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Daniela Puddu, 37 anni, mamma. Gettata dal balcone dal convivente, che dice che si è suicidata

Fiorenzuola D'Arda (Piacenza) , 14 Giugno 2014


Titoli & Articoli

Scaraventata dalla finestra dal fidanzato. Daniela Puddu uccisa per raptus di gelosia (Unione Sarda – 20 agosto 2014)
Un raptus di gelosia. Questo il movente dietro all’omicidio di Daniela Puddu, 37enne di Iglesias morta la sera del 14 giugno dopo essere precipitata dalla finestra al 3/o piano della sua abitazione a Fiorenzuola d’Arda (Piacenza). I carabinieri della Compagnia di Fiorenzuola hanno arrestato ieri per omicidio volontario il convivente, Dario Rizzotto, pregiudicato di 35 anni.
La vittima intratteneva ancora contatti con l’ex fidanzato, e Rizzotto dopo aver scoperto alcuni messaggi su Fb, sarebbe stato preso da raptus scaraventando la donna dalla finestra. La 37enne aveva lasciato l’ex proprio per stare con Rizzotto. Quella sera il 35enne, scoprendo i messaggi su Facebook, al termine di una violenta lite, degenerata in colluttazione, avrebbe buttato la compagna fuori dalla finestra, cercando poi di inscenare un suicidio davanti ai carabinieri. Un volo di 11 metri che non ha lasciato scampo a Daniela Puddu. Rizzotto, con diversi precedenti a carico, dopo due mesi di indagine è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

 

Piacenza, non fu suicidio “La uccise lui per gelosia spingendola dalla finestra” (la Repubblica – 21 agosto 2014)
Quel suicidio con un volo giù dalla finestra non aveva convinto nessuno. Due mesi dopo, la svolta nell’indagine: Daniela Puddu, 37 anni, di Iglesias, non si era tolta la vita. A ucciderla spingendola giù dal secondo piano sarebbe stato il convivente, Dario Rizzotto, trapanese di 35 anni, senza lavoro e senza fissa dimora, una sfilza di precedenti lunga così tra lesioni, rapina e maltrattamenti in famiglia. Ora è in carcere a Piacenza, accusato di omicidio.
Il movente? Una gelosia cieca, esplosa dopo aver visto che Daniela aveva ricevuto su Facebook un messaggio dall’ex. Quella sera del 14 giugno, dopo un pomeriggio passato tra cocaina e alcol, in quell’appartamento al secondo piano di una casa popolare di Fiorenzuola ci sono tre persone: Daniela, un suo amico e Rizzotto. L’amico la sta aiutando a mettere a posto la connessione del computer: in quel momento arriva un messaggio dell’ex fidanzato della donna. Rizzotto lo vede e perde le staffe. L’amico chiede a Daniela in sardo («così quello non ci poteva capire») se vuole che rimanga in casa, per proteggerla. La risposta, rassegnata: «Vai pure, è già successo altre volte». Ma Rizzotto quella sera è fuori controllo: le urla, le porte sbattute, i tonfi di una colluttazione vengono sentiti da tutto il vicinato. Terrorizzata, Daniela si chiude in bagno. Lui esce sul cornicione e la minaccia. Nel palazzo lo vedono in tanti. E qui le versioni divergono: secondo Rizzotto Daniela apre la porta del bagno e la lite finisce. Lui va in cucina, e quando torna la donna non c’è più. «Ha deciso di farla finita » — dice lui — «e si è gettata dalla finestra». Un volo di 11 metri, la vita di lei che si spegne con un tonfo su quel marciapiede sconnesso.
Gli inquirenti hanno molti dubbi e indagano l’uomo per omicidio: come si dice in questi casi, «atto dovuto». Considerati i tanti dettagli che non tornano, più dovuto del solito. Per esempio, la collanina spezzata di Daniela: una parte è ancora al collo della vittima, su quel marciapiede, e una parte è stata trovata in casa. Come se qualcuno gliel’avesse strappata durante una lotta. Anche la posizione del corpo della donna è strana: viene trovato sul marciapiede con la testa verso il muro e i piedi verso la strada. Difficile, se non impossibile, che accada se la caduta è volontaria. E alcune ferite sulle gambe sembrano dovute a una colluttazione più che alla caduta dalla finestra. Così come una macchia di sangue trovata su un muro dell’appartamento fa pensare al peggio. Poco credibile è parsa, invece, la volontà suicida di Daniela raccontata dal Rizzotto per accreditare la propria versione: su Facebook 15 minuti prima di morire la vittima con un’amica si era data appuntamento al giorno dopo per un caffé. Chi lo farebbe se sta per buttarsi dalla finestra?

