Santa Scorese, 23 anni, studentessa e attivista cattolica. Uccisa dall’uomo che la perseguitava da anni
Paolo del Colle (Bari), 16 Marzo 1991
“Vorrei avere le ali di un’aquila / e spiccare voli sempre più alti / verso di Te, che sei l’Altissimo/ e non accontentarmi delle basse quote” – Santa Scorese, 3 agosto 1989
Titoli & Articoli
“O me o Dio”: la storia di Santa Scorese, uccisa da uno stalker con 14 coltellate (FanPage – 26 luglio 2011)
Santa Scorese, studentessa e attivista cattolica, è stata assassinata con 14 coltellate il 16 marzo 1991 a Palo Del Colle (Bari). Aveva solo 23 anni. A sferrare i fendenti mortali fu Giuseppe, giovane con disturbi psichici cacciato dal seminario e ossessionato da due cose: la religione e Santa. La morte della ragazza è stata considerata ‘martirio’ dalla Chiesa cattolica, che ha avviato il processo di beatificazione.
Lei si chiamava Santa Scorese, aveva 23 anni e non sapeva che un giorno sarebbe diventata santa per davvero. Nata a Bari nel ’68, cresciuta nel quartiere Libertà, diplomata al Classico, aveva provato a rinchiudere il suo slancio mistico nella preghiera e nell’attivismo cattolico, ma la sua fede era troppo appassionata per restare rinchiusa in un oratorio di provincia e Santa aveva deciso che sarebbe diventata una missionaria. C’era solo una cosa tra lei e Dio, anzi, una persona. Lui si chiamava Giuseppe e scriveva lettere brucianti per lei, ma non era il suo fidanzato, era solo l’uomo che l’avrebbe assassinata a coltellate una notte di marzo a Palo Del Colle.
Maniaci, all’epoca li chiamavano maniaci. Quelli che seguivano le donne per strada, che le molestavano sugli autobus, quelli che le spaventavano con lettere minacciose e deliranti. Non c’era limite giuridico o psichiatrico per loro, non c’era la legge sullo stalking, non c’era nemmeno la parola. La persecuzione era qualcosa di privato da gestire coi propri mezzi e così infatti faceva la famiglia Scorese, il papà poliziotto la scortava dovunque, le sorelle la vegliavano, la madre si preoccupava continuamente della sua sicurezza. Andava avanti da tre anni, e in un’occasione si era anche sfiorato lo stupro. Il 6 febbraio 1989, nel giorno del suo compleanno, Santa era stata sorpresa da quell’uomo per strada. In un attimo si era ritrovata distesa a terra con il suo peso addosso. Lottò per alcuni minuti poi riuscì a liberarsi e fuggì. In questura se ne dolsero, ma nessuno prese provvedimenti restrittivi concreti nei confronti di Giuseppe. Ormai tutta la famiglia lo temeva come un fantasma maligno, anche se il cuor loro i parenti di Santa non pensavano fosse cattivo, ma solo malato.
L’incontro con l’assassino
Tutto era iniziato a Bari, quando, all’uscita dalla cattedrale dove era andata a trovare il parroco, lui l’aveva vista. Era magro, curato ben vestito, non sembrava pericoloso. Aveva subito iniziato a seguirla per poi prendere a perseguitarla con lettere, messaggi blasfemi, telefonate, oscenità. Si scoprirà che si tratta di un giovane disturbato, già cacciato dal seminario per i suoi deliri e ossessionato dalle donne e dalla religione. Non era la prima volta che molestava una ragazza, ma con Santa sembrava implacabile. Minacciava di ‘farla secca’ se non cambiava vita, se non lasciava Dio per stare con lui. La famiglia Scorese si rivolse all’USL, l’allora Unità sanitaria locale, per chiedere provvedimenti.
