro


Titoli & Articoli

Omicidio Gobbato, il padre non si dà pace: “Silvia non torna più” (Venezi Today – 19 settembre 2013)
La 28enne di San Michele al Tagliamento è stata uccisa a coltellate martedì a Udine. Il paese chiede verità. Intanto le indagini continuano
“Silvia non tornerà più”. Questo l’unico pensiero che formula il padre di Silvia Gobbato, la praticante avvocato uccisa martedì scorso a Udine mentre faceva jogging. Il dolore più grande che un padre può vivere. C’è sete di verità a San Michele al Tagliamento, il paese di cui era originaria la 28enne, assassinata a coltellate. Perché l’assassino ancora non ha un volto, e le indagini sono ancora in pieno svolgimento. Cos’è successo quando Silvia è stata “staccata” dall’amico compagno di corsa? Un buco di 48 minuti. Durante i quali qualcuno ha aggredito la giovane e l’ha uccisa. Trascinando per poco meno di una decina di metri lontano dal sentiero del parco in cui si stava allenando.
Una ragazza cortese, educata. Che ormai il suo paese d’origine lo frequentava di rado. Giusto i weekend per andare a salutare i genitori. Impegnata com’era a preparare l’esame di abilitazione. Un incubo piombato su una famiglia rispettabile, che attraverso la professione della madre della vittima, infermiera, era sempre pronta ad aiutare gli altri. Ora, però, è il momento del silenzio. Delle indagini. E’ quello che chiedono i familiari della vittima, raggiunti dalla visita del sindaco di San Michele, Pasqualino Codognotto, in rappresentanza di una comunità sconcertata che chiede solo di sapere la verità.

San Michele piange Silvia Gobbato, in 2500 ai funerali della 28enne (Venezia Today – 25 settembre 2013)
Una giornata di lutto cittadino per ricordare la vita spezzata lungo la ippovia del Cormôr, una toga da avvocato depositata sul feretro della giovane
Mercoledì è stata la giornata del dolore a San Michele al Tagliamento, una data segnata dalla tristezza ma anche dalla partecipazione: nella chiesa arcipretale si sono infatti svolti i funerali di Silvia Gobbato, la 28enne praticante avvocato uccisa in provincia di Udine
UNA TOGA ALLA MEMORIA – Per celebrare le esequie, iniziate alle 15.30, è salito sul pulpito don Andrea Vena, il parroco di Bibione, come richiesto dalla famiglia Gobbato. Per ricordare la ragazza assassinata mentre faceva jogging sull’ippovia del Cormôr, in provincia di Udine, sono arrivati non solo parenti e amici, ma anche tanti cittadini “estranei” e persino le autorità del paese, tutti uniti dal dolore per una vita spezzata troppo presto. Circa 2500 persone hanno partecipato alla funzione, una folla commossa, tanto che in molti hanno dovuto assistere alla predica dal sagrato. Presenti una delegazione di sindaci friulani, i sindaci di Gruaro e San Michele, due assessori provinciali, uno di Udine l’altro di Venezia. In paese era stato annunciato il lutto cittadino, cui hanno aderito tutti i negozianti. Il feretro, in legno chiaro, è entrato nella chiesa ricoperto da fiori bianchi come la neve, ma è uscito con sopra una toga nera da avvocato, quella “divisa” che la ragazza inseguiva determinata e che, purtroppo, ormai non potrà più raggiungere.

