Anna Rosa Fontana, 38 anni, mamma. Sequestrata dall’ex convivente che finisce di ucciderla a coltellate. Lo stesso l’aveva già ridotta in fin di vita cinque anni prima, con 15 coltellate nell’androne del palazzo davanti ad uno dei figli
L’aveva massacrata con 15 coltellate al collo, al torace, alla pancia. Lo aveva fatto nell’androne del palazzo, davanti al figlio di appena 7 anni, il 13 luglio 2005. Poi aveva chiamato la polizia dicendo di averla ammazzata, invece lei si salva, lo denuncia. Dopo due anni lui torna libero e riprende a minacciarla fino a quando la sorprende di nuovo nel portone, la trascina in una cantina dove la sequestra e finisce di ucciderla con sei coltellate di cui due le staccano quasi la testa dal collo.
La storia merita di essere letta nell’esemplare articolo di Michele Brambilla su La Stampa
Paolo Chieco, 53 anni, manovale, ex macellaio. Aveva detto “o mia o di nessun altro”. Dopo il primo tentato omicidio era stato condannato a 12 anni e 6 mesi, ridotti a 8 anni e 4 mesi per rito abbreviato, ma gli vengono concessi i domiciliari: a 300mt dalla casa di Anna Rosa, che lui tormenta ogni giorno. Col processo d’appello la pena viene ridotta ulteriormente a 6 anni e con l’indulto del 2009 è definitivamente libero. L’8 dicembre 2010 la uccide definitivamente. Condannato a 30 anni.
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Storia di Anna Rosa uccisa due volte in cinque anni – La vittima, aveva 38 anni e un’unica colpa: avere lasciato il suo uomo – Ieri i funerali della donna che sopravvisse a 15 coltellate nel 2005. L’ex convivente, a casa dopo soli 2 anni, lasciato libero di ucciderla
è morta martedì sera, colpita dal suo ex convivente Paolo Chieco, 53 anni, con sei coltellate. Ma aveva cominciato a morire il 13 luglio del 2005, quando lo stesso Chieco, nello stesso punto – l’ingresso di casa di lei – aveva cercato di ammazzarla con quindici coltellate, non riuscendovi solo perché i soccorsi erano stati rapidi e l’ospedale a un passo. Tra le quindici coltellate di allora e le sei di martedì sono trascorsi cinque anni di benevola giustizia per il carnefice e di indicibile incubo per la vittima. Cinque anni di molestie, minacce, vane denunce.
Molto – forse troppo – spesso noi giornalisti usiamo l’espressione «cronaca di una morte annunciata», ma se c’è una volta in cui queste parole non sono né retoriche né esagerate è proprio questa. Quel che è successo a Matera in questi giorni, anzi in questi cinque anni, ha dell’incredibile, così come è incredibile che la vicenda sia scivolata via, quasi del tutto ignorata, da un media system tanto avido di storiacce di sangue e, a parole, tanto attento ai diritti delle donne.
Forse perché è successo a Matera, e non in una grande città? Chissà. Eppure, anche se non è stata ritenuta degna di un paio di colonne sui giornali, questa è una storia che purtroppo non riguarda solo la povera donna che ieri è stata accompagnata al camposanto da una città incredula. Quante Anna Rosa Fontana ci sono in Italia? Quante donne vivono nel terrore di veder apparire l’uomo che non si è rassegnato all’abbandono? L’uomo che in modo tanto perverso intende la promessa «per sempre»? L’uomo che cede «alla tentazione tanto diffusa – ha detto ieri don Angelo alla messa funebre – di risolvere un problema con la violenza?»
(segue il racconto dell’intera vicenda)
di Michele Brambilla