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Alberta Ratti, 53 anni, mamma. Seviziata con l’acido e freddata con due colpi di pistola dal marito che sevizia e uccide anche la figlia col fidanzato (strage di Borzano di Albinea)

Borzano di Albinea (Reggio Emilia), 14 Ottobre 2002


Titoli & Articoli

Ex finanziere fa strage e la registra su una videocassetta
Ha ucciso moglie e figlia e ha ridotto in fin di vita il fidanzato della ragazza. Poi ha cercato di togliersi la vita

REGGIO EMILIA – Una strage. Ha ucciso la moglie, la figlia di 17 anni e ha ridotto in fin di vita il fidanzato della ragazza. Poi ha rivolto contro di sé la calibro 38.E ha filmato con una telecamera l’intera tragedia. Il tenente colonnello della finanza in pensione

Il figlio che ha scoperto la strage (Ansa)

Renzo Finamore, 58 anni – già comandante del gruppo provinciale delle Fiamme Gialle a Reggio Emilia dal 1987 al 1992 e in servizio nel 1994 alla Legione di Milano ai tempi di Tangentopoli – adesso è ricoverato in condizioni disperate nel reparto di rianimazione all’ospedale di Reggio Emilia. Il dramma, ancora inspiegabile, si è consumato ieri pomeriggio al primo piano della bella casa immersa nel verde dove l’ufficiale viveva con la famiglia a Borzano di Albinea, una frazione pedecollinare a pochi chilometri dalla città.
Stando a una prima ricostruzione dei carabinieri, a cadere per primo sarebbe stato Fabrizio Naitana, 23 anni, il fidanzato della figlia, che è stato trovato in una pozza di sangue nel cucinotto, raggiunto da un colpo di pistola alla testa: le sue condizioni sono gravissime. Finamore avrebbe successivamente freddato la moglie Alberta Ratti, 53 anni, colpita al petto e al capo; poi avrebbe sparato alla testa a Valentina, studentessa all’Istituto per il commercio in città e, infine, avrebbe rivolto l’arma contro di sé puntandola ancora una volta al capo. Li hanno trovati tutti e tre sul divano del tinello: le due donne morte, l’ufficiale agonizzante.
E l’orrore è rimasto impresso in un nastro. Finamore ha voluto registrare tutto, appoggiando probabilmente la telecamera su un supporto fisso e quindi accendendola.
A scoprire la tragedia è stato l’altro figlio, Simone, 29 anni. Rientrando a casa, ha suonato al campanello, ma nessuno gli ha risposto. Allora si è arrampicato alla finestra del tinello, ha scorto il corpo di Fabrizio riverso nel sangue sul pavimento del cucinotto e per lo choc è caduto, rimanendo contuso a una gamba.

L’ingresso della villa in cui abitava la famiglia (Ansa)

Nella bella tenuta, con un laghetto e con tanto terreno attorno (almeno 30mila metri quadrati), la coppia viveva insieme alla figlia Valentina e al figlio Stefano, 26 anni, che al momento della tragedia era al lavoro, mentre gli altri due figli, Simone e Laura, da tempo vivevano fuori casa. Non abitava più a Borzano anche il fidanzato di Valentina, originario di Cagliari, che per qualche tempo era stato ospitato dalla famiglia in attesa di trovarsi un lavoro e una sistemazione in città. Fabrizio e Valentina si erano conosciuti in Sardegna, mentre il giovane stava facendo il militare nei carabinieri e i Finamore erano in vacanza.

Adesso gli inquirenti stanno cercando di capire i motivi di questo dramma assurdo.Si cerca soprattutto nel passato dell’assassino. Fra le ipotesi, anche dissapori legati al fidanzamento della figlia.
Nel 1997, a Reggio Emilia, Finamore era stato condannato in primo grado a 3 anni e mezzo di reclusioneera imputato di concussione per una storia che ruotava attorno a due compravendite immobiliari. La sentenza era stata confermata in Appello, ma la Cassazione l’aveva annullata senza rinvio. L’inchiesta comunque, nonostante l’epilogo, aveva stroncato la carriera dell’ufficiale, che prima fu sospeso dal servizio e poi andò in pensione. «A seguito di questa vicenda – raccontò all’epoca – venni accantonato poco tempo dopo il mio trasferimento a Milano (settembre ’94, ndr ). Era un momento drammatico, il nucleo era stato sfrondato dagli arresti. Per un mese collaborai anche con i magistrati del pool Mani pulite, Greco e Colombo. Poi è arrivata l’indagine».
Si è sempre difeso, l’ufficiale, da quelle accuse, definendosi vittima di gelosie: «Si trattò solo di due operazioni immobiliari tra privati a prezzo congruo. Invece, mi hanno attribuito un ruolo di onnipotenza. C’è stato accanimento nei miei confronti». Ma, come ha riferito il suo avvocato Giulio Bigi, Finamore aveva sopportato bene l’iter giudiziario e quindi il gesto di ieri non sarebbe da ricondurre a quella vicenda.
Le voci in paese sussurrano di un periodo di depressione («Ultimamente lo si vedeva uscire meno»), di discussioni in famiglia, forse dovute proprio alla vendita della villa (la moglie sarebbe stata contraria).
«Sabato scorso, l’ultima volta che l’ho visto, era sereno e mi ha detto che aveva venduto la casa perché da tempo voleva trasferirsi in un appartamento in città», racconta un amico che condivideva la comune passione per i cani San Bernardo. «E’ una bella casa, grande, con dieci stanze. Renzo – continua l’uomo – aveva intenzione di venderla perché ormai era diventata troppo grande. Ma non riusciva a trovare compratori, poi, all’improvviso, mi ha detto che aveva risolto tutto e si sarebbe trasferito in città. Escludo che questa tragedia possa essere stata causata da problemi economici. Lui, comunque, con me non ne aveva mai parlato».

 

Strage Reggio E.: acido su moglie e figlia (Reggio 2000 – 15 ottobre 2002)
Acido in faccia alla moglie e alla figlia, prima di ucciderle a colpi di pistola. Il film dell’orrore ha chiarito la dinamica della strage nella villa di Borzano di Albinea, sulle colline reggiane: un padre che videoregistra l’ esecuzione di moglie e figlia. Ma per gli investigatori ”restano tanti lati oscuri sul movente”.
Per quale motivo, pur concessi all’ uomo anni di sospetti e incomprensioni, ieri mattina l’ ex colonnello della Guardia di Finanza Renzo Finamore ha assassinato a colpi di pistola la figlia diciassettenne Valentina e la moglie Alberta, dopo aver ridotto in fin di vita il ”ragazzo” della giovane, Fabrizio? Durano quattro-cinque minuti le immagini della tragedia, ”qualcosa che e’ meglio non vedere”, si e’ limitato a dire il maggiore Michele Cozzolino, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Reggio Emilia. L’ obiettivo della videocamera si spalanca con l’ ex ufficiale della Finanza, girato di spalle: davanti a lui riversa a terra, gia’ colpita al petto e in fin di vita, la moglie, con la testa appoggiata alla base del divano.
La figlia Valentina, costretta a vedere l’ incredibile, e’ invece seduta sullo stesso divano con le mani legate alla spalliera. Nell’ audio del filmato, anche se piuttosto confuso, si sentirebbe una sorta di monologo dell’ uomo, interrotto dalle parole della figlia: Finamore parlerebbe della vendita della villa, accusando pure la giovane e la madre di una fiducia tradita. Tirerebbe in ballo anche la presunta infedelta’ della moglie: rancori che potrebbero risalire a molti anni fa, tanto da fargli gridare, rivolto a Valentina, frasi del tipo, ”tu non sei mia figlia”. Valentina, terrorizzata, ripete in tutti i modi al padre di non ucciderla, implorando come puo’: ”Papa’, non farlo”.
Ma all’ improvviso, in una sequenza rapidissima, l’ uomo si china sulla moglie e le esplode il colpo di grazia a bruciapelo in testa, poi va verso la figlia e la fredda da poca distanza, con un proiettile in fronte. Si ode un altro sparo. E si intravede il corpo dell’ ex ufficiale che crolla a terra. L’ immagine e l’ orrore si materializzano in una villa del reggiano resta cosi’, proiettata sul televisore davanti al divano, cui la videocamera e’ collegata. Orrore, perche’ sui corpi di Alberta e Valentina, il primo esame medico legale avrebbe rintracciato segni di acido. L’ ex ufficiale l’ avrebbe gettato sul volto della moglie, sulla schiena della figlia. Secondo una prima ipotesi, prima di ucciderle.
E vedono proprio questo set dell’ orrore i carabinieri che fanno irruzione, ieri pomeriggio. Ma ormai e’ tutto finito, perche’ l’ esecuzione pare essere andata in scena in mattinata: le due donne indossano il pigiama, cosi’ come il timer all’ inizio del video indica le 9.40. Poco prima l’ inizio della registrazione, secondo la ricostruzione degli investigatori, l’ uomo avrebbe sparato a Fabrizio, ferendolo all’ addome e alla testa, nel tinello. Finamore, in quei drammatici minuti, avrebbe anche ricaricato la pistola, una 38 special. Il modello infatti sarebbe capace di cinque colpi, contro i sei repertati sul luogo del delitto: due contro Fabrizio, due contro la moglie, uno alla figlia e il sesto per suicidarsi.

Difficile non pensare a una follia. Pero’ non la racconta cosi’ chi ha visto le immagini: ”I gesti, l’ aspetto, i movimenti – ha detto il tenente Goffredo Rossi, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri – sono quelli di un uomo razionale, cinico, freddo, lucido”. Ma forse, alla follia, per lievitare bastano anni di sospetti d’ infedelta’, se e’ vero che in paese e in citta’ le chiacchiere maligne circolavano da tempo. Molti ne parlano pure adesso, seppur dietro lo scudo dell’ anonimato. O chissa’ se pure la villa hollywoodiana, con piscina, campo da tennis, laghetto e bosco inclusi, alla fine non fosse diventato un fardello economico e morale insostenibile. Comprata da un fallimento una decina di anni fa, valutata oltre un milione e mezzo di euro, forse stava per essere venduta a meno della meta’. Una vendita che pero’, secondo i militari, non era ancora stata conclusa. ”Economico o passionale: il movente puo’ essere entrambi o nessuno – ha chiuso il maggiore dei carabinieri – dobbiamo scoprirlo”. Di chiaro, resta solo un film di 5 minuti, di un padre che uccide la moglie e figlia. Senza pieta’.

 

Strage nel reggiano: autopsie anche su ufficiale e giovane (Modena 2000 – 16 ottobre 2002)
E’ stata rinviata l’ autopsia sulle vittime della lucida follia omicida dell’ ufficiale della Guardia di Finanza Renzo Finamore, che si doveva tenere oggi all’ istituto di medicina legale di Modena. Gli esami necroscopici saranno infatti eseguiti non solo sulla moglie del finanziere, Alberta Ratti, e sulla figlia Valentina, ma anche sul fidanzato della ragazza, Fabrizio Naitana, e sullo stesso tenente colonnello, che ieri sera non sono sopravvissuti alle gravi lesioni provocate dalla 38 special dell’ ufficiale. Dall’ autopsia gli inquirenti si attendono in particolare una risposta sull’ orario della carneficina, che la telecamera usata dall’ ufficiale per riprenderla ha fissato alle 9.40 di lunedì mattina, mentre alcuni vicini della villa del massacro, a Borzano di Albinea, sostengono di aver sentito gli spari nel pomeriggio. Si dovrà anche accertare la natura dell’ acido che Finamore ha scagliato contro moglie e figlia prima di sparare.
Dai carabinieri non sono giunte sinora conferme ufficiali sull’ uso dell’ acido. Le indagini proseguono alla ricerca del movente della tragedia familiare e per escludere responsabilità di altri nell’ assassinio di Fabrizio Naitana, l’ unico non ripreso dalla telecamera. Sono previsti interrogatori del pm Isabella Chiesi ai familiari superstiti, che saranno sentiti come testimoni. I figli di Renzo Finamore hanno già nominato un legale. Motivi passionali o motivi economici, ovvero entrambi, continuano ad essere comunque il movente più ipotizzato anche dagli inquirenti. E’ certo che i dissapori sulla possibilità di vendere la grande villa della tragedia si protraevano da tempo.

STRAGE NEL REGGIANO: L’ADDIO CONGIUNTO AI FINAMORE (Sassuolo2000 – 19 ottobre 2002)
Una folla di conoscenti e curiosi ha stipato la chiesa di Borzano di Albinea, nel reggiano, dove oggi si sono svolti i funerali del colonnello Renzo Finamore e di due delle sue vittime, la moglie Alberta Ratti e la figlia Valentina. Le esequie di Fabrizio Naitana, il ragazzo di Valentina Finamore, erano avvenute ieri in Sardegna.
Intorno alla bara di colore più chiaro con le spoglie della ragazza c’ erano le compagne di classe della 3/a Commerciale Filippo Re. Ognuna di loro reggeva una rosa bianca. I feretri con i tre protagonisti della tragedia familiare erano stati portati stamane alla chiesa di Borzano, dove ieri sera era stata celebrata una messa di suffragio, dall’ obitorio del cimitero di Reggio Emilia. Davanti al tempio c’è stato qualche attimo di tensione con i fotocineoperatori. All’ omelia il parroco don Agostino Varini ha sostenuto che la comunità religiosa e civile di Borzano è ferita da una vicenda – ha detto – ”che ci ha travolto, ma non è il tempo dei pettegolezzi e della curiosità. Stringiamoci in preghiera e sospendiamo il giudizio”. Nei primi banchi sedevano con i parenti del colonnello e delle sue vittime, gli altri tre figli dell’ ex ufficiale della Guardia di finanza, Laura, Simone e Stefano, che cammina aiutandosi con le stampelle perchè ferito ad un piede durante il tentativo di entrare in casa dalla finestra il giorno del massacro. Laura Finamore ha ricordato al microfono i suoi tre congiunti con parole di commozione.

Cercò di vendere casa ai Finamore prima della strage
Pino La Monica era già stato «sfiorato» dalla cronaca nera. Suo malgrado, sei anni fa, in occasione di uno dei fatti di sangue più agghiaccianti della storia della nostra provincia: la strage di Botteghe di Albinea, in cui morirono – torturate e uccise dal colonnello in congedo della guardia di finanza Renzo Finamore – la moglie dell’ex comandante delle Fiamme gialle Alberta Ratti e la figlia Valentina. Prima di togliersi la vita, il militare aveva ucciso anche il fidanzato della figlia, Fabrizio Naitana.
Fu proprio la Gazzetta a scoprire che la causa scatenante della follia di Renzo Finamore era stata con ogni probabilità la decisione – presa dalla moglie e dalla figlia qualche giorno prima di morire ammazzate – di lasciare la villa di Botteghe di Albinea per andare a vivere da sole, in città. In un attico di viale Piave, all’epoca di proprietà di Pino La Monica. «Non vogliamo soldi, nè tantomeno vogliamo accanirci con la famiglia Finamore, di cui possiamo soltanto parlare bene». Parlava così, intervistato dal cronista Pino La Monica, pochi giorni dopo la tragedia, all’interno dell’attico in cui viveva e che aveva già sgomberato per far posto alle nuove inquiline. Quando ad Albinea si era consumata la tragedia, alla famiglia di viale Piave è crollato il mondo addosso: «Il nostro problema – spiegava in quei giorni La Monica – è che non abbiamo un tetto sotto cui stare e quest’atto che ha fatto il nostro legale ha il solo scopo di tutelare noi stessi». Per questo assieme ai genitori, assistito da un legale, allora Pino La Monica aveva presentato una diffida agli eredi Finamore. «Lo scopo – aveva detto l’educatore – non è quello di accanirci contro una famiglia così duramente provata, ma semplicemente quello di conoscere le loro intenzioni rispetto a un contratto che noi intendevamo onorare appieno». Già allora Pino La Monica era un giovane che si stava facendo apprezzare e conoscere nel mondo teatrale e in quello dell’intrattenimento.(m.s.)

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