Letizia Maggio, 54 anni, impiegata Lavazza, mamma. Uccisa con un colpo di pistola alla nuca dal marito che poi uccide anche figlia e suocera
Collegno (Torino), 31 Dicembre 2013
Una mamma, una lavoratrice e anche una cittadina attiva
Giulia, 21 anni, studentessa. Aveva iniziato danza già da grande, era una persona gentile
Daria Maccari, 84 anni. Era malata da tempo.
Daniele Garattini, 57 anni, ex consulente Benetton, disoccupato, padre. Una persona mite, una persona per bene, un grande lavoratore.
Titoli & Articoli
la Repubblica
Il ritratto di un mite sconvolto dalla perdita del lavoro
Collegno, il ritratto di un mite sconvolto dalla perdita del lavoro
Garattini era stato per trent’anni agente commerciale di Benetton, poi una riorganizzazione aziendale lo aveva lasciato senza occupazione. Impegnato nel sociale, aveva partecipato ad alcune iniziative di “Save the children”. Con la famiglia viveva anche la suocera
“Un duro colpo che però non lo aveva messo in ginocchio anche se lo aveva molto provato – racconta Gianni Pesce, consigliere comunale del Pd e amico di famiglia dell’uomo che ha ucciso moglie, suocera e figlia per poi togliersi la vita subito dopo – Noi lo avevamo saputo appena una decina di giorni fa”. Garattini si racconta su Linkedin, dove aveva un suo profilo professionale, uno dei tanti canali con cui stava cercando di trovare una nuova occupazione. Si dice amante dei viaggi in camper, della lettura. Nel tempo libero era impegnato nel sociale e occasionalmente aveva partecipato alle attività di dell’associazione Save the Children a Torino. “Un uomo mite”, racconta ancora Pesce.Viveva al quinto piano di un condominio in corso Francia con la moglie Letizia Maggio, 54 anni e la loro figlia Giulia, 21 anni. Con loro viveva anche l’anziana suocera di 84 anni, Daria Maccari, malata di Alzheimer. La moglie lavorava come impiegata alla Lavazza. “L’avevano appena trasferita in via Bologna-Racconta una collega accorsa a Collegno- Lavoravamo insieme da tempo. Le nostre figlie andavano a danza insieme”. Letizia era una mamma, una lavoratrice e anche una cittadina attiva. “Aveva partecipato alla creazione del comitato di quartiere Santa Maria. Partecipava a tante iniziative del quartiere”, ricorda Pesce. Da anni si occupava della mamma malata, originaria di Bellinzago, ma ormai residente con loro a Collegno. La figlia Giulia si era diplomata al Romero di Rivoli e poi aveva deciso di continuare a studiare. Amava la danza. Questa sera avrebbe dovuto festeggiare il capodanno con il fidanzato.
Trent’anni passati a lavorare come agente commerciale per conto della Benetton di cui era diventato anche coordinatore dell’ufficio vendite per la linea bambino e consulente come libero professionista. Poi un mese fa, Daniele Garattini, 56 anni, a causa di una riorganizzazione aziendale, aveva perso il suo unico committente
Torino Today
Massacro di Collegno, l’autopsia: forse la moglie è stata la prima vittima
Sono iniziate le autopsie sui primi due corpi delle vittime del massacro di Collegno. Grazie all’analisi dei medici legali Roberto Testi e Claudia Rosa, è possibile forse avere una ricostruzione più dettagliata delle dinamiche di quel terribile 31 dicembre 2013. Ieri le prime due autopsie sono state effettuate sui corpi di Letizia Maggio, moglie di Daniele Garattini, e di Daria Maccari, la suocera. La moglie è stata colpita da un solo proiettile sparato da distanza ravvicinata alla nuca: pertanto potrebbe essere stata la prima a essere uccisa in quanto colta del tutto di sorpresa. La seconda autopsia rivela che la suocera è stata freddata con un colpo alla fronte, sparato a bruciapelo: contro di lei potrebbe essere arrivato l’ultimo proiettile. Oggi sarà la voltadell’autopsia sul corpo della figlia Giulia, che secondo le ricostruzioni potrebbe essere stata la seconda a venire colpita, intervenuta – come già risultava da una prima ricostruzione – in soccorso della madre. La salma di Daniele Garattini sarà esaminata martedì.
