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Renata Alexandra Trandafir, 22 anni. Uccisa, insieme alla mamma, a colpi di fucile dal padre acquisito

Castelfranco Emilia (Modena), 13 Giugno 2022


Titoli & Articoli

Salvatore Montefusco, chi è l’uomo che ha ucciso la moglie e sua figlia: la denuncia per maltrattamenti fu archiviata (il Messaggero – 14 giugno 2022)
Le vittime sono Gabriela Tandrafir e sua figlia Renata. La ragazza aveva confessato alle amiche: “Ho paura di lui, ci farà qualcosa di brutto”
A Renata, 22 anni, il marito della mamma faceva paura. Soltanto due giorni fa aveva raccontato a un’amica di essere spaventata, perché l’indomani ci sarebbe stata la sentenza di separazione e di sicuro lui «avrebbe fatto qualcosa». Purtroppo la giovane non si sbagliava. I corpi senza vita di madre e figlia sono stati trovati ieri mattina nella villetta di Castelfranco Emilia, nelle campagne modenesi. Ad ammazzarle entrambe con un colpo di arma da fuoco, è stato proprio l’ex marito della madre, Salvatore Montefusco.
L’allarme è stato dato poco dopo mezzogiorno, quando alcuni vicini di casa hanno udito delle grida seguite da un forte rumore di spari. Mentre le forze dell’ordine e gli operatori del 118 arrivavano sul posto, l’uomo si è allontanato dall’abitazione, tant’è che in un primo momento sembrava avesse cercato di fuggire. Poco dopo, però, da un bar di Castelfranco, ha telefonato a sua volta i soccorsi ed è stato raggiunto dai carabinieri. I cadaveri della 47enne Gabriela Trandafir e della figlia Renata, entrambe di origini romene, sono stati trovati in cucina, vicino alla porta che dà sul giardino. Sul caso indagano i militari di Modena, che poco dopo hanno raggiunto e accompagnato in caserma Montefusco, 69 anni, imprenditore edile di origini campane.
Il movente dietro al folle gesto (compiuto con un fucile non detenuto regolarmente) sembra legato a una crisi fra marito e moglie, un deterioramento del rapporto iniziato molto tempo fa e che, dopo mesi di litigi e tensioni, aveva portato alla decisione di separarsi. Una vicina di casa racconta del «sorriso un po’ triste» che accomunava la mamma Gabriela e la figlia Renata, «persone squisite e dolcissime». Il clima di paura, nell’abitazione di via Cassola di Sotto, era diventato logorante, al punto che la donna non avrebbe avuto il permesso di uscire da sola senza il marito. Una serie di problemi che inevitabilmente si riversavano anche sulla 22enne, che a sua volta non era in buoni rapporti con l’uomo. Una denuncia per maltrattamenti in famiglia era stata liquidata dalla Procura con una richiesta di archiviazione.

 

