Salvatore Montefusco, 69 anni, imprenditore edile, padre, già padre separato. Uccide la moglie e la figlia acquisita, che lo avevano denunciato per maltrattamenti, a colpi di fucile. Condannato a 30 anni
Castelfranco Emilia (Modena), 13 Giugno 2022
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Salvatore Montefusco, chi è l’uomo che ha ucciso la moglie e sua figlia: la denuncia per maltrattamenti fu archiviata (il Messaggero – 14 giugno 2022)
Le vittime sono Gabriela Tandrafir e sua figlia Renata. La ragazza aveva confessato alle amiche: “Ho paura di lui, ci farà qualcosa di brutto”
A Renata, 22 anni, il marito della mamma faceva paura. Soltanto due giorni fa aveva raccontato a un’amica di essere spaventata, perché l’indomani ci sarebbe stata la sentenza di separazione e di sicuro lui «avrebbe fatto qualcosa». Purtroppo la giovane non si sbagliava. I corpi senza vita di madre e figlia sono stati trovati ieri mattina nella villetta di Castelfranco Emilia, nelle campagne modenesi. Ad ammazzarle entrambe con un colpo di arma da fuoco, è stato proprio l’ex marito della madre, Salvatore Montefusco.
L’allarme è stato dato poco dopo mezzogiorno, quando alcuni vicini di casa hanno udito delle grida seguite da un forte rumore di spari. Mentre le forze dell’ordine e gli operatori del 118 arrivavano sul posto, l’uomo si è allontanato dall’abitazione, tant’è che in un primo momento sembrava avesse cercato di fuggire. Poco dopo, però, da un bar di Castelfranco, ha telefonato a sua volta i soccorsi ed è stato raggiunto dai carabinieri. I cadaveri della 47enne Gabriela Trandafir e della figlia Renata, entrambe di origini romene, sono stati trovati in cucina, vicino alla porta che dà sul giardino. Sul caso indagano i militari di Modena, che poco dopo hanno raggiunto e accompagnato in caserma Montefusco, 69 anni, imprenditore edile di origini campane.
Il movente dietro al folle gesto (compiuto con un fucile non detenuto regolarmente) sembra legato a una crisi fra marito e moglie, un deterioramento del rapporto iniziato molto tempo fa e che, dopo mesi di litigi e tensioni, aveva portato alla decisione di separarsi. Una vicina di casa racconta del «sorriso un po’ triste» che accomunava la mamma Gabriela e la figlia Renata, «persone squisite e dolcissime». Il clima di paura, nell’abitazione di via Cassola di Sotto, era diventato logorante, al punto che la donna non avrebbe avuto il permesso di uscire da sola senza il marito. Una serie di problemi che inevitabilmente si riversavano anche sulla 22enne, che a sua volta non era in buoni rapporti con l’uomo. Una denuncia per maltrattamenti in famiglia era stata liquidata dalla Procura con una richiesta di archiviazione.
Uccise a fucilate la moglie e la figlia di lei, il racconto del figlio sopravvissuto: «Papà mi urlava, spostati o sparo anche a te» (Corriere della Sera – 7 dicembre 2023)
Il duplice femminicidio in provincia di Modena, Salvatore Montefusco sparò a Gabriela Trandafir e la figlia Renata. Parla il testimone: «Facevo da scudo alla mamma, poi ho sentito gli spari e sono scappato a piedi in strada»
La drammatica testimonianza di Salvatore Junior Montefusco, figlio dell’imputato e della vittima, è stata al centro della terza udienza in Tribunale a Modena per il processo a carico di Salvatore Montefusco, imprenditore edile in pensione di 71 anni, reo confesso, che il 13 giugno dello scorso anno imbracciò un fucile e uccise la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia di lei, Renata, di 22.
I fatti avvennero all’interno della loro abitazione in via Casona di Sotto, a Castelfranco Emilia. Quella mattina l’unico superstite della mattanza fu proprio Salvatore Junior, oggi diciottenne, che in aula ha ripercorso quei momenti. «Mi ha puntato il fucile mentre io facevo da scudo a mia madre. Mirava ma non sparava, poi mi ha detto, spostati o sparo anche a te» ha raccontato visibilmente provato. «Ero andato a dormire alle 4 perché giocavo ai videogiochi, a mezzogiorno mi hanno svegliato dei rumori, solo dopo ho capito che erano spari. Ho sentito mia madre urlare: ha ucciso tua sorella!» ha ricordato il ragazzo davanti alla corte d’assise di Modena. Il figlio della coppia è parte civile nel processo. Salvatore ha ricordato che sua madre si era rifugiata nella sua camera senza però chiudersi a chiave. Lui stava per chiamare il 112 per chiedere aiuto ma in quel momento è entrato il padre che ha pronunciato quelle parole terribili: «Spostati o uccido anche a te».