Blitz
Famiglia sterminata: nè poveri nè senza soldi
Daniele Garattini famiglia sterminata: né poveri nè senza soldi
Daniele Garattini, l’uomo che ha ucciso a colpi di pistola la moglie, la suocera e la figlia: chiunque si trovasse in casa in quel momento. E che poi ha ucciso se stesso infliggendosi quattro coltellate al petto che le pallottole erano finite: due per la moglie, una per la madre della moglie, tre per la figlia. La pistola di colpi non ne aveva più. Era però carica quando la mattina dello stesso giorno, cinque ore prima di sterminare la famiglia, Daniele Garattini era andato a prenderla a casa del padre. Niente raptus dunque, niente delitto e strage d’impeto. Garattini ci ha pensato, ha costruito la distruzione del suo mondo, l’olocausto della sua famiglia lavorando a lungo nel profondo abisso della sua disperazione. Il giorno stesso della strage familiare Daniele Garattini è stato raccontato dalle televisioni e dai giornali come un disperato che aveva perso il lavoro, un disoccupato di ormai 57 anni senza speranza economica, uno che soffriva per non poter pagare più la rette universitaria alla figlia Giulia di 21 anni. Insomma è stato raccontato come un uomo senza più reddito e senza più soldi. Non era vero, ora sappiamo, sanno gli inquirenti e lo si legge sulle pagine di cronaca de La Stampa e del Corriere della Sera, che Letizia Maggio, la moglie uccisa, era un “quadro” della Lavazza, quindi aveva un reddito non di minima e improbabile sopravvivenza. E sappiamo che sui conti correnti della famiglia c’erano cifre non da indigenza e miseria.
Questo nulla, proprio nulla cambia nel dramma di un uomo che ha sentito di non poter più vivere e che ha scelto e deciso che la famiglia dovesse seguirlo nell’annullamento di sé. Nulla cambia nella pietà e nello sgomento che si provano e vanno provati di fronte a questa tragica storia. Pietà, sgomento e anche profondo rammarico per quelle vite strappate via da un uomo che doveva accudirle e proteggerle e che invece le ha recise. Nulla cambia sapere che non erano né poveri né senza soldi i Garattini nel dolore e nella solidarietà purtroppo postuma che si prova verso questa famiglia, soprattutto verso le tre donne morte ammazzate.
Cambia molto però il sapere, e non era neanche tanto difficile saperlo, che non erano né poveri né senza soldi, cambia tanto. Quel tanto che ci fa dire che ormai domina un vizio brutto, un pericoloso vizio, un vizio neanche vissuto come tale, un vizio che mescola e sposa pavidità e violenza. Il vizio di fuggire, scaricare altrove, non prendersi mai nessuna responsabilità. Mai di quel che avviene collettivamente, men che mai di ciò che si fa individualmente.
Pensate: perché son corsi tutti e a tutti è apparso naturale, ovvio, matematico che Garattini avesse sterminato la famiglia perché senza un soldo per causa e responsabilità della crisi economica? Perché non c’è stato cronista o cronaca che ha resistito alla tentazione dell’equazione: licenziamento uguale miseria uguale disperazione uguale strage? Perché più o meno tutti abbiamo ascoltato questa sequenza pensando fosse la stessa giorno-notte-giorno? Perché siamo assuefatti e abituati e affezionati e invaghiti dal vizio di esentare noi stessi, noi gente, da qualunque responsabilità.
Daniele Garattini ha scelto di sterminare la famiglia. Per depressione, follia, quel che sia…Ma lo ha scelto, sua è la responsabilità della scelta. Ci sono decine, centinaia di migliaia di persone senza e con scarso lavoro, con risparmi minimi o inesistenti che ovviamente, naturalmente scelgono di continuare a vivere e men che mai si sognano di spegnere la vita dei loro cari. Scaricare ogni nostra scelta, la responsabilità di ogni nostra scelta fuori di noi stessi più che una generale auto assoluzione cristianamente impartita è la pigolante pretesa di una indulgenza plenaria sociale. Chissà che questa cultura, ormai questa ideologia della totale colpa dell’altrui nemico e della non responsabilità di me verso me stesso non abbia almeno un po’ armato la mano di Daniele Garattini. (di Lucio Fero)
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