Doppio femminicidio a Castelfranco. Gabriela Trandafir aveva denunciato almeno tre volte il marito che l’ha uccisa insieme alla figlia (la Repubblica – 14 giugno 2022)
Gabriela Trandafir, uccisa a Cavazzona di Castelfranco Emilia insieme alla figlia Renata dal marito Salvatore Montefusco, aveva denunciato almeno tre volte il coniuge. La prima denuncia per maltrattamenti è di luglio 2021, con un’integrazione ad agosto e un’altra denuncia presentata a dicembre. È di quel periodo anche la richiesta di archiviazione della Procura di Modena secondo cui le condotte, seppur nel contesto di una situazione familiare difficile, sarebbero rimaste sul piano verbale. “Nell’opposizione abbiamo evidenziato che c’erano stati atteggiamenti ben più concreti”, spiega l’avvocata Annalisa Tironi, che assiste la vittima.
L’avvocata: “Sono basita. Ora tutelare il figlio”. Nelle udienze di questa mattina in tribunale a Modena l’avvocata Annalisa Tironi ha sottolineato l’importanza di tutelare il figlio minorenne della donna e di Salvatore Montefusco. “Questa è la mia preoccupazione dal punto di vista legale, il figlio è vittima di una tragedia gigante”, ha detto l’avvocata. “Sono basita e addolorata, la signora Gabriela mi diceva che finalmente si era arrivati al giorno della separazione”, prosegue Tironi. Oggi infatti iniziava la causa tra i due coniugi. Nell’ambito di questo procedimento si è venuti a conoscenza anche di tre denunce che Montefusco aveva presentato contro la moglie, “a nostro avviso del tutto strumentali alla comparsa di costituzione”, ha detto l’avvocata.
Salvatore Montefusco, 69 anni, ha confessato davanti ai carabinieri di Castelfranco Emilia di aver ucciso la moglie e la figliastra. Sette o otto colpi esplosi con un fucile a canne mozze: la prima a essere ammazzata nel cortile di casa è stata Renata Alexandra,  poi la consorte raggiunta dalla raffica di pallottole nonostante si fosse nascosta in casa. Poi alla vista del figlio 17enne, “non so cosa mi ha fermato”, ha detto l’uomo, imprenditore edile. Poi, dopo essersi procurato una ferita al volto, si è allontanato di casa, tanto che i militari avevano pensato a una fuga, per recarsi invece in un bar. “L’ho visto entrare sporco di sangue – ha detto la barista – mi ha chiesto di chiamare i carabinieri se no avrebbe ammazzato tutti”.
Montefusco è così uscito e si è costituito in caserma. Un duplice omicidio, tragico e assurdo epilogo di un rapporto ormai logoro tra l’uomo, la moglie e la figlia di lei. La coppia si stava separando e, secondo quanto emerso, le due donne volevano tenersi la villetta in cui vivevano, ipotesi che vedeva contrario l’uomo che l’avrebbe fisicamente costruita in passato.
Montefusco era già noto alle forze dell’ordine per alcuni reati fiscali e bancarotta ma soprattutto perchè negli anni ’90 si ribello’ al pizzo chiesto da un clan camorristico che aveva preso piene in zona permettendo l’arresto di 16 persone. Il 69enne aveva già avuto tre figlie in prime nozze poi l’incontro con la donna di origine rumena con cui aveva avuto un altro figlio. L’uomo, difeso dall’avvocato Marco Rossi, resta in carcere: dovrà rispondere di duplice omicidio pluriaggravato.
Duplice femminicidio: “Tragedia annunciata”. “Le avvisaglie c’erano e si doveva intervenire tempestivamente ma il codice rosso non è stato applicato correttamente. Non possiamo perdonarci per non aver evitato l’ennesimo e duplice femminicidio” dichiara la deputata M5S Stefania Ascari.
“Un’altra tragedia familiare, l’ennesima, impossibile da ignorare. Davanti all’omicidio efferato delle due donne ciò che è certo è che – anche questa volta – non siamo riusciti a fare abbastanza, come comunità, come forze dell’ordine, come autorità tutte”. E’ quanto scrive in una nota il Pd di Modena. “Emergono senza sosta le lacune che pervadono il nostro ordinamento giuridico, tuttora incapace di proteggere efficacemente le donne che richiedano aiuto: le misure arrivano troppo tardi e in misura insufficiente rispetto a quanto realmente necessario. In presenza di un compagno che usa violenza in qualsiasi forma, la separazione – fattuale e/o giuridica – si traduce in una sentenza di morte se gli strumenti di protezione esistenti non vengono attivati tempestivamente”.
I centri antiviolenza: “Le donne non sono state credute” “Purtroppo, le donne che denunciano violenza spesso non vengono credute, perché scontano quel retaggio di pensiero vetusto per il quale mentirebbero. Le donne non mentono. Lo dimostra la lunga scia di sangue, ininterrotta; il sangue delle donne uccise, da mariti, ex mariti, conviventi, ex conviventi. Una donna uccisa ogni settantadue ore, in media”. Così il coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna interviene sul duplice femminicidio di ieri a Cavazzona. “Urge un cambiamento culturale, urge che le forze dell’ordine e la magistratura si interroghino sulle modalità del loro intervento”.