Nessuno intervenne anche perché la famiglia di Giuseppe, dal canto suo, giurava di provvedere a curarlo privatamente, salvo poi ammettere di averlo fatto solo dandogli qualche goccia di valium. Dopo tre anni passati praticamente agli arresti domiciliari a Palo del Colle, una sera di marzo del 1991 decide di tornare a casa da sola da una riunione dell’Azione cattolica. Arriva davanti al portone sana e salva. Che sollievo, pensa, mentre schiaccia il pulsante del citofono e il portoncino fa lo scatto di apertura. Suo padre che si affaccia dalla finestra per vederla rientrare, viene assalita alle spalle. Si accascia nel suo sangue sotto 14 colpi di coltello, mentre il suo aggressore scappa. L’immediato soccorso e l’intervento chirurgico a cui viene sottoposta al Policlinico di Bari, non le salvano la vita.
Morta nel nome di Dio
“Se mi accade qualcosa, sappi che io ho scelto Dio”, aveva detto qualche tempo prima al suo confessore. La morte di Santa scuote profondamente la comunità di Palo, tanto che al suo funerale ci sono migliaia di persone tra cui tanti corpi, ordini e associazioni tra cui le Missionarie dell’Immacolata-Padre Kolbe, i ragazzi di Comunione e Liberazione e tra i gli integralisti c’è chi parla di disegno divino e di martirio. Nessuno chiederà scusa per la tragedia annunciata. Non lo faranno i funzionari della USL che, diventata ASL, declinerà ogni responsabilità della precedente gestione, non lo faranno le forze dell’ordine. Giuseppe finirà rinchiuso in nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) dove resterà per 10 anni.
Il processo di beatificazione
Come fu per Maria Goretti, anche per Santa, dopo la morte è arrivato il riconoscimento della Chiesa. Per le istituzioni cattoliche Santa è ‘Serva di Dio’ in attesa che si concluda il processo di beatificazione. Nomen omen, così si dice. Oggi la sua incredibile storia rivive in un docufilm dal titolo ‘Santa Subito‘. Dal 2009 lo stalking è un reato normato dall’articolo 612 bis del Codice penale. Forse da allora abbiamo meno sante e più donne.
(di Angela Marino)
Omicidio Santa Scorese, la sorella: “Le negarono la scorta” (il Giornale – 25 novembre 2019)
Santa Scorese venne assassinata a coltellate dal suo stalker il 16 marzo 1991: il delitto si consumò a Palo del Colle, in provincia di Bari
Santa Scorese era una ragazza molto vicina alla religione. Studentessa ed attivista cattolica, fu uccisa solamente per non aver corrisposto l’amore malato del suo stalker, Giuseppe, il quale pose fine alla vita della giovane il 16 marzo 1991 a Palo del Colle (Bari). La giovane aveva denunciato puntualmente minacce, persecuzioni e molestie da parte del suo aguzzino. Erano tuttavia altri tempi, in questura erano impotenti; all’epoca non era stata ancora introdotta la legge contro lo stalking, che entrò in vigore solamente nel 2007. Dopo le denunce, a Santa venne risposto con tali lapidarie parole: “Mica possiamo darle la scorta”. Negli ultimi anni l’omicidio di Santa Scorese è un tema nuovamente dibattuto dall’opinizione pubblica, in quanto è in atto un processo di beatificazione da parte della chiesa cattolica nei confronti della 23enne. Intervistata da FanPage, Rosamaria, sorella di Santa, ha parlato del martirio terreno di quest’ultima.
Mariarosaria Scorese ha descritto la sorella Santa come una ragazza che aveva risposto alla chiamata da parte della fede. Purtroppo, non è dato sapere cosa sarebbe divenuta la donna: forse una laica attivissima o forse una missionaria in Africa. La cosa certa è che Santa era davvero una ragazza ispirata. Come ha ricordato Rosamaria nel corso dell’intervista, ha raccontato di come Giuseppe notò casualmente Santa per strada, la seguì e da allora iniziò un perverso circolo vizioso che ebbe fine con la morte della 23enne. Lo psicopatico iniziò una serie di persecuzioni e molestie ai danni di Santa.
