Il promemoria del killer «Ammazzerò Debora Voi vendete la mia auto» -Spari per la storia finita, poi si suicida Premeditazione In un bloc notes trovato dai genitori gli appunti scritti da Riccardo Regazzetti sulle cose da fare dopo la sua morte (Corriere della Sera – 4 luglio 2010)
Nella camera da letto di Riccardo Regazzetti i carabinieri hanno trovato un foglio di bloc notes scritto ordinatamente a mano; lì sopra, oltre a preannunciare la sua intenzione di uccidere l’ ex fidanzata Debora e poi togliersi la vita, Riccardo elenca con fredda precisione ragionieristica tutti quello che i genitori devono fare dopo la sua morte: a chi vendere l’ auto, quali sono i conti da saldare, cosa farne dei mobili della casa dove lui e la sua amata sarebbero andati a vivere. Quel foglio dimostra che nelle sue ultime 24 ore di vita Riccardo si è mosso come un robot, obbediente a un solo impulso: farla finita con la vita, se la vita lo doveva vedere lontano da Debora.
Ma Debora Palazzo, a marzo, si era allontanata dall’ uomo con cui da quattro anni era fidanzata e Riccardo non aveva sopportato quel no. Da allora lui ha cominciato a vivere due vite parallele: in una, davanti a parenti e amici, ostentava il fatto che la crisi sentimentale era solo una nube passeggera, che tutto si sarebbe sistemato; anzi, a maggio in occasione di un pranzo in famiglia aveva insistito per mostrare a zii e cugini l’ appartamento in paese dove lui e Debora sarebbero andati a vivere dopo il matrimonio. Nell’ altra vita, in cui viveva l’ abbandono da parte della ragazza come un’ ossessione, era geloso di tutti, sospettava che la ragazza avesse altri flirt, chiedeva di incontrarla. Ma quando quest’ ultima ha pronunciato l’ ennesimo no, è scattato il «cupio dissolvi»: venerdì sera nel parcheggio del cimitero di Agnadello – paese confinante con Pandino, dove i due giovani erano nati e cresciuti – Regazzetti, 28 anni, un lavoro sicuro come autista in un’ azienda alimentare della zona, ha ucciso a colpi di pistola Debora, di otto anni più giovane e poi ha rivolto l’ arma contro se stesso.
La giornata di venerdì è stata vissuta dal giovane tutta nella tragica attesa dell’ evento finale, preparato con la concentrazione di un samurai. Prima di tutto ha scritto il biglietto di congedo dalla famiglia: un congedo fatto di consigli pratici, anche se il contenuto è ancora tenuto riservato dagli inquirenti. «Vendete la mia auto, guardate che la cucina della nuova casa è già pagata, prelevate i miei soldi», cose di questo tenore. Poi si è presentato in una armeria di Crema e ha acquistato una pistola Glock calibro 9, pagandola circa 600 euro. Tutto in regola e alla luce del sole: Riccardo aveva il porto d’ armi per uso sportivo, anche se non aveva mai posseduto un’ arma e non si era mai presentato al poligono di tiro di Milano a cui si era iscritto. L’ ora X stava per scoccare, ma fino all’ ultimo l’ uomo non ha voluto far trasparire nulla delle sue intenzioni; ha cenato in famiglia e dalla madre si è congedato con una frase rassicurante, da bravo figlio: «Svegliami domani mattina alle 7, perché voglio andare a lavare la macchina». Poi è uscito con la Glock carica in tasca.
E la povera Debora? Lei, poco più di un’ adolescente, viveva l’ amore di Riccardo e i suoi progetti di matrimonio come qualcosa di soffocante e per questo ci aveva dato un taglio. Adesso lavorava nel negozio di piccoli elettrodomestici del padre a Crema ma venerdì s’ era presa un pomeriggio libero ed era andata ad Agnadello dalla sua amica del cuore, Denise, per aiutarla a preparare l’ esame di maturità. Alle 21.30 è uscita di casa e si è trovata in strada Riccardo che l’ aspettava. I genitori della ragazza diranno più tardi ai carabinieri di aver notato l’ uomo fermo sotto le loro finestre ma non si erano preoccupati: sapevano che i due ex di tanto in tanto si parlavano ancora. E invece i riflettori su questa storia si spengono all’ improvviso per un’ ora e si riaccendono alle 22.30 quando Riccardo telefona al fratello Massimo e pronuncia quella frase agghiacciante: «Ho combinato un casino qui al cimitero di Agnadello; vieni, ma non dire niente alla mamma». Il resto è noto: nel piccolo parcheggio c’ è la Fiat Punto blu di Debora e dentro ci sono il cadavere di lei con due colpi al cuore e quello di lui con un buco in testa. Sul cruscotto un biglietto disperato: «Solo così staremo sempre assieme. O mia o di nessuno». (di Del Frate Claudio)

«Debora, mia o di nessun altro» -Omicidio-suicidio, due famiglie distrutte. «In che cosa abbiamo sbagliato?» La crisi «Riccardo ci parlava della crisi come di un problema passeggero, che contava di superare» (Corriere della Sera – 4 luglio 2010)
Una duplice tragedia senza alcun segnale premonitore. Non c’ erano state denunce, non c’ era stato stalking, non c’ era stata violenza all’ infuori di quella agghiacciante con la quale Riccardo Regazzetti venerdì sera ha ucciso l’ ex fidanzata Debora Palazzo prima di togliersi a sua volta la vita.«E noi non sappiamo cosa fare o pensare: siamo sconvolti per la nostra famiglia, ma anche per i genitori di Debora, che conosciamo bene»…
Riccardo e Debora avevano in teoria tutto il necessario per essere felici assieme: si erano amati per quattro anni, erano giovani e con una vita davanti, avevano un lavoro. Ma lui aveva fretta ed era geloso, possessivo, lei era poco più di una adolescente e aveva cominciato quella relazione quando era appena sedicenne; i progetti di matrimonio con cui lui la incalzava l’ avevano spaventata, spaventata al punto da chiedere uno stop alla relazione nel marzo scorso. Ma lui aveva pensieri solo per Debora: la sua giornata era scandita dal lavoro come autista del salumificio «Bressani», le sedute in palestra (era appassionato body builder) e la ragazza, al punto da farsi tatuare su una gamba la scritta «R&D forever». Poi erano arrivate le nubi della crisi; fino al biglietto lasciato sul cruscotto dell’ auto dopo l’ omicidio-suicidio: «O mia o di nessun altro». «Di quella crisi eravamo al corrente – riferisce ancora zia Noris -, ma Riccardo ce ne parlava come di una crisi passeggera, che contava di superare; anzi ci risulta che la sera di tanto in tanto si incontrassero ancora: un gelato, due passi in centro, due chiacchiere. Insomma, quelle cose tra ragazzi…».
Non vogliono parlare con nessuno e allontanano gli intrusi con decisione, invece, i familiari di Debora Palazzo, che vivono in un caseggiato di via Cesare Battisti, a poche centinaia di metri dalla casa dei Regazzetti. La ragazza, una volta ottenuta la maturità all’ istituto commerciale «Pacioli» di Crema, aveva cominciato a lavorare come impiegata nel negozio di piccoli elettrodomestici del padre, sempre a Crema. Venerdì, l’ ultimo giorno della sua breve vita l’ aveva passato ad Agnadello, il paese che confina con Pandino, dove abita Denise, la sua amica del cuore. Denise proprio oggi era attesa dall’ esame orale di maturità e le due giovani avevano trascorso il pomeriggio sui libri, per l’ ultimo ripasso. Venerdì sera le due famiglie coinvolte in questo dramma hanno ricevuto la visita dei parroci di Pandino e Agnadello. «Tutti si chiedevano in cosa avessero sbagliato con i loro figli – rammenta don Andrea, sacerdote di Agnadello -, ma io ho cercato di far capire loro che non devono avere sensi di colpa, che la risposta a quanto è accaduto è solo nella mente di Dio». (di Claudio Del Frate)