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Roberto Scapolo, 45 anni, agente di commercio. Uccide la moglie a coltellate e la strozza. Condannato a 18 anni e 8 mesi, poi ridotti a 17 anni e 6 mesi

Laveno Mombello (Varese), 16 Luglio 2016

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Titoli & Articoli

Varese: uccide la moglie a martellate, poi confessa (Ansa – 17 luglio 2016)
L’uomo ha confessato ai carabinieri
Una donna di 54 anni è stata uccisa la notte scorsa a martellate dal marito nella loro casa a Laveno Mombello, nel Varesotto. L’uomo ha confessato ai carabinieri.
Roberto Scapolo, agente di commercio nel settore ottico, 45 anni, ha ucciso la moglie Loretta Gisotti che è morta dopo aver ricevuto tre martellate alla testa. Scapolo l’avrebbe finita strozzandola. Cinquantaquattro anni, makeup artist diplomata, quando i soccorsi sono arrivati sul posto, Loretta Gisotti era già morta. A chiamarli, dopo che suo marito si era costituito in caserma, sono stati i carabinieri.
Loretta Gisotti, 54 anni, è stata colpita a martellate e poi strozzata dal marito di 45 anni che si è costituito nella caserma dei carabinieri di Luino (Varese) che si stanno occupando delle indagini con la squadra Rilievi del Nucleo investigativo della città lombarda. L’uomo, del quale non sono ancora state fornite le generalità, al culmine di una lite ha colpito la donna alla testa con un martello almeno tre volte, poi l’ha strozzata. Nel passato della coppia non vi sarebbero episodi di liti violente. Il quarantacinquenne si trova ora in caserma, dove è presente anche il pm di Varese.

Roberto, marito buono e il raptus omicida: silenzio davanti al gip (Corriere della Sera – 18 luglio 2016)
Scapolo, che ha già confessato, non ha risposto alle domande del giudice. Dopo aver colpito la moglie la testa ha ricoperto il cadavere con una coperta. I parenti confermano il quadro emerso dalle indagini: «Era esasperato»
Si è avvalso della facoltà di non rispondere, davanti al gip di Varese, Roberto Scapolo (46 anni) l’uomo che sabato mattina ha ucciso la moglie, Loretta Gisotti (54 anni), con tre martellate alla testa nel soggiorno della loro abitazione a Laveno Mombello. Tuttavia Scapolo poco dopo il delitto aveva già confessato. A tutt’oggi ha già reso due interrogatori di piena confessione in caserma. Inoltre, le sue parole hanno trovato precisi riscontri nelle analisi di polizia scientifica effettuate nell’abitazione della frazione Mombello e anche il pm Sara Arduini sembra orientata a credere alle parole dell’uomo. Lunedì mattina l’omicida è comparso di fronte al gip per l’interrogatorio di garanzia, questa volta accompagnato da un avvocato di fiducia, Paolo Bossi di Varese. Roberto ha deciso di non rispondere alle domande, ma si tratta più che altro di una scelta dovuta alla necessità del difensore di esaminare meglio le carte, per elaborare una futura strategia volta ad evitare la massima pena.
Separati in casa. Filtrano intanto altri particolari sul delitto. Roberto, subito aver colpito la moglie la testa (l’ha anche strozzata) avrebbe avuto un ultimo gesto di pietà, ricoprendo il cadavere con una coperta trovata in casa. Scapolo prima di uscire ha chiuso i due cani in uno stanzino ed è andato a costituirsi. Gli animali sono stati successivamente liberati dei carabinieri e sono stati adesso affidati ad un canile della zona. I parenti sembrano confermare il quadro familiare emerso dalle indagini dei carabinieri. Roberto veniva considerato dagli amici come un buono, un uomo remissivo, sempre gentile, che sopportava da tempo l’insoddisfazione della moglie. Loretta era invece forte e determinata. Era stata anche truccatrice a Mediaset, aveva un carattere dominante e mal sopportava la vita di provincia. Secondo gli inquirenti i due coniugi vivevano ormai da separati in casa. Roberto Scapolo ha raccontato ai carabinieri che si sentiva succube della moglie. Sabato mattina doveva accompagnarla in Toscana, dove i due hanno una casa che era stata acquistata dal marito e di cui egli stesso pagava il mutuo. Tuttavia non sarebbero rimasti insieme per un lungo periodo: l’uomo aveva l’intenzione di fermarsi solo il week end per effettuare alcuni lavoretti di manutenzione.
La cassetta degli attrezzi Per questo motivo aveva posizionato nell’autovettura, il giorno precedente, la cassetta degli attrezzi. Aveva però dimenticato il martello, proprio l‘oggetto che aveva in mano sabato mattina quando sarebbe stato insultato per l’ennesima volta dalla moglie. La madre dell’omicida, Rosita Colombo, ex consigliere comunale di Laveno Mombello, difende il figlio: «Ha ammazzato una persona, ma non è un mostro. Era esasperato». (di Roberto Colombo)

