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Daniela Bertolazzi, 60 anni. Uccisa con 20 martellate alla testa dal convivente

Verona, 6 dicembre 2011

Pier dalla psichiatra non ci vuole andare, anche se quella con cui ha l’appuntamento è solo una psicologa. E invece Daniela insiste, gli prende pure un appuntamento, anche perchè lei ha paura dei comportamenti del compagno. E fa bene, perchè Pier in un raptus imprevedibile la massacra con un martello.

Pierluigi Petit, 58 anni. Si sarebbe salvato comunque dall’ergastolo poichè, pur convivendo da 20 anni, lui e Daniela non erano sposati. Assolto grazie alla perizia dello psichiatra da cui non voleva andare.

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Corriere del Veneto

Uccide a martellate la convivente e la veglia per cinque giorni – Daniela Bertolazzi, 60 anni, è morta per le ferite inferte alla testa dal convivente, fermato in uno stato di alterazione psichica. Il delitto è stato scoperto dall’anziana madre di lei

Una donna di 60 anni, Daniela Bertolazzi, è stata uccisa in casa dal suo convivente, nel quartiere Pindemonte a Verona. L’uomo, Pierluigi Petit, 58 anni, è in stato di fermo per omicidio aggravato e attualmente è sottoposto a interrogatorio dal pm Federica Ormanni. L’indagato si troverebbe in uno stato di alterazione psichica. È stata la madre di lei a scoprire il delitto. Entrata nell’appartamento, al secondo piano di una palazzina del quartiere Pindemonte, ha notato il corpo della donna riverso a terra, in una pozza di sangue. Da martedì l’83enne tentava di mettersi in contatto con la figlia ma al telefono rispondeva sempre l’uomo, dicendo che la donna aveva la raucedine. Daniela Bertolazzi sarebbe stata uccisa martedì 6 dicembre da colpi sferrati con un martello. La donna che ha dato l’allarme al 113 avrebbe spiegato che il 58enne le avrebbe confermato di aver ucciso lui la sua compagna.

Daniela Bertolazzi è stata uccisa con 20 ripetuti colpi inferti alla testa, che le hanno causato lesioni mortali. L’omicidio sarebbe maturato al termine di una violenta lite tra la coppia. I due erano assieme dal 1992 e per la donna questo era il secondo rapporto sentimentale importante dopo il divorzio dal precedente marito. La vittima, a quanto si è appreso, in principio sarebbe stata colpita alle spalle, poi si sarebbe girata ma potrebbe non avere avuto il tempo di difendersi. I colpi infatti sono stati inferti quasi tutti alla testa, provocando ferite mortali; qualche martellata invece ha colpito la donna nella zona superiore del tronco, in prossimità della spalle.

di E.P.

L’Arena

Uccisa perché voleva mandare il compagno dallo psichiatra Interrogato Pierluigi Petit: non ricorda la fase più violenta, ma ha dato un movente all’assassinio di Daniela Bertolazzi

Lei era già in analisi perché depressa e avrebbe voluto che Pier la ascoltasse. Era preoccupata del suo comportamento violento

A due giorni dal suo arresto e dal primo interrogatorio sostenuto davanti al pm Federica Ormanni, Pierluigi Petit ieri davanti al giudice per le indagini preliminari Isabella Cesari non ha aggiunto nulla, nessun particolare. Ha ripetuto di ricordare il prima, ovvero il litigio più violento del solito con la compagna, e il dopo, cioè il fatto di averla vita a terra in una pozza di sangue. Quel che è avvenuto in mezzo, cioè quella ventina di colpi inferti con un martello e con un manubrio (l’attrezzo utilizzato in palestra per potenziare i muscoli) alla nuca e sulla fronte di Daniela Bertolazzi per lui, al momento, non esiste.

Ha risposto solo dicendo che si era arrabbiato perchè lei aveva insistito affinchè andasse dalla psicologa, dalla stessa con cui aveva appuntamento Daniela. Anche lei nell’ultimo periodo era depressa e aveva chiesto il supporto della professionista. Un incontro che doveva avvenire alle 14 di lunedì 5 dicembre. Daniela voleva che Pier, come lo chiamavano in famiglia si facesse vedere da uno specialista perchè da tempo non usciva più di casa, si era chiuso in sè stesso e non voleva frequentare nessuno. Solo questo. Null’altro.