 

 

«Mia figlia non si sarebbe mai suicidata». Il pm chiede nuove indagini nella stanza da cui è caduta Daniela (il Piacenza – 9 novembre 2015)
Corte di assise, sentita la madre della 37enne morta dopo la caduta dalla finestra a Fiorenzuola nel giugno 2014. E parla l’imputato di omicidio, il suo convivente Rizzotto: il suo ex l’indiano Rajan fece pressioni per farla drogare ancora. E la conversazione è ricordata dai testimoni
«Mia figlia non ha mai avuto intenzione di suicidarsi». Lo ha detto la mamma di Daniela Puddu, la giovane 37enne morta dopo essere precipitata dalla finestra dell’appartamento dove viveva a Fiorenzuola il 14 giugno dello scorso anno. Sul banco degli imputati siede il suo fidanzato, Dario Rizzotto, 36 anni, accusato di omicidio volontario aggravato. Secondo i carabinieri e secondo la procura, l’uomo è ritenuto il responsabile della morte di Daniela.
E’ stata sentita oggi, 9 novembre, in Corte di assise, Rosa Maria Meloni (e come testimone ha deposto anche Michela, sorella di Daniela, che si è costituita parte civile con l’avvocato Mara Tutone) madre della ragazza che ha parlato della figlia e della sua vita lontano dalla Sardegna, di dove era originaria. Ma l’udienza di oggi ha fatto registrare altre novità, tra cui la richiesta del pm Roberto Fontana di un altro sopralluogo – alla presenza di difesa e parte civile – nell’abitazione di via Illica alla luce di un dato emerso dalla deposizione di un maresciallo: la distanza della finestra dal pavimento, risultata un metro. Il pm vuole vedere la distanza rapportata all’altezza di una persona, per cercare di capire meglio la dinamica della caduta. Il presidente Italo Ghitti si è riservato la decisione di questo supplemento di indagine. Oltre a questo, infine, è stato detto che l’ex fidanzato indiano di Daniela l’avrebbe spinta a riprendere l’uso di stupefacenti (lei era venuta via dalla Sardegna proprio per entrare in una comunità e seguiva una terapia a Fiorenzuola). A sottolineare questo aspetto è stato lo stesso Rizzotto che ha preso la parola due volte per ricordare come lui lo avesse detto ad alcuni testimoni. Rizzato è difeso dagli avvocati Francesca Cotani (del Foro di Milano) e dal piacentino Andrea Bazzani, che nella mattinata hanno posto diverse domande ai testimoni.
LE PRESSIONI PER PRENDERE DROGA A parlare a lungo è stata all’inizio un’amica di Daniela, la 38enne albanese Elsa. «Non mi risulta che usasse stupefacenti – ha affermato davanti al presidente Ghitti, al giudice a latere Maurizio Boselli e alla giuria popolare – anche perché sapevo che era in cura. Inoltre, teneva troppo ai suoi figli per suicidarsi». Daniela, madre di quattro figli (una è in Sardegna e un altro in Germania), da un paio di mesi non ne vedeva più due per l’intervento dei Servizi sociali.
E qui Rizzato interviene con una domanda. Il giovane siciliano aveva incontrato Elsa in un bar a Fiorenzuola e le aveva detto che l’ex di Daniela, Rajan, le faceva pressioni e la spingeva ad assumere stupefacenti. Inoltre, le analisi consegnate dalla donna al Sert sarebbero state falsate, perché l’indiano avrebbe dato a Daniela le urine di un suo cugino di 12 anni. Elsa ricorda la frase sulle pressioni per l’uso di droga e quelle sulle urine.
LE MACCHIE SUI PANTALONI Un maresciallo dei carabinieri del Ris di Parma ha illustrato le analisi sulle macchie di sangue trovate sui pantaloni di Rizzotto, tutte macchie avvenute per contatto e non a causa di schizzi o di gocciolamenti. Rizzotto, subito dopo la caduta di Daniela, infatti era corso in strada accucciando vicino al corpo disteso.
DANIELA NON SI SAREBBE MAI UCCISA La madre di Daniela ha ricordato il trasferimento della figlia nel 2007 a Piacenza per entrare in una comunità: «Una volta Dario, sentito al telefono, mi ha detto che Daniela avrebbe frequentato Rajan e che avesse ripreso a usare qualche sostanza. Mi raccontò anche che durante una lite le diede uno schiaffo e io risposi che le mani avrebbe dovuto tenerle in tasca. Ritengo che tutto fosse dovuto alla gelosia».
Dopo aver consegnato una lettera che la figlia scrisse alla zia dopo la morte dello zio – una bella e toccante missiva letta in aula dal giudice Ghitti, e che è stata acquisita agli atti – la donna ha affermato he «Daniela non ha mai manifestato volontà suicide».
LE MISURE MANCANTI Il maresciallo Enrico Savo, comandante della Stazione carabinieri di Fiorenzuola, era sul luogo della morte di Daniela. E’ lui che ha rilevato l’importante misura della finestra da terra, ma il dato non era finito nei verbali. Oggi è stato acquisito. E da questo particolare è nata la richiesta del pm Fontana di un nuovo atto investigativo nella stanza da letto. Il processo riprenderà il 16 novembre con nuovi testimoni, mentre il 17 potrebbe essere interrogato Rizzotto.

 


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