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Emanuele Casula, 18 anni, meccanico. Getta l’amica in un dirupo, la massacra di botte e colpi di pietra in testa, poi riduce un testimone allo stato vegetativo. Ritenuto socialmente pericoloso, viene condannato a 20 anni con rito abbreviato. In carcere diviene saldatore e tiene corsi per gli altri detenuti. Considerato un detenuto modello, forse potrà uscire grazie a permessi premio una volta scontata metà della pena (nel 2024)

Grosotto (Sondrio), 23 Agosto 2014

emanuele casula

 


Titoli & Articoli

Emanuele quella sera aveva bevuto e fumato (Valtellina News – 23 settembre 2014)
A dirlo gli esami tossicologici consegnati effettuati sul ragazzo, unico indagato in stato di libertà per la morte della giovane Veronica Balsamo. Richiesti ulteriori accertamenti
Emanuele Casula fece uso di alcol e droghe la sera che Veronica perse la vita. Il 18enne, al momento unico indagato in stato di libertà per omicidio (in un ventaglio di ipotesi, dal colposo al volontario) della fidanzata 23enne Veronica Balsamo, la notte della morte della ragazza fece uso di alcol, seppure i livelli nel sangue non indichino quantitativi significativi, ma consumò pure cannabinoidi. Lo hanno stabilito gli esami tossicologici consegnati nella giornata di lunedì 22 settembre 2014 dai periti alla Procura di Sondrio, ma siccome il rapporto non indica altre sostanze, i magistrati hanno chiesto agli esperti di approfondire gli accertamenti, in modo più mirato e specifico.
«Si è deciso di approfondire gli esami – ha spiegato il procuratore di Sondrio, Fabio Napoleone, in uno degli ultimi incontri con i cronisti prima dell’insediamento al Csm dopo le elezioni dello scorso luglio – per l’eventuale individuazione di altre sostanze non comuni, ossia a quelle che non vengono rilevate nei normali accertamenti di questo tipo. Solo al termine di questi ulteriori approfondimenti, a cura degli esperti di Milano, avremo un quadro più completo».
Intanto in Procura è attesa, per i prossimi giorni, la consegna anche degli esiti dei prelievi effettuati sul cadavere di Veronica, trovata senza vita ai piedi di un dirupo in località Roncale, non lontano dalla chiesa di Santa Croce, nel territorio di Grosotto, la mattina del 23 agosto.

Veronica Balsamo, il perito: “L’assassino potrebbe uccidere ancora” (Leggo – 1 marzo 2018)
L’allarme del perito. «L’assassino di Veronica Balsamo potrebbe uccidere di nuovo e con analoghe modalità». Questa, in sintesi, la conclusione a cui è giunto il perito Giuseppe Giunta, direttore del Centro psicosociale di Bellano (Lecco), incaricato dal Tribunale di Sondrio di svolgere la perizia su Emanuele Casula. Il giovane di Grosotto (Sondrio), che oggi ha 22 anni, è in carcere a Monza dopo la condanna a 20 anni per l’omicidio della fidanzata Veronica Balsamo di Grosio, avvenuto il 23 agosto 2014 in un bosco della Valtellina, al culmine di un litigio per gelosia. La ragazza venne spinta in un dirupo e presa ripetutamente a calci e pugni, colpita poi alla testa con una pietra. L’assassino, arrestato dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Sondrio, fu condannato anche per il tentato omicidio di un chierichetto del paese, testimone scomodo dell’atroce delitto, Gianmario Lucchini, 37 anni, ora ridotto allo stato vegetativo. Casula, che evitò l’ergastolo per la scelta del rito abbreviato del suo avvocato Francesco Romualdi, è stato sottoposto a perizia perché la Procura chiese e ottenne dalla Cassazione l’applicazione della misura di sicurezza. «Casula è affetto da disturbo di personalità paranoide e antisociale», scrive il perito. Non è neanche in grado «di relazionarsi con reciprocità e non mostra interesse per l’interlocutore». Non solo: «È ancora socialmente pericoloso e potrebbe reiterare reati analoghi con modalità simili». La dettagliata relazione dello psichiatra Giunta verrà illustrata in aula il prossimo 12 aprile per stabilire la misura di sicurezza da applicare a Casula, condannato in via definitiva nelle scorse settimane.