E al termine dell’interrogatorio avvenuto a Montorio, dove Petit è detenuto dalla sera di domenica, ricoverato in infermeria e sotto controllo medico, il giudice per le indagini preliminari ha convalidato l’arresto e mantenuto la misura della custodia cautelare in carcere. Questa mattina i suoi difensori, gli avvocati Francesca Perini e Lorenzo Ferraresi, depositeranno la nomina di un consulente, la dottoressa Silvana Carraroli, psichiatra, che affiancherà il collega Gianfranco Parolin, lo specialista incaricato dal sostituto procuratore Federica Ormanni, di verificare il grado di capacità di Petit e stabilire se è o meno imputabile e punibile.

Un omicidio, quello avvenuto in un appartamento al secondo piano in via Carso, sul quale sono ancora in corso accertamenti per verificare non tanto le responsabilità di Petit quanto l’esatto svolgimento dei fatti, ovvero la cronologia di quella follia. Infatti i vicini di casa, quelli che abitano sotto la casa della tragedia hanno detto di aver sentito la notte tra martedì e mercoledì un tonfo pesante e altri colpi. Poi più nulla da quell’abitazione.

Invece secondo la ricostruzione della polizia, supportata dalla testimonianza di ieri mattina, resa da Petit, l’omicidio potrebbe essere avvenuto lunedì 5, prima dell’appuntamento con il medico.

«Mi ricordo che è successo che c’era chiaro, era giorno», ha detto Petit, anche se era convinto di aver commesso l’omicidio 8 giorni prima. Secondo questa tesi, l’uomo avrebbe aggredito la sua compagna probabilmente prima dell’appuntamento. L’ipotesi sarebbe confortata dal fatto che lunedì alle 13.55 Petit chiama la psicologa dicendo che la compagna non si sarebbe recata all’appuntamento perchè influenzata. E la psicologa si risente evidenziando che l’appuntamento avrebbe dovuto essere annullato in anticipo.

Quindi Petit al termine del litigio con la compagna, l’aggredisce mentre in camera da letto si prepara ad andare dalla psicologa. Inoltre domenica 4, alle 23, la mamma di Daniela l’aveva sentita telefonicamente. Nei giorni successivi Petit ha sempre risposto al telefono di Daniela, sempre con la stessa scusa: «Daniela ha la raucedine non può parlare». L’ha detto alla mamma di lei, la signora Franca Righetti, che il sabato dopo l’omicidio ha mandato la sua domestica con arance e mele a casa della figlia. Ma Petit non l’ha fatta entrare, ma s’è preso la frutta. Così come non ha fatto entrare la vicina domenica mattina, che l’aveva trovato frastornato, ma in ordine sull’uscio dell’appartamento e aveva lasciato invece che il suo cagnolino entrasse. Un particolare che la vicina aveva notato eccome conoscendo la cura maniacale della coppia per la casa. Infatti anche se i due portavano spesso fuori il piccolo cane, mai lo avevano fatto entrare in casa. Quella domenica mattina Petit, alla vicina che si scusava per l’invasione del cane rispose: «Non si preoccupi, non c’è problema». Il cane era poi uscito e lui aveva richiuso l’uscio, per affacciarsi di nuovo poco dopo all’arrivo della «suocera». Lei stessa, stanca che Pier non le passasse la figlia gli aveva detto che sarebbe passata per verificare di persona le sue condizioni. Pochi attimi dopo la donna era in camera da letto e vedendo la scena ha iniziato a urlare. La vicina è tornata di sotto, e ha chimato il 113.

di Alessandra Vaccari

Tg Verona

Convivente, non moglie: Petit eviterà ergastolo

Si profila una pena più mite per Pierluigi Petit, il 58enne che il 5 dicembre in via Carso ha ucciso a martellate la convivente Daniela Bertolazzi, 60 anni, e poi ha vegliato il corpo per sei giorni prima che il delitto fosse scoperto dalla madre della vittima, domenica scorsa.

La coppia non era sposata e conviveva da più di vent’anni “more uxorio”, ma la legge prevede condanne meno gravi se si uccide la “semplice” compagna: il mancato matrimonio infatti impedirà al pubblico ministero di contestare l’aggravante familiare e quindi Pierluigi Petit avrà diritto ad uno sconto di pena.

Tuttavia l’assassino potrebbe evitare l’ergastolo anche se la perizia psichiatrica richiesta sia dal suo avvocato, sia dal pubblico ministero Federica Ormanni, dovesse stabilire che al momento dell’omicidio era incapace di intendere e di volere.

Sembra che a scatenare la furia omicida di Petit sia stata la richiesta della sua compagna di farsi visitare da uno psicologo; la coppia era in cura per problemi di depressione.

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Verona Sera

Corriere della Sera