Maila Beccarello, 37 anni, parrucchiera e cameriera. Massacrata a pugni e calci dal marito
Cavarzere (Venezia), 8 Agosto 2018
Tutti avevano notato i lividi sulle braccia, era stata ricoverata 5 volte al Pronto Soccorso ma rispondeva sempre di essere caduta dalla bicicletta
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Chi era Maila Beccarello, uccisa a botte dal marito
Nell’ultimo anno era stata ricoverata 5 volte al Pronto Soccorso. “Sono caduta dalla bicicletta”, rispondeva Maila per liquidare i sospetti di violenze domestiche
Tutti avevano notato i lividi sulle sue braccia, molti si erano insospettiti per quel volto sempre schermato da grandi occhiali da sole scuri. “Sono caduta dalla bicicletta”, rispondeva Maila per liquidare i sospetti di violenze domestiche. Ha coperto il marito sino all’ultimo, e lui, infine, di botte, l’ha uccisa.
La 37enne è stata assassinata dal marito Natalino Boscolo Zemello a Cavarzere, nel Veneziano. Zemello si trovava ai domiciliari, ed è stato lui stesso ad allertare i sanitari per chiedere soccorso. Per Maila, massacrata di botte, non c’è stato nulla da fare. Zemello si è arreso ai carabinieri senza fare resistenza.
Il Corriere traccia il profilo dell’ultima vittima di femminicidio, di una morte arrivata al culmine di violenze che andavano avanti da tempo. Che molti avevano notato, di cui tanti magari parlavano, ma contro le quali non è stato possibile far nulla.
Si legge sul Corriere: Gli screzi, le liti, l’insofferenza per una relazione ormai naufragata erano raccontati da Maila solo a qualche confidente di vecchia data, attraverso le chat dei social network: “Questo inverno mi aveva detto che stava divorziando”, spiega un amico d’infanzia. “Tre anni fa era felice e soddisfatta, ma l’anno scorso diceva di essere in procinto di separarsi – insiste un’altra amica – mi scriveva che non ce la faceva più, che era costretta a fare una vita da cani e che voleva andarsene”. Eppure i vicini non avevano mai percepito tensioni in quella casa: “Li vedevamo solo quando si incamminavano verso la piazza, ma non sentivamo urla o litigi”.Solo nell’ultimo anno, per 5 volte Maila è stata ricoverata al pronto soccorso. Mai aveva parlato di maltrattamenti, mai attribuito al marito la causa di quei lividi. Ma i famigliari qualcosa sospettavano “Più consapevoli i famigliari della 37enne, che leggevano il disagio della donna anche tra le righe di certi post di Facebook in cui Maila lasciava trasparire una quotidianità non sempre facile: “Si vive, si cerca di tirare avanti, nonostante la vita ci dia brutte cose ed esperienze”. Ancora più inquietante, alla luce di quanto successo, il disegno condiviso online dal marito lo scorso 2 agosto, nel giorno del compleanno della moglie, in cui si leggeva: “Mi piacciono le principesse, quelle che mandano a f… i principi e stanno con i lupi”. Nessuna denuncia, però, era mai arrivata ai carabinieri.
Maila, la sorella: “I tuoi occhi erano spenti, volevi proteggerci, ma non è stato così”
Il post su Facebook: “Prego la gente di non sparare sentenze perché è troppo facile parlare. Riposa in pace sorellona. Ti amo”. Politica e associazioni concordi: denunciare è difficile, non tutte hanno la forza e i mezzi per farlo. Venerdì in programma una fiaccolata
“Non abbiamo capito quanto fosse fragile. Di certo non era una persona che avrebbe potuto reagire, né tanto meno provocare. Maila la conoscevamo perché la madre frequentava il centro sollievo, una struttura riabilitativa e di socializzazione per persone anziane. Avevamo la sensazione che la madre fosse più risoluta di lei”. Floriana Nicolè, responsabile dell’organizzazione, ricorda così Maila Beccarello, 37enne morta a Cavarzere per mano del marito.
Autonomia. “Ci dispiace – dice con rammarico Nicolè – di non aver saputo e potuto fare di più per lei. Di sicuro era una persona molto riservata, mai aveva fatto trapelare il suo disagio. Siamo a conoscenza di casi simili e sappiamo anche quanto sia difficile reagire e chiedere aiuto – spiega – se non altro perché rifugi antiviolenza sul territorio non ce ne sono, sono lontani dalle donne del posto. Questo comporta la necessità di spostarsi. Ma non tutte hanno l’autonomia e l’indipendenza economica per farlo. Così come è vero che l’informazione, secondo noi, spesso non è sufficiente o non ugualmente accessibile. Dobbiamo poi pensare che i meccanismi che si innescano in queste circostanze sono complessi”.
La sorella. “Speravo fosse solo un brutto incubo e invece no – scrive la sorella di Maila, Alice Beccarello – in un post su Facebook – . Da troppo tempo i tuoi occhi erano spenti, anche se nascondevi tutto. Non ci hai voluto dare retta. Volevi nascondere tutto. Ci volevi proteggere e ti volevi proteggere, ma purtroppo cosi non è stato – Prego la gente – scrive Alice – di non sparare sentenze a caso perché è troppo facile parlare. Per il rispetto di Maila! Riposa in pace sorellona. Ti amo”.