Giuseppe le scriveva continuamente bigliettini a sfondo sessuale e religioso, la pedinava e chiedeva informazioni ai vari amici e conoscenti della ragazza sul suo conto. Santa, spaventata per gli atti di stalking, dovette ridursi, ha dichiarato Rosamaria, a farsi accompagnare all’università dai genitori per sentirsi più sicura. Dalle parole della sorella della 23enne si viene a sapere come il suo killer, Giuseppe, soffra di un disturbo schizofrenico paranoide. Al suo tempo aveva tentato di far parte di un gruppo vocazionale, ma fu allontanato, molto probabilmente a causa della sua delicata situazione psichica. Alla domande del perché avesse scelto proprio Santa come sua preda, Rosamaria non ha saputo dare risposta alcuna; sitratta di un “grande interrogativo per tutti”.
Volendo dare una lettura in chiave religiosa sull’accaduto, Rosamaria ha dichiarato che forse è tutta colpa del male che si è annidato nella mente di un uomo inconsapevole. Inutili le denunce presentate in questura, in quanto all’epoca le minacce da parte di Giuseppe potevano essere considerate reato contro la morale, ma non contro la persona. Santa una volta ebbe la seguente risposta da parte di due magistrati: “Signorina, piccolina com’è se avesse voluto farle del male lo avrebbero già fatto, mica possiamo metterle la scorta”.
Ma il male alla fine Santa lo ricevette eccome. Il 16 marzo 1991, Santa venne aggredita da Giuseppe, il quale si avventò sulla giovane scaricando tutta la sua furia e frustrazione con 14 coltellate. L’omicidio avvenne sotto il portone di casa della Scorese. Nel corso del processo, Giuseppe fu dichiarato incapace di intendere e di volere e adesso è un uomo libero. Ha dovuto solamente scontare 10 anni in comunità, a poca distanza dall’abitazione di Rosamaria e della sua famiglia. La sorella di Santa ipotizza che Giuseppe sia stato sottoposto solamente ad una terapia farmacologica e poi liberato. La donna ha confessato: “Non ci sentiamo in pericolo per noi stessi, ma per le altre donne. Per questa bomba a orologeria che potrebbe esplodere da un momento all’altro”.
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In memoria di
Un inno alla libertà: la storia di Santa Scorese (Diocesi Molfetta – 25 novembre 2022)
Era una ragazza di Palo del Colle, Bari. Sul volto, un sorriso colmo di serenità, di grazia. I capelli corvini acconciati dietro le orecchie. Era votata ai giovani, ai poveri e alla catechesi. Al giorno d’oggi, Santa Scorese è molto più di un ricordo opaco, amaro: è il simbolo delle donne tormentate, perseguitate e stalkerate da chi si dimostra incapace di tollerare le loro voci fervide e audaci.
Quella di Santa è una morte annunciata. La giovane aveva sostenuto da poco l’ultimo esame della facoltà di Pedagogia. In cuor suo, maturava il proposito di entrare in convento per seguire la strada della missionaria. Il volontariato occupava gran parte del tempo libero. Anche quel giorno – il 16 marzo 1991 – aveva assistito una famiglia indigente e si era diretta presso la parrocchia per incontrare i compagni dell’Azione Cattolica. A sera, si era avviata con la 126 di sua sorella verso casa. Una leggerezza, una sbadataggine: non usciva mai da sola da quando il suo molestatore la pedinava come un’ombra.
Il disoccupato trentaduenne le impediva di condurre una vita libera e dignitosa, confondendo l’amore con l’ossessione. Nonostante il fermo rifiuto di Santa, desiderosa di dedicare la propria vita alla ricerca di Dio, lo stalker era una presenza apparentemente intangibile, in realtà tragicamente concreta, fatale. Recavano la sua firma i biglietti trovati sotto la porta di casa o sul parabrezza della macchina. Si legge, in quelle lettere cariche di follia omicida: “Io sono Cristo. Se sei una buona cristiana devi dimostrarmelo e darti a me. La donna è inferiore all’uomo e deve sottostare alla sua volontà”.
