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Monica Da Boit, 31 anni. Uccisa a calci e pugni dal convivente

monica da boitMazzi di Valeggio sul Mincio (Verona), 14 ottobre 2005

Monica aveva deciso che lui era l’uomo della sua vita, e invece è stato l’uomo della sua morte. Una morte lunga, iniziata quando lei aveva appena 15 anni. Lui era un buono a nulla, un incapace, non riusciva ad avere amici. E si sfogava su di lei, la umiliava.

Le dava lezioni, a calci pugni e schiaffi, davanti agli “amici”. Ma che “amici” sono quelli che tacciono per anni, quelli che assistono indifferenti ai maltrattamenti?

E perchè una pattuglia non interviene se una donna chiama in lacrime, terrorizzata all’idea che di lì a poco verrà massacrata?

regazziniGiampaolo Regazzini, 36 anni, carpentiere. Indifferente, viene condannato a 14 anni in primo grado, ridotti a 12 in appello, che diventano 9 con l’indulto.

Titoli & Articoli

Repubblica

Manette all’uomo: l’autopsia ha rivelato che la giovane è deceduta per le percosse. In passato era stato denunciato Convivente arrestato dopo un mese

Sembrava una morte naturale, era omicidio: i carabinieri di Peschiera del Garda hanno arrestato il convivente della donna morta il 15 ottobre scorso a Mazzi di Valeggio sul Mincio (Verona). Secondo l’ esame autoptico, a causare il decesso sono state le violente percosse dell’uomo.

Una serie di elementi raccolti dai militari dell’ Arma hanno convinto infatti il pm scaligero Sacher a chiedere al gip Sandini un’ ordine di custodia cautelare per Giampaolo Regazzini, 36 anni.

L’ uomo lo scorso 15 ottobre alle 8.00 del mattino aveva chiamato il 118 riferendo che, rientrando a casa, aveva trovato la sua compagna, Monica Da Boit, 25 anni, stesa sul pavimento, in gravi condizioni forse perchè colta da un malore. All’ arrivo gli infermieri avevano invece constatato che la donna era morta.  Solo l’ autopsia ha in un secondo tempo stabilito che la vittima aveva subito un’ inaudita violenza fisica.

Dalle indagini è quindi emerso, tra l’ altro, che l’ indagato aveva pulito le macchie di sangue, che si trovavano nella casa e non fuori al momento della morte della donna che è avvenuta un’ ora e mezza prima che chiedesse l’ intervento del 118. L’ uomo, secondo quanto si è appreso, era stato denunciato più volte dalla vittima per maltrattamenti e in più di un’ occasione, nel passato, sono dovuti intervenire anche i militari dell’ Arma.

La Gazzetta di Mantova

Indulto anche per Giampaolo Regazzini. La legge lo prevede e così anche un omicida, l’operaio che la notte del 14 ottobre 2005 uccise, colpendola con calci e pugni la compagna trentunenne Monica Da Boit, ha ottenuto uno sconto di pena. Immediata e comprensibile la reazione indignata della mamma di Monica, Paola Caio, vicepresidente dell’Associazione vittime della violenza.

Paola Caio, che abita col marito e gli altri due figli a Malavicina di Roverbella, dove ha vissuto anche Monica per un certo periodo, annuncia che il prossimo 30 ottobre diverse associazioni di famigliari di vittime di crimini violenti ma anche di vittime della strada, si riuniranno a Roma, davanti al Parlamento per protestare contro una «una legge ingiusta e senza senso, una vergogna che non si può più sostenere».

Ma andiamo con ordine. Come si diceva, per i reati commessi fino al 2 maggio 2006, il giudice dell’esecuzione è obbligato ad applicare l’indulto.

Così lo stesso magistrato, il dottor Guidorizzi, che in primo grado inflisse a Regazzini 14 anni di reclusione, punendo severamente il reato di omicidio preterintenzionale, ha firmato ora lo sconto di tre anni alla condanna finale che in Appello si ridusse a 12 anni. Dodici meno tre, nove; ora a Regazzini (che ha 39 anni), difeso dagli avvocati Maurizio Corticelli e Vittore D’Acquarono, rimangono da scontare sette anni, poichè è in carcere dal 2005.

«E’ una vergogna, non ho più parole per commentare queste decisioni – dice la mamma di Monica – Noi non vogliamo vendetta ma giustizia; questa giustizia invece ora ha chinato il capo. A quest’uomo, che con brutalità, crudeltà ha tolto la vita a mia figlia, restano solo sette anni. Poi potrà uscire dal carcere, ancora giovane, e rifarsi tranquillamente una vita e magari tornare ad uccidere. Come ha fatto Delfino a Genova, che ha assassinato due donne o quei due albanesi che hanno trucidato la coppia di Treviso. L’indulto è una follia, mascherata da legge. Noi vogliamo dire basta».

Il 30 ottobre a Roma sfileranno così i famigliari delle tante vittime di violenza, dalla mamma di Monica a Daniele Pellicciardi, figlio di Guido e Lucia, torturati e uccisi poche settimane fa nella casa in provincia di Treviso, di cui erano custodi.

«Siamo stati contattati anche da Beppe Grillo, a cui sta particolarmente a cuore la questione; non è esclusa anche una manifestazione di protesta a Milano, prima della fine di ottobre» conclude la combattiva mamma della ragazza uccisa due anni fa, dall’uomo con cui viveva da tempo tempo, nella loro casa di Valeggio.

di Daniela Marchi

Repubblica

Ergastolo per i delitti in famiglia? In 800 firmano la proposta della madre di Monica Da Boit

Ottocento firme per chiedere che lo Stato inasprisca le pene per chi commette omicidi efferati in famiglia. A chiederlo è una petizione promossa da Paola Caio, madre di Monica Da Boit massacrata di botte nell’ottobre scorso, secondo l’accusa, dal convivente.

Il processo a carico di Giampaolo Regazzini, 37enne di Valeggio (Vr) dove la coppia viveva, proseguirà venerdì 15. L’accusa è omicidio preterintenzionale, ovvero una tragedia causata involontariamente dalle botte che con accanimento le diede tornando a casa dopo una notte al night. Un anno dopo la madre di Monica ha trovato la forza di reagire.

«I primi tempi – confessa – giravo per la casa senza sapere quasi chi fossi. E’ dovuto intervenire più volte il 118 perché mi sembrava di impazzire. Ma poi ho capito che bisognava reagire. Che mia figlia meritava che facessi ancora qualcosa. E così ho iniziato a contattare le forze dell’ordine, gli inquirenti, gli avvocati. Volevo capire come è possibile che un assassino possa dopo poco tempo uscire dal carcere e magari tornare ad uccidere».

Una spinta decisa viene dal provvedimento d’indulto che tra luglio ed agosto fa uscire migliaia di carcerati dalle celle. «Ascoltavo gli sfoghi dei carabinieri – dice Paola -. Raccoglievo il senso di frustrazione delle forze dell’ordine. Così ho deciso di prendere carta e penna e dare il mio contributo di mamma che sta patendo questa storia chiedendo che il parlamento trovi la forma per garantire la pena definitiva, l’ergastolo, a chi si macchia di reati d’omicidio efferati come quelli commessi in famiglia e fra congiunti».

All’inizio Paola è da sola. Fotocopia la sua lettera indirizzata «ai governanti» e la fa vedere in giro. Dapprima sono i vicini di casa che aderiscono, poi il giro si allarga. La petizione viene messa nei negozi, ai bar.

«Raccoglievo firme davanti alla chiesa, dalla parrucchiera. Dovunque c’era gente disposta ad ascoltarmi – racconta Paola-. E la gente mi ha sostenuto. Anzi mi ha incoraggiato». In poche settimane fioccano settecento firme, salite in questi giorni ad 800. Adesioni arrivano da Malavicina, Mozzecane, Roverbella, Goito. Ma Paola, attraverso l’avvocato Loretta Micheloni di Verona, si mette in contatto con la veronese Loredana Corsi.

Anche lei colpita da un atroce delitto in famiglia: la figlia Federica strangolata e poi bruciata dal padre. Loredana contatta a sua volta la madre di Jennifer, la ragazza incinta sepolta a Venezia. Anche lei inizia a raccogliere firme e i contatti si estendono fino a Paola Onofri. «Quello che chiedo – conclude Paola – è che lo Stato garantisca la condanna corretta, esemplare. E che la giustizia riacquisti credibilità rafforzando la convinzione che chi sbaglia sia punito. Il convivente di mia figlia non si è mai pentito. Ma io non ho rancore. Non è l’odio che mi muove. Chiedo severità perché ho il terrore che chi ha ucciso una volta, quando esce dal carcere possa rifarlo». E lo sguardo si posa come una carezza sulla foto della figlia.

Facebook

VITA SPEZZATA: la tragica fine di MONICA DA BOIT raccontata dalla mamma Paola Caio.

pubblicata da GLI AUTO-ESILIATI

Questa storia mi è stata segnalata dal gruppo: “VITE SPEZZATE”

Una mia opinione personale: ecco una storia di ordinaria violenza. Per non dimenticare che i maltrattamenti, le botte, i soprusi e gli stupri non hanno colore politico o religione. Non strumentalizziamo mai questo genere di cose.

* PAOLA, CHI ERA TUA FIGLIA MONICA?

“Monica era una ragazza con tanta voglia di vivere, amava la vita, ma soprattutto adorava i suoi fratelli Michela e Emanuele, con me aveva un rapporto molto speciale, avevamo creato un clima fatto di amicizia e complicità, cosa che con il andare del tempo, a causa dell’arrivo del suo ragazzo, ( A me quell’uomo non piaceva ), si era guastato.

Giampaolo non mi piaceva affatto, troppo opportunista, egoista , prepotente, guai se ci vedeva ridere, a lui dava parecchio fastidio, impediva a mia figlia di legare amicizie, era diventata una cosa di sua esclusiva proprietà, guai portarla a fare un giro al mercatino, quando tornava la rimproverava di fare tardi o di spendere i SUOI soldi. Invece Monica lavorava, e alla sera studiava per poter avere uno straccio di diploma, infatti si era diplomata , Dottoressa in Ragioniera e Commercio.”

*QUANDO HA CONOSCIUTO MONICA IL SUO CONVIVENTE, GIAMPAOLO REGAZZINI?

“Giovanissima appena quindicenne, Monica aveva conosciuto Giampaolo, lei frequentava una compagnia di ragazzi della stessa scuola Medie Superiori, Lui non studiava nè lavorava, era nullafacente, ma come spesso accade alle adolescenti se ne era innamorata, senza pensarci due volte aveva deciso che quello sarebbe stato l’uomo con cui dividere la sua vita, e dopo pochi mesi, si sono trovati un monolocale, dove abitare e convivere.”

*TI DICEVA MAI MONICA SE AVEVA DEI PROBLEMI CON IL SUO CONVIVENTE? COSA TI RACCONTAVA?

“I primi anni della loro convivenza, Monica mi raccontava il suo menage familiare, con i suoi problemi e le delusioni che provava, diceva spesso, Paolo è senza lavoro, mi daresti una mano?

Sappiamo bene che noi madri, siamo sempre disposte ad aiutare i figli in difficoltà, ma con il tempo avevo capito che il soggetto era quasi sempre disoccupato, immancabilmente la colpa era SEMPRE dei colleghi di lavoro, incapaci e litigiosi, ma invece l’incapace era lui Giampaolo, incapace di creare una sana amicizia con i colleghi e con il datore di lavoro, detto da lui, sempre pronti a criticare ogni cosa lui facesse, era un BUONO A NULLA.

Mai mi aveva avvisata della vita d’inferno che stava vivendo, tutte le sue amiche sapevano dei maltrattamenti, ma nessuna di loro mi aveva MAI detto nulla

*COS’E’ SUCCESSO QUEL 14 OTTOBRE 2005?

“La mattina del 14 Ottobre, Monica alle ore 2.00 del mattino era andata a cercare Giampaolo, si era fatto tardi e lei era molto preoccupata, l’aveva cercato con il cellulare parecchie volte, ma la risposta di lui era stata, Non rompermi i cog………………..i

Sapeva che negli ultimi tempi era diventato un grande spendaccione, aveva acquistato una nuova auto, ma la cosa che più le faceva star male era che i soldi spesi per comprare cocaina e alcool, sarebbero dovuti servire per l’acquisto della loro casa, ma sembrava che a lui la cosa non interessasse proprio, poco importava se io e mio marito, avevamo anticipato una bella somma per il rogito del Notaio della casa, quello che contava di più, era divertirsi e fare tardi la notte, spendendo somme a dir poco allucinanti, ha sperperato in soli due mesi, la bellezza di 26.000 euro in alcool, cocaina, donne di malaffare. e notti brave nei Club Notturni.

Monica era molto arrabbiata, l’aveva rimproverato davanti a una ragazza del locale , …

Lui la prese a schiaffi davanti al locale, le disse, Vai a casa bifolca, quando torno giuro ti ammazzo.

Tornata a casa in lacrime e disperata, aveva chiamato le Forze dell’ordine un paio di volte, ma invece che dell’aiuto che si sarebbe aspettata, una voce dall’altro capo del filo disse a Monica se aveva fatto denuncia. Al che lei disse,no , ma se questa sera torna, ubriaco fradicio mi ammazza di botte.

E COSI E’ STATO.”

* QUAL’E’ L’ULTIMO RICORDO CHE HAI DI TUA FIGLIA?

“Ricordo che due giorni prima di essere uccisa, siamo state insieme al mercatino, le avevo regalato una borsetta che a lei piaceva tanto, non le avevo fatto il regalo per il suo compleanno, il 23 Agosto, non era stata festeggiata, perché e questo l’ho capito troppo tardi, lei veniva sistematicamente picchiata, tanto da finire all’ospedale per farsi medicare le ferite, addirittura lui si divertiva a colpirla davanti ai suoi amici , questo per dimostrare a tutti che lei era sottomessa e incapace di reagire, si divertiva umiliarla, voleva dimostrare quale vigliacco era, che lui la teneva in pugno.

* SECONDO TE PAOLA, QUESTO OMICIDIO E GLI OMICIDI COME QUELLO DI MONICA, POTREBBERO ESSERE EVITATI?

Forse non tutti gli omicidi possono essere evitati, dipende dal soggetto, se il Criminale è un violento incallito, allora le Forze dell’Ordine dovrebbero arrestarlo immediatamente dopo la prima denuncia, cosa che non succede mai, purtroppo ci dicono …..Abbiamo le mani legate……

Oggi fortunatamente se ne parla molto ma non basta, dobbiamo avere la certezza che fatta la denuncia, possiamo usufruire del supporto di una /o Psicologo capace di aiutarci nell’immediatezza della denuncia e avere la sicurezza di essere protette da qualsiasi reazione che potrebbe essere scatenata dall’avviso di arresto per il molestatore o il violento.

Da tre anni e mezzo sto conducendo una battaglia contro la violenza, sia fisica che sessuale, ho partecipato a varie manifestazioni per protestare contro una Legge, troppo buonista e inutile, una Legge che tutela il Reo dimenticando le vittime E I LORO FAMILIARI.

Troppo spesso mi sento dire, dobbiamo recuperare questi soggetti, per reinserirli nella società.

Penso che questi CRIMINALI, non saranno mai capaci di un vero reinserimento, le carceri scoppiano, stracolme di detenuti CRIMINALI INCALLITI, PEDOFILI, SPACCIATORI, SFRUTTATORI, come posso credere che potranno far parte di una società sana e con principi cristiani ???

Sono una madre distrutta, una madre che nonostante il dolore, combatte per una società migliore, ma da sola non posso nulla, lascio questo compito a chi di dovere, alle Istituzioni, ai Politici, e a una Giustizia che mi auguro sia una Giustizia GIUSTA.”

Giampaolo Regazzini è stato condannato a 14 anni di reclusione.

Guarda il video andato in onda su LA7

COMBATTO CONTRO LA PEDOFILIA E LA VIOLENZA ALLE DONNE

UCCISA A CALCI E PUGNI; A BREVE LA LIBERTA PER L’ASSASSINO DI MONICA DA BOIT !!

Omicidio di Valeggio. – Nell’ordinanza di custodia il giudice attribuisceall’indagato una personalità instabile e violenta – Tradito dalla fedeltà del cane L’animale non ha reagito perché conosceva l’aggressore dellasua padrona

Per l’accusa l’avrebbe punita per averlo insultato in pubblico provincia di Verona A tradirlo è stata la fedeltà del cane nei confronti della sua padrona.L’animale non avrebbe permesso a nessuno di aggredirla. A nessuno tranne che al convivente, alle cui scene di violenza si era dovuto abituare.

È questo uno degli elementi che hanno portato il giudice, Enrico Sandrini, a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Giampaolo Regazzini, 37 anni, il carpentiere di Valeggio indagato per l’omicidio della convivente,Monica Da Boit; Regazzini è difeso dall’avvocato Maurizio Corticelli,la famiglia di Monica si è invece costituita parte civile con l’avvocato Guariente Guarienti.

L’indagine del sostituto procuratore Paolo Sachar, condottadai carabinieri di Valeggio e Peschiera, ha preso avvio la mattina del 14 ottobrequando i militari sono intervenuti nella villetta di via Mazzi 9. All’interno c’erano già i medici di Verona emergenza e il padrone di casa, Regazzini. L’uomo raccontò di aver chiamato i soccorsi dopoaver scoperto, rientrando a casa, il corpo esanime della donna. La convivente,Monica Da Boit, era stesa a terra, in corridoio; per lei non c’era piùnulla da fare. I sospetti su Regazzini furono immediati.

Il cadavere presentavainfatti ematomi diffusi su capo, tronco e arti. L’autopsia confermeràin seguito che il decesso è stato causato da percosse che hanno provocato alcune fratture e la rottura della milza con un estesa emorragia interna.

MonicaDa Boit, sottolinea il giudice, è stata sottoposta a un pestaggio violento,accanito e feroce all’interno della stessa abitazione. E l’assassino ha utilizzato per colpirla anche una bottiglia di birra piena,che sarà ritrovata in casa avvolta in un sacchetto sporco di sangue, e un posacenere.

Il giudice Sandrini rileva come la donna da tempo era sottopostaa maltrattamenti da parte del convivente, confermati anche alcuni conoscenti eriscontrati dai carabinieri, intervenuti nell’abitazione di Valeggio soltantoun mese prima perché chiamati da Monica. Ed è certo, aggiunge ilgiudice, come nelle ore precedenti l’omicidio si verificò l’ennesimolitigio tra Regazzini e la Da Boit; e fu quello, probabilmente, a scatenare lasuccessiva violenza.

Teatro dell’episodio, un locale notturno del Mantovano dove il carpentiere era arrivato la sera prima del delitto con un conoscente edove rimase fino alle quattro del mattino. Poco prima delle 2 Monica Da Boit loaveva raggiunto; i due avevano avuto un’accesa discussione nel parcheggiodel locale e le telecamere avevano immortalato l’uomo mentre prendeva a schiaffila compagna. Tornata a casa, Monica Da Boit telefonò in questura: era terrorizzataperché temeva di essere picchiata di nuovo. Alle 6.39 del mattino successivola donna era ancora viva. Infatti, chiamò al telefonino l’amico perchiedergli dove fosse il convivente. Dalle testimonianze emerge come Regazzinitornò a casa non più tardi delle 7.45.

Ma la telefonata al 118 arriverà solo un’ora più tardi. Inquel lasso di tempo, continua il giudice, sarebbe avvenuto il pestaggio; altrimentiquel ritardo sarebbe del tutto illogico. Poi Regazzini cercò di occultarele tracce del reato, lavando i pavimenti e cambiandosi i vestiti, probabilmentes porchi di sangue: infatti, all’arrivo dei militari, non indossava piùquelli che portava nel locale. Infine spostò il corpo della donna, diceil giudice, con l’assurda intenzione di farle prendere un po’ d’aria.L’omicidio non poteva essere commesso da un estraneo. Non solo, rileva ilgiudice Sandrini, perché in casa non c’erano segni di scasso. Ma soprattuttoperché nell’appartamento c’era un grosso cane, un alano, che era molto affezionato a Monica Da Boit e che l’avrebbe certamente difesain caso di aggressione da parte di uno sconosciuto; e che invece era abituato alle manifestazioni di violenza di Regazzini. A carico dell’indagato, rilevainfine il giudice, vi è una serie di violenze domestiche sistematiche;il pestaggio è stato scatenato dalla volontà di dare l’ennesima lezione alla convivente che poco prima lo aveva insultato davanti a tutti facendoglifare brutta figura. Per tutti questi elementi il giudice ha rilevato che sussistono nei confrontidell’indagato le esigenze cautelari in considerazione della personalità pericolosamente instabile e violenta nonché del pericolo concreto che possaripetere condotte violente ai danni di altre persone. E trova conferma nella mancanzadi qualsiasi segno di ravvedimento e nell’indifferenza dimostrata verso laDa Boit resa evidente dalla mancata partecipazione ai funerali della donna.

nota di Paola Caio