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Erik Zorzi, 42 anni, camionista, padre. Strangola l’ex moglie e ne simula il suicidio.

Abano Terme (Padova), 2 Agosto 2023


Titoli & Articoli

Padova, donna morì in bagno un anno fa: «Non era un suicidio, il cellulare di lei ha registrato l’omicidio e incastrato l’ex marito» (Corriere del Veneto – 24 agosto 2024)
Femminicidio ad Abano Terme, la messinscena e la svolta sulla morte della 37enne Nicoleta Rotaru, il 2 agosto 2023. La donna registrava le violenze subite. L’ex compagno, Erik Zorzi, 42 anni, è in carcere, imputato di omicidio
Nella conta dei femminicidi oggi c’è una donna in più: Nicoleta Rotaru, 37 anni compiuti e due figlie piccole. Per oltre un anno, la sua morte è stata registrata come un gesto estremo, ma lei, dalla tomba, ha saputo incastrare l’ex marito fornendo ai carabinieri la testimonianza chiave che porterà Erik Zorzi, camionista di 42 anni, davanti al giudice per l’udienza preliminare il 17 settembre prossimo con l’accusa di omicidio aggravato.
Per raccontare la storia di Nicoleta però bisogna riavvolgere il nastro e tornare all’alba del 2 agosto del 2023. Quella mattina al Suem 118 di Padova arriva una chiamata. La voce al telefono è quella di Erik Zorzi. È nervoso, agitato. «Presto, presto, fate in fretta, mia moglie è chiusa in bagno da due ore e non risponde più, ho paura che sia morta». Quando gli infermieri e il medico sfondano con troppa facilità – dettaglio non secondario – la porta del bagno, la tragedia è già compiuta: il corpo di Nicoleta è a terra, gettato in un angolo. La donna è rannicchiata e ha una cintura di pelle stretta attorno al collo, la fibbia chiusa all’altezza della nuca.
Tutto fa subito pensare a un gesto estremo: la chiamata concitata ai soccorsi da parte del marito, la porta chiusa dall’interno con un piccolo chiavistello scorrevole, il bagno cieco senza finestre, i solchi sul collo di lei compatibili con la cintura usata per impiccarsi.  Nessun segno di violenza e nessun segno di effrazione. Anche il medico legale conferma lo scenario: probabile suicidio. La notizia viene taciuta ai giornali, come si fa spesso in questi casi. Per pietà della vittima e della famiglia. E perché alla fine è giusto così.
Ci sono però alcuni piccoli particolari che non tornano. I carabinieri fanno finta di nulla ma ascoltano con attenzione il racconto dell’equipaggio del Suem 118. Troppo facile entrare in bagno. È bastato fare una piccola pressione sulla porta perché cadesse il pannello centrale in legno. «Come se qualcuno lo avesse appena riattaccato», dice uno degli infermieri. Come se Zorzi, esperto di bricolage, l’avesse appena rimesso al suo posto, pensano i militari.
I carabinieri conoscono già Zorzi e conoscono quella casa di Abano Terme non lontana dallo stadio. Ci sono andati diverse volte in passato. Sempre chiamati dai vicini perché Erik e Nicoleta litigavano spesso. E altrettanto spesso le urla e gli insulti diventavano sberle. I due erano già divorziati, lei aveva da tempo un altro fidanzato. Era rimasta a vivere in quella casa con l’ex marito solo perché stava aspettando la conferma del tempo indeterminato al lavoro.
Poi si sarebbe trasferita in un appartamento tutto suo con le due bambine. «Era felice. Aveva da poco prenotato le vacanze per sé e per le figlie. Doveva partire il 5 agosto perché il suo sogno si stava per realizzare. Alla fine di quello stesso mese sarebbe stata assunta a tempo indeterminato – raccontano i vicini – Non ha senso che sia suicidata».
Un altro dettaglio che non quadra. Importante sì, ma ancora troppo poco per portare a conclusioni. Anche le tante testimonianze concordi sulla violenza e sulla gelosia cieca di Erik nei confronti di Nicoleta non sono sufficienti a cambiare il titolo scritto da magistrato sul fascicolo di indagine. «Lui l’aveva minacciata di morte se lei fosse andata via di casa portandosi via le figlie» racconta il nuovo fidanzato di Nicoleta ai carabinieri.
Ma non basta neanche questo. Per incastrare lui c’è voluta lei. Lei che da morta ha saputo raccontare direttamente ai carabinieri che cosa è successo quella tragica notte tra l’1 e il 2 agosto 2023. Tornata a casa dopo aver visto il fidanzato, Nicoleta sente che quella sera qualcosa non va. La tensione è palpabile, Erik è più aggressivo del solito. Allora lei ha un’intuizione: accende il registratore del cellulare e lo appoggia sul comodino accanto al letto. Non era la prima volta che lo faceva. Aveva iniziato qualche tempo prima per documentare i litigi e le violenze subite. Per mesi ha registrato gli insulti, le umiliazioni, le violenze.  quella notte ha documentato il suo stesso assassinio in un crescendo di offese verbali, insulti, ansimi e rumori di lotta che il freddo rapporto degli investigatori riassumerà in una frase: «Suoni compatibili con un’azione omicidiaria». Il cellulare cattura tutti i rumori. Anche quelli successivi alla morte di lei. Le parole confuse e nervose di Zorzi, i cigolii delle porte, il tintinnio della fibbia della cintura, i passi, i trascinamenti, i lavori fatti velocemente per smontare il pannello della porta e poi per rimontarlo, con l’obiettivo – ipotizzato dalla procura – di far scorrere il chiavistello del bagno dall’interno per far sembrare ai soccorritori che la donna si fosse chiusa da sola nel bagno.
E infine ancora rumori. Quelli degli infermieri e del medico del Suem. Quelli dei carabinieri. Quelli di tutto ciò che è successo fino a quando il cellulare non si è scaricato e non è stato riacceso dai periti che cercavano un messaggio d’addio per confermare il suicidio. Il messaggio c’era, ma era un’accusa, quella che ha portato Erik Zorzi in carcere. (di Alessio Antonini)