“Mi ha guardato con odio e ho perso la testa” (Varese News – 14 febbraio 2017)
Roberto Scapolo interrogato dal giudice al processo con rito abbreviato per l’omicidio della moglie Lorella Gisotti
“Non so perché l’ho fatto, non so darmi una ragione”. Roberto Scapolo è ancora incredulo e anche davanti al giudice di Varese, questa mattina, ha ripetuto che lui non voleva uccidere la sua Loretta, la donna che amava e che nonostante ne fosse a volte un po’ succube, ogni giorno intratteneva con decine di messaggi, ricambiato, anche il giorno precedente al delitto.
Messaggi perfino teneri, in cui Roberto appariva come il cucciolo di casa, l’uomo che voleva esser quasi protetto da Loretta Gisotti, la vittima.
Eppure, l’uomo che Laveno Mombello, il 16 luglio del 2016 ha colpito con tre martellate alla testa la moglie (il primo quello decisivo) ha agito quella mattina con una lucidità folle. “E’ stato il suo sguardo che mi ha fatto impazzire” ha raccontato al gup Chionna, durante l’udienza. Secondo Scapolo, quella mattina i due coniugi dovevano partire per una vacanza nella casa in Toscana.
La sera precedente, Roberto aveva cominciato a riempire il bagagliaio della vettura, ma la moglie lo aveva sgridato perché, a suo dire, le valigie erano state posizionate male. Roberto era stanco, ha raccontato, voleva riposare un po’ e partire alle 9 di mattina, ma la moglie era preoccupata per il traffico che avrebbero potuto incontrare in autostrada e aveva programmato la sveglia alle 4 e 20. Roberto aveva deciso di dormire un’ora in più, si era alzato alle 5 e 20 ma Loretta scalpitava, faceva rumore e lo aveva svegliato. Una volta destato voleva bere un caffè ma Loretta era contraria.  C’era la macchina di riempire e bisognava andare. Lui, senza neanche il caffè, assonnato e sempre più arrabbiato si è alzato di malavoglia, ha quindi caricato la macchina, ma ha compiuto l’ultimo errore fatale. Non ha inserito nel bagagliaio la mazzetta che serbava per alcuni lavori nella casa in Toscana. E’ tornato in soggiorno per prenderla e all’ennesimo insulto c’è stato il litigio, lo sguardo della moglie, e in un attimo l’uomo che al lavoro tutti dipingevano come il gigante buono, il marito bisognoso di attenzioni, è diventato una furia, un carnefice e ha assassinato la moglie in un gesto improvviso e violento.
Scapolo è reo confesso, il suo avvocato Paolo Bossi non ha chiesto la perizia psichiatrica, ma con il rito abbreviato spera in uno sconto di pena. I familiari di Lorella Gisotti, difesi da Antonio Battaglia, si sono costituiti parte civile. Scapolo risarcirà, per quello che può. Una parte degli attriti della coppia dipese anche dal fatto che l’uomo aveva perso il lavoro. Aveva successivamente trovato un nuovo impiego ma i soldi erano diminuiti. Ora è tutto finito. (di Roberto Rotondo)