Omicidio Grosotto. La Cassazione conferma i 20 anni (La Provincia di Lecco – 10 giugno 2017)
Diventa definitiva la condanna per Casula. Roma rigetta il ricorso della Procura di Sondrio ma chiede di riconsiderare la misura a fine pena
Uno schiaffo per i familiari delle vittime che già all’udienza di primo grado avevano gridato allo scandalo: 20 anni per aver ucciso una giovane donna e aver ridotto a vegetale un uomo, sono davvero troppo pochi. Uno smacco per la Procura di Sondrio il cui ricorso è stato “bollato” come inammissibile proprio da chi aveva il compito di sostenerlo in aula. Una vittoria su tutta la linea per la strategia della difesa che con il rito abbreviato ha eliminato la possibilità di un appello, riducendo al lumicino le possibilità di perdere in Cassazione. E così è stato. Vent’anni, era la sentenza pronunciata in primo grado per l’omicidio di Veronica Balsamo e il tentato omicidio di Gianmario Lucchini e vent’anni saranno per Emanuele Casula, 23 anni tra pochi giorni. La Corte di Cassazione a Roma ha infatti ritenuto ben motivata la decisione presa a suo tempo dal gup Fabio Giorgi. Unica concessione alla pubblica accusa sondriese, la riforma della sentenza in ordine alla misura di sicurezza. Cosa vuol dire? Che il caso tornerà ancora a Sondrio, ma solo per decidere a quale misura il condannato dovrà essere sottoposto quando avrà finito di espiare la pena. Misura che – in ogni caso – gli verrà applicata solo se sarà ritenuto ancora socialmente pericoloso.
Tutto qui. Ben poca cosa rispetto all’ergastolo che la Procura puntava ad ottenere. Casula, grazie al rito abbreviato (che comporta di per sè lo sconto di un terzo della pena) e grazie al “peso” che hanno avuto le aggravanti a lui contestate, è riuscito ad evitare il carcere a vita, nonostante la gravità delle accuse. Una sfilza: l’omicidio di Veronica Balsamo (23 anni) e il tentato omicidio di Gianmario Lucchini(36 anni), l’occultamento del cadavere della giovane donna a cui si era legato, oltre ad una serie di furti (di farmaci all’ingresso della farmacia, di un’auto in sosta davanti al ferramenta, di una bicicletta al bar) messi a segno quel maledetto 23 agosto di tre anni fa, quando il giovane – all’epoca operaio ha avuto una sorta di corto circuito, intuito subito da Veronica che quella sera lo aveva cercato proprio per capire cosa non andasse in lui. Per la Procura sondriese, la sentenza di primo grado non ha messo in relazione – sbagliando – i due gravi fatti di sangue, ma ha valutato in modo disgiunto l’omicidio di Veronica (gettata oltre il ciglio della stradina di montagna che i due quella sera avevano imboccato in auto per appartarsi e poi finita con un colpo di pietra alla testa) con quello che per l’accusa fu un tentativo di eliminare “i testimoni” scomodi che quella sera lo avrebbero visto in auto con Veronica: l’aiuto sacrestano Lucchini, colpito con un cacciavite alla testa e da allora piombato in uno stato vegetativo, dell’altro si possono solo fare ipotesi. Probabilmente si tratta del ragazzo di Grosotto a casa del quale, la sera dell’omicidio, Emanuele si presentò con le mani ancora insanguinate, per poi scappare subito dopo aver capito che il giovane non era rincasato.
Due episodi che il giudice avrebbe dovuto valutare – secondo i Pm Elvira Antonellie Giacomo Puricelli – l’uno la continuazione dell’altro e invece sono apparsi all’occhio del giudicante come due momenti disgiunti: l’omicidio prima e poi l’aggressione del Lucchini a casa del quale non si sarebbe presentato per ucciderlo, ma forse solo per chiedere aiuto.
Del resto la tesi che Emanuele quella sera avrebbe tentato di uccide chiunque l’avesse visto su quella strada di montagna con Veronica non poteva reggere, perchè subito dopo l’omicidio Emanuele si è gettato in auto lungo la discesa sterrata ed era finito fuori strada, richiamando l’attenzione di alcuni villeggianti che si erano prodigati a prestargli soccorso, prima di vederlo scappare nei boschi (di li a poco si sarebbe imbattuto in Lucchini), dopo aver abbandonato l’auto.
Ma al di là delle due tesi contrapposte – di accusa e difesa – resta il fatto che in Cassazione non si sarebbe dovuti entrare nel merito del processo, ma concentrarsi piuttosto sui meccanismi che lo hanno regolato per evidenziarne eventuali “vizi”. Per la Cassazione nulla da eccepire. E così i vent’anni sono stati confermati, come l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, e il risarcimento dei familiari delle vittime: un milione ai parenti di Veronica Balsamo, e mezzo milione di euro a Gianmario Lucchini, da allora in coma vigile in una struttura protetta.

