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Pietro Ialongo, 36 anni, perito informatico. Massacra l’ex fidanzata a coltellate

Frosinone, 2 Maggio 2022


Titoli & Articoli

Omicidio di Romina De Cesare. Ecco come Ialongo ha confessato
Sentiti i carabinieri di Sabaudia: ha confessato di aver ucciso la ragazza e di aver tentato il suicidio. Romina è stata accoltellata a maggio 2022
Pietro Ialongo aveva confessato ai carabinieri, che lo avevano fermato a Sabaudia, di aver ucciso Romina e di aver tentato di uccidersi. Lo ha confermato in aula uno dei militari dell’Arma che erano intervenuti dopo la segnalazione di un uomo che vagava nudo sul lungomare. Prima di sentire il militare, il pubblico ministero Vittorio Misiti ha prodotto alla Corte d’assise di Frosinone, presieduta dal giudice Francesca Proietti (in composizione incompleta con due sostituti al posto di due giudici popolari malati), le relazioni dei medici legali e quella della polizia scientifica di Roma sugli appunti di un taccuino che l’imputato aveva con sé al momento del fermo.
Il carabiniere Christian Bernardo riferisce di esser intervenuto verso le 17.10 del 3 maggio del 2022 per la segnalazione, vicino Saporetti, di una persona nuda. «Siamo stati preceduti dal 118 – dichiara alla Corte – e lui si stava coprendo con una coperta termica. Gli abbiamo chiesto perché si trovava lì e abbiamo notato i tagli netti sulle braccia e un graffio al collo. Lui ha detto che era arrivato per sbollire la rabbia dopo un litigio con l’ex fidanzata. Ha detto di aver parcheggiato verso il faro di San Felice. Ha detto che aveva fatto il bagno, che i vestiti si erano sporcati, e li aveva gettati via».
Da lì iniziano i contatti tra la pattuglia e le sale operative dei carabinieri di Latina e Frosinone. «Ho chiamato la centrale operativa e mi diceva che Ialongo era detentore di armi. Così ho chiesto di contattare Frosinone». Sul conto di Ialongo non emergeva nulla, ma sull’ex compagna Romina De Cesare, molisana come l’imputato, e da diverso tempo trasferitasi per lavoro in Ciociaria, qualcosa non quadrava. «Mi dicevano che l’attuale compagno era preoccupato – prosegue il carabiniere – perché non riusciva a sentirla e non era arrivata nemmeno in Molise dal padre», presente anche ieri in aula (e parte civile con l’avvocato Danilo Leva, mentre Fiore Di Ciuccio rappresenta il fratello).
In attesa di ulteriori dati da Frosinone, è stato chiesto ai carabinieri di San Felice di rintracciare l’auto. A un certo punto arriva la notizia, dalla questura di Frosinone (l’inchiesta è stata condotta dalla squadra mobile), «che la ragazza era stata uccisa. Quindi abbiamo portato Ialongo in ospedale a Latina per le ferite, che ha riferito erano autoinferte, e per un consulto psichiatrico». Viene sequestrata all’uomo una busta di tela con un taccuino.
A Latina Ialongo è sottoposto a diversi esami. Poi interviene la dottoressa Setacci, medico legale nominato dalla procura. «Parlando con la dottoressa ha confessato di aver ucciso ragazza – rileva il teste – Poi si è aperto e ha raccontato cosa era successo».
Il pronto soccorso era stracolmo, per cui l’attesa si è protratta dal tardo pomeriggio a circa le 23.30.
«Siamo andati al comando provinciale di Latina e abbiamo controllato la busta di tela con il taccuino. Lì erano scritte frasi del tipo “l’ho uccisa”, “ho tentato di uccidermi”, “mi lascerò morire di fame”». A quel punto il pm lo mostra, sottolineando come si tratti degli stessi appunti della consulenza della polizia scientifica. «Dopo il fotosegnalamento – ricorda il carabiniere – l’abbiamo accompagnato in procura per l’interrogatorio. Dopo l’interrogatorio è stato emesso il decreto di fermo».
La parte civile per l’associazione Liberaluna, l’avvocato Maria Calabrese chiede cosa abbia detto in quei momenti Ialongo. «Le prime frasi sono state: l’ho uccisa con il coltello che mi ha regalato lei – la risposta del teste – Ialongo ha riferito di aver perso il coltello quando si è fatto il bagno». I difensori dell’imputato, presente in aula, gli avvocati Riccardo Di Vizio e Vincenzo Mercolino, chiedono se Ialongo abbia cercato il suicidio. «Ci ha detto che ha tentato più volte e in più modi di uccidersi a Frosinone e al Circeo – continua la deposizione – Ha tentato di impiccarsi con le fascette poi si è legato mani e piedi per affogarsi. Ma l’istinto di sopravvivenza è prevalso, è riemerso ed ha perso il coltello».
Giuseppe Schiano, carabiniere di San Felice, riferisce sul ritrovamento dell’Audi A4: «Sul sedile anteriore destro abbiamo trovato delle fascette da elettricista. Sulle fascette c’erano macchie di colore rosso». Giampaolo Macioce del Nucleo investigativo carabinieri di Latina spiega di esser intervenuto a San Felice, a Quarto caldo, per effettuare i rilievi. «L’auto aveva le chiavi inserite ed era aperta. Abbiamo eseguito dei prelievi biologici su un pugnale». Saverio Siniscalchi dei carabinieri di Sabaudia ha recuperato sulle dune una parte degli abiti in base alle indicazioni date da Ialongo. Prima della chiusura dell’udienza le parti acconsentono all’acquisizione delle dichiarazioni della zia di Romina che vive in Francia e delle trascrizioni delle chat in francese tra le due. Prossima udienza a giugno.