L’incredibile omicidio di Silvia Gobbato (Diritto di Cronaca – 14 marzo 2018)
C’è chi dice che la vita è appesa a un filo e che non si debba mai dare nulla per scontato. Spesso si sente parlare di fatti di cronaca nera davvero pazzeschi in cui la tragedia accade per puro caso: Silvia Gobbato ha incontrato la sua fine in quel modo, durante un assolato giorno apparentemente tranquillo, in una giornata di svago e divertimento.
Ma cos’è successo a questa giovane brillante e dal sorriso così dolce? Scopriamolo insieme tornando al 2013.
Silvia ha 28 anni, è originaria di San Michele al Tagliamento, un comune della città metropolitana di Venezia, si è laureata in giurisprudenza all’Università degli Studi di Udine dove ha iniziato la pratica forense presso un rinomato studio legale. È molto determinata a diventare avvocatessa e nel lavoro mette tutta se stessa, tanto che è risultata seconda tra tutti i candidati della Corte d’Appello di Trieste nello scritto per l’esame di abilitazione. Non le rimane che l’orale del 7 ottobre, ma per una professionista del suo calibro quell’impegno sembra poco più che una formalità.
Sono le 13 di martedì 17 settembre, la ragazza fa jogging sull’Ippovia lungo il torrente Cormor col figlio dell’avvocato presso cui è praticante, l’amico ha il passo più lungo e la distanzia fino a perderla di vista. Il distacco fra i due aumenta così tanto che il giovane, giunto all’imbocco del percorso sulla strada provinciale, si ferma e la aspetta. Non vedendola arrivare decide di tornare indietro a cercarla.
Lungo il tragitto l’angoscia aumenta, finché il ragazzo incontra un altro corridore che gli racconta di aver scoperto un cadavere. Alle 13.48 entrambi danno l’allarme chiamando i carabinieri: il runner spiega di avere notato un cellulare a terra nel mezzo del sentiero vicino ad alcune macchie di sangue e quindi di aver visto il corpo di Silvia, che risulterà essere stato martoriato da ben 12 coltellate, 7/8 metri oltre il margine dello sterrato, in una zona circondata da alberi.
Parte subito la caccia all’uomo: c’è chi mormora che l’assassino possa essere l’amico con cui la giovane ha deciso di fare jogging, un rampollo di buona famiglia nonché brillante avvocato, tuttavia l’amico risulta del tutto estraneo all’omicidio. Gli inquirenti non escludono nessuno, nemmeno l’ex fidanzato della Gobbato che “Il Gazzettino” definisce “geloso”, ma il colpevole non si trova.
Sembra incredibile: Silvia è stata uccisa in una manciata di minuti che vanno dall’allontanamento dell’amico (il quale dirà: «Ho sbagliato, non dovevo correre avanti») all’arrivo del runner sul posto dell’omicidio. L’Italia intera è sgomenta: si può davvero morire in circostanze così casuali e pazzesche?
I dubbi sono così tanti che qualcuno pensa al killer professionista, ma alla fine l’assassino viene trovato e risponde al nome di Nicola Garbino, un 36enne senza precedenti penali e in cura per problemi mentali che proverà a giustificarsi così: «Volevo rapire una donna piccola di statura che non potesse sopraffarmi fisicamente e poi chiedere il riscatto».
L’uomo, dapprima ben appostato, ha rincorso la vittima per un centinaio di metri, quando l’ha quasi raggiunta lei si è girata accorgendosi di essere seguita, è stato in quel momento che l’aggressore le è saltato addosso e l’ha trascinata nella zona boscosa. La sua intenzione, almeno secondo le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti, era di minacciarla con un coltello e costringerla a telefonare a casa per chiedere un riscatto, ma la ragazza si sarebbe ribellata e lui, preso dal panico, l’avrebbe assalita nuovamente, stavolta con 12 coltellate. Nicola Garbino verrà giudicato “pienamente imputabile” e condannato a 18 anni di reclusione.
Silvia è morta così, nel fiore della sua gioventù, uccisa da un uomo con turbe psichiche.Il suo caso verrà spesso citato da alcuni criminologi come Alessandro Meluzzi di “Quarto Grado” per fare un esempio “scolastico” di omicidio compiuto da un folle in assenza di movente. Di lei rimarrà sempre il ricordo di una ragazza d’oro, appassionata e dedita al lavoro, così l’ha ricordata un suo cugino: «Silvia era solare, ottimista, una persona con cui tutti si sentivano a proprio agio. Allo stesso tempo era precisa nello studio e determinata ad arrivare alla meta quando si poneva degli obiettivi. Proprio come avrebbe fatto con la professione di avvocato che aveva già deciso di intraprendere senza esitare».


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