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Youssef El Haitami, 56 anni, macellaio, padre. Uccide la moglie con sette martellate e tenta la fuga. Ergastolo

Livorno, 1 Luglio 2021


Titoli & Articoli

Delitto della Guglia: «Ginetta ha provato a reagire». Ecco la ricostruzione della procura (il Tirreno – 12 settembre 2022)
Livorno: il macellaio, condannato all’ergastolo, fu arrestato dopo un’intervista al Tirreno. Avrebbe colto di sorpresa la moglie sul letto, colpendola con sette martellate in testa
«Sul corpo diGinetta Giolli ci sono segni di resistenza, perché quella lampada buttata a terra e il corpo su un lato del letto mostra che la vittima si sarebbe accorta che qualcuno entrava in camera e ha tentato di alzarsi. Era seduta o sdraiata al momento del delitto e il corpo era in bilico. Che stesse dormendo, la scena del delitto, non consente di sostenerlo in maniera convincente. La lampada rotta che potrebbe essere stata colpita dal braccio della sessantaduenne».
È un passo della requisitoria del pm Pietro Peruzzi, che due giorni fa ha portato alla condanna all’ergastolo diYoussef El Haitami, il macellaio marocchino di 56 anni accusato di aver ucciso a martellate, il primo luglio dell’anno scorso, la moglie Ginetta Giolli, che aveva sposato solo per convenienza, in cambio di soldi, per garantirsi il permesso di soggiorno. Il movente, secondo le sue conclusioni, sono da ricercare nell’astio provato verso la donna, che voleva buttarlo fuori di casa e gli chiedeva continuamente soldi.
Lungo, comunque, l’elenco degli elementi che, in attesa di leggere le motivazioni attese entro 70 giorni, potrebbero aver convinto la corte d’assise alla condanna del cinquantaseienne, che in passato ha anche occupato la torre della Cigna. «Sono state almeno sette le martellate inferte in testa – ha proseguito Peruzzi – e c’era sangue nelle vie respiratorie: questo è indice della vitalità della vittima, almeno al primo colpo, perché l’ha inalato dopo la rottura del cranio. L’orario della morte può collocarsi, ci dicono i medici legali, fra la tarda serata del primo luglio e la prima mattina del giorno successivo. Gli elementi di raccolti ci dicono che l’assassino potrebbe aver agito fra le 23.34, l’ultimo minuto in cui sappiamo per certo grazie a una testimonianza che Ginetta era ancora viva, e la mezzanotte. C’è poi il sacchetto della Caritas alla porta dell’appartamento, col cibo che veniva lasciato lì tutti i giorni e che il 2 luglio non era stato ritirato. Poi le telefonate senza risposta e le preoccupazioni di Chiara Casciana, la sua amica, che l’aveva accompagnata a casa. Si sentivano sempre, ma Ginetta non le aveva più risposto».
Poi c’è l’arma del delitto, dove oltre al Dna della vittima (e a quello di un terzo uomo che non è stato mai identificato, come ricostruito dall’avvocata Barbara Luceri, che ha puntato molto su questo aspetto) c’era quello del macellaio. «El Haitami dice che il martello era suo e che lo aveva portato lì per fare dei lavori a un armadio – ha proseguito il pm – mentre parlando dei dati gps del suo cellulare scopriamo che fino alle 23.51 del primo luglio il suo telefonino era in via Garibaldi 425 e che fino alle 00.10 non manda più segnali geolocalizzabili, perché è in uso o perché si sta spostando. Da quell’ora, e fino alle 6.09 del mattino, risulta invece in un luogo compatibile con la sua ex macelleria, in via Garibaldi 79B. Poi viene spento. Il telefonino di Ginetta, un vecchi dispositivo non smartphone, non è invece mai stato trovato, così come il mazzo di chiavi di riserva per aprire l’appartamento (la porta, in base a quanto riscontrato dai vigili del fuoco, è risultata stata chiusa a mandate dopo il delitto ndr), così come la scheda Sim che El Haitami usava per contattarla. Alle 23.48 e alle 23.49, inoltre, il cinquantaseienne tenta di contattare la figlia lontana in Marocco, ci riesce solo 23.54 e più con calma, alle 00,57, parlandoci per 23 minuti».
Elementi su cui la procura ha puntato tutto e che la corte ha sposato in pieno. Visto che ha accolto tutte le richieste, condannando in primo grado il macellaio all’ergastolo. Il pm ha poi posto l’accento sullo spostamento caotico verso Roma del giorno dopo. El Haitami, infatti, prima sarebbe andato verso la stazione di Livorno, raggiungendola a piedi da viale Nievo dove viene inquadrato da una telecamera, poi però avrebbe raggiunto lo scalo Cecina su un bus (alle 11.28 viene nuovamente ripreso dall’impianto di videosorveglianza delle Ferrovie). Da qui, alle 11.38, avrebbe preso un regionale per Grosseto e infine un altro per Roma. A Termini, verso le 18, viene nuovamente inquadrato dopo che avrebbe girato nella Capitale su un pullman, prima del ritorno a Livorno a tarda serata. Due giorni dopo il viaggio, il macellaio, verrà arrestato. Sarà lui stesso ad andare in questura dopo aver appreso, a suo dire dal Tirreno, del fatto che fosse ricercato per omicidio.

