Mario Camboni, 69 anni, ex Maresciallo della Guardia di Finanza, padre separato. Uccide a coltellate la figlia e ferisce gravemente il figlio. Condannato a 28 anni
Gavirate (Varese), 24 Aprile 2011
Titoli & Articoli
«Papà ci ha aggrediti, io sto morendo»Ale uccisa perché difendeva la madre (il Mattino di Padova – 27 aprile 2011)
Un uomo violento, incline agli scatti d’ira. Squarci di una sofferenza per troppo tempo tenuta nascosta. Stanno emergendo a poco a poco i particolari del dramma di Pasqua, tragedia consumata fra le mura di un elegante residente a Gavirate in provincia di Varese, dove Mario Camboni, 69 anni, maresciallo della Guardia di Finanza in pensione, ha ucciso con tre coltellate al petto la figlia Alessandra, 32 anni, psicologa tirocinante in ospedale a Camposampiero e residente ad Albignasego in via Filzi 15, e ferito gravemente Federico, l’altro figlio, 34 anni, avvocato a Milano.
Alessandra e Federico, sabato scorso, erano arrivati alle 19 a casa del padre con una colomba pasquale e 5 mila euro che sarebbero serviti all’uomo per pagare l’affitto del mini. Ma con loro avevano anche alcuni documenti che Mario Camboni avrebbe dovuto firmare: proprietà che avrebbero dovuto passare di mano. D’altra parte Mario Camboni era stato allontanato dalla villa di Mesenzana dove viveva con la moglie e il terzo figlio, fino al dicembre scorso, proprio perché con la consorte erano sorti «forti dissapori». La donna ieri mattina ha confessato ancora in lacrime al sostituto procuratore che il marito a volte la picchiava, un «vizio» retaggio del passato: per questo la famiglia aveva deciso di allontanarlo.
Sabato sera, tuttavia, l’ex maresciallo Mario Camboni aveva detto ai figli di essere stanco di vivere da solo nel residence. Alessandra lo aveva subito contraddetto, prendendo le difese della madre. Un battibecco lampo che con tutta probabilità ha armato la mano dell’uomo.
Ieri pomeriggio si è tenuta l’udienza di convalida davanti al gip, ma Mario Camboni, originario di Cagliari, è apparso ancora confuso, dicendo di non ricordare il perché si è avventato contro Alessandra. La convinzione degli investigatori, tuttavia, è che la tragedia sia legata alla lunga crisi nata dalla separazione dalla moglie.
Le condizioni del figlio ferito, nel frattempo, stanno migliorando. I carabinieri hanno scoperto che Federico, mentre fuggiva con il ventre squarciato dalle coltellate del padre, riuscì a telefonare col cellulare alla madre: «Papà ci ha aggrediti, anch’io sto morendo», avrebbe detto prima che le forze lo abbandonassero. Il giovane è stato salvato da alcuni passanti che gli hanno tamponato le ferite e hanno chiamato l’ambulanza.
In attesa dell’autopsia sul corpo della giovane psicologa (si dovrebbe svolgere domani) gli investigatori stanno ricostruendo il «film» dell’omicidio. Ieri Mario Camboni ha sostenuto di aver rivolto il coltello prima verso di sé, poiché era disperato e pronto a tutto (versione smentita dal figlio che ha parlato di un’improvvisa aggressione contro Alessandra). L’uomo ha anche ricordato di essere uscito in corridoio e di aver bussato a tutte le porte per chiedere aiuto. Infine di essere tornato verso l’appartamento ma si sarebbe chiuso fuori. I carabinieri, in effetti, per entrare, hanno dovuto chiamare il custode che ha aperto con le sue chiavi. Mentre l’omicida era sul ballatoio, seduto con il coltello posato ai suoi piedi. In stato di choc, con lo sguardo basso e le mani lungo i fianchi.
