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Massimiliano Pippia, 23 anni, nullafacente, pregiudicato. Condannato a 16 anni in primo grado con rito abbreviato, ridotti a 13 anni e 4 mesi in Appello. Riconosciuta la semi infermità mentale e rinchiuso in un ospedale psichiatrico.

Bergamo, 26 Luglio 2008


Titoli & Articoli

La tragedia di Bergamo Uccide l’ex fidanzata e poi parte per le ferie
Fermato a Trieste confessa ma non svela il movente
Un silenzio quasi irreale, di una città che sembra già chiusa per ferie. Le tapparelle serrate quasi ad ogni piano, il cancello sbarrato a proteggere il silenzio di un condominio colorato di un verde sbiadito. Né ricco né povero, ai limiti del centro, ma nemmeno in periferia, una manciata di palazzine,una sessantina di famiglie che ci vivono e si conoscono, sì ma non troppo.
Via Pizzo Recastello numero 18, Bergamo bassa. Qui, scala C, in un appartamento uguale a tutti gli altri la scorsa notte la polizia ha trovato il cadavere di una ragazza.
Aveva 27 anni, faceva la commessa all’Auchan, si chiamava Barbara Brandolini. Uccisa, morta soffocata, dice il medico legale. Era stesa sul letto, in casa dell’ex fidanzato. L’assassino l’ha coperta con un piumino, poi ha chiuso a chiave la porta della camera. Quante analogie, sembra di rivedere Meredith sgozzata nella sua casa di Perugia, anche lei nascosta sotto una coperta dal suo carnefice.
Poi come non pensare al giallo d’estate – è il periodo – la mente torna a Chiara, a Garlasco, a tutto quel sangue e a un omicida ancora senza nome. Stavolta non ci sarà dei bisogno dei Ris, delle impronte, dei Taormina di turno o delle indagini tv: l’omicida ha già un nome e nonostante i due giorni di vantaggio sugli investigatori è finito in manette. Si chiama Massimiliano Pippia, ventitreenne senza né arte né parte, una vita in nome della canna e un assegno mensile da invalido. Mentale.
«Sono stato io», ha ammesso subito di fronte ai poliziotti che ieri mattina lo hanno bloccato a Trieste mentre saliva su un treno per Venezia. Il perché invece non l’ha spiegato, o forse, semplicemente non ha potuto farlo perché non c’è. Dopo aver ucciso la ragazza stava preparandosi forse ad andare in vacanza.
Un delitto senza movente, ecco l’epilogo apparente di una storia malata cominciata con l’amore. Erano stati insieme per due anni, lui il ragazzo che anziché Marlboro inghiottiva spinelli suonando la chitarra e piantando marijuana sul terrazzo e Barbara. Lei piccola e minuta, una che non fa girare la testa ma che da tre mesi aveva un nuovo fidanzato.
Sabato la coppia avrebbe dovuto partecipare a una festa di matrimonio, domenica sarebbe partita per le ferie. Ma al cellulare da venerdì sera Barbara non rispondeva più. E nemmeno a casa. È scattato l’allarme. Il giovane in questura, accompagnato da fratelli e amici, domenica ne aveva denunciato la scomparsa. Sapeva anche lui di quella relazione appena finita, forse non sapeva che lei continuasse ancora a vedere il suo ex. Così la polizia ha citofonato in casa Pippia. Senza risposte. Rassegnandosi. Del resto i vicini non avevano visto né sentito nulla in questo condominio anonimo dove si vi sopravvive soli.
Il fratello di Massimiliano, Alessandro, di due anni più grande, da qualche mese vive in Australia. Dicono che se ne sia andato per amor di una ragazza e per lavoro. Ma anche, e soprattutto, per tenersi lontano da quel fratello con cui aveva finora condiviso la casa. Genitori separati, piccola borghesia, un appartamento lasciato ai due e un futuro da riconquistare. La notte scorsa la polizia si è invece presentata in forze, con i vigili del fuoco, che hanno forzato una finestra dell’abitazione. Sembrava che Barbara dormisse. Nessun segno di colluttazione, né di violenza.
«Non l’ho ammazzata per gelosia, semmai geloso avrebbe dovuto essere l’altro
», ha detto nel suo dormiveglia liquido, sconvolto dalla droga Massimiliano. Poi eccolo stramazzare a terra. Una crisi epilettica. Quella che per ora gli evitato la cella. Dopo la confessione è stato trasferito all’ospedale di Trieste. Piantonato, in stato d’arresto. Ora toccherà a uno psichiatra. E alla scientifica. A questo noir di mezza estate manca ancora più di un tassello. A cominciare dal perché.
(Andrea Acquarone)

 