Il «no» di Santa ha il sapore dolce della libertà. Vane si sarebbero rivelate anche le denunce del padre, poliziotto. Il reato di stalking non era stato ancora introdotto nel codice penale italiano. Il molestatore era considerato dalla legge un corteggiatore, uno spasimante. Anni prima era stato denunciato per aver importunato una giovane liceale, poi una suora, ma era lasciato libero di girovagare indisturbato tra le strade di Bari.
Quell’ultima sera, l’assassino attendeva Santa sotto casa. Alla sua vista, si era scagliato su di lei per colpirla alla gola, al petto, al ventre. La madre assistette alla scena dal balcone, urlando. Il padre si precipitò in strada per soccorrere la figlia, riversa in un lago di sangue. La corsa frenetica in ospedale si rivelò inutile. Prima di spirare, Santa rivolse uno sguardo d’intesa alla sorella Rosamaria e rinnovò il Fiat a Dio – l’accettazione della Sua volontà. Infine, perdonò il carnefice ed ebbe soltanto il tempo di pronunciare le ultime, dolci parole: “Sono ancora giovane, non voglio morire”. Morì, invece.
E morì da martire per aver commesso «l’errore» di preferire Dio alla follia del suo stalker. La storia di Santa ebbe eco mediatica da un capo all’altro dello Stivale, e nel 1998 venne aperta la causa che condurrà alla sua beatificazione. La testimonianza della martire raggiunse, tra i tanti Paesi, anche il Brasile. Lì, Chiara Lubich – fondatrice del movimento dei focolari – parlò di Santa come un modello da imitare: “Fino alla vita, fino a dare tutto… Non c’è altra misura”. Le pagine del suo diario rappresentano ancora oggi un insieme di riflessioni spirituali dal potere catartico e liberatorio. “Quale libertà deve sentire dentro chi ha il coraggio di dire di sì e di buttarsi a capo fitto nella Tua Avventura tagliando con il mondo di prima. Mi pare di sentire dentro questa gioia solo nell’immaginarlo”. La libertà di autodeterminarsi non è forse un valore universale? Le parole di Santa non celano, in profondità, un grido di speranza laico e irrinunciabile?
Il 25 novembre è la giornata mondiale contro ogni forma di violenza sulle donne, e la storia della martire italiana è – oggi come allora – una testimonianza che trascende i vincoli religiosi. La sua voce, le sue idee e la sua capacità di rimanere fedele alla vocazione cattolica ci invitano a prestare ascolto a tutte le vittime che, ancora oggi, sono perseguitate e abusate dai propri aguzzini. Contrariamente alla tradizione del Meridione e per volere della sorella, nel suo ultimo viaggio Santa indosserà un abitino di colore rosso. Rosso come il sangue versato a causa di un’ossessione travestita d’amore, rosso come la passione che l’animò fino all’ultimo giorno della sua esistenza.
Il giorno del funerale era circondata da una folla di giovani venuta a renderle omaggio. Tra loro, i volontari della Croce Rossa, i focolari, le missionarie di Padre Kolbe, la Caritas di Palo del Colle, così come i suoi amici, gli ex insegnanti del Liceo Flacco e gli anziani dell’ospizio a cui aveva prestato soccorso. Durante la celebrazione, Don Tino Lucariello – padre spirituale della vittima – ribadirà pubblicamente la vocazione di Santa: “Dinanzi all’esplicito invito di testimoniare la propria fede a qualunque prezzo, Santa non ha avuto esitazioni: Qualsiasi cosa mi succeda, io ho scelto Dio”. Su di lei è stato realizzato, nel 2019, il docufilm “Santa subito” curato da Alessandro Piva. La pellicola ha ottenuto molteplici riconoscimenti, meritandosi la vittoria al XIV Festival del Cinema di Roma.