Uccise la moglie a colpi di martello Condannato a 18 anni e 8 mesi (Corriere della Sera – 18 aprle 2017)
A Roberto Scapolo, 47 anni, non sono state contestate le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi. La lite al momento di partire per le vacanze. Aveva colpito la moglie Loretta, 54 anni, alla testa e l’ha finita strozzandola
È stato condannato a 18 anni e 8 mesi di carcere Roberto Scapolo, l’uomo di 47 anni che nel luglio del 2016 ha ucciso la moglie, Loretta Gisotti, con tre martellate in testa a Laveno Mombello (Varese). Il pm, Flavio Ricci, aveva contestato l’omicidio, aggravato solo dal vincolo di parentela. Seguendo questa linea di pensiero il gup Alessandro Chionna non ha contestato le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi. L’omicida ha inoltre potuto beneficiare dello sconto di un terzo della pena dovuto a chi sceglie, come in questo caso, il rito abbreviato. Il giudice ha riconosciuto un risarcimento di 100mila euro a testa ai due genitori della vittima, e di 50mila euro al fratello. «È una pena troppo bassa – ha commentato la madre di Loretta, Maria Binda – speravo prendesse almeno 20 anni. Roberto ha ucciso mia figlia con le martellate, ma ha anche cercato di strozzarla e di soffocarla con un asciugamano, è stato crudele».
Durante le indagini e il processo si è delineata la storia di una coppia in forte difficoltà. Scapolo non aveva mai manifestato l’intenzione di eliminare la moglie ma quella mattina, a suo dire, reagì con una violenza inaspettata a un insulto di Loretta. La donna, secondo l’imputato, lo accusava di aver caricato male le valigie sulla macchina, poco prima di partire per una vacanza nella loro casa in Toscana. Scapolo vide il mazzuolo che aveva adoperato per alcuni lavori di muratura e con quello colpì la moglie alla testa. (di Roberto Rotondo)

Uccise la moglie a martellate, pena ridotta (Varese News – 18 aprile 2018)
Per Roberto Scapolo di Laveno “sconto” di 14 mesi per via del patteggiamento in appello. Disappunto della parte civile. La difesa: “Pagherà il suo debito”
Ammazzò sua moglie con un martello nel luglio del 2016 e oggi Roberto Scapolo è stato condannato dalla Corte d’assise d’appello di Milano alla pena di 17 anni e sei mesi, 14 mesi in meno della decisione presa dal giudice in primo grado, avvenuta un anno fa. L’uomo, che sconterà la pena in carcere è accusato di aver ucciso Loretta Gisotti con tre martellate al capo nell’estate di due anni fa mentre i due erano in procinto di partire per le vacanze. Reo confesso fin dall’inizio, e difeso dall’avvocato Paolo Bossi, Scapolo questa mattina è comparso di fronte ai giudici di Milano dove è stata accettata la via del “concordato in appello”. In pratica, difesa e accusa concordano la pena, e se questo accordo sta bene al giudice si procede in quello che può – fuori dai termini strettamente tecnici – chiamarsi “patteggiamento” che avviene però in un secondo grado di giudizio, l’appello, appunto. Un’udienza breve, quella di stamane, in cui la corte ha letto una rapida motivazione della sentenza. 
Soddisfatto il difensore dell’imputato, «anche se in realtà non ci sono né vinti ne vincitori. L’unica nota positiva è la funzione della pena che sarà in questo caso finalizzata alla rieducazione della persona. Il mio assistito, una volta pagato il suo debito con la giustizia, saprà reinserirsi nella società. Oggi ha ribadito di fronte alla corte il suo pentimento per un gesto definito da lui stesso “indegno” e tutto quello che aveva è stato girato alla famiglia della moglie».
Una decisione che non sta bene al legale di parte civile Augusto Basilico, che rappresenta in giudizio i genitori e il fratello della vittima e che aveva depositato una memoria per chiedere alla Corte di non accettare la richiesta di patteggiamento in appello dove si sottolineava una sentenza già piuttosto mite in primo grado e che teneva conto delle sole aggravanti legate al rapporto di coniugio, oltre all’esiguità del risarcimento, che ammontava al valore di solo il 15% di quanto richiesto dalla famiglia di Loretta.
Oggi a palazzo di giustizia era presente la mamma della donna uccisa, la signora Maria Enrica Binda e il fratello Mirco, che hanno vissuto con grande disappunto la decisione del giudice.


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