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Monica Da Boit, 31 anni. Massacrata a calci e pugni dal convivente

Mazzi di Valeggio sul Mincio (Verona), 14 Ottobre 2005

Monica aveva deciso che lui era l’uomo della sua vita, e invece è stato l’uomo della sua morte. Una morte lunga, iniziata quando lei aveva appena 15 anni. Lui era un buono a nulla, un incapace, non riusciva ad avere amici. E si sfogava su di lei, la umiliava. Le dava lezioni, a calci pugni e schiaffi, davanti agli “amici”. Ma che “amici” sono quelli che tacciono per anni, quelli che assistono indifferenti ai maltrattamenti? E perchè una pattuglia non interviene se una donna chiama in lacrime, terrorizzata all’idea che di lì a poco verrà massacrata?

 


Titoli & Articoli

La mamma di Monica, massacrata di botte dal compagno: «La nuova legge sui femminicidi non è servita» (l’Arena – 23 settembre 2021)
Quando ammazzarono sua figlia la legge sul femminicidio ancora non esisteva. Ed era quella che lei, mamma Paola Caio, senza saperlo invocava. Aveva raccolto le firme da portare in parlamento affinchè si inasprissero le pene per chi ammazzava la propria compagna, moglie. Una donna.
Era il 15 ottobre 2005. Dopo l’ennesimo litigio con il compagno Giampaolo Regazzini, Monica Da Boit, che viveva a Valeggio sul Mincio, venne massacrata di botte. Quella notte, Monica lo aveva raggiunto in un locale notturno, chiedendogli di tornare a casa, lui l’aveva schiaffeggiata. Le telecamere esterne del locale ripresero la scena. E una volta a casa, l’uomo colpì così tanto e così forte la donna, da ammazzarla. Fu lui poi ad allertare il 118, disse di aver trovato la sua compagna a terra.
Poche ore di indagini dei carabinieri di Peschiera, svelarono la verità. Non era nuovo quell’uomo alla violenza. La mamma di Monica, per anni aveva pregato la figlia di lasciarlo perdere, aveva preso per il collo anche lei in più di un’occasione. Ci avevano provato in tutti i modi ad aiutarlo, ma non c’era stata possibilità di farlo cambiare. L’ultimo ricordo che mamma Paola ha di quella figlia, è un giro al mercato, loro due sole, mentre Monica aspettava d’essere chiamata per un impiego alle poste. Paola aveva acquistato una borsetta ed un portafogli alla figlia che avrebbe compiuto gli anni di lì a poco. Amava le cose alla moda Monica, e non le importava se non erano di firme prestigiose. Quella fu l’ultima coccola che la mamma fece alla «sua bambina». Monica venne ammazzata a 32 anni.
«Tra qualche giorno sono 16 anni che Monica è venuta a mancare», risponde mamma Paola al telefono. E quel «venuta a mancare», racchiude in sè tutto il dolore immenso della madre per la figlia. Neanche riesce a pronunciare la parola «morta». E ha ragione, perché Monica non morì. Venne ammazzata. Le parole hanno un peso. Enorme. «La legge sul femminicidio non ha inasprito le pene. Purtroppo non è cambiato niente», dice la signora Paola, che adesso ha 71 anni ed un marito da accudire. Coccola i nipotini degli altri due figli (un maschio ed una femmina). Monica era la secondogenita.
«Leggo di sentenze che fanno rabbrividire, pochissimi ridicoli anni di detenzione tra riti abbreviati e sconti di pena. Ho lottato tanto in passato, ma è servito a poco. Anche i media, si occupano della cronaca, ma poi si passa da un caso all’altro, e l’ultimo in ordine di tempo supera giustamente tutti gli altri. All’epoca, per sensibilizzare ero stata in molte trasmissioni televisive nazionali. Al tempo non c’erano i social, la nostra unica informazione erano TV e giornali. Tutti mi chiamavano, poi la storia di mia figlia è stata superata e siamo finiti nel dimenticatoio. Ma noi familiari restiamo con lo stesso dolore anno dopo anno. Ogni giorno ci confrontiamo con quell’assenza, con quella perdita. Non ho potuto sognare un futuro per mia figlia. Non ho più sentito Gianpaolo, non c’è mai stata una richiesta di perdono. Io non provo odio, non posso guastarmi la vita con un sentimento simile. Ho conosciuto mamme che si sono rovinate l’esistenza con questo sentimento. Io sono molto credente e questo mi aiuta. Sono certa che prima o poi lui dovrà fare i conti con la giustizia divina», conclude mamma Paola.


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