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Pietro Ballarin detto “Ringo”, 30 anni. Pregiudicato per aver violentato e tentato di uccidere due bambini, viene condannato all’ergastolo per aver rapito, ucciso e bruciato una ragazzina di 15 anni

Ivrea (Torino), 2 Agosto 1993


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“Manuela vieni con me”
“L’ ho visto avvicinarsi a Manuela. Era in sella al motorino, una specie di vespino. Il suo amico era sceso poco prima. L’ ha salutata poi le ha offerto un passaggio. Lei non voleva salire ma lui ha insistito…”. La voce della giovane “supertestimone” è poco più di un soffio quando rievoca per i carabinieri l’ incontro di Manuela Petilli Marchelli, la ragazza di 15 anni scomparsa il 2 agosto scorso di fronte alla stazione di Ivrea e ritrovata cadavere diciassette giorni dopo nella “casa del mostro”, un casolare abbandonato nella campagna eporediese, con Pietro Ballarin, detto “Ringo”, lo zingaro “sinto” arrestato lunedì pomeriggio perchè sospettato dell’ omicidio della giovane.
“Il 2 agosto ero sul piazzale della stazione. Aspettavo una persona. Accanto a me c’ era quella ragazza, Manuela…”. Così inizia la testimonianza della ragazza, definita dagli investigatori “un testimone possente, in grado di ricostruire nel dettaglio l’ incontro di Manuela con lo zingaro”. Sono le 15 del 2 agosto. Manuela ha appena saputo che il treno per Strambino delle 15,20 è stato soppresso per il periodo estivo. Ha deciso di prendere il pullman ma deve aspettare sino alle 15,30. Nell’ attesa chiede un passaggio ad una signora di mezza età che però è diretta a Bollengo, nella direzione opposta. E’ in quel momento che, secondo il racconto della “supertestimone”, le si avvicina “Ringo” in sella ad uno scooter Piaggio. Di fronte alla stazione di Ivrea c’ è anche Giovanni Lagaren, detto “Cico”, il cognato di “Ringo”. Secondo la testimone era anche lui sulla motoretta, è sceso quando Ringo ha notato Manuela alla fermata del pullman. Cico, interrogato dai carabinieri, ha negato. Per questo è stato arrestato con l’ accusa di reticenza.
“Vuoi un passaggio per Strambino, dài sali, ti porto io…” esordisce Ringo quando abborda Manuela. La testimone è accanto alla ragazza, ascolta il rapido dialogo con il nomade e nota l’ esitazione di Manuela. “Non è il caso, aspetto il pullman…” risponde la giovane a “Ringo” che però insiste: “Con me arrivi prima…”.
Manuela cerca ancora di rifiutare: “E’ un motorino senza targa quello, non si può andare in due…”. Ringo ribatte: “Non ci sono problemi. Passeremo per una scorciatoia, in mezzo ai campi, così non corriamo il rischio di essere visti dai carabinieri o dai vigili. Vieni che non ci vedrà nessuno…”. Manuela accetta il passaggio. Nello specchietto retrovisore la vede salire sul motorino anche la signora di mezz’ età diretta a Bollengo, bloccata ad un semaforo rosso.
“Ringo” invece continua a negare. “Conoscevo Manuela perchè in questa zona tutti conoscono tutti – ha ripetuto al magistrato, il sostituto procuratore Lorenzo Fornace che lo ha accusato di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere – Quel giorno ero da un’ altra parte e non avevo ancora comprato il ciclomotore della Piaggio. Ve la prendete con me perchè sono uno zingaro e perchè sono stato in galera…”. La moglie Loredana e gli altri nomadi dell’ accampamento della frazione San Giovanni, a dieci chilometri da Ivrea, lo difendono a spada tratta. “Non è stato mio marito ad uccidere quella ragazza. E’ stato tutto il giorno al campo…” grida Loredana, moglie di Ringo e sorella di Cico, l’ altro zingaro arrestato.
Sono però almeno tre le testimonianze che inchiodano Ringo. Oltre alla ragazza e alla signora, c’ è un negoziante che lo smentisce sulla data dell’ acquisto del ciclomotore. E la polizia ha trovato un ragazzo che quel giorno ha visto il nomade in sella a quel tipo di motorino in giro per Ivrea. Inoltre il medico legale, il professor Lazzari, ha scoperto sulle braccia di Ringo dei graffi profondi. “Vecchie ferite” ha spiegato lo zingaro. “Segni della lotta con Manuela” dicono gli investigatori, che intanto hanno scoperto che il nomade conosceva la ragazza dal gennaio dello scorso anno.
“Probabilmente aveva incontrato lui e Cico ad una delle tante feste di paese. Comunque Paolo il fidanzato conosceva bene il campo dei nomadi…” spiegano i carabinieri che anche ieri hanno scoperto otto giovani di Strambino nell’ accampamento. “Cercavamo una raccomandazione per evitare il servizio militare” si sono giustificati gli otto.
Figlio di un alcolizzato soprannominato “il Gamba” e di Ida Alafleur, una “sinti”, Ringo è finito in carcere a 18 anni, dopo aver tentato di massacrare e violentare due nomadi di 10 anni, insieme al fratello Luigino. Condannato a dodici anni ne ha scontati otto. Ha lasciato il carcere nei primi mesi del ‘ 92 per farvi ritorno nel novembre dello stesso anno per scontare otto mesi per furto. Torna in libertà lo scorso luglio. All’ inizio del ‘ 92 ha già conosciuto Manuela.
Si dice che Paolo, il “fidanzatino” della giovane, sia stato infastidito dalle pesanti attenzioni dello zingaro per la ragazza. “I carabinieri mi hanno fatto vedere una lettera di un amico di Manuela. Le scrive ‘ E’ vero che hai dei problemi con Ringo? Che quello non ti lascia in pace?’ – racconta Paolo Lombardi – Non sono stato io a presentarglielo. Lo conosceva come lo conoscevano tutti nella zona.
A lei faceva paura Ringo, con quella faccia tutta tagliata...”. I carabinieri smentiscono la storia della lettera. “C’ è solo un messaggio di un amico che rimprovera Manuela di frequentare compagnie che la trattano male…” spiegano gli investigatori. Ieri mattina nella parrocchia di Strambino, dove il sindaco ha decretato il lutto cittadino, si sono svolti i funerali di Manuela. Le campane, per esplicito desidero dei familiari, hanno suonato a festa.

Manuela, arrestato un nomade. Troppi indizi accusano Ringo

 

Ringo Ballarin condannato a vita chiede semilibertà
Il 12 gennaio del 1995 Pietro Ballarin, detto Ringo, venne condannato all’ergastolo dalla corte d’Assise di Ivrea. Il nomade sinti era accusato di aver ucciso, nell’agosto del ’93, Manuela Petilli, una quindicenne che aveva accettato un passaggio sul suo scooter. L’uomo era stato clamorosamente assolto dall’ accusa di violenza carnale. Si era chiusa così, con una condanna a vita, la tragica vicenda della ragazzina di Strambino scomparsa il 2 agosto ’93 e il cui cadavere semicarbonizzato fu ritrovato diciassette giorni dopo in un casolare abbandonato.
Ringo all’epoca aveva 28 anni, la maggior parte dei quali passati in carcere dopo una condanna per aver tentato di violentare e uccidere due bambini di appena 10 anni. Sfiorato sin dall’ inizio dalle indagini, fu arrestato dai carabinieri della Compagnia di Ivrea il 23 agosto, dopo che i carabinieri erano riusciti a rintracciare Barbara, una supertestimone che aveva visto il nomade avvicinare Manuela davanti alla stazione di Ivrea. Era stata soprattutto la testimonianza di questa superteste ad incastrare Ringo Ballarin.

Torna in carcere Pietro Ballarin, l’assassino di Manuela Petilli: era fuggito durante un permesso
Pietro Ballarin, 50 anni, arrestato nell’agosto del 1993 e condannato all’ergastolo per l’omicidio della quindicenne Manuela Petilli, è stato nuovamente arrestato dopo essere evaso dal carcere «Lorusso e Cutugno» nel quale era detenuto . Gli agenti della sezione Omicidi della Squadra Mobile di Torino, in collaborazione con i colleghi di Milano, lo hanno catturato all’ospedale San Giuseppe di Milano: gli era stato concesso un permesso di un’ora e mezza per partecipare – il 9 ottobre scorso – alla messa in suffragio della sorella nella chiesa di San Francesco al Campo. Dopo la messa Ballarin non è tornato in carcere.
Ballarin, nomade sinto, prima del delitto Patilli, era stato condannato nel 1985 per il reato di tentato omicidio, in concorso con il fratello, di un bambino e una bambina rom di 10 anni: dopo averli percossi con pietre e mattoni, Ballarin li aveva legati a un albero ferendoli ancora ripetutamente alla gola e al viso con un coltello, violentando infine la bambina. Dopo aver vagato per oltre una settimana dal giorno del permesso, era stato ricoverato in ospedale per un malore.

 

Ergastolano evaso da carcere trovato in clinica a Milano

Milano, 20 ottobre 2016 – L’ergastolano Pietro Ballarin, sinti di 50 anni, è stato catturato dalla Squadra mobile di Milano dopo essere evaso il 9 ottobre scorso dal carcere di Torino approfittando di un permesso premio concesso per una messa in suffragio per la sorella che poi si è rivelato un falso. Ballarin è stato ritrovato ieri pomeriggio alla clinica San Giuseppe, in via San Vittore, dove si era presentato per un problema di deambulazione.
Ballarin sta scontando una pena per l’omicidio della 14enne Manuela Petilli, che il 2 agosto del 1993 è stata rapita, portata in un casolare nelle campagne di Ivrea e qui violentata, uccisa e bruciata. Nel 1985, inoltre, aveva rapito e tentato di uccidere due bambini di 10 anni dopo averli legati a un albero e seviziati con un coltello.

 


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