Loading

Irina Meynster, 47 anni, badante, mamma. Strangolata e gettata in un dirupo dal convivente che poi la cerca a Chi l’ha visto?

Grosseto , 13 Ottobre 2013

Irina (2)La loro storia era giunta al capolinea.

 

bertiniSergio Bertini, 47 anni, tecnico informatico. Incensurato. Sparge gli effetti della donna in stazione e va a “Chi l’ha visto?” raccontando che Irina era partita per andare a trovare un’amica. «Non volevo ucciderla. Purtroppo credo di averla abbracciata troppo forte senza rendermene conto».

 


Titoli & Articoli

GQ Italia
Irina Meynster, la badante nel dirupo
«È partita per Roma, andava a trovare un’amica e non ho più sue notizie». Così Sergio Bertini, 47 anni, di Grosseto. Sembra disperato. Ha denunciato la scomparsa della compagna Irina Meynster, origini ucraine e di professione badante, perché non ha più notizie di lei da qualche giorno, esattamente dal 12 ottobre del 2013. Così ha pensato bene di rivolgerle un appello televisivo dagli studi di Chi l’ha visto?. Dov’è andata Irina? Sembra che le sue ultime tracce l’abbiano portata proprio alla stazione ferroviaria della capitale. Sembra.
Il cadavere- Una decina di giorni più tardi il cadavere di una donna viene trovato in un dirupo della strada Panoramica in località Punta Ciana, sul versante di Porto Ercole, Grosseto, all’Argentario. Il corpo, nudo, è in avanzato stato di decomposizione. Dalle prime notizie pare che manchi parte della testa e che sia appoggiato a una pianta. A notarlo alcuni cacciatori della zona. L’area è isolata in questo periodo, quando è ormai terminata la stagione turistica. Ritrovare il cadavere è stato davvero un caso. Portato all’obitorio di Grosseto, viene presto identificato proprio in Irina Meynster, 47 anni, da dieci residente lì e compagna di Sergio Bertini. Ma c’è un dettaglio in più: è stata strangolata. Sergio, tecnico informatico, viene interrogato a lungo.
Il depistaggio –Fornisce versioni contraddittorie sul viaggio della donna, che di fatto a Roma non è mai giunta. Dove sono invece arrivati il suo trolley e il suo cellulare: solo che li ha portati lì lui. Ha fatto partire anche un sms dal telefonino. Poi, quando è tornato, ha messo in piedi un piano per depistare: la denuncia di scomparsa. Le lamentele con i colleghi e gli amici: «Mi ha lasciato». E, prima ancora, si era presentato al lavoro con una torta acquistata in panetteria e spacciata come preparata da Irina. Ci sarebbe soprattutto un particolare a incastrarlo: alcuni video delle telecamere pubbliche della Capitale. Ma questa è al momento solo la tesi della Procura. Lo fermano con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Lui tace. Poi, il 28 ottobre, all’interrogatorio di garanzia di fronte al gip Marco Bilisari, crolla e ammette: «L’ho uccisa io». Ma è il movente a stupire. Un movente che non è un vero movente e neppure una dinamica consueta.
La confessione – Dice infatti: «Non volevo ucciderla. Purtroppo credo di averla abbracciata troppo forte senza rendermene conto». Queste le parole che il suo legale, Tommaso Galletti, riferisce alla stampa. L’avvocato aggiunge: «È completamente distrutto e sinceramente dispiaciuto per quello che ha fatto». L’uomo, in lacrime, avrebbe anche detto di voler pagare per le proprie colpe. Quanto alla decisione di liberarsi del cadavere gettandolo in un dirupo, le sue dichiarazioni sono altrettanto stupefacenti: «L’ho fatto – dice – perché non volevo ferire le persone che sono vicine a lei e a me». Il delitto sarebbe avvenuto nella loro casa. Ed è lì che, confermato l’arresto, il Ris dei carabinieri si reca per trovare tracce da portare agli inquirenti. I magistrati non credono affatto alla versione dell’ “incidente” e di uno strangolamento avvenuto per un abbraccio troppo stretto. Un’amica di Irina aveva notato dei graffi sulle braccia di Sergio, all’indomani della scomparsa della donna: segno che forse aveva tentato di difendersi da un’aggressione. E poi ci sono le testimonianze: a maggio lei lo aveva lasciato una prima volta. Pare fosse terribilmente geloso. La settimana prima di morire la coppia era stata da una psicologa per una terapia: ma la relazione era al capolinea, complici anche problemi di insoddisfazione sessuale di Irina, problemi che Sergio aveva tentato invano di risolvere. Ecco i motivi per i quali l’avrebbe uccisa, seguendo un lucido piano criminale. Una perizia psichiatrica rileva in lui un disturbo della personalità di tipo narcisista associato a un disturbo borderline. I sostituti procuratori Laura D’Amelio e Marco Nassi, al processo che si celebra oltre un anno più tardi con rito abbreviato – che prevede in caso di condanna lo sconto di un terzo della pena-, chiedono l’ergastolo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e l’abuso di relazioni domestiche e per occultamento di cadavere. Tra chi si è costituito parte civile ci sono i genitori e un figlio maggiorenne della vittima. Oltre all’associazione Olimpia De Gouges, che si occupa di combattere la violenza sulle donne. Ma la richiesta risarcitoria dell’associazione fa notizia perché chiede soltanto 1 euro a titolo simbolico. Il 20 gennaio 2015 il gup di Grosseto, Valeria Montesarchio, dopo quattro ore di camera di consiglio, emette la sentenza: Sergio Bertini dovrà scontare 30 anni. A giugno la difesa ha presentato appello: il ricorso sostiene che l’uomo sia incapace di intendere e di volere. E che l’omicidio non fu affatto premeditato.  Un anno più tardi, a giugno 2016, la pena viene ridotta a 19 anni. (di Edoardo Montolli)

Argentario, uccisa badante fermato il convivente italiano

Omicidio di Irina, Bertini condannato a 30 anni. La parte civile chiede 1 euro di risarcimento


Link