 

Femminicidio Nicoleta Rotaru, le sue ultime parole registrate dal cellulare: «Erik ti prego smettila» (Corriere del Veneto – 25 agosto 2024)
L’urlo di Nicoleta registrato dal suo cellulare la notte della morte ad Abano Terme, nel Padovano. L’ex marito: «Liberaci dal male, vattene via»
«Erik ti prego smettila!»Un urlo disumano si diffonde nell’appartamento di via Rocca Pendice ad Abano Terme alle 4.24 della notte del 2 agosto del 2023. Quelle sono le ultime parole di Nicoleta Rotaru 37 anni, impiegata e madre di due bambine che dormono nella stanza accanto. Lei è stesa a pancia in giù nel letto, l’ex marito da cui era separata e che da sei mesi aveva l’ordine di lasciare la casa, le è seduto sopra a cavalcioni: secondo l’accusa, le sta stringendo una delle sue cinture al collo. Riesce a supplicarlo un’altra volta: «Erik ti prego smettila», ma lui stringe e stringe ancora, e vaneggia e dice: «No ti prego tu, perché ci siamo ridotti così?», poi lei non riesce più a parlare. Lui: «Perché l’hai fatto, perché l’hai fatto, io ti amavo, ti amavo, ti amavo… liberaci dal male, vattene via, volevo solo amarti, vattene Nico, vattene… vattene… vattene». La povera Nicoleta sta soffocando, la sua agonia durerà 9 minuti e 46 secondi. Poi la sua voce sarà cancellata. Ma non per sempre.
Lui non sa che in quella stanza c’è un cellulare acceso, che sta registrando tutto. Quella registrazione porterà Erik Zorzi in cella sette mesi dopo con l’accusa di omicidio volontario. I dettagli dell’omicidio sono raccontati nelle 17 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dalla gip Laura Alcaro.
L’inferno di Nicoleta inizia molti anni prima. Da quando si sposano, lui controlla tutto: le impedisce di fare colloqui di lavoro, le impedisce di frequentare l’università, di avere rapporti con la famiglia in Moldavia e anche di fare politica, quando nel 2017 lei si candida in una lista cittadina ad Abano. Nel frattempo hanno due bambine, ma nel 2022 lei decide di separarsi. Lui le fa la guerra: non vuole che lei si prenda la casa, come invece ha stabilito il giudice della separazione. Per cui resta lì e la controlla. Lei è una donna libera: negli ultimi mesi aveva incontrato un altro uomo: il primo agosto dopo cena era uscita col lui.
Quella sera del 2023 Nicoleta ritorna a casa alle 23. Erik le aveva nascosto in auto un registratore mp3. Giusto il tempo di scendere in garage, prendere il registratore e ascoltarlo, e poi risale in casa su tutte le furie, perché scopre che i due hanno avuto un rapporto. Inizia un soliloquio che dura tre ore, la copre di insulti irripetibili. Lei è zitta, il suo telefono registra tutto, ma lui non lo sa. Nicoleta aveva iniziato a registrare le sue offese e le sue violenze da anni. Lo faceva perché temeva che lui potesse ucciderla.
Gli audio inviati. A un’amica, che poi ha parlato con i carabinieri, aveva perfino raccontato di voler fare testamento per stabilire che in caso di morte le figlie non andassero nè a lui nè alla suocera. Poi mandava gli audio alla sorella e al nipote che abitano in Moldavia: voleva dei testimoni. Tutti le dicevano di lasciarlo, ma lei aspettava solo di avere un contratto a tempo indeterminato:
lavorava alla M&F di Selvazzano Dentro,il settembre successivo l’avrebbero stabilizzata, il 5 agosto, poi, sarebbe partita per le vacanze con le sue bambine. Nicoleta stava cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel. Con quel nuovo amico aveva iniziato a uscire da un mese, troppo presto per dire se fosse una cosa seria. «Sono gli ultimi 100 metri» diceva alle figlie che assistevano ogni giorno a botte e insulti, subendone a loro volta, come riporta l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Erik.
La cinta dei pantaloni. La sera del primo agosto 2023 l’uomo capisce che la ex moglie non farà mai mezzo passo indietro, e in un crescendo di improperi, descritti minuziosamente dalla gip (e che non riporteremo per rispetto a Nicoleta), lui la uccide – questa è la convinzione della procura – mentre lei è a letto. È abituata ai suoi eccessi, cerca di dormire, ogni tanto gli chiede di lasciarla in pace e di smetterla, ma per lo più lo lascia parlare sperando che si stanchi. È semi addormentata quando lui la sorprende con la cinta dei pantaloni al collo. Secondo la giudice, l’omicidio dura 10 minuti, poi dall’audio vengono ricostruiti i movimenti: lui che fa scorrere la porta del bagno, poi stacca il pannello centrale della porta, chiude a chiave da dentro, rimonta il pannello. Alle sei e mezza chiama il 118: «Venite mia moglie si è chiusa in bagno, credo si sia uccisa». Con una spallata qualcuno tenta di sfondare la porta, il pannello viene giù con una facilità imbarazzante. Le bambine assistono a tutta la scena. Sarà proprio una delle figlie a dire ai carabinieri: «Si il papà ci sa fare con i lavori, il pannello lo ha riattaccato lui, basta “scastrarlo”». Una cosa che sapeva fare bene Erik.
L’ipotesi del suicidio. Quando arrivano i soccorsi trovano Nicoleta vicino alla doccia, rannicchiata a terra. Una incredibile sequenza di accertamenti porta tutti a ritenere si tratti di suicidio. Lo dicono i carabinieri e i quattro medici legali che vedono Nicoleta: tre per l’esame esterno e la dottoressa Alessia Viero che fa l’autopsia. Eppure gli stessi carabinieri erano andati otto volte a casa Zorzi chiamati dai vicini che sentivano lui urlare. Eppure le amiche e i parenti dicono: «Non è possibile, lei non si sarebbe uccisa».
Parole come pietre. La famiglia di Nicoleta si affida a due avvocate, Roberta Cerchiaro e Tatiana Vija. Sono loro a spingere affinchè si faccia di più. I carabinieri sequestrano il cellulare. Si apre un mondo: gli audio registrati dalla povera donna le ridanno la voce. Il suo telefono parla per lei. E quell’audio sembra inchiodare il marito. Lui finisce in carcere, le piccole vengono prese in carico dai servizi sociali. Le parole del gip sono come pietre: «Questo giudice ha ascoltato gli audio di quella notte, nessuna descrizione verbale può rendere adeguatamente l’intensità e l’inaudita pervicacia dell’azione di Zorzi, si sente la sofferenza fisica durata lunghissimi minuti della donna sorpresa nel sonno. L’uomo persiste nella sua condotta e addirittura implora la Rotaru di andarsene, di sbrigarsi, quasi come a dire che la resistenza sta durando anche troppo». (di Roberta Polese)

Padova, femminicidio di Nicoleta Rotaru: rinvio a giudizio per Erik Zorzi (Rai News – 17 settembre 2024)
Rinviato a giudizio con l’accusa di femminicidio il camionista 42enne di Abano, Erik Zorzi, accusato di avere ammazzato Nicoleta Rotaru, madre delle sue due figlie. L’uomo, che si trova in carcere per omicidio al Due Palazzi di Padova da marzo scorso, stamattina è comparso davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare.
Zorzi avrebbe strozzato la compagna per poi inscenarne il suicidio L’uomo aveva sempre proclamato la propria innocenza, Il suo legale aveva chiesto anche che venisse ha chiesto di sottoposto a una visita medica per accertare la sua capacità di intendere e di volere. “Zorzi ha subito un forte stress dettato dalla separazione con la moglie”, ha ammesso l’avvocato. Secondo il pm invece Zorzi avrebbe strozzato la compagna 39enne moldava, per poi inscenarne il suicidio.
Un arresto arrivato 7 mesi dopo, grazie alla madre. All’arresto del presunto femminicida, il marito Erik Zorzi, la Procura arriva più di sette mesi dopo: a giocare un ruolo importante sono state le avvocate a cui si è rivolta Eugenia Rotaru, la madre della donna. Roberta Cerchiaro e Tatiana Veja hanno insistito perché venisse analizzato il cellulare di Nicoleta Rotaru, custodito dai carabinieri. Solleciti continui al pubblico ministero Maria Ignazia D’Arpa e richieste di copia forense, perché la famiglia della donna non ha mai creduto che lei potesse togliersi la vita. Quei solleciti hanno portato un perito ad ascoltare e analizzare gli oltre mille audio dello smartphone della vittima, fino a scoprire quello con le lunghe ore della notte della morte della donna e alla svolta nella vicenda.
La scena del ritrovamento del corpo. Il 2 agosto 2023 Erik Zorzi chiama i carabinieri, che trovano Nicoleta Rotaru con una cintura al collo in doccia. Si pensa a un suicidio. Solo il 21 marzo scorso l’uomo viene arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato, e per aver inscenato tutto. Dalle indagini e dagli interrogatori emerge un quadro di violenze e maltrattamenti, anche verso le figlie di 8 e 13 anni. Per otto volte, compresa quella della morte di Nicoleta Rotaru, i carabinieri erano intervenuti in casa per placare Zorzi.
Lui si professa innocente. Nell’interrogatorio dello scorso 8 luglio, l’uomo continua a difendersi: ha ammesso le tensioni, le liti, la gelosia per il nuovo compagno. Ma continua a sostenere di non averla uccisa. A breve, la sua legale dovrebbe incontrarlo. L’appartamento di Abano Terme (Padova)è di proprietà della madre di Erik Zorzi, come tutta la palazzina, ma lui non avrebbe più dovuto essere lì, dopo la separazione approvata dal giudice nel marzo 2023, alcuni mesi prima della morte di Nicoleta.


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