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Mario Perrotta, 33 anni, nullafacente. Condannato per maltrattamenti, tentata estorsione e istigazione al suicidio della convivente a 19 anni di reclusione

Napoli, 19 Agosto 2015

In attesa del processo, Mario ha una figlia da una nuova compagna. Condannato in primo grado a 22 anni di reclusione, gli viene anche tolta la potestà genitoriale. Dopo 5 mesi esce dal carcere, ma nel 2021 la Cassazione lo condanna in via definitiva a 19 anni per maltrattamenti, tentata estorsione e istigazione al suicidio, ritenendolo responsabile della morte di Arianna. Si tratta della prima importante sentenza che riconosce l’istigazione al suicidio al pari del femminicidio,  dando un peso ai maltrattamenti e alla violenza psicologica che tante donne subiscono all’interno della coppia.


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Dalla manipolazione affettiva al suicidio: la storia di Arianna Flagiello

Favole da incubo
C’era una volta un ragazza talmente bella che nessuno poteva fare a meno di guardarla. Eh no, Arianna non passava certo inosservata. Aveva lunghi capelli neri, gli occhi grandi color caffè e bellissime gambe di cui andava, giustamente, fiera. Soprattutto, Arianna aveva un sorriso splendente e sorrideva sempre, dispensando allegria a buonumore. Era proprio una forza della natura…

La storia di Arianna Flagiello è una delle “favole da incubo” narrate da Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente (capitolo 5: “Il pesciolino d’oro e la ragazza che non sapeva dire di no”)

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Condannato a 22 anni per aver spinto la convivente al suicidio: ora torna in libertà
Suicidio di Arianna Flagiello, Mario Perrotta torna in libertà dopo cinque anni trascorsi in carcere per la morte della ragazza
Torna in libertà Mario Perrotta, ritenuto colpevole del suicidio di Arianna Flagiello, morta nell’agosto del 2015 a Napoli. Il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell’uomo che conviveva con Arianna Flagiello, lasciatasi cadere dal balcone della propria abitazione in zona Vomero.
Suicidio di Arianna Flagiello, torna libero Mario Perrotta. La terza Corte di assise di Napoli condannò Perrottaa scontare una pena di 22 anni di reclusione perché responsabile di morte come conseguenza di maltrattamento. Ieri, giovedì 17 dicembre, come riportato da Il Mattino è arrivato l’annullamento della misura, nel corso dell’udienza che si è celebrata dinanzi al Riesame, dopo che la Cassazione aveva annullato gli arresti.

Napoli, morte Arianna Flagiello: Cassazione conferma condanna per l’ex compagno
Arianna suicida dopo l’ultima lite. Aveva 31 anni. Veniva maltratta dall’uomo con cui viveva che dovrà scontare 19 anni. La sorella Valentina: “Sentenza che farà la storia”
Dopo l’ennesima lite si era lanciata nel vuoto dalla sua abitazione a Napoli. E’ morta così Arianna Flagiello, aveva 31 anni quando si tolse la vita nell’agosto del 2015 a causa ”dell’intollerabile disperazione conseguita alle condotte maltrattanti del compagno” scrivevano nelle motivazioni i giudici d’Appello. Ora la Cassazione conferma la condanna a 19 anni per Mario Perrotta, ex compagno di Arianna. Per la sua morte è stato ritenuto responsabile in primo e in secondo grado, e ora anche dai giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte, l’ex compagno. Dopo l’udienza che si è tenuta ieri mattina i giudici di piazza Cavour hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato condannandolo al pagamento di ulteriori spese per le parti civili costituite: i genitori e la sorella della vittima e l’Associazione salute Donna. La condanna a 19 anni di reclusione per maltrattamenti aggravati da morte come istigazione al suicidio e tentata estorsione diventa ora definitiva. “Una sentenza importante che arriva nel mese di novembre dedicato al contrasto della violenza di genere”, commenta l’avvocata Giovanna Cacciapuoti legale di parte civile per Salute Donna.

«Mia sorella morì per le offese, lui oggi va in carcere. Umiliare una donna vale come una coltellata»
Valentina Flagiello, sorella di Arianna suicida sei anni fa al Vomero: «Le ho dato voce in aula nei tre gradi di giudizio. É stata la forza per sopravvivere al dolore»
Valentina Flagiello quando la sorella Arianna è morta aveva 37 anni. Era al mare, in quel giorno di agosto del 2015. Nella casa delle vacanze a Palinuro. La sera prima le aveva chiesto, ancora una volta, di raggiungerla. La sua risposta: «Dai, quest’anno è andata così. Ci rifaremo». Un altro momento per andare al mare non c’è più stato, Arianna schiacciata dal peso delle mortificazioni subite dal suo fidanzato aveva già deciso di togliersi la vita. Mario Perrotta l’ha vista precipitare dal balcone del loro appartamento del Vomero, nel giorno di Ferragosto. Dopo sei anni e tre gradi di giudizio va in carcere. La Cassazione ha confermato la condanna definitiva a 19 anni per istigazione al suicidio. Splende il sole a Napoli, Valentina è serena: «E’ il sole che Arianna amava tanto. Ed è il destino che questa sentenza arrivi nella settimana in cui le donne di tutto il mondo dicono no alla violenza».
Valentina, ha vinto la giustizia. «Direi che è finito il nostro strazio. L’ergastolo, per noi di questo si tratta, lo sconteremo fino alla fine dei nostri giorni. Arianna non tornerà più ma ha gridato un messaggio forte agli uomini: non scherzate più. Non pensate di farla franca, un’offesa vale quanto una coltellata. Le violenze psicologiche fanno più male dei lividi. Sono stata io la sua voce in questi anni durante le udienze, esserlo mi ha dato la forza per andare avanti. L’unica ragione di vita per la mia famiglia».
Cosa prova per Mario? «Mi fa pena, è stato un vigliacco sempre. La sottomissione era una maniera subdola di farle violenza. Un livido, una ferita per noi potevano rappresentare una spia, un allarme. Invece ha distrutto Arianna, l’ha annientata. Senza avere il coraggio di metterci neanche la faccia. Negli anni successivi alla sua morte non ha capito nulla. Poteva, anche per finta, avvicinarci e mostrarsi addolorato. Avrebbe potuto scusarsi per il male che ha fatto a mia sorella. Ecco, invece, ha creduto di farla franca. Ha continuato ad andare in giro in questo stesso quartiere, con la sua nuova compagna e la loro figlia. Come se nulla fosse accaduto. Vederlo sorridente è stato uno strazio per me, ogni volta. Poveraccio, è rimasto da solo. I suoi amici sono venuti in aula a testimoniare per mia sorella».
Non gli ha mai parlato dopo la tragedia? «Sei mesi dopo mi avvicinò e mi disse: tua sorella era depressa, lo sapevamo tutti. Quelle parole sono state la sua condanna. E neanche lo ha capito. Avrei voluto fargli tante domande: perché l’hai trattata male, perché non l’hai fermata. Perché il giorno successivo alla sua morte ridevi al telefono con un amico e progettavi un viaggio a Londra. Non me ne ha mai dato l’opportunità. Durante i tre processi ha fatto deposizioni spontanee, studiate ma neanche più di tanto. La prima volta fu sconvolgente. Parlò di Arianna come della sua ex compagna. Con un distacco, una freddezza non comprensibili. Sono stati fidanzati dodici anni, Arianna lavorava per lui e per la sua famiglia. Si è consegnata senza se e senza ma».
Come fanno tante donne. «Certo, ma quando una donna è così soggiogata non comprende che è in pericolo. Continua a dare alibi e giustificazioni ai comportamenti violenti del suo compagno, si crea una maschera e mente. Mente con chiunque».
Ha mai visto Arianna felice con Mario? «Sì all’inizio quasi sempre. Era piccola quando lo ha conosciuto, era felice quando lo abbiamo accolto in famiglia nonostante a noi non piacesse il suo modo di fare. Raggiante quando rimase incinta, disperata il giorno in cui perse il bambino e lui puntualmente la piantò in asso. Ricordo esattamente la sensazione che provai quel giorno. Pensai che quel bambino non sarebbe stato felice. Ho avuto il senso di colpa per tanto tempo».
Questa sentenza rappresenta una speranza per tante donne che hanno ancora paura di denunciare. «Sicuramente, le donne devono sapere che esiste sempre un’altra strada. Ma capiscano soprattutto gli uomini che anche per loro esiste una punizione. Mario ne è la testimonianza vivente».


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