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Agitu Idea Gudeta, 42 anni, pastora e imprenditrice. Massacrata a martellate e violentata da un dipendente

Frassilongo (Trento), 29 Dicembre 2020


Titoli & Articoli

Agitu Ideo Gudeta (in oromo: Aggituu Ida’o Guddataa; in amarico: አጊቱ ጉደታ; ) (WIKIPEDIA)
(Addis Abeba, 1º gennaio 1978 – Frassilongo, 29 dicembre 2020) è stata un’imprenditrice e ambientalista etiope.
Emigrata in Italia a causa del suo attivismo politico contro l’accaparramento di terre in Etiopia da parte dei militari per le società internazionali, è diventata un simbolo nazionale dell’ambientalismo e dell’integrazione dei rifugiati nella società italiana.
Dopo aver conseguito la laurea in sociologia all’Università di Trento, tornò nel suo paese di origine, dove fu coinvolta nelle proteste ad Addis Abeba contro l’industrializzazione non regolamentata e l’accaparramento di terre da parte del governo etiope per conto di società internazionali. Nel 2010 fuggì dal conflitto ed emigrò in Italia come rifugiata in Trentino-Alto Adige, dove apprese sul campo le metodiche dell’agricoltura locale. Grazie alle conoscenze ricevute dalla nonna materna, fondò, prima in Val di Gresta e poi in Valle dei Mocheni, “La Capra Felice”, un allevamento di capre su un terreno comunale precedentemente abbandonato. La sua azienda agricola produceva latticini con metodi naturali e prodotti di bellezza a base di una razza autoctona, la capra Pezzata Mòchena. Nel 2015 vinse il premio della resistenza casearia. Il 29 dicembre 2020 è morta all’età di 42 anni nel suo appartamento a Plankerhoff, una frazione di Frassilongo, a seguito delle martellate ricevute alla testa da parte di Adams Suleiman, un lavoratore stagionale ghanese da lei precedentemente assunto.

La ragazza etiope che alleva capre felici in Trentino (Internazionale – 7 marzo 2017)


Il sorriso di Agitu Idea Gudeta (Internazionale – 30 dicembre 2020)

Agitu Idea Gudeta era soprattutto il suo sorriso: un’espressione aperta, piena di fiducia che offriva come un sacchetto d’oro a chi la incontrava. Era una donna piena di vita, indipendente, colta, impavida. Per questo non riesco a pensare che sia morta. E la notizia che sia stata uccisa con un martello nella sua casa in Trentino provoca un dolore indicibile.
L’avevo incontrata per la prima volta nel 2016 a Trento e poi, da allora, molte altre volte in occasioni pubbliche in cui era invitata a parlare del suo impegno per i diritti umani e contro il land grabbing in Etiopia, ma anche della possibilità che si era inventata di fare l’allevatrice di capre nelle valli trentine e di mettere in piedi un’azienda casearia in cui riusciva a conciliare la sostenibilità ambientale e la qualità della produzione, recuperando le specie di capre autoctone che faceva pascolare nei terreni demaniali abbandonati. Ne aveva parlato anche nel 2017 al festival di Internazionale a Ferrara con i ragazzi di Occhio ai media.
Come aveva raccontato lei stessa era arrivata in Italia nel 2010 “con duecento euro in tasca”, dopo essere scappata dal suo paese, l’Etiopia, dove era perseguitata per il suo attivismo contro le speculazioni e gli espropri forzati dei latifondisti che costringono i piccoli agricoltori e gli allevatori ad abbandonare i loro terreni. Era venuta prima per studiare sociologia a 18 anni, aveva imparato molto bene l’italiano e per questo nel 2010 aveva chiesto l’asilo in Trentino, quando aveva capito che in Etiopia rischiava di essere uccisa. Invece è stata assassinata a Frassilongo, nel maso e nell’azienda che aveva fondato e che l’aveva fatta conoscere in tutto il paese per la qualità dei suoi formaggi. Avrebbe compiuto 43 anni il 1 gennaio.
Secondo gli inquirenti, il responsabile dell’omicidio è un pastore originario del Ghana, 32 anni, che lavorava per lei da un paio di mesi, con cui aveva avuto dei dissidi legati a uno stipendio non pagato. L’uomo, che avrebbe anche provato a stuprarla dopo averla aggredita, ha confessato ed è stato arrestato. Negli ultimi anni Gudeta aveva ricevuto diversi attacchi razzisti, aggressioni fisiche, minacce di morte per la sua attività. Aveva paura e lo aveva denunciato anche a Internazionale e in diversi post su Facebook, fino a rivolgersi alle autorità. L’autore delle minacce era un vicino di casa che poi è stato condannato a gennaio del 2020 a nove mesi. L’uomo è stato interrogato dopo l’omicidio, ma è stato subito escluso il suo coinvolgimento.
La notizia del suo assassinio aveva fatto pensare a molti in un primo momento, anche a me, che le gravi minacce di morte che aveva ricevuto in passato fossero state sottovalutate, finché è stato escluso qualsiasi collegamento. E tuttavia, in un paese in cui i femminicidi sono aumentati del 5 per cento nel 2020 a fronte di una diminuzione di tutti gli altri reati, dà angoscia pensare alla sequenza di violenze psicologiche e fisiche che una donna di 43 anni ha dovuto subire nel corso della sua vita per il fatto di essere una donna, per il fatto di essere un’attivista e un’ambientalista, per il fatto di essere nera e immigrata, per il fatto di essere economicamente indipendente al punto da dare lavoro ad altri come imprenditrice, per essere riuscita a inventarsi un lavoro in un ambito tipicamente maschile come la pastorizia, dando forma ai suoi studi e ai suoi desideri. Per quel sorriso che sfidava l’ordine delle cose e anche per futili motivi.
(Annalisa Camilli)

 

Il feretro di Agitu sfila per le strade di Addis Abeba: “Ora sei a casa, piccola stella” (FanPage – 12 gennaio 2021)
Il feretro di Agitu Gudeta è arrivato ad Addis Abeba, dove sarà sepolto su volere della famiglia e riceverà i funerali di Stato. Una scritta accompagna l’immagine dell’imprenditrice massacrata in Trentino: “La tenacia instancabile”. La donna è stata trasportata in Etiopia su richiesta dei suoi familiari.
Il feretro di Agitu Gudeta è arrivato ad Addis Abeba, in Etiopia, dove sarà sepolto su volere della famiglia. Dopo un lungo viaggio la bara con dell’imprenditrice di origini etiopi, assassinata in Italia, nella sua abitazione a Frassilongo, in Trentino, è tornato a casa. A rilanciare l’immagine sui social gli amici e i parenti di Agitu. L’automobile che sta trasportando il feretro lungo le strade della capitale etiope, dove riceverà funerali di Stato, reca un’immagine della donna massacrata a martellate, con una scritta che in italiano può essere più o meno tradotta così: “La tenacia/instancabile Agitu Guddeta”.
Agitu, simbolo di forza e non solo di integrazione. L’imprenditrice etiope, che in Italia aveva realizzato un’impresa agricola, lavorando a favore dell’integrazione dei rifugiati e degli altri migranti, resterà nella memoria degli italiani a lungo, rappresentando un simbolo che va ben oltre la retorica dell’integrazione: Agitu rappresenta, proprio come dice la scritta che la sta accompagnando ad Addis Abeba, il simbolo della tenacia e dei risultati che è possibile ottenere attraverso di essa. Come è stato detto da più parti, le parole usate nei giorni scorsi dai giornali per raccontare l’omicidio di Agitu Ideo Gudeta “trasudano razzismo e ci mostrano come i media italiani siano lo specchio di una cultura intrinsecamente xenofoba. Definire Agitu Ideo Gudeta come un “esempio di integrazione” non fa che alimentare la retorica del deserving migrant, discriminatoria e ingiusta.

 

 

 


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In memoria di

Agitu simbolo delle pastore «Una Giornata internazionale per ricordarla» (Corriere della Sera – 19 febbraio 2021)
La proposta lanciata da Mariantonietta Scalera, giovane allevatrice delle Murgie, in occasione del webinar «Pascoli e libertà: omaggio a Agitu Ideo Gudeta e a tutte le pastore del mondo»
«La morte di Agitu mi ha lasciato un segno, per due giorni sono stata presa ta una tristezza indicibile. Poi dentro di me è scattata la voglia di trasformare quello che era successo in occasione per poter dar voce a tutte le altre donne pastore creando una Giornata mondiale a loro dedicata». Chi parla è Mariantonietta Scalera, 31 anni, giovane allevatrice delle Murgie, che ha lanciato la proposta di istituire la Giornata durante il webinar «Pascoli e libertà: omaggio a Agitu Ideo Gudeta e a tutte le pastore del mondo» organizzato dalla casa delle Donne di Milano. La data della Giornata è il 29 dicembre, giorno in cui Agitu Idea Gudeta, rifugiata etiope che in Trentino si era costruita una vita come allevatrice di animali e imprenditrice casearia, è stata uccisa da un ghanese a cui aveva dato lavoro, poi reo confesso. La sua uccisione ha fatto molta eco, non solo in valle dei Mòcheni dove aveva la sua baita. Per gestire le sue capre in tanti si sono offerti di farlo e tra questi anche Beatrice Zott, ragazza ventenne anche lei pastora.
Le pastore donne. Perché quello che si pensa essere un mestiere prevalentemente maschile, in realtà è svolto da tante donne, come Mariantonietta. «Insieme a mio padre gestisco un allevamento zootecnico nel territorio di Altamura (Bari) – spiega – con pecore, capre, mucche, maiali, galline. Amo il mio lavoro: durante il pascolo si ha tanto tempo per leggere, ascoltare musica e non mi annoio mai. Agitu aveva caratteristiche in cui credo che molte di noi che facciamo questo lavoro ci ritroviamo: era forte, coraggiosa, resiliente, libera, con la voglia di migliorare il mondo. Credo che tante di noi si siano rispecchiate in lei. Agitu potrebbe essere un riferimento internazionale e quello che è riuscita a realizzare un esempio per tutti». Anche la ricercatrice, economista e antropologa Greta Semplici conferma la forte presenza delle donne in questo campo. «Le donne pastore – ha detto – sono sempre esistite, anzi sono storicamente le donne a prendersi cura degli animali, ma l’immaginario collettivo pensa sempre agli uomini. Uno stereotipo che va scardinato per tutelare le pastore».