“Ho cercato di rianimare Barbara”
Massimiliano Pippia, 25 anni, ha cercato di rianimare Barbara Brandolini, dopo averla strangolata, per almeno due ore. Quando si è reso conto che non c’era più nulla da fare ha tentato la fuga, allontanandosi dal suo appartamento. Il giovane, con difficoltà psichiche, è stato trasferito nel carcere di Bergamo: per lui si prospettano accertamenti psichiatrici disposti dall’autorità giudiziaria.
“Ho cercato di rianimarla almeno fino alle tre di notte, poi ho capito che non c’era più nulla da fare”: con queste parole Massimiliano Pippia, 25 anni, ha concluso l’interrogatorio del giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino, nel carcere di Bergamo, dove è stato trasferito da Trieste.
Pippia, come aveva fatto in questura a Trieste e di fronte al pm Maria Esposito, ha così ricostruito le fasi dell’omicidio di Barbara Brandolini, 27 anni, di Bergamo, strangolata nella notte tra il 25 e il 26 luglio nell’appartamento di via Gasparini 19/a, dove la giovane viveva. In seguito, ha affermato l’omicida, il cadavere della Brandolini è stato trasportato da lui stesso nell’appartamento di via Pizzo Recastello 18, di proprietà dei genitori del 23enne. Il 23enne dovrà essere sottoposto ad accertamenti psichiatrici da parte di medici delegati dall’autorità giudiziaria.
Massimiliano Pippia, ex fidanzato della vittima, già in cura per gravi difficoltà psichiche, e con precedenti per detenzione di stupefacenti, ha anche spiegato di aver ucciso Barbara Brandolini stringendole le mani attorno al collo. Poi il tentativo di rianimazione, vano, e la decisione di spostare il corpo nell’altra abitazione.
Il cadavere era stato poi scoperto alle 3 della notte tra il 27 e il 28 luglio dalla polizia, in seguito all’allarme lanciato da due fratellastri della vittima e dal suo fidanzato, anche perché la donna avrebbe dovuto essere ad un matrimonio sabato 26 luglio, al quale non si era presentata. Barbara Brandolini, priva di vita, era sotto un piumino nella casa di via Pizzo Recastello, nella stanza da letto dell’omicida chiusa a chiave, mentre lui era in fuga a Trieste. Lo stesso Pippia, mentre si trovava in hotel a Trieste, nella stessa notte del ritrovamento, aveva chiamato un’amica in comune con la Brandolini dicendole “Barbara non c’è più”. E a quel punto era scattata l’irruzione della polizia nell’appartamento di via Pizzo Recastello, tramite l’ausilio dei vigili del fuoco.

Omicidio Brandolini: una nuova perizia
Disposta per capire lo stato dell’imputato
COLPO DI SCENA al processo contro Massimiliano Pippia, il 26enne di Bergamo, da tempo affetto da gravi problemi psichici (è invalido al 100%), reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata, Barbara Brandolini, 27 anni, commessa in un negozio di abbigliamento nella galleria Auchan in via Carducci, soffocata nella notte tra il 25-26 luglio 2007 nell’appartamento del ragazzo, in via Pizzo Recastello a Bergamo.
IERI ERA PREVISTA la sentenza del giudice dell’udienza preliminare Vittorio Masia (il dibattimento si celebra con il rito abbreviato, che, in caso di condanna, consente all’imputato di ottenere lo sconto di un terzo sulla pena). Ma, al termine dell’arringa del difensore di Pippia, l’avvocato Gianluca Quadri, che ha chiesto l’assoluzione del suo assistito per totale incapacità di intendere e volere, il gup ha sorpreso un po’ tutti dichiarando di voler andare più a fondo nella vicenda prima di pronunciare la sua sentenza. Per questo ha disposto una nuova perizia psichiatrica nei confronti dell’imputato, che questa volta, a differenza delle precedenti, sarà effettuata da tre medici insieme. Gli specialisti avranno il compito di chiarire meglio le condizioni di salute attuali del giovane.
L’INCARICO verrà loro affidato il 17 settembre prossimo. Massimiliano Pippia, per il quale il pm Maria Esposito ha chiesto una condanna a 12 anni di reclusione per omicidio volontario (con la concessione dello sconto di pena per un vizio parziale di mente), e, una volta scontata la pena, 3 anni in casa di cura e custodia, è già stato sottoposto a una perizia dal dottor Sergio Luca Monchieri: per l’esperto il 27enne avrebbe avuto una capacità di intendere e volere grandemente scemata al momento del fatto.
DURANTE L’UDIENZA dell’8 luglio, invece, era stato sentito il dottor Piero Pieretti, responsabile dell’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, dove Pippia si trova rinchiuso in regime di cura e custodia. Lo specialista aveva affermato che «per quanto da me osservato, attualmente Massimiliano Pippia, non è socialmente pericoloso, se non per se stesso». Al termine dell’udienza di ieri, i parenti di Barbara Brandolini hanno inveito prima contro Pippia, poi, all’esterno del Tribunale, contro il suo difensore al quale hanno rivolto applausi ironici accompagnati da alcuni «bravo, bravo».
IL GIOVANE ha sempre dichiarato di aver ucciso Barbara non per gelosia (sembra che lei avesse un nuovo fidanzato), ma su richiesta della stessa ragazza, perché anche lei, come lui, era disperata e stanca di vivere. Qualche ora dopo il delitto, era stato fermato e arrestato dalla polizia alla stazione ferroviaria di Trieste.
(Michele Andreucci)

Soffocò la fidanzata: 16 anni e risarcimento di 400 mila euro
E’ stato condannato con il rito abbreviato a 16 anni Massimiliano Pippia, il 23enne di Bergamo che he nel luglio 2008 uccise la ex fidanzata Barbara Brandolini. Al termine dei 16 anni, se sarà ritenuto socialmente pericoloso, dovrà scontare altri 4 anni come misura di sicurezza in una casa di cura e custodia. Il giudice ha riconosciuto la seminfermità mentale del giovane e ha disposto un risarcimento provvisionale di 200 mila euro a testa per i genitori della fidanzata.
I periti nominati dal gup Vittorio Masia il 27 gennaio 2010 avevano confermato il vizio parziale di mente per Pippia, confermando quindi la tesi del consulente dell’accusa, e cioè la «capacità di intendere e volere grandemente scemata ma non totalmente esclusa». Per questo motivo il pm Maria Esposito aveva chiesto una condanna a 12 anni più tre di ospedale psichiatrico giudiziario.
Il difensore Gianluca Quadri, basandosi sulla consulenza difensiva da cui risultava il vizio totale di mente, aveva invece chiesto l’assoluzione. Il giudice mercoledì mattina ha riconosciuto l’attenuante della seminfermità mentale ma, insieme alle attenuanti generiche, le ha ritenute equivalenti a una precedente condanna per detenzione di hashish, di fatto così annullandole.
Partendo da 24 anni, quindi, il giudice è giunto alla condanna a 16 anni in quando il rito abbreviato consente lo sconto della pena di un terzo. Restano i 4 anni in una casa di cura, che però saranno scontati solo se sarà riconosciuta la pericolosità sociale di Pippia.
Massimiliano Pippia è accusato di avere ucciso l’ex fidanzata, Barbara Brandolini di 27 anni, soffocandola: il corpo, avvolto in un piumone, era stato trovato nell’appartamento di Pippia, in via Pizzo Recastello. A dare l’allarme erano stati alcuni parenti, che attendevano la ragazza al matrimonio del fratello: non vedendola arrivare, avevano dato l’allarme alla questura.
Un controllo nell’appartamento di lei, in via Gasparini, non aveva dato esito: solo quando gli agenti avevano deciso di verificare dall’ex fidanzato avevano trovato il cadavere di Barbara Brandolini, senza segni di violenza. Pippia invece era stato rintracciato dopo alcune ore alla stazione ferroviaria di Trieste, dove era stato fermato. Portato in carcere, aveva ammesso, spiegando di aver ucciso la ragazza anche per dar seguito ad un desiderio di lei, dato che entrambi sarebbero stati stanchi di vivere.

Strangolò la «ex» alla Celadina Dovrà scontare 13 anni e 4 mesi
È stata ridotta in appello a tredici anni e quattro mesi la condanna per omicidio volontario nei confronti di Massimiliano Pippia, il ventiquattrenne accusato di aver ucciso la propria ex fidanzata Barbara Brandolini, di 27 anni, a luglio del 2008 e difeso dall’avvocato Gianluca Quadri. La decisione è stata presa nei giorni scorsi dai giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia, che contrariamente alla sentenza di primo grado hanno escluso l’aggravante contestata della recidiva, portando così la pena da sedici anni a poco più di tredici: l’aggravante era motivata da una condanna avuta da Pippia per possesso di hashish alcuni anni prima, e il giudice di primo grado l’aveva ritenuta equivalente, nel conteggio della pena, alle attenuanti.
Il fatto risale alla fine di luglio del 2008: Massimiliano Pippia, ora detenuto in casa di cura in quanto ritenuto parzialmente incapace di intendere e di volere, secondo quanto ricostruito dalla pubblica accusa, aveva raggiunto la ragazza nella sua abitazione in via Gasparini, nel quartiere della Celadina, e lì l’aveva uccisa soffocandola. Quindi aveva portato il corpo nel suo appartamento, in via Pizzo Recastello e lo aveva lasciato lì, dandosi alla fuga. Solo a quarantotto ore di distanza era stato arrestato alla stazione ferroviaria di Trieste con l’accusa di omicidio volontario, e quindi portato in carcere.

 

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