Emanuele Casula poteva essere fermato? L’amara riflessione di Valentino, fratello di Gianmario Lucchini ferito barbaramente dal 19enne che dice: società disattenta

Casula e la vita a Bollate (La Provincia di Sondrio – 6 luglio 2021)
«È saldatore, tiene corsi per gli altri detenuti»
La tragica storia di Veronica Balsamo Il suo assassino fra tre anni potrebbe avere dei permessi
Forse è la somiglianza con Chiara Gualzetti a far venire in mente, dopo il suo assurdo omicidio, il delitto di Veronica Balsamo, 22enne di Grosotto che ha perso la vita nell’agosto del 2014. Due ragazze così giovani (ancor più Chiara, che era appena un’adolescente), uccise senza un vero perché da un amico, una persona di cui si fidavano e che ne ha causato una morte prematura e inspiegabile.
Profonda ferita
E dopo il delitto avvenuto pochi giorni fa in provincia di Bologna, anche in Valtellina si riapre una ferita mai sanata. Chiara è andata incontro al suo assassino e lo ha abbracciato. Era contenta di vederlo, era il ragazzo che le piaceva. Era andata un attimo in casa, il tempo di dire alla mamma: “Torno tra dieci minuti”. Invece non è tornata più. Le telecamere li immortalano così, Chiara e il sedicenne ora in carcere dopo avere confessato di averla uccisa. Una storia che sembra già vista, perché Veronica Balsamo quel maledetto 24 agosto seguì il suo carnefice. «Non era il fidanzato di mia figlia, ma un amico come tanti», ha sempre puntualizzato in passato mamma Sonia. Poi, senza che ci sia ancora un vero perché, senza una spiegazione, lui, in preda agli effetti della droga, l’ha spinta in un dirupo e l’ha uccisa; poi ha pugnalato con un cacciavite il testimone scomodo, un chierichetto che lo aveva visto passare con Veronica.
La chiave di lettura delle due vicende, però, sembra essere profondamente diversa. Come detto, Emanuele Casula, l’assassino reo confesso di Veronica Balsamo, era sotto gli effetti di sostanze stupefacenti. Su questo ha fatto leva il suo difensore, l’avvocato Francesco Romualdi. Quella sera il giovane apprendista saldatore, che all’epoca aveva 18 anni, è stato ritenuto non pienamente capace di intendere e di volere poiché affetto da un disturbo psicotico riconducibile al consumo di cannabis.
Storia diversa nel Bolognese. Il 16enne fermato per la morte di Chiara l’avrebbe colpita ripetutamente con violenza, con coltellate al collo, al petto e alla gola e, infine, con dei calci, e meditava l’omicidio da giorni. Sarebbe stato, secondo gli inquirenti, del tutto capace di intendere e di volere.
A Bollate
E dal delitto valtellinese, di cui parlarono in tutta Italia, sono passati sette anni nei quali Casula è rimasto in carcere dopo la condanna a vent’anni di reclusione. Ora si trova rinchiuso nel carcere di Bollate, dopo un primo periodo trascorso a Monza. «Un detenuto modello – fa sapere chi lo segue nel suo percorso -. Lavora, è un saldatore esperto, e addirittura tiene corsi per gli altri detenuti». Insomma, il giovane, ora 25enne, sta scontando la sua pena, mai un problema in carcere ed è seguito passo passo dalla sua famiglia. Certo, però, non potrà mai cancellare quello che ha fatto». A metà condanna, tra circa tre anni, potrebbe già usufruire di permessi; e ben prima dei 40 anni essere un uomo libero a tutti gli effetti.

 

 


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