Risorse. “Quello che è grave è che alla mancanza di risorse personali si aggiunge la carenza di risposte che il territorio può dare – scrive la consigliera comunale Elisa Fabian -. Pensiamo a una donna che trova la forza di rivolgersi ai carabinieri e denunciare. Questo per lei significa che scatterà un protocollo antiviolenza e sarà allontanata dalla famiglia, dalla sua casa, dalla sua vita. Che si dovrà separare dai parenti, dagli amici. Stessa cosa se la persona che subisce violenza si rivolge a un pronto soccorso. Non tutte hanno la forza e i mezzi per farlo. Ma se a questo si aggiunge anche la carenza di strutture idonee a dare supporto, sul territorio, visti i tagli continui alle risorse destinate al sociale, questo vuol dire che la battaglia che combattiamo è impari. Bisogna anche dire – aggiunge Fabian – che a volte, pur fornendo tutti i riferimenti per ricevere aiuto, le persone in difficoltà rinunciano a farvi ricorso. In certe condizioni tutto sembra in salita, rischioso, complicato. Se non è l’interessato a denunciare in prima persona, nessuno può costringerlo”.
La comunità. “Come è possibile che nessuno abbia sentito niente? È vero – continua la consigliera Fabian – che l’abitazione della coppia, in via Regina Margherita – non si trova in un condominio. Ma non è neppure isolata. C’è una rotonda, una strada. Se ci son state delle urla, se c’è stato trambusto, rumore, com’è possibile, ci chiediamo, che nessuno abbia udito il fragore?”. In fondo parliamo di quella stessa comunità che ha appoggiato l’iniziativa di molti esercenti e delle organizzazioni di volontariato sul territorio, che insieme all’amministrazione comunale ha voluto la fiaccolata prevista per venerdì, in centro a Cavarzere, con partenza dal Municipio alle 21. “Ci stringiamo attorno al dolore della famiglia – ribadisce il sindaco del paese, Henri Tommasi – . Vogliamo esprimere cordoglio a quanti hanno voluto bene a questa giovane donna. Attraverso la fiaccolata è la comunità tutta a esprimere vicinanza e solidarietà a parenti e amici di Maila. Ho sentito la mamma al telefono – continua il sindaco – quello che è accaduto le ha tolto le forze e sappiamo che non sarà presente alla fiaccolata di venerdì. Ma vogliamo farle sapere che questa ferita ha colpito tutti noi”.
Non dimenticare. “Ci sarà l’Auser, il centro Sollievo, le organizzazioni del volontariato, il Comune e il sindaco, e si marcerà per le vie del centro – anticipa Fabian – con le fiaccole accese e compatte. Abbiamo chiesto che durante il corteo in città sia rispettato il silenzio. Molti bar e locali pubblici lungo il percorso ci hanno dato il loro appoggio, perché episodi del genere non debbano più accadere. Perché si trovi la forza e si recuperino le risorse necessarie per combattere la violenza, senza se e senza ma. Perché botte e umiliazioni non hanno mai alcuna giustificazione”
Reazioni. “Ciò che serve al contrasto di questa strage è risaputo, ma inascoltato – scrive Orietta Vanin, portavoce M5S Veneto al Senato -. A ogni femminicidio, in Veneto e non solo, i soliti politici sono pronti a intervenire con proclami, richieste e soluzioni. Come ho avuto già modo di scrivere di Maila, morta di botte ricevute dal marito, dopo l’ennesimo articolo ci si dimenticherà il nome e il sorriso. La Regione Veneto dia chiaro l’indirizzo, nelle conferenze dei sindaci, per l’istituzione di servizi reali nei Comuni, in coordinamento con le Asl. Il ministero dell’Interno e le questure potenzino territorialmente gli uffici dedicati, con personale specializzato all’accoglienza, si realizzino nelle aree degli ospedali degli spazi dove le donne che si sono rivolte al pronto soccorso possano avere una prima accoglienza, senza tornare nelle case dei propri carnefici perché non sanno dove scappare. Il governo sta rivedendo le risorse e il sottosegretario Spadafora sta lavorando per ottimizzare il piano antiviolenza e renderlo efficace con azioni reali. Basta con i proclami, chi finora ha fatto solo propaganda, grandi eventi e infinite conferenze di studio, per favore faccia silenzio”.
“L’escalation delle violenze contro le donne è inaccettabile, sono già 39 quelle uccise da inizio anno. La denuncia è il primo gesto da compiere per sconfiggere la piaga del femminicidio, ma dobbiamo mettere le vittime nelle condizioni di potersi liberare dagli abusi – afferma Alessandra Moretti, consigliera regionale del Partito Democratico -. In un Paese dove i reati violenti sono diminuiti, gli unici delitti che resistono, nelle statistiche e nelle cronache, sono quelli contro le donne. Compito della politica è far uscire le donne dalle mura delle loro case, portarle a denunciare mariti e compagni violenti, e, una volta fuori, proteggerle. Purtroppo noto su questo tema un interesse a fasi alterne, a seconda di chi compie il delitto, come se riguardasse solo alcune categorie ben definite, senza mai mettersi dalla parte della vittima”.