Caterina Catya Di Stefano, 46 anni, operatrice sociosanitaria, mamma. Sbattuta a terra e strangolata dal marito
Caltagirone (Catania), 13 Agosto 2020
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Il femminicidio di Caterina Di Stefano
Caterina Di Stefano, 46 anni, era morta nel corso del pomeriggio del 13 agosto 2020 all’interno della sua abitazione a Caltagirone in provincia di Catania. A dare l’allarme furono alcuni i vicini di casa. Quando i soccorritori giunsero sul posto, trovarono il corpo senza vita della vittima mentre il marito Giuseppe Randazzo, 50 anni, fu rinvenuto nei pressi del cadavere, in stato confusionale.
L’uomo venne accompagnato dagli agenti di Polizia in commissariato per essere ascoltato. In un primo momento aveva affermato che la moglie era caduta dalle scale. Successivamente aveva ammesso di aver avuto un litigio con lei, non ricordando però cosa fosse successo in seguito, senza fornire dunque alcuna spiegazione sulle cause del decesso.
Sia sul corpo dell’uomo che su quello della donna furono ritrovati segni di violenza, causati da una forte colluttazione, che avevano confermato l’ipotesi del litigio. Una supposizione rafforzata anche dalla testimonianza di alcuni vicini che avrebbero sentito delle forti urla provenire dall’abitazione nei momenti precedenti al delitto.
La quarantaseienne, chiamata dai conoscenti Catya, lavorava come assistente socio sanitaria in una comunità per disabili. Ultimamente la sua relazione col marito sarebbe stata in crisi, tanto da farle intraprendere la decisione di avviare le pratiche per la separazione. Secondo le ricostruzioni, Randazzo non aveva accettato di buon grado quella scelta, così nel pomeriggio avrebbe atteso il ritorno a casa della donna per mettere in atto un ennesimo tentativo di riallacciare il rapporto. L’incontro però sarebbe degenerato in un violento alterco.
Dall’ispezione medico legale effettuata sul posto sarebbero stati evidenziati dei segni sul collo della vittima, riconducibili a uno strangolamento, considerata presumibilmente la causa della morte. Considerati gli elementi raccolti e la presenza del cinquantenne sulla scena del crimine all’arrivo degli agenti di Polizia, Randazzo fu sottoposto ad arresto e condotto in carcere come presunto responsabile del delitto con l’accusa di omicidio volontario.
Il 17 agosto, nell’interrogatorio di garanzia di fronte al giudice per le indagini preliminari, il cinquantenne si mostrò confuso e continuò a ribadire di non ricordare esattamente gli attimi successivi al litigio con la moglie. Il giudice, ritenendolo pericoloso, aveva convalidato l’arresto disponendo la permanenza in carcere. In serata Randazzo fu trovato morto suicida, impiccato, all’interno della cella del penitenziario in cui era detenuto.
L’ultimo saluto a Caterina|”Si è spenta una stella”
Silenzio, lacrime e dolore. Si è celebrato oggi, nella chiesa della Sacra Famiglia a Caltagirone, il rito dell’ultimo saluto a Caterina Di Stefano, la donna di 46 anni uccisa dal marito lo scorso 13 agosto.
I funerali. L’inizio della celebrazione è stato contraddistinto dalla richiesta di tenere le mascherine per tutta la durata della messa. Mascherine che, ben presto hanno raccolto le lacrime dei figli, dei parenti e degli amici di Caterina che dal giorno della sua morte non si danno pace. Amici Caterina ne aveva tanti, così tanti che in molti hanno atteso l’uscita del feretro dalla chiesa sotto il sole pur di tributarle un ultimo saluto.
Il ricordo. “Nella mia vita, – ci dice un’amica – da quel giorno, si è spenta una stella. Caterina brillava per simpatia e vitalità, ha arricchito tutti coloro i quali ha incontrato nel suo cammino. Oggi piango lei e la tragedia che stanno vivendo i suoi figli. Sebbene colpevole, hanno perso pure il padre. Un altro dolore che non meritavano di soffrire”. La donna piange, pensando a come possano sentirsi oggi i figli, ormai orfani, di Caterina e a come e se riusciranno a sopportare e superare tutto questo.
L’omelia. Ad officiare il rito padre Jonathan Astuto, giovane parroco a cui la famiglia Di Stefano è molto legata. Ai familiari e ai tanti giovani presenti oggi, durante l’omelia, prima della benedizione della salma padre Jonathan ha detto: “Bisogna rispettare sempre la libertà dell’altro chi ama davvero rispetta prima di tutto la libertà l’altro. Dio esempio indiscusso di Amore, ci rispetta, sempre, anche quando scegliamo di allontanarci da lui. Dobbiamo accettare di poter perdere l’altra persona, nel contempo dobbiamo saper perdere tutte le relazioni che sono “ammalate”, le relazioni che presentano “patologie” vanno perse. La violenza, ricordatelo, non è mai tollerabile.
A voi figli dico che i nostri defunti vogliono che viviate bene, che siate felici, sono certo che vostra madre desideri questo per voi e che riusciate a trovare felicità. Maria vostra Madre e Madre di tutti noi vi aiuti oggi anche e soprattutto a perdonare”.
All’uscita del feretro, il parroco ha chiesto di recitare un’ultima preghiera di accompagnamento a tutti coloro che, conoscenti ed amici, non avevano potuto prendere parte al funerale ma ciononostante avevano atteso pazientemente fuori dalla Chiesa.
L’autopsia. A far luce sulla dinamica della morte della donna saranno adesso gli esiti degli esami autoptici effettuati nella giornata di ieri. Il marito, accusato dell’omicidio, dopo un interrogatorio di garanzia durante il quale aveva dichiarato di non ricordare nulla di quella giornata, neppure di essere andato al lavoro la mattina, palesando un evidente stato confusionale, si è tolto la vita all’interno di una cella del Carcere di Contrada Noce, portando con sé la verità. Toccherà adesso agli inquirenti ricostruirla, dando ai familiari le risposte che cercano da quel doloroso 13 agosto.