Omicidio De Cesare. Pietro Ialongo era ossessionato da Romina
In Corte d’assise sentito un agente della squadra mobile. Da marzo 2021 un cambiamento nella comunicazione tra Pietro Ialongo e la vittima tra chiamate e messaggi
Esauriti i testi del pubblico ministero, entro fine anno si arriverà alla sentenza per l’omicidio di Romina De Cesare.
Per il delitto avvenuto in un appartamento di via del Plebiscito, nel centro storico di Frosinone, il 3 maggio del 2021 è a giudizio l’ex fidanzato Pietro Ialongo, di Cerro al Volturno come la vittima. Davanti alla Corte d’assise di Frosinone, presieduta dal giudice Francesca Proietti (a latere l’altro togato Chiara Doglietto) sono state acquisite le dichiarazioni rese alla squadra mobile da un gruppo di conoscenti o colleghi della ragazza per ricostruire i rapporti tra Romina e imputato e tra vittima e nuovo fidanzato, un ragazzo di Alatri.
Il presidente della Corte ha posto alcune domande ad integrazione a una collega della donna, secondo la quale, già a dicembre del 2021, Romina e Pietro si erano lasciati, ma continuavano a vivere insieme nella casa presa in affitto in via del Plebiscito.
La ragazza ha poi riferito un particolare, del mese di marzo: «I rapporti si erano fatti burrascosi, Pietro la svegliava durante notte e la maltrattava dicendo “che era una ingrata”». Di marzo è l’amicizia con il nuovo ragazzo. «So per racconto di Davide che Pietro la chiamava mentre uscivano insieme – ha continuato – Io dissi “se non va via lui, vai via tu, non è una cosa normale”».
A quel punto è stata la volta di un agente della squadra mobile che ha analizzato i tabulati telefonici dei due cellulari di Ialongo, difeso dagli avvocati Riccardo Di Vizio e Vincenzo Mercolino, di quelli di Romina e di Davide. È stato verificato il traffico telefonico da gennaio 2021, poi messo a confronto con le dichiarazioni testimoniali. Il teste – alle domande del pubblico ministero Vittorio Misiti – ha specificato di parlare esclusivamente di traffico telefonico non potendo verificare, invece, il contenuto di eventuali chat.
«Con Pietro non risultano molti contatti. Si vedeva che Romina aveva avuto uno scontro per cui non esistevano grandi telefonate vocali, ma aumentavano gli sms. Possono essere indicativi del fatto che continuavano a cercarsi o comunicavano via sms». Tuttavia l’investigatore ha annotato un cambio del metodo di comunicare tra i due ex fidanzati. Un’altra parte della testimonianza è stata dedicata alla trascrizione della chiamata fatta da Romina al numero unico di emergenza. «Prima Romina chiamava il 112 perché Pietro le impediva l’ingresso in casa, poi venti minuti dopo annullava la richiesta perché riusciva a entrare».
L’avvocato Danilo Leva, parte civile, ha chiesto di specificare meglio la diversificazione del traffico telefonico. L’agente ha fatto cenno, da marzo 2021 in poi, a «tutta una serie di sms, indicativi di tentativi di chiamata» e anche a un’intensificazione delle comunicazioni tra Romina e i genitori di Pietro. La parte civile ha ipotizzato un possibile blocco delle chiamate di Pietro da parte di Romina.
«Una delle ipotesi per tutti questi sms è il blocco», ha osservato il teste. L’avvocato Leva ha chiesto poi di quantificare i contatti tra Pietro e Romina del giorno 26 aprile, quello della chiamata al 112.
«C’è una mole di conversazioni telefoniche molto lunghe. Una dura 6.400 secondi. C’è alternanza tra chiamate molto lunghe e sms come se ci fosse bisogno di un chiarimento. Gli sms sono 218». L’indomani, invece, ci sono altri 50 sms. A quel punto il legale chiede se «risulta che Davide cerca chiamare Pietro?» Il teste conferma e aggiunge: «Più di un tentativo». C’è poi una chiamata di 208 secondi tra Ialongo e il padre. Cosa che, a detta del teste, «non era così frequente fino a metà aprile. Poi qualcosa è cambiato. Le chiamate aumentano rispetto a prima. Prima erano inesistenti, era Romina ad avere contatti con i genitori di Pietro». Infine, l’avvocato Maria Calabrese, parte civile per la onlus Liberaluna, si è fatta chiarire il fatto che, in quella mole di sms, erano più quelli di Pietro rispetto a Romina. Completati i testi dell’accusa, il processo riprenderà a settembre con quelli di parte civile. Mentre a novembre dovrebbe iniziare la discussione.

Romina, inizia il processo. Ialongo tenta l’ultima carta
La difesa dell’uomo accusato di omicidio aggravato e stalking si affida alla perizia psichiatrica e punta alla non imputabilità
Da una parte i genitori dell’uomo accusato di omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e stalking. Dall’altra il papà della vittima del femminicidio, Romina De Cesare, colpita a morte con 14 coltellate. Nella gabbia dell’aula del Tribunale di Frosinone, dove ieri è cominciato il processo a suo carico in Corte d’Assise, Pietro Ialongo, l’ex fidanzato diventato il suo carnefice.
Nessun cenno di saluto fra le famiglie, colpite entrambe ma in maniera ovviamente diversa, dalla tragedia che si è consumata nella notte tra il 2 e 3 maggio scorsi nell’appartamento di via del Plebiscito a Frosinone, dove Romina e Pietro vivevano ancora insieme nonostante l’amore ormai finito da un po’.
Papà Mario avrà alzato lo sguardo pieno di lacrime e dolore verso quell’uomo, che lui conosce bene, che avrà trattato come un figlio. Lo stesso che non ha esitato a uccidere la sua ragazza dagli occhi chiari e i lunghi capelli biondi.
Romina, che non ha fatto in tempo a tornare a casa dal suo papà, che a telefono – il pomeriggio stesso della sua morte, qualche ora prima di essere uccisa – lo aveva rassicurato, gli aveva detto di non preoccuparsi, che non c’era bisogno che andasse a prenderla a Frosinone.
Romina, che ha vissuto l’escalation che ha portato al suo omicidio nel tentativo di trovare un’altra abitazione, che voleva andare via da quella casa, che era stanca dell’atteggiamento di Pietro che una notte l’aveva anche filmata mentre dormiva e che l’aveva pesantemente offesa.
La prima udienza del processo ha consentito di mettere a fuoco la linea difensiva di Ialongo, affidata agli avvocati Vincenzo Mercolino (nominato nell’immediatezza dei fatti) e del collega Riccardo Di Vizio del foro di Cassino, codifensore da qualche settimana.
Come anticipato proprio da Primo Piano Molise qualche giorno fa, è l’elenco dei testi a chiarire il perimetro nel quale la difesa intende muoversi: quello della non imputabilità a seguito dell’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’uomo al momento dell’omicidio. Motivo per il quale ieri la difesa ha avanzato la richiesta (accolta) di consentire allo psichiatra Ottavio Di Marco di visitare Ialongo nel carcere di Frosinone dove è detenuto fin dall’immediatezza del suo arresto.
Per gli avvocati Danilo Leva e Fiore Di Ciuccio – che rappresentano il papà e il fratello di Romina, le parti civili ieri ammesse a costituzione assieme anche all’associazione Liberaluna onlus con l’avvocato Maria Calabrese – la prova che dimostra il contrario esisterebbe già: il referto dei due psichiatri che visitarono Ialongo la sera dell’arresto, nell’ospedale di Latina. Sì, perché, non rilevarono acuzie psicopatologiche in atto in quel momento. E i due professionisti definirono l’uomo ‘vigile e collaborante’.
Eppure Pietro Ialongo, solo qualche ora prima della visita degli specialisti, aveva aggredito nell’ingresso di casa la sua ex fidanzata: l’aveva aspettata al buio, l’aveva presa alle spalle e aveva cominciato a infierire con il coltello che lei gli aveva regalato. Una, due, tre, dieci, 14 coltellate. Quella mortale al cuore, mentre la giovane era a terra e lui cavalcioni sul suo corpo, guardandola in volto. Poi, dopo essersi lavato le mani (come attestano le tracce ematiche rilevate dal Ris nel sifone del bagno), la fuga verso il litorale e i tentativi falliti di togliersi la vita – come ha raccontato ai pm di Latina e Frosinone dopo l’arresto, alla presenza di un avvocato d’ufficio – culminati con la corsa seminudo sulla spiaggia che fece scattare i controlli dei Carabinieri.
Da fonti investigative bene informate, sembrerebbe che Ialongo, però, abbia confessato l’omicidio solo dopo aver saputo dagli inquirenti che il corpo di Romina era stato trovato. E che la ragazza era morta.
Gli avvocati difensori, Mercolino e Di Vizio, ieri mattina hanno prodotto certificati medici pregressi del loro assistito, conseguenti ad un periodo di terapie psicologiche affrontate a seguito di un incidente stradale. Nell’anamnesi anche un percorso al Csm di Isernia. E hanno avanzato, come detto, la richiesta – accolta – di una consulenza psichiatrica.
Definito anche il calendario delle udienze: dal prossimo 2 marzo si tornerà in aula ogni mese fino al mese di luglio. Nel corso della prossima, saranno ascoltati i nove agenti operanti della Questura di Frosinone, quelli che trovarono il corpo martoriato di Romina e esperirono le attività d’indagine. La Procura, ieri mattina, ha chiesto il deposito delle intercettazioni e la nomina di un perito.


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