Mamma e figlia uccise, killer nel bar ricoperto di sangue: “Vittime costrette a mangiare uova marce” (FanPage – 15 giugno 2022)
Gabriela Trandafir, di 47 anni, e sua figlia Renata Alexandra erano state ridotte alla fame dall’assassino Salvatore Montefusco, di 69 anni. Lo sostiene la legale delle due vittime Annalisa Tironi. “Per sopravvivere avevano dovuto mangiare uova marce”
La morte di Gabriela Trandafir, di 47 anni, e sua figlia Renata Alexandra, poteva essere evitata. Salvatore Montefusco, l’uomo che le ha uccise a fucilate nella giornata di lunedì, era già stato denunciato 4 volte dalla moglie 47enne. Nonostante tutto, però, le due donne continuavano a vivere in condizioni precarie: il 69enne reo confesso le aveva ridotte alla fame, impedendo alle due di lavorare. “Per poter mangiare – ha spiegato la legale della 47enne – avevano dovuto vendere gli ori di famiglia”.
Nella giornata di ieri avrebbe dovuto svolgersi l’udienza di separazione.
 Gabriela Trandafir aspettava da tempo l’ultimo atto dell’iter giudiziario per porre fine a quel matrimonio. Tre ore prima di morire la 47enne si era recata con la figlia dalla legale che l’aveva assistita in quel lungo percorso. “Era contenta – ha ricordato l’avvocata Annalisa Tironi -. Pensava fosse la fine di un calvario dopo quattro denunce in meno di un anno. Invece sono state uccise poco dopo a colpi di fucile”.
Prima del terribile atto finale, una serie di violenze che Gabriela aveva denunciato più volte. La prima denuncia per maltrattamenti risale al luglio del 2021. Ad agosto c’era stata un’integrazione, poi a dicembre la seconda denuncia. Tra aprile e maggio, anche la figlia Renata si era presentata in caserma. Tutti quegli appelli erano però rimasti inascoltati. Mamma e figlia erano ridotte alla fame: le due non potevano lavorare e non ricevevano denaro dal killer. Per fare la spesa, avevano dovuto vendere gli oggetti in oro che avevano in casa. Messe alle strette, per sopravvivere avevano dovuto mangiare perfino uova avariate. Dopo essersi sentite male, mamma e figlia avevano chiamato l’ambulanza.
La procura di Modena ha chiesto l’archiviazione per i due procedimenti penali aperti contro Montefusco. Secondo il pm, le vessazioni denunciate dalle due donne “non sono mai sfociate nelle percosse”. La difesa si è opposta, chiedendo di sentire in occasione dell’udienza per la separazione i servizi sociali che seguivano la famiglia e il figlio minore della coppia. Il 69enne però ha agito prima dell’ultimo atto dell’iter giudiziario, uccidendo moglie e figlia a sangue freddo. Secondo quanto accertato, l’uomo non voleva perdere la villetta di campagna in via Cassola di Sotto.
Il ritratto che emerge dell’ex imprenditore è quello di un uomo fortemente legato al denaro. “Il 69enne ha raccontato di aver impugnato il fucile quando la figlia è entrata in casa – ha spiegato l’avvocato difensore Marco Rossi -. Renata si è rivolta a lui dicendogli: “Domani finalmente te ne vai”. Lui non ci ha visto più. Ha detto che non ne poteva più delle vessazioni che subiva e che temeva di abbandonare la casa che aveva costruito”.
Il killer al bar ricoperto di sangue “Quando Montefusco è entrato nel bar, ho pensato a un incidente stradale. Non potevo immaginare cosa fosse accaduto”. A parlare è Tina, barista della Caffetteria D&G di Castelfranco. È qui che il killer 69enne si è recato dopo aver ucciso la moglie Gabriella e la figlia Renata. “Me lo sono trovata di fronte, proprio dall’altra parte del bancone. Si teneva la testa e aveva le mani sporche di sangue. Mi ha chiesto un caffè e un bicchiere d’acqua. Subito dopo mi ha chiesto il cellulare e ha chiamato i carabinieri, attivando il vivavoce. A quel punto ha detto di aver ucciso la compagna e la figlia. Mi è crollato il mondo addosso”.

 

