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Claudia Cantaridi, 27 anni. Uccisa a coltellate dal fratello, che ammazza anche la moglie e la figlia di 4 anni e fa esplodere l’appartamento (strage di Piombino)

Piombino (Livorno), 14 Aprile 1999


Titoli & Articoli

Corriere della Sera – 15 aprile 1999

 

“Non lo perdoneremo mai” (il Tirreno – 11 dicembre 2009)
La decisione del tribunale di sorveglianza di concedere la libertà vigilata a Simone Cantaridi è arrivata ieri come un fulmine a ciel sereno a Campiglia. Dove da dieci anni Miranda Cordini e Silvano Martinelli, gli ex suoceri di Cantaridi, vivono. O meglio, dove si trascinano in giornate scandite ormai da un appuntamento fisso. Quello al cimitero di Piombino, dove sono sepolte Sabrina e la piccola Vanessa.
«Ma ce l’hanno questi giudici una coscienza? Hanno dei figli o dei nipoti da guardare in faccia quando tornano a casa?».
Miranda Cordini, stretta nel suo cappotto nero, si ripete questa domanda decine di volte. Una domanda che si incrocia, subito dopo, con un altro mantra. «Perdonarlo? Non se ne parla». Va avanti così. Il cuore rivolto a quella figlia che non c’è più. A quella nipote che fino a pochi giorni prima della strage di via Landi era a casa sua. Ma anche a Claudia, la sorella di Simone. Sepolta dai calcinacci nel crollo della palazzina. Uccisa anche lei. Accoltellata.
«Claudia era una ragazza molto buona – racconta Miranda – era come una sorella per Sabrina. E so che la sera della strage ha cercato di difendere mia figlia e la mia nipotina. Era un angioletto, non si era nemmeno affacciata alla vita e quel mostro l’ha ammazzata».
Sopravvivere a una figlia è un dolore troppo grande. È una di quelle condizioni dell’anima che quasi mai riescono ad accettare compromessi. «Quando abbiamo saputo che era libero e aveva anche un lavoro – dice la donna – ci siamo sentiti crollare il mondo addosso. Lo avevano condannato a 16 anni, doveva farne altri cinque all’ospedale psichiatrico. Doveva scontarli tutti quegli anni, già che erano stati comunque clementi».
Miranda Cordini è mamma di una ragazza che oggi ha 26 anni. «Sta cercando lavoro – dice – e non riesce a trovarlo. E invece, un assassino è libero ed ha anche un bel lavoro. È come se avesse ucciso mia figlia e mia nipote una seconda volta». A Campiglia, ma anche in città, ieri non si parlava d’altro. E Miranda come ogni giorno ha percorso la strada fino al camposanto di Piombino. Per pregare sulla tomba di sua figlia, di sua nipote e anche di Claudia. Come ogni giorno da dieci anni a questa parte. «È bene che non me lo ritrovi davanti – dice – perché non saprei davvero cosa potrei fare. Dire non direi niente. Ma qualcosa farei, e non sarebbero cose belle». In via Landi, Miranda Cordini ci ha vissuto da giovanissima, appena arrivata dalla Sardegna. E ora, ogni giorno, quando sale sull’autobus che la riporta a Campiglia dopo essere stata al cimitero, è costretta a ripassare davanti alla casa che non esiste più. A quella casa nella quale ha perso tutto quello che aveva. Con Simone, che aveva accolto come un figlio, non parla se non con odio e dolore. «Non avrei mai potuto immaginare che potesse fare una cosa del genere – dice – Qualche anno fa ci ha scritto una lettera per chiedere il nostro perdono. Quel perdono non l’avrà mai. Stamani quando ho visto la foto sul giornale, di lui che teneva in collo la mia nipotina ho preso una penna e l’ho scarabocchiato. Quel volto, non voglio vederlo mai più».

 


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