 

«Ha ucciso Ginetta»: macellaio condannato all’ergastolo dalla Cassazione (Il Tirreno – 18 aprile 2024)
La corte suprema pone la parola fine sull’omicidio della sessantaduenne che viveva alla Guglia. Youssef El Haitami, 57 anni, dovrà restare in carcere a vita
La Cassazione mette la parola fine sul delitto della Guglia. Il macellaio Youssef El Haitami è stato condannato all’ergastolo: «Ha ucciso lui la moglie Ginetta Giolli». La prima sezione della corte suprema, nel pomeriggio di martedì 17 aprile, ha confermato la pena massima per l’artigiano marocchino, come già era stato deciso in primo grado e in appello. L’uomo, 57 anni, era accusato dell’omicidio della moglie sessantaduenne, uccisa a martellate nell’estate del 2021 nel suo alloggio popolare di via Garibaldi, alla Guglia. El Haitami si è sempre professato innocente, sostenendo che la sera del primo luglio, quando secondo l’accusa l’avrebbe uccisa, avrebbe mangiato una pizza in sua compagnia e poi sarebbe uscito per andare a dormire nella macelleria a poca distanza dall’appartamento, sempre in via Garibaldi.
Ginetta, nel primo pomeriggio del 3 luglio del 2021, è stata trovata morta nella sua camera con il cranio fracassato. A rinvenire il cadavere i vigili del fuoco, entrati nell’appartamento dopo l’allarme dell’amica del cuore della vittima, Chiara Casciana, che da un giorno e mezzo non riusciva più a mettersi in contatto con lei e che poche decine di minuti prima che venisse uccisa, secondo la procura la sera del primo luglio, l’aveva riaccompagnata a casa dopo un’uscita serale a Tirrenia, dove insieme a lei e alla figlia piccola erano state a cena in un ristorante. I pompieri, entrando all’interno dell’appartamento insieme ai volontari della Svs e al medico del 118, avevano accertato che la serratura era stata chiusa a mandate dall’esterno, quindi da una persona in possesso delle chiavi. Il martello, El Haitami, l’ha poi nascosto dietro a una stufa a gas ed è stato trovato, durante il sopralluogo post-delitto, dagli agenti della polizia scientifica. Le indagini della Squadra mobile, infatti, erano partite immediatamente dopo che i colleghi delle volanti, vedendo la donna stesa nel letto e ferita alla testa, li avevano avvertiti, allertando subito anche il pubblico ministero Pietro Peruzzi.
L’ultima telefonata. L’amica, l’ultima persona prima dell’assassino ad aver visto viva Ginetta, ci aveva parlato al cellulare pochi minuti prima che morisse. Dopo averla riaccompagnata a casa, dove come è stato ormai appurato l’attendeva El Haitami, Casciana l’aveva sentita con una breve telefonata alle 23,24: «Io poi non ce la fo a dì bugie – queste sarebbero state le parole della sessantaduenne mentre era chiusa in camera da letto e il macellaio, suo marito solo per ragioni legate all’ottenimento del permesso di soggiorno in Italia, sarebbe stato in sala a bere delle birre – Quindi gli devo dì per forza che non ce lo voglio perché sono una donna libera, voglio stà da sola». «L’ho sentita spaventata, impaurita – aveva raccontato la donna, al Tirreno, il giorno stesso della scoperta del cadavere – e mi ha detto che sarebbe andata a dormire. Suo marito, che in quel momento si trovava in casa con lei, aveva bevuto della birra ed era rimasto a dormire sul divano. Qualche giorno prima avevano litigato, lei si era lamentata perché lui non l’aveva aiutata a portare degli oggetti per le scale».
Il movente. Secondo l’accusa, El Haitami, avrebbe ucciso la consorte perché lei voleva, una volta per tutte, cacciarlo via di casa. Anche se non convivevano, infatti, capitava che lei lo facesse dormire nell’appartamento di Casalp, un alloggio popolare dove di fatto abitava da sola. Ginetta è stata uccisa in camera da letto, dove si era spostata da sola per riposare. Lasciando il marito in un’altra stanza. Ma lui, scappando poi verso Roma, l’ha ammazzata a martellate in testa. Ora lo ha deciso anche la Cassazione.


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