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Arianna Flagiello, 32 anni, impiegata. Muore precipitando dal balcone. Il convivente accusato di maltrattamenti e istigazione al suicidio viene condannato a 19 anni di carcere

Napoli, 19 Agosto 2015


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Napoli, il suicidio di Arianna Flagiello: «La istigò, fidanzato a processo»
Quando si lasciò cadere nel vuoto, lanciandosi dal balcone al quarto pianto della sua casa in via Montedonzelli, lo fece esasperata e istigata dal fidanzato. È questa la conclusione della Procura di Napoli sul caso di Arianna Flagiello, la giovane donna morta il 19 agosto 2015 nel quartiere Arenella. Ora c’è una svolta nell’inchiesta.
Il sostituto procuratore Lucio Giugliano ha chiuso le indagini preliminari formulando nei confronti di Mario Perrotta, il 33enne vomerese compagno di Arianna, le pesanti accuse di maltrattamenti e istigazione al suicidio. Per gli inquirenti, calci, pizzichi, buffetti, tirate di capelli sarebbero stati i gesti con cui Mario sistematicamente maltrattava Arianna. «La picchiava – si legge nel capo di imputazione – in privato, ma spesso anche in pubblico e alla presenza di amici, la umiliava e la offendeva, anche con condotte aggressive fino a ridurla in uno stato di soggezione completa».
E tutto, secondo l’accusa, per tenerla sotto il proprio giogo e ottenere soldi: «La costringeva costantemente a procurargli denaro per soddisfare i propri desideri nonché le esigenze economiche della propria famiglia di origine». Umiliata e sfruttata, Arianna si sarebbe data la morte. Tristi retroscena affiorano dalle indagini. Al momento si tratta solo di ipotesi accusatorie che dovranno essere valutate dai giudici e sarà il processo a stabilire le effettive responsabilità. Mario Perrotta, difeso dall’avvocato Gandolfo Geraci, potrà chiarire la sua posizione e la sua versione dei fatti. Tuttavia, le accuse formulate dagli inquirenti si spingono fino all’istigazione al suicidio, ipotizzando che Mario abbia «rafforzato il proposito suicida di Arianna maturato nel contesto dei maltrattamenti».
Come? Nel capo di imputazione si fa riferimento all’ultima lite tra i due giovani, con lei che avrebbe urlato «Mario, se continui così mi butto dal balcone» e lui che avrebbe risposto «Stavolta non ti butti tu, ti butto io». L’inchiesta si concentra sul 19 agosto di un anno fa, il giorno del suicidio. Arianna e Mario convivevano da circa due anni dopo dieci di fidanzamento. Lei aveva un lavoro e uno stipendio (era impiegata nell’amministrazione di una nota casa editrice napoletana), Mario solo lavori precari. Quel giorno Arianna si allontanò dall’ufficio dicendo che sarebbe rientrata presto e tornò a casa.

Favole da incubo
C’era una volta un ragazza talmente bella che nessuno poteva fare a meno di guardarla. Eh no, Arianna non passava certo inosservata. Aveva lunghi capelli neri, gli occhi grandi color caffè e bellissime gambe di cui andava, giustamente, fiera. Soprattutto, Arianna aveva un sorriso splendente e sorrideva sempre, dispensando allegria a buonumore. Era proprio una forza della natura…

La storia di Arianna Flagiello è una delle “favole da incubo” narrate da Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente (capitolo 5: “Il pesciolino d’oro e la ragazza che non sapeva dire di no”)

“Ti supplico, no…”: l’orrore di Arianna Flagiello nelle motivazioni della condanna all’ex compagno
Secondo i giudici della Corte d’Appello il suicidio della donna, nel 2015, avvenne a causa della “intollerabile disperazione conseguita alle condotte maltrattanti del compagno”
Un suicidio frutto delle “condotte di maltrattamento” dell’ex compagno, non “attribuibile a una causa autonoma” e “in concreto prevedibile“. È quello di Arianna Flagiello, morta il 19 agosto del 2015 dopo essersi lanciata nel vuoto dalla propria abitazione al Vomero, secondo i giudici della Corte di Appello di Napoli. La descrizione dell’estremo gesto della donna si legge tra le pagine delle motivazionicha hanno portato la Corte a condannare, lo scorso 29 marzo, l’ex fidanzato di Arianna, Mario Perrotta, a 19 anni di carcere per istigazione al suicidio e maltrattamenti, con l’aggravante della morte, e di tentata estorsione. In primo grado Perrotta era stato condannato a 22 anni di reclusione.
Secondo i giudici il suicidio avvenne a causa della intollerabile disperazione conseguita alle condotte maltrattanti del compagno“. Perrotta per la Corte era pienamente consapevole “della condizione di estrema fragilità e di vero terrore in cui aveva ridotto Arianna con le condotte gravemente maltrattanti di cui l’aveva fatta oggetto, queste portate avanti con assoluta insensibilità, anche nell’ultimo giorno di vita della compagna” e “anche a fronte del disperato invito di lei a smetterla altrimenti si sarebbe tolta la vita“.
Nelle motivazioni sono riportate anche le testimonianze di alcuni amici, che parlano di uno stato di assoggettamento da parte di Arianna nei confronti di Mario, e di un rapporto “malsano“. Inoltre c’è un messaggio risalente al 17 agosto 2015, inviato dalla vittima all’ex (“vita mia…ti supplico, no…ti prego…amò sto tremando e non riesco ad accucchiare nulla…ti prego…“).

«Mia sorella morì per le offese, lui oggi va in carcere. Umiliare una donna vale come una coltellata»
Valentina Flagiello, sorella di Arianna suicida sei anni fa al Vomero: «Le ho dato voce in aula nei tre gradi di giudizio. É stata la forza per sopravvivere al dolore»
Valentina Flagiello quando la sorella Arianna è morta aveva 37 anni. Era al mare, in quel giorno di agosto del 2015. Nella casa delle vacanze a Palinuro. La sera prima le aveva chiesto, ancora una volta, di raggiungerla. La sua risposta: «Dai, quest’anno è andata così. Ci rifaremo». Un altro momento per andare al mare non c’è più stato, Arianna schiacciata dal peso delle mortificazioni subite dal suo fidanzato aveva già deciso di togliersi la vita. Mario Perrotta l’ha vista precipitare dal balcone del loro appartamento del Vomero, nel giorno di Ferragosto. Dopo sei anni e tre gradi di giudizio va in carcere. La Cassazione ha confermato la condanna definitiva a 19 anni per istigazione al suicidio. Splende il sole a Napoli, Valentina è serena: «E’ il sole che Arianna amava tanto. Ed è il destino che questa sentenza arrivi nella settimana in cui le donne di tutto il mondo dicono no alla violenza».
Valentina, ha vinto la giustizia. «Direi che è finito il nostro strazio. L’ergastolo, per noi di questo si tratta, lo sconteremo fino alla fine dei nostri giorni. Arianna non tornerà più ma ha gridato un messaggio forte agli uomini: non scherzate più. Non pensate di farla franca, un’offesa vale quanto una coltellata. Le violenze psicologiche fanno più male dei lividi. Sono stata io la sua voce in questi anni durante le udienze, esserlo mi ha dato la forza per andare avanti. L’unica ragione di vita per la mia famiglia».
Cosa prova per Mario? «Mi fa pena, è stato un vigliacco sempre. La sottomissione era una maniera subdola di farle violenza. Un livido, una ferita per noi potevano rappresentare una spia, un allarme. Invece ha distrutto Arianna, l’ha annientata. Senza avere il coraggio di metterci neanche la faccia. Negli anni successivi alla sua morte non ha capito nulla. Poteva, anche per finta, avvicinarci e mostrarsi addolorato. Avrebbe potuto scusarsi per il male che ha fatto a mia sorella. Ecco, invece, ha creduto di farla franca. Ha continuato ad andare in giro in questo stesso quartiere, con la sua nuova compagna e la loro figlia. Come se nulla fosse accaduto. Vederlo sorridente è stato uno strazio per me, ogni volta. Poveraccio, è rimasto da solo. I suoi amici sono venuti in aula a testimoniare per mia sorella».
Non gli ha mai parlato dopo la tragedia? «Sei mesi dopo mi avvicinò e mi disse: tua sorella era depressa, lo sapevamo tutti. Quelle parole sono state la sua condanna. E neanche lo ha capito. Avrei voluto fargli tante domande: perché l’hai trattata male, perché non l’hai fermata. Perché il giorno successivo alla sua morte ridevi al telefono con un amico e progettavi un viaggio a Londra. Non me ne ha mai dato l’opportunità. Durante i tre processi ha fatto deposizioni spontanee, studiate ma neanche più di tanto. La prima volta fu sconvolgente. Parlò di Arianna come della sua ex compagna. Con un distacco, una freddezza non comprensibili. Sono stati fidanzati dodici anni, Arianna lavorava per lui e per la sua famiglia. Si è consegnata senza se e senza ma».
Come fanno tante donne. «Certo, ma quando una donna è così soggiogata non comprende che è in pericolo. Continua a dare alibi e giustificazioni ai comportamenti violenti del suo compagno, si crea una maschera e mente. Mente con chiunque».
Ha mai visto Arianna felice con Mario? «Sì all’inizio quasi sempre. Era piccola quando lo ha conosciuto, era felice quando lo abbiamo accolto in famiglia nonostante a noi non piacesse il suo modo di fare. Raggiante quando rimase incinta, disperata il giorno in cui perse il bambino e lui puntualmente la piantò in asso. Ricordo esattamente la sensazione che provai quel giorno. Pensai che quel bambino non sarebbe stato felice. Ho avuto il senso di colpa per tanto tempo».
Questa sentenza rappresenta una speranza per tante donne che hanno ancora paura di denunciare. «Sicuramente, le donne devono sapere che esiste sempre un’altra strada. Ma capiscano soprattutto gli uomini che anche per loro esiste una punizione. Mario ne è la testimonianza vivente».


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In memoria di

Hai lasciato qui un amore grandissimo dolce Ary… sapessi com’è bello vedere tutti gli amici che parlano di te, del tuo sorriso, dei tuoi consigli. Tu vivi ogni giorno tra noi, ma forse lo vedi e lo sai.
(Valentina)

Cara Ary oggi posso scriverti il mio pensiero..la tua presenza nella mia vita quotidiana è costante è a te che rivolgo ogni mio pensiero e in te che trovo la forza x affrontare tutto.Ovunque tu sia..x me x sempre🎈❤️ (Manuela)