Ultimo saluto a madre e figlia uccise dalla follia del padre e marito killer (il Gazzettino – 21 giugno 2022)
Per un mese e mezzo erano state ospitate in città  per fuggire alla furia di quell’uomo ormai incontrollabile. A farle tornare solo il pensiero del figlio adolescente, rimasto nella casa del padre a Castelfranco Emilia. Ma quel ritorno ha fatto ripartire la spirale di minacce, litigi, violenze. Fino al tragico epilogo lunedì scorso, quando Salvatore Montefusco, 69 anni, impresario edile ha sparato alle due donne sulla porta del giardino con un fucile detenuto illegalmente, intimando al figlio che stava cercando di difendere la madre di allontanarsi per non fare la stessa fine. La duplice sepoltura oggi – 21 giugno – nel cimitero di San Giuseppe non è solo, come sottolinea il sindaco Fabio Chies un atto di civiltà. È il gesto per la memoria di un luogo in cui la tormentata vita famigliare di Gabriela, 47 anni e di sua figlia Renata Alexandra, 22, aveva trovato un barlume di quiete e normalità.
LE ESEQUIE Non è il tempo dei commenti o dei ricordi, fanno capire i famigliari della donna uccisa quattro giorni fa con un fucile a canne mozze in una villetta di Castelfranco Emilia insieme alla figlia. Ieri Elena Tiron, la sorella di Gabriela, che ha assunto su di sé tutte le strazianti incombenze di questo difficile momento, è arrivata in Emilia Romagna. E oggi a dare l’ultimo saluto a Gabriela e a sua figlia secondo la professione di fede ortodossa ci saranno anche i fratelli delle donne e gli anziani genitori, arrivati dalla Romania. Sarà anche il giorno in cui la famiglia di Elena potrà rivedere il figlio che la donna aveva avuto con Montefusco, oggi affidato alle cure di un assistente sociale. I Comuni di Castelfranco Emilia e di Conegliano hanno fatto quadrato intorno alla famiglia di Elena agevolando ogni procedura. «Resta una domanda che scuote le nostre comunità- sottolinea il sindaco Fabio Chies – come sia possibile che dopo tre denunce circostanziate Elena e sua figlia siano state lasciate sole». Una domanda che la sorella della donna non ha neppure la forza di porsi oggi.
IL RAPPORTO. Elena, da anni residente a Conegliano dove lavora come responsabile vendite da H&M nell’ultimo difficile anno ha cercato di proteggere e tutelare la sorella e la nipote. La dinamica di coppia era ormai diventata tossica: le liti continue avevano portato alla decisione di avviare l’iter per al separazione. Rimanevano i nodi economici. Secondo quanto Renata Alexandra aveva riferito a un’amica la sera prima di morire, il patrigno si opponeva alla decisione di Gabriela di vendere la villetta famigliare. Era certa, la 22 enne cresciuta da Montefusco con il quale i rapporti era da tempo deteriorati, che avrebbe fatto qualcosa. Un presentimento rivelatosi poi tragica realtà. Gabriela Trandafir aveva infatti denunciato il marito per maltrattamenti una prima volta nel luglio 2021 con un’integrazione ad agosto e una nuova denuncia a dicembre. Oltre ai maltrattamenti, le carte processuali parlano di atti persecutori e stalking. L’ultima udienza era stata posticipata al 5 di luglio.
IL PRECEDENTE. Il filo dei lutti corre alla storia di Irina Bakal, 20 anni, uccisa a sassate dall’ex fidanzato Michail Savciuc, 19 insieme al bambino che portava in grembo il 19 marzo 2017. Una scia di violenza che pare non volersi arrestare e che reitera dinamiche malate e pericolose sempre giocate nella sfera degli affetti più intimi. «Per questo è fondamentale che come istituzioni facciamo molto di più per tutelare e rassicurare le donne – ribadisce Chies – chi è vittima di violenza famigliare deve sapere di potersi rivolgere alle Forze dell’Ordine con la fiducia di essere creduta e aiutata immediatamente. C’è sempre più attenzione ma il femminicidio è una piaga sociale ancora di impatto drammatico. Morire per mano del proprio compagno non è possibile nel 2022».

 

Duplice omicidio di Castelfranco, la sorella di Gabriela Trandafir: “Troppe denunce ignorate” (il Resto del Carlino – 22 novembre 2023)
La donna piange anche la nipote Renata: “Aveva 22 anni come Giulia Cecchettin oggi. Montefusco diceva sempre che le avrebbe fatte sparire. E alla fine le ha ammazzate”
Giulia Cecchettin come Renata, ammazzate senza pietà. Oggi, più che mai, il mio pensiero va a Giulia, che aveva 22 anni, come mia nipote, e al suo papà”. Con in mano le foto della sorella e della nipote ieri Elena, accompagnata dal marito Alberto, è arrivata in tribunale a Modena per la seconda udienza che vede alla sbarra il 71enne Salvatore Montefusco, ovvero colui che, con numerosi colpi di fucile, ha strappato la vita alla sorella della donna, Gabriela Trandafir, 47enne e alla figlia di lei e nipote di Elena, Renata, 22 anni.
Il terribile duplice omicidio è avvenuto nel giugno dello scorso anno a Cavazzona di Castelfranco Emilia. L’imputato non era presente in aula. Davanti alla corte d’Assise sono comparsi invece i carabinieri che si occuparono delle indagini, alcuni testimoni e, appunto, la sorella della vittima. “Hanno parlato il medico legale del pm e il ris di Parma, intervenuto sulle armi usate – spiegano Cristiana Polesel e Gianmaria Dalle Crode, avvocati del Foro di Treviso e difensori della famiglia delle vittime – sono emerse le dinamiche dell’esecuzione degli omicidi. Il medico legale ha parlato dell’efficacia dei colpi, andati tutti a segno. La matricola dell’arma era stata cancellata e l’arma era stata ‘accorciata’. Quel giorno le vittime erano entrate con le borse della spesa e l’uomo aveva iniziato a sparare. I legali avevano chiesto anche di individuare i codici Imei dei telefoni per recuperare gli ‘episodi’, ovvero i maltrattamenti che riguardano le fasi precedenti al duplice delitto. Elena, la sorella della vittima ha sottolineato come nessuno possa capire cosa si provi. “Io capisco il papà di Giulia, il suo dolore. Può capire solo chi ci passa. Fino a che non ti capita quel dolore non lo puoi capire. Mia sorella aveva presentato tante denunce ma né lei né mia nipote sono state mai ascoltate”.

 


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