Lui si è spostato e ha colpito il padre con il telefono. «In quel momento ho sentito lo sparo contro mia madre» ha proseguito Salvatore Junior descrivendo poi la sua fuga in strada scalzo, in cerca di aiuto. Insieme all’avvocato Gianluca Belluomini, il ragazzo ha risposto anche alle domande sui maltrattamenti che la madre e la sorella denunciavano di subire dal padre da cui Gabriela si stava separando. Liti e ricatti economici, cominciati, secondo la testimonianza del giovane, l’estate precedente al delitto. Come nelle prime due udienze, l’imputato ha scelto di non presentarsi davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Ester Russo.
«Montefusco le ha ammazzate come se fossero due animali, mia sorella è stata colpita alle spalle con almeno cinque colpi di fucile» aveva raccontato nella scorsa udienza Elena, sorella di Gabriela. «Gabriela aveva presentato tante denunce, ma nessuno l’ha mai ascoltata. Lei aveva provato ad allontanarsi, era stata anche qua da me in Veneto, poi ha preferito ritornare in Emilia anche per non lasciare solo l’altro figlio». La prossima udienza è prevista il 13 dicembre.
Doppio Femminicidio, ma per Salvatore Montefusco 30 anni di carcere e non l’ergastolo. La sentenza: «Motivi umanamente comprensibili» (Vanity Fair – 12 gennaio 2025)
Il caso risale al 2022, quando l’uomo ha ucciso a colpi di fucile le due donne nella loro casa, a Castelfranco Emilia, la moglie Gabriela Trandafir e la figlia di lei, Renata
Trent’anni di carcere, ma non l’ergastolo. La Corte di Assise di Modena ha condannato Salvatore Montefusco per il duplice omicidio della moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e della figlia di lei, Renata, 22, ma non ha accolto la richiesta della Procura di infliggergli l’ergastolo, in ragione «della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il reato».
Il caso risale al 13 giugno 2022, quando Montefusco, dopo un’escalation di conflitti familiari, ha ucciso a colpi di fucile le due donne nella loro casa a Cavazzona, frazione di Castelfranco Emilia. La Corte di Assise ha riconosciuto delle attenuanti generiche che, per i giudici, giustificherebbero una pena inferiore. La giudice Ester Russo ha motivato la decisione con una serie di considerazioni psicologiche e familiari: Salvatore Montefusco, pur avendo compiuto un atto di estrema violenza, non avrebbe mai agito in quel modo se non fosse stato «spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate»: «Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto da una condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e frustrazione», si legge nelle motivazioni.
Il movente non sarebbe quindi da ricondurre a un conflitto economico o materiale legato alla casa dove la famiglia viveva, ma piuttosto alle difficoltà psicologiche e alla crescente frustrazione di Montefusco, che stava fronteggiando una separazione imminente e il timore di perdere il contatto con il figlio minore. «Il clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del ménage coniugale» avrebbe, secondo i giudici, influito pesantemente sulla sua reazione.
Una delle aggravanti che la Corte ha preso in considerazione è stata la presenza del figlio minore della coppia al momento del delitto. Tuttavia, i giudici hanno escluso la premeditazione e i motivi abietti o futili, attribuendo a Montefusco una reazione emotiva scatenata dalle difficoltà personali e familiari. «Quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa, questo “abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l’arma”», spiegano le motivazioni.
Per i giudici, l’omicidio non sarebbe stato un atto di crudeltà premeditata, ma una reazione anomala a una situazione di estremo stress psicologico. Montefusco, che fino a quel momento non aveva mai minacciato di morte le sue vittime, si sarebbe lasciato sopraffare dalla rabbia e dal dolore, compiendo il delitto senza averlo pianificato. La confessione, il fatto di essere incensurato e la sua condotta durante il processo sono stati considerati fattori che hanno contribuito alla concessione delle attenuanti generiche.
La sentenza ha suscitato grande sconcerto da parte dei familiari delle vittime. L’avvocata Barbara Iannuccelli, legale della famiglia Trandafir, ha commentato con parole dure la decisione della Corte: «La giovanissima vittima, Renata Trandafir, voleva fare l’avvocato per acquisire gli strumenti con cui difendersi dalle quotidiane violenze a cui lei e sua madre erano sottoposte. Oggi le è stata risparmiata l’esperienza di comprendere il perché uno spietato assassino di due donne inermi possa essere destinatario di tanta benevolenza».
L’avvocata ha continuato esprimendo il suo profondo disappunto riguardo alla concessione delle attenuanti generiche: «Circostanze attenuanti generiche che spazzano via qualunque circostanza aggravante per… umana comprensione». (di Monica Coviello)