L’omicida di Gavirate in carcere “Non riesco neanche a piangere” (la Provincia di Varese – 27 aprile 2011)
Il 69enne Mario Camboni covava dentro di sé un rancore sordo e feroce. Si sentiva vittima di un’ingiustizia. Era stato messo alla porta, lo scorso 27 dicembre, proprio dalle persone che diceva di amare di più: la moglie Maria Irene Zuretti e i figli Alessandra, Federico e Cesare. Tutti i suoi tentativi di tornare a casa erano falliti. E di ciò accusava la moglie, colpevole a suo dire di rifiutare a priori qualsiasi dialogo. Ma accusava anche i figli: era convinto che gli avessero voltato le spalle e che, invece di lavorare per la riunificazione della famiglia, parteggiassero apertamente per la madre.
Non è escluso che fosse davvero così. Da quanto risulta agli investigatori, Camboni picchiava la moglie. E ciò avveniva da anni, anche se non erano mai state sporte denunce contro di lui. I figli, allontanandolo, avrebbero solo cercato di evitare che la situazione dentro casa degenerasse ulteriormente.
Interrogato ieri dal giudice per le indagini preliminari Cristina Marzagalli, Camboni (che è assistito dall’avvocato Maria Portalupi) ha però negato la circostanza. Ha ammesso di aver strattonato la moglie a dicembre: ma solo perchè lei non ne voleva sapere di tentare di rimettere insieme i cocci della loro relazione.
Il fiele accumulato è esploso, all’improvviso, nella sera di Pasqua: quando Camboni, afferrato un coltello da cucina con una lama lunga 30 centimetri, ha ucciso Alessandra, 32 anni, e ha ferito gravemente Federico, 34 anni. I due erano andati a trovarlo nel residence Le Arcate, di Gavirate, dove l’ex maresciallo della Finanza viveva da quando era stato scacciato. Con sè avevano portato una colomba pasquale. Ma anche 5mila euro in contanti e una serie di documenti. La famiglia di Camboni è piuttosto benestante (lo stesso ex militare gode di una pensione di circa 2mila euro al mese). Ha diversi interessi immobiliari. E per gestirli, c’è bisogno della firma congiunta di marito e moglie. L’ipotesi è che i soldi servissero per pagare il residence, e che i documenti riguardassero proprietà in comune con la moglie. Non è escluso, dunque, che a innescare una bomba che era già in procinto di scoppiare ci possano essere state anche divergenze in ambito economico.
Sentito poche ore dopo l’omicidio, Camboni aveva raccontato al sostituto procuratore Luca Petrucci di aver sì afferrato il coltello, ma non per fare del male ai figli; al contrario, voleva pugnalarsi da solo in segno di disperazione. Poi aveva proseguito dicendo di non ricordare più nulla fino a quando, vagando per i corridoi del residence, bussava agli altri appartamenti per chiedere aiuto (in questo girovagare, Camboni si chiuse da solo fuori dalla porta). Ma questa versione fa a pugni con quanto narrato da Federico: il padre avrebbe brandito il coltello e si sarebbe subito scagliato contro Alessandra.
Davanti al gip, Camboni ieri ha però cambiato parzialmente versione: ha detto di avere un blackout in testa che inizia con l’arrivo dei figli e che termina con il suo vagabondare nel residence.
L’autopsia sul corpo di Alessandra verrà effettuata giovedì mattina. Federico è stato operato al braccio lesionato e al torace: un fendente gli ha lesionato parzialmente un polmone e il fegato. Ma non è già più in rianimazione: se la caverà. Lui però era convinto che sarebbe morto. Scappando dall’alloggio del padre, e lasciando dietro di sè una lunga scia di sangue, prima di stramazzare aveva trovato la forza di telefonare alla madre. «Mamma, papà ha accoltellato Alessandra. Forse è morta. E anche io sto morendo…».
Camboni si trova invece rinchiuso nel carcere dei Miogni (anche se è probabile che venga trasferito in un’altra struttura). Appare tranquillo, ma sotto choc, ancora incredulo della tragedia da lui stesso provocata. «Non riesco neanche a piangere», avrebbe confidato agli investigatori.
Genitore depresso tentò di ucciderlo, il figlio denuncia lo psichiatra (Varese News – 22 settembre 2011)
Il figlio di Mario Camboni imputa al medico lesioni personali colpose: non avrebbe capito che l’uomo era malato e violento. Ma sarà il consulente del giudice a chiarire se era davvero accecato dalla malattia
Il padre cercò di ucciderlo, il figlio sopravvissuto alla mattanza denuncia lo psichiatra che aveva in cura il genitore.Federico Camboni, scampato il 25 aprile scorso, a Gavirate, alle coltellate del padre Mario, ritiene il medico che si occupò del caso responsabile di lesioni personali colpose. Tramite il suo avvocato ha presentato una querela che, se le indagini confermeranno una anomalia psichica dell’omicida, potrebbe preludere a un’iscrizione nel registro degli indagati del sanitario. Siamo però ancora nel campo delle ipotesi.
La famiglia Camboni, che in questa storia è anche parte offesa, si sarebbe decisa alla clamorosa iniziativa giudiziaria proprio mentre è in corso l’incidente probatorio, ordinato dal gip Cristina Marzagalli, per chiarire se l’ex maresciallo della finanza sia davvero insano di mente. La perizia, tra l’altro, è stata affidata allo psichiatra varesino Mario Girola (si occupò anche del caso Elia Del Grande) e sarà una prova importante al processo. Camboni è praticamente reo confesso ma vanno forse chiarite ancora le circostanze che nei mesi precedenti al 25 aprile hanno portato alla tragedia.
La svolta alle indagini potrebbe arrivare solo in caso di verdetto di infermità, anche parziale, poichè è solo dopo una tale decisione che entrerebbe in gioco l’ipotesi di un omesso controllo del medico, fino a questo momento ipotizzato dalla sola parte offesa.
Mario Camboni, ex maresciallo della Guardia di finanza, uccise il 25 aprile la figlia Alessandra e ferì gravemente il figlio Federico a colpi di coltello. L’uomo era stato allontanato da casa dai figli e dalla moglie per dissidi familiari, ma aveva anche iniziato delle cure a causa di una cupa depressione, o comunque disturbi di varia natura, che lo avrebbero colpito in quei mesi. Federico Camboni, sopravissuto alla tragedia, sarà intanto interrogato oggi dal pm Luca Petrucci, mentre è probabile che il perito si pronunci entro novembre sull’infermità. Anche la procura attende di capire come stiano le cose per decidere sull’eventuale iscrizione nel registro degli indagati, o meno, del sanitario.
“Camboni sapeva d’uccidere” (la Prealpina – 14 gennaio 2012)
Il perito del pm favorevole al rinvio a giudizio dell’assassino della figlia. La difesa: “No. Ha turbe psichiche”
Nella mattinata di mercoledì 11 gennaio la perizia psichiatrica sul delitto di Pasqua a Gavirate è stata discussa davanti al giudice delle indagini preliminari Cristina Marzagalli. Lo psichiatra Mario Girola ha illustrato il suo lavoro al gip e alle parti e ha spiegato perché a suo parere Mario Camboni, 69 anni, era capace di intendere e di volere quando uccise a coltellate la figlia Alessandra e ferì l’altro figlio, Federico nel residence in cui da qualche tempo viveva solo.
I difensori di Camboni, gli avvocati Maria Portalupi e Paolo Bossi, contestano le conclusioni della perizia sulla base di quanto ha stabilito il loro consulente: l’ex finanziere non sarebbe stato in sé al momento del delitto perché avrebbe sofferto di uno stato dissociativo temporaneo, conseguenza di un disturbo della personalità acuito dall’allontanamento da casa gestito proprio dai figli.
Camboni che era in aula ed è apparso smarrito e sofferente, dice di non ricordare nulla delle coltellate: per il dottor Girola si tratta di una reticenza che rappresenterebbe un tentativo di autodifesa, