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Elisabetta Bruno, 43 anni, mamma. Uccisa con 4 picconate in faccia e sepolta nell’orto dal marito

Settimo San Pietro (Cagliari), 20 Aprile 2009


Titoli & Articoli

Settimo: non era andata via ”L’ho uccisa io col piccone” (l’Unione Sarda – 28 maggio 2009)
Non era scappata: l’ha uccisa il marito, che poi ha confessato il delitto. ”L’ho colpita con un piccone e poi sepolta nell’orto”, ha detto Pietro Cambedda, 62 anni. La vittima, Elisabetta Bruno, era furibonda con l’uomo: la sua matrigna aveva una relazione clandestina con l’assassino
Una denuncia di scomparsa e tre appelli su televisioni e giornali il 24 e 30 aprile e il 5 maggio scorsi: ”Elisabetta torna a casa, siamo preoccupati”, aveva detto il marito.
Ma Elisabetta Bruno, di Settimo, 43 anni, non poteva ascoltare le richieste dei familiari: massacrata da tre picconate alla testa, era stata sepolta in una fossa scavata in un terreno alla periferia del paese. L’omicidio risale al 20 aprile, giorno della scomparsa della donna, ma il cadavere è stato trovato solo la notte tra martedì e ieri dai vigili del fuoco e dai carabinieri, che poco prima avevano fermato l’assassino: Pietro Cambedda, 62 anni, marito della vittima, ora richiuso nel carcere di Buoncammino con l’accusa di omicidio volontario aggravato. L’uomo ha confessato il delitto dopo sette ore di interrogatorio davanti ai militari di Sinnai che, con i colleghi di Quartu e quelli del nucleo di polizia giudiziaria, avevano puntato gli occhi su di lui fin dall’inizio.
I LITIGI La donna è stata ammazzata al termine dell’ennesimo litigio col coniuge, scoppiato – come tutti quelli dei mesi precedenti – per la presenza di un’amante nella vita del marito. Pietro Cambedda da qualche tempo aveva instaurato una relazione extraconiugale con Rosalba Canu, 54 anni, matrigna di Elisabetta Bruno e con la quale Giovanni Bruno (padre della vittima e morto per infarto lo scorso 18 maggio) si era risposato una volta rimasto vedovo. La tresca aveva avvelenato i rapporti familiari, e non poche volte i tre figli della coppia (due maggiorenni e un minorenne) avevano assistito a pesanti scambi di vedute tra i genitori. Spesso Cambedda riceveva messaggi via cellulare dall’amante e allora si spostava di stanza, ma la moglie lo seguiva e i due litigavano.
L’OMICIDIO L’ultimo episodio risale alla sera del 20 aprile: identica la scena, tragica la conclusione. Dopo la sfuriata reciproca, marito e moglie – stando alla ricostruzione resa ieri in conferenza stampa dai carabinieri – vanno insieme in un discount alla periferia di Settimo e, subito dopo, si dirigono verso un terreno di loro proprietà al confine con Sinnai. Qui Cambedda spiega alla moglie che, anche se “chiacchierata”, l’amante le piace. La frase scatena l’ira di Elisabetta Bruno, che salta addosso all’uomo con tutto il peso dei suoi 110 chili e lo afferra per il collo. Questi si libera e la colpisce con un piccone. Un primo colpo laterale, poi altri due frontali in sequenza: la donna stramazza al suolo. Il marito mantiene la lucidità necessaria a scavare una fossa, metterci dentro il cadavere della consorte e il suo maglione sporco di sangue, portare il piccone a casa dopo averlo lavato e girovagare ore per poter dire, poi, di essere andato in cerca della moglie.
L’ALIBI Ma il suo alibi vacilla da subito. I carabinieri (al comando del colonnello Gavino Asquer, del maggiore della Compagnia di Quartu, Alfredo Saviano e del comandante della stazione di Sinnai, Stefano Locci) sanno che quella notte Cambedda non è mai andato a Cagliari ma è rimasto sempre a Settimo: risulta dalle celle telefoniche alle quali era agganciato il suo cellulare. E non era vero che la donna quel giorno si era spostata da sola, perché alcuni testimoni li avevano visti insieme poco prima del delitto.
LA CONFESSIONE L’uomo viene convocato nuovamente in caserma martedì pomeriggio. Sono le 15,30: alle 22,30 confessa, a mezzanotte viene trovato il corpo. Ieri in carcere il colloquio col pm Maria Virginia Boi davanti all’avvocato difensore Massimiliano Dessalvi. Ora si attendono gli esiti dell’autopsia, ma il cerchio intorno a Cambedda si è chiuso. Resta da valutare invece il comportamento dell’amante, Rosalba Canu: al momento è indagata per favoreggiamento (la donna, difesa dal legale Carlo Monaldi, sapeva tutto ma ha coperto il compagno).
(di Andrea Manunza)

Il delitto Bruno, parlano i figli:”Avevamo i nostri dubbi” (l’Unione Sarda – 28 aprile 2009)
Dopo il ritrovamento del corpo di Elisabetta Bruno, parlano i figli
Nessuno a Settimo San Pietro ha mai creduto alla fuga di Elisabetta Bruno, la donna uccisa a picconate dal marito Pietro Cambella. Gli stessi figli sono stati sempre scettici. Ed ora hanno ammesso che avevano paura per la mamma. Giuseppe Bruno uno dei figli della vittima e dell’uomo arrestato, è rientrato in paese da Tonara dove era ospite di familiari da alcuni giorni. Il giovane non lesina frecciate al padre: «Immaginavo che sarebbe finita così, sospettavo che avesse ucciso mamma: l’ho pensato da subito, ne ero quasi certo, anche se tentavo di convincermi del contrario». Lo sfogo continua: «Provo un grande, grandissimo dolore. Ne parlavo con mia sorella Francesca, ma lei si dimostrava un po’ perplessa. Mamma ci lascia un ricordo dolcissimo: dolce, affettuosa, non ci ha mai fatto mancare nulla. Le abbiamo voluto tanto bene. Se mio padre è colpevole, è giusto che sia finito in prigione: deve pagare. È una storia terribile».
I SOSPETTI La sorella di Giuseppe, Francesca, ieri era a Selargius, da altri parenti: studia alla cittadella universitaria di Monserrato, nella facoltà di Farmacia, e non rinuncia a un ricordo di mamma Elisabetta: «Dolce, dolcissima, non potremo mai dimenticarla. Anch’io ho avuto sospetti, soprattutto quando mio padre, parlando della scomparsa di mamma, cambiava spesso versione dei fatti. Sono tanto triste».
L’APPELLO Aggiunge Giuseppe. «Io l’ho immaginato subito, ero dubbioso anche quando mio padre ci ha chiesto di accompagnarlo alla redazione de L’Unione Sarda e ha lanciato l’appello per la scomparsa: io non potevo parlare, mio padre mi stava vicino. Ora la verità è venuta fuori, e posso solo dire che mamma non meritava questa fine».
IL PAESE A dire il vero, a Settimo ben pochi hanno creduto all’ipotesi di una fuga della donna, che abitava con la famiglia in una casa del rione di Bi’e Sinnai. Il marito, ora accusato di averla uccisa a colpi di piccone, si era presentato in redazione a L’Unione Sarda assieme ai figli Giuseppe e Francesca. In paese molti erano rimasti perplessi, dopo il suo appello, tant’è vero che gli stessi carabinieri di Sinnai – coordinati dai marescialli Stefano Locci e Fabio Casarelli – non hanno mai creduto alla tesi di Cambedda. Hanno lavorato in silenzio, gli investigatori: hanno raccolto messaggi, indiscrezioni. L’obiettivo dei militari era di spiazzare Pietro Cambedda, di fargli commettere un errore. Per questo, il maresciallo Locci ha più volte sollecitato il silenzio stampa: per avere maggiori probabilità di far cadere in contraddizione l’assassino.
LE CONFIDENZE Decine di persone, giorno dopo giorno, sono state interrogate in caserma, ma i carabinieri hanno raccolto tante confidenze anche per le strade di Settimo, chiacchierando con chi conosceva la famiglia. Intanto i volontari battevano le campagne, anche con le unità cinofile.
FALSE PISTE La donna era segnalata un po’ ovunque: al mercato di Sinnai, seduta su una panchina in via Roma a Cagliari, intenta a mangiare un panino. Gli investigatori, invece, hanno subito avuto dubbi sulla tesi della scomparsa volontaria di Elisabetta Bruno. Un sopralluogo era stato compiuto anche nel terreno (recintato con una rete metallica) dei Cambedda, a San Pietro: proprio quello che dal 20 aprile nascondeva, a pochi centimetri di profondità, il corpo della vittima. Nessuno aveva notato la terra smossa, sotto la quale l’altra notte i carabinieri di Sinnai e Quartu hanno trovato il cadavere.
LE REAZIONI Ieri la notizia si è sparsa per Settimo fin dalle prime ore del mattino. «Giustizia è stata fatta», commentano con rabbia alcune donne che hanno conosciuto Betti (così la chiamavano), «quella donna ha sofferto tanto. Una vita di sacrifici, ma anche la felicità per la nascita di tre figli meravigliosi. Lei aveva voglia di vivere e non sarebbe mai scappata, non li avrebbe abbandonati». Infatti, non è stato così. Funerali. Stamattina il medico legale ha consgenato al magistrato l’esito della perizia necroscopica. La donna è stata uccisa con quattro colpi di piccone in faccia ed è morto subito.I fuenrali si svolgeranno domani a Settimo.


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