Nicoleta Rotaru, 39 anni, operaia, mamma. Strangolata dall’ex marito che ne simula il suicidio. Ma lei aveva registrato tutto
Abano Terme (Padova), 2 Agosto 2023
Titoli & Articoli
Padova, donna morì in bagno un anno fa: «Non era un suicidio, il cellulare di lei ha registrato l’omicidio e incastrato l’ex marito» (Corriere del Veneto – 24 agosto 2024)
Femminicidio ad Abano Terme, la messinscena e la svolta sulla morte della 37enne Nicoleta Rotaru, il 2 agosto 2023. La donna registrava le violenze subite. L’ex compagno, Erik Zorzi, 42 anni, è in carcere, imputato di omicidio
Nella conta dei femminicidi oggi c’è una donna in più: Nicoleta Rotaru, 37 anni compiuti e due figlie piccole. Per oltre un anno, la sua morte è stata registrata come un gesto estremo, ma lei, dalla tomba, ha saputo incastrare l’ex marito fornendo ai carabinieri la testimonianza chiave che porterà Erik Zorzi, camionista di 42 anni, davanti al giudice per l’udienza preliminare il 17 settembre prossimo con l’accusa di omicidio aggravato.
Per raccontare la storia di Nicoleta però bisogna riavvolgere il nastro e tornare all’alba del 2 agosto del 2023. Quella mattina al Suem 118 di Padova arriva una chiamata. La voce al telefono è quella di Erik Zorzi. È nervoso, agitato. «Presto, presto, fate in fretta, mia moglie è chiusa in bagno da due ore e non risponde più, ho paura che sia morta». Quando gli infermieri e il medico sfondano con troppa facilità – dettaglio non secondario – la porta del bagno, la tragedia è già compiuta: il corpo di Nicoleta è a terra, gettato in un angolo. La donna è rannicchiata e ha una cintura di pelle stretta attorno al collo, la fibbia chiusa all’altezza della nuca.
Tutto fa subito pensare a un gesto estremo: la chiamata concitata ai soccorsi da parte del marito, la porta chiusa dall’interno con un piccolo chiavistello scorrevole, il bagno cieco senza finestre, i solchi sul collo di lei compatibili con la cintura usata per impiccarsi. Nessun segno di violenza e nessun segno di effrazione. Anche il medico legale conferma lo scenario: probabile suicidio. La notizia viene taciuta ai giornali, come si fa spesso in questi casi. Per pietà della vittima e della famiglia. E perché alla fine è giusto così.
Ci sono però alcuni piccoli particolari che non tornano. I carabinieri fanno finta di nulla ma ascoltano con attenzione il racconto dell’equipaggio del Suem 118. Troppo facile entrare in bagno. È bastato fare una piccola pressione sulla porta perché cadesse il pannello centrale in legno. «Come se qualcuno lo avesse appena riattaccato», dice uno degli infermieri. Come se Zorzi, esperto di bricolage, l’avesse appena rimesso al suo posto, pensano i militari.
I carabinieri conoscono già Zorzi e conoscono quella casa di Abano Terme non lontana dallo stadio. Ci sono andati diverse volte in passato. Sempre chiamati dai vicini perché Erik e Nicoleta litigavano spesso. E altrettanto spesso le urla e gli insulti diventavano sberle. I due erano già divorziati, lei aveva da tempo un altro fidanzato. Era rimasta a vivere in quella casa con l’ex marito solo perché stava aspettando la conferma del tempo indeterminato al lavoro.
Poi si sarebbe trasferita in un appartamento tutto suo con le due bambine. «Era felice. Aveva da poco prenotato le vacanze per sé e per le figlie. Doveva partire il 5 agosto perché il suo sogno si stava per realizzare. Alla fine di quello stesso mese sarebbe stata assunta a tempo indeterminato – raccontano i vicini – Non ha senso che sia suicidata».
Un altro dettaglio che non quadra. Importante sì, ma ancora troppo poco per portare a conclusioni. Anche le tante testimonianze concordi sulla violenza e sulla gelosia cieca di Erik nei confronti di Nicoleta non sono sufficienti a cambiare il titolo scritto da magistrato sul fascicolo di indagine. «Lui l’aveva minacciata di morte se lei fosse andata via di casa portandosi via le figlie» racconta il nuovo fidanzato di Nicoleta ai carabinieri.
Ma non basta neanche questo. Per incastrare lui c’è voluta lei. Lei che da morta ha saputo raccontare direttamente ai carabinieri che cosa è successo quella tragica notte tra l’1 e il 2 agosto 2023. Tornata a casa dopo aver visto il fidanzato, Nicoleta sente che quella sera qualcosa non va. La tensione è palpabile, Erik è più aggressivo del solito. Allora lei ha un’intuizione: accende il registratore del cellulare e lo appoggia sul comodino accanto al letto. Non era la prima volta che lo faceva. Aveva iniziato qualche tempo prima per documentare i litigi e le violenze subite. Per mesi ha registrato gli insulti, le umiliazioni, le violenze. E quella notte ha documentato il suo stesso assassinio in un crescendo di offese verbali, insulti, ansimi e rumori di lotta che il freddo rapporto degli investigatori riassumerà in una frase: «Suoni compatibili con un’azione omicidiaria». Il cellulare cattura tutti i rumori. Anche quelli successivi alla morte di lei. Le parole confuse e nervose di Zorzi, i cigolii delle porte, il tintinnio della fibbia della cintura, i passi, i trascinamenti, i lavori fatti velocemente per smontare il pannello della porta e poi per rimontarlo, con l’obiettivo – ipotizzato dalla procura – di far scorrere il chiavistello del bagno dall’interno per far sembrare ai soccorritori che la donna si fosse chiusa da sola nel bagno.
E infine ancora rumori. Quelli degli infermieri e del medico del Suem. Quelli dei carabinieri. Quelli di tutto ciò che è successo fino a quando il cellulare non si è scaricato e non è stato riacceso dai periti che cercavano un messaggio d’addio per confermare il suicidio. Il messaggio c’era, ma era un’accusa, quella che ha portato Erik Zorzi in carcere. (Alessio Antonini)
Femminicidio Nicoleta Rotaru, le sue ultime parole registrate dal cellulare: «Erik ti prego smettila» (Corriere del Veneto – 25 agosto 2024)
L’urlo di Nicoleta registrato dal suo cellulare la notte della morte ad Abano Terme, nel Padovano. L’ex marito: «Liberaci dal male, vattene via»
«Erik ti prego smettila!». Un urlo disumano si diffonde nell’appartamento di via Rocca Pendice ad Abano Terme alle 4.24 della notte del 2 agosto del 2023. Quelle sono le ultime parole di Nicoleta Rotaru 37 anni, impiegata e madre di due bambine che dormono nella stanza accanto. Lei è stesa a pancia in giù nel letto, l’ex marito da cui era separata e che da sei mesi aveva l’ordine di lasciare la casa, le è seduto sopra a cavalcioni: secondo l’accusa, le sta stringendo una delle sue cinture al collo. Riesce a supplicarlo un’altra volta: «Erik ti prego smettila», ma lui stringe e stringe ancora, e vaneggia e dice: «No ti prego tu, perché ci siamo ridotti così?», poi lei non riesce più a parlare. Lui: «Perché l’hai fatto, perché l’hai fatto, io ti amavo, ti amavo, ti amavo… liberaci dal male, vattene via, volevo solo amarti, vattene Nico, vattene… vattene… vattene». La povera Nicoleta sta soffocando, la sua agonia durerà 9 minuti e 46 secondi. Poi la sua voce sarà cancellata. Ma non per sempre.
Lui non sa che in quella stanza c’è un cellulare acceso, che sta registrando tutto. Quella registrazione porterà Erik Zorzi in cella sette mesi dopo con l’accusa di omicidio volontario. I dettagli dell’omicidio sono raccontati nelle 17 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dalla gip Laura Alcaro.
L’inferno di Nicoleta inizia molti anni prima. Da quando si sposano, lui controlla tutto: le impedisce di fare colloqui di lavoro, le impedisce di frequentare l’università, di avere rapporti con la famiglia in Moldavia e anche di fare politica, quando nel 2017 lei si candida in una lista cittadina ad Abano. Nel frattempo hanno due bambine, ma nel 2022 lei decide di separarsi. Lui le fa la guerra: non vuole che lei si prenda la casa, come invece ha stabilito il giudice della separazione. Per cui resta lì e la controlla. Lei è una donna libera: negli ultimi mesi aveva incontrato un altro uomo: il primo agosto dopo cena era uscita col lui.
Quella sera del 2023 Nicoleta ritorna a casa alle 23. Erik le aveva nascosto in auto un registratore mp3. Giusto il tempo di scendere in garage, prendere il registratore e ascoltarlo, e poi risale in casa su tutte le furie, perché scopre che i due hanno avuto un rapporto. Inizia un soliloquio che dura tre ore, la copre di insulti irripetibili. Lei è zitta, il suo telefono registra tutto, ma lui non lo sa. Nicoleta aveva iniziato a registrare le sue offese e le sue violenze da anni. Lo faceva perché temeva che lui potesse ucciderla.
Gli audio inviati. A un’amica, che poi ha parlato con i carabinieri, aveva perfino raccontato di voler fare testamento per stabilire che in caso di morte le figlie non andassero nè a lui nè alla suocera. Poi mandava gli audio alla sorella e al nipote che abitano in Moldavia: voleva dei testimoni. Tutti le dicevano di lasciarlo, ma lei aspettava solo di avere un contratto a tempo indeterminato: lavorava alla M&F di Selvazzano Dentro,il settembre successivo l’avrebbero stabilizzata, il 5 agosto, poi, sarebbe partita per le vacanze con le sue bambine. Nicoleta stava cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel. Con quel nuovo amico aveva iniziato a uscire da un mese, troppo presto per dire se fosse una cosa seria. «Sono gli ultimi 100 metri» diceva alle figlie che assistevano ogni giorno a botte e insulti, subendone a loro volta, come riporta l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Erik.
La cinta dei pantaloni. La sera del primo agosto 2023 l’uomo capisce che la ex moglie non farà mai mezzo passo indietro, e in un crescendo di improperi, descritti minuziosamente dalla gip (e che non riporteremo per rispetto a Nicoleta), lui la uccide – questa è la convinzione della procura – mentre lei è a letto. È abituata ai suoi eccessi, cerca di dormire, ogni tanto gli chiede di lasciarla in pace e di smetterla, ma per lo più lo lascia parlare sperando che si stanchi. È semi addormentata quando lui la sorprende con la cinta dei pantaloni al collo. Secondo la giudice, l’omicidio dura 10 minuti, poi dall’audio vengono ricostruiti i movimenti: lui che fa scorrere la porta del bagno, poi stacca il pannello centrale della porta, chiude a chiave da dentro, rimonta il pannello. Alle sei e mezza chiama il 118: «Venite mia moglie si è chiusa in bagno, credo si sia uccisa». Con una spallata qualcuno tenta di sfondare la porta, il pannello viene giù con una facilità imbarazzante. Le bambine assistono a tutta la scena. Sarà proprio una delle figlie a dire ai carabinieri: «Si il papà ci sa fare con i lavori, il pannello lo ha riattaccato lui, basta “scastrarlo”». Una cosa che sapeva fare bene Erik.
L’ipotesi del suicidio. Quando arrivano i soccorsi trovano Nicoleta vicino alla doccia, rannicchiata a terra. Una incredibile sequenza di accertamenti porta tutti a ritenere si tratti di suicidio. Lo dicono i carabinieri e i quattro medici legali che vedono Nicoleta: tre per l’esame esterno e la dottoressa Alessia Viero che fa l’autopsia. Eppure gli stessi carabinieri erano andati otto volte a casa Zorzi chiamati dai vicini che sentivano lui urlare. Eppure le amiche e i parenti dicono: «Non è possibile, lei non si sarebbe uccisa».
Parole come pietre. La famiglia di Nicoleta si affida a due avvocate, Roberta Cerchiaro e Tatiana Vija. Sono loro a spingere affinchè si faccia di più. I carabinieri sequestrano il cellulare. Si apre un mondo: gli audio registrati dalla povera donna le ridanno la voce. Il suo telefono parla per lei. E quell’audio sembra inchiodare il marito. Lui finisce in carcere, le piccole vengono prese in carico dai servizi sociali. Le parole del gip sono come pietre: «Questo giudice ha ascoltato gli audio di quella notte, nessuna descrizione verbale può rendere adeguatamente l’intensità e l’inaudita pervicacia dell’azione di Zorzi, si sente la sofferenza fisica durata lunghissimi minuti della donna sorpresa nel sonno. L’uomo persiste nella sua condotta e addirittura implora la Rotaru di andarsene, di sbrigarsi, quasi come a dire che la resistenza sta durando anche troppo». (di Roberta Polese)
La politica, il nuovo lavoro e il divorzio: chi era Nicoleta Rotaru, uccisa dal marito che simulò un suicidio (Fan Page – 25 agosto 2024)
Nicoleta Rotaru, 39 anni, aveva provato ad entrare in politica ad Abano Terme nel 2017, ma la sua esperienza era stata presto ostacolata dall’ex marito Erik Zorzi, oggi in carcere con l’accusa di averla uccisa in casa e averne simulato il suicidio. La donna aveva da poco ottenuto il divorzio dal 42enne e trovato un nuovo lavoro.
Prima di essere uccisa un anno fa tra la camera da letto e il bagno della casa che condivideva con l’ex marito, Nicoleta Rotaru aveva dovuto mettere il punto davanti ai giudici a quel matrimonio fatto di manipolazione, violenza, controllo e gelosia. Stanca dei soprusi, aveva deciso di divorziare da Erik Zorzi, in carcere a un anno dal delitto che inizialmente era stato bollato come suicidio.
Nicoleta, 39 anni, non si sarebbe però mai tolta spontaneamente la vita. A dirlo sono stati anche i vicini di casa, sicuri del fatto che Rotaru fosse entusiasta all’idea di trasferirsi in una nuova casa con le due figlie di 8 e 13 anni. Quel momento sarebbe arrivato presto e lei condivideva la sua gioia con chiunque si fermasse a parlarle: ad agosto, di ritorno dalle vacanze, avrebbe finalmente ottenuto il contratto a tempo indeterminato sul posto di lavoro e così avrebbe potuto trovare un nuovo appartamento per sé e le sue bambine. Da tempo la donna stava cercando di allontanarsi dal camionista 42enne con il quale aveva avuto due figlie e finalmente, due anni prima del delitto, era arrivato il divorzio. Quelle carte firmate, però, non erano bastate, perché le difficoltà di una giovane madre con un impiego precario non le avevano permesso di trovare un’altra sistemazione e così aveva dovuto rimanere nella casa di proprietà della famiglia dell’ex partner.
L’inferno però sembrava in procinto di finire e questo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, preoccupava l’ex marito 42enne della vittima. L’uomo era arrivato a minacciarla di morte qualora avesse deciso di trasferirsi insieme alle due figliolette e al nuovo fidanzato, spesso oggetto di discussione in casa.
Nel 2017, Nicoleta aveva deciso di entrare in politica con Michele Di Bari, fondatore della lista CambiAbano in vista delle elzioni amministrative nel comune di Abano Terme che proprio il quel periodo stava cercando di riemergere da uno scandalo di tangenti e corruzione che aveva portato in cella l’allora sindaco. Anche in quell’occasione, ricorda Di Bari, Zorzi aveva provato ad ostacolare la moglie. “Non fu facile per lei – ricorda Di Bari -. Avevamo capito che lui la controllava e che era violento, ma mai avremmo immaginato tanto. Ricordo che al termine di una riunione lui si presentò da me stringendomi forte la mano, mi guardò negli occhi e disse: ‘Spero che quello che fate porti a qualcosa perché Nicoleta passa molto tempo fuori casa’. Era la prima volta che lo vedevo, ho capito subito che non era contento dell’impegno della moglie”.
La 39enne non era riuscita a reggere l’ossessione dell’ex marito e a un certo punto, durante la campagna elettorale, aveva deciso di rinunciare alla corsa. “Ho problemi a casa” aveva detto a Di Bari prima di chiedergli di essere messa “da parte” nel progetto della lista. “Non potevo toglierla, ormai le votazioni erano vicine, ma le dissi che non doveva preoccuparsi e che l’avremmo aiutata”.
Dopo quella breve esperienza in politica, Nicoleta era tornata a fare la vita di sempre tra lavoro e figli. Le liti con il marito, poi divenuto ex, non si erano mai sedate: negli anni le forze dell’ordine si sono recate spesso a casa di Zorzi, chiamate dai vicini allarmati dalle urla. “Prima che vi fossero le elezioni – ricorda Di Bari – lui mi chiamò a telefono intimandomi di togliere le foto di sua moglie dai social, avevamo fatto dei video promozionali e c’era anche lei. Stavano andando molto bene, io mi sono arrabbiato con lui e gli ho intimato di cancellare il mio numero e di non farsi più sentire. Gli dissi che se Nicoleta voleva essere tolta dai social, allora mi avrebbe chiamato lei. Poco dopo mi è arrivata la stessa richiesta da parte di Nicoleta e a quel punto ho eseguito”.
Quell’accesa lite tra l’ex marito e Di Bari aveva segnato la fine della carriera della 39enne nella politica locale. Dal 2017, lei era riuscita a trovare un lavoro, che presto avrebbe dovuto darle un contratto a tempo indeterminato, ed era riuscita a divorziare dal 42enne con il quale però continuava a vivere per necessità. In quel lasso di tempo, Nicoleta aveva anche ritrovato l’amore e sperava di poter presto andare a vivere per conto proprio insieme alle figlie minorenni per godersi la storia con il nuovo fidanzato.
Ore di audio inascoltati per mesi: la battaglia delle avvocate per arrivare alla verità sulla morte di Nicoleta Rotaru (Vanity Fair – 27 agosto 2024)
Ecco come Roberta Cerchiaro e Tatiana Vilja, sollecito dopo sollecito, sono arrivate a far ribaltare la tesi del suicidio della donna uccisa dall’ex marito
Il cellulare in carica per giorni. Ore e ore di audio inascoltati per mesi. La famiglia che non ha mai creduto alla tesi del suicidio. E due avvocate che hanno voluto andare a fondo per portare a galla la verità. Roberta Cerchiaro e Tatiana Vilja, contattate da Eugenia, la madre di Nicoletta Rotaru hanno lavorato mesi perché i file contenuti nel cloud del cellulare della vittima venissero ascoltati dagli inquirenti. Sapevano che la donna aveva due cellulari e un pc. E che il cellulare in cui erano contenute le prove delle violenze di Zorzi era quello sequestrato per le indagini.
Sollecito dopo sollecito si arriva al 17 gennaio 2024, sei mesi dopo la morte di Nicoleta. La procura incarica il perito Umberto Bardari di procedere all’ascolto degli audio: le prime relazioni raccontano di ingiurie e improperi anche all’indirizzo delle due figlie di 8 e 12 anni. Il 13 marzo però, come racconta nel dettaglio il Corriere del Veneto, il perito intercetta la registrazione dell’ultima notte di Nicoleta. Una settimana dopo, l’ex marito Erik Zorzi viene arrestato. È evidente che la determinazione delle avvocate ha portato alla scoperta della verità, come riporta l’ordinanza firmata dalla gip Laura Alcaro. «Nessuno, nemmeno i carabinieri che sequestreranno il telefono tenendolo in carica per più giorni, si erano accorti dello stato attivo della registrazione».
Gli oltre mille audio raccontano l’inferno di Nicoleta Rotaru e delle sue figlie. Una vita di controlli, minacce, pedinamenti. Senza, purtroppo, che Nicoleta avesse trovato il coraggio di fare formale denuncia temendo per l’incolumità delle sue figlie visto che Zorzi, nonostante l’ordine di allontanamento emesso sei mesi prima della morte di Nicoleta, continuava a vivere sotto lo stesso tetto e a dormire nello stesso letto della ex moglie.
I file rivelano una violenza verbale (e forse fisica) non diretta solo alla compagna ma anche alle due bambine. Insulti irripetibili alla figlia minore, controlli, minacce e improperi quotidiani a Nicoleta, controlli sull’abbigliamento, orari di rientro dal lavoro, e ogni minima scelta.
Che la situazione fosse insostenibile era chiaro anche alle colleghe e al datore di lavoro della donna. «Veniva al lavoro con ferite, tagli, escoriazioni molto gravi, ci faceva sentire gli audio di lui che urlava, non si distinguevano quasi le parole. Il giorno prima di morire ci ha confidato che mentre si trovava a letto per riposare aveva riaperto gli occhi e lui la stava fissando a pochi centimetri di distanza» ha spiegato al Corriere del Veneto Maurizio Giaron, proprietario della pelletteria M&F di Selvazzano Dentro rivelando come giorni dopo la morte di Nicoleta Erik si sia presentato in negozio per chiedere lo stipendio della donna. Di fronte a quegli audio inequivocabili, che lo inchiodano come stalker, violento e probabile assassino, il camionista di Abano continua a giustificarsi e a confondersi dichiarandosi «non colpevole ed estraneo ai fatti» come conferma il suo nuovo legale Silvia Masiero che proprio in questi giorni sta analizzando gli atti e incontrerà Zorzi al Due Palazzi di Padova. (di Elena Filini)
Link
In memoria di
Femminicidio di Nicoleta Rotaru, il marito che ha simulato il suicidio voleva cancellarla: tutti i no, da quello politico a quello affettivo, di un uomo ossessionato (la Repubblica – 27 agosto 2024)
In meno di due anni i carabinieri di Abano Terme sono intervenuti a casa della coppia dopo violente liti e percosse, nel 2023 il provvedimento, mai rispettato, di allontanamento da casa dell’uomo
Se esistesse una classifica del male che porta il nome di femminicidio, quello che ha coltivato Erik Zorzi, l’uomo che a distanza di sei mesi, a marzo (ma si è saputo soltanto adesso) è stato arrestato per omicidio aggravato dopo aver inscenato il suicidio della moglie Nicoleta Rotaru, la 37enne di Abano Terme che ha registrato col cellulare la sua morte, sarebbe ai primi posti. Perché la verità dell’ennesima morte in nome di un amore inesistente che è solo ossessione, sta emergendo come scene di un film al rallentatore. E quello che viene a galla è l’inequivocabile tentativo di cancellare Nicoleta da tutto e tutti per poterla definire solo e soltanto sua.
Il lavoro negato. L’annientamento di Nicoleta è durato15 anni, tanti sono gli anni che la donna, di origini moldave, ha trascorso a difendersi da lui. Laureata in lingue e col sogno di iscriversi all’università di Padova, alla facoltà di Giurisprudenza, ha dovuto rinunciare perché Zorzi le impediva a forza di grida e minacce di farlo. Proprio come quella volta in cui lei era andata, nel 2009, a un colloquio di lavoro e aveva spento il telefono. Dopo le violenze fuggì in Spagna ma lui la raggiunse e, minacciando ritorsioni sulle figlie, la obbligò a tornare.
La carriera politica. A ricordare come Erik ha schiacciato Nicoletta anche nella sua dimensione politica è Michele Di Bari, fondatore, nel 2017 per le elezioni comunali, della lista CambiAbano. “Avevamo capito che lui la controllava e che era violento, ma non avremmo mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto”, ha dichiarato sconvolto Di Bari al Corriere Veneto. “Ricordo che al termine di una riunione lui si presentò e stringendomi forte la mano e guardandomi negli occhi disse: ‘Spero che quello che fate conduca da qualche parte, perché Nicoleta passa molte ore fuori casa’. Era la prima volta che lo vedevo, avevo capito subito che non era molto contento dell’impegno della moglie”, spiega. “Gli risposi che, come poteva vedere, eravamo tutti lì in un luogo pubblico a impegnarci in quello che credevamo”.
Via le foto dai social. Non solo il tentativo di farle terra bruciata in ambito politico, ma anche le sua dimensione sociale doveva sparite: le foto dai social network dovevano essere tolte. Prosegue Di Bari: “Un giorno Zorzi mi chiamò per dirmi di togliere le foto di sua moglie dai social, mi arrabbiai con lui e gli dissi che se voleva essere tolta dai social, lei avrebbe dovuto chiamarmi di persona. Dopo poco mi è arrivata la stessa richiesta da parte di Nicoleta: allora abbiamo cancellato tutto, non volevamo che le provocassero problemi con lui”. Poco dopo la trentasettenne ritirò la sua candidatura e chiuse la sua esperienza politica per non innescare le liti con il marito.
Le lite e le chiamate ai carabinieri. Più volte i vicini di casa hanno chiamato i carabinieri per chiedere di intervenire nell’appartamento in cui l’uomo ha ucciso la moglie, malgrado fosse stato cacciato di casa. I militari lo conoscevano bene quell’indirizzo dato che erano intervenuti 7 volte lasciando traccia in sette verbali dal 16 maggio 2021 al 21 aprile 2023. Sette verbali che raccontano di violente liti sedate, prima che le autorità, su denuncia della donna, disponessero l’allontanamento del 42enne dal tetto coniugale entro il 23 marzo 2023.
La verità in nome dell’ostinazione. Sono le avvocate Roberta Cerchiaro e Tatiana Vija, che assistono la mamma Eugenia Rotaru, la sorella Inga Sibru e il nipote Nicolae Sibru, ad ostinarsi nel dare un giusto nome alla morte di Nicoleta che non poteva chiudersi come un caso di suicidio. “Mia figlia è nella mia memoria come un angelo luminoso, puro e pulito che mi ha confortato nei miei momenti difficili, mi ha sostenuto quando ero demoralizzata e sofferente e abbiamo riso fino alle lacrime quando eravamo felici”, ha detto Eugenia Rotaru. La famiglia è determinata ad avere giustizia. Come pure le amiche che erano andate dai carabinieri a dire: “Lui la picchiava, lei voleva fare testamento perché era terrorizzata che lui potesse ucciderla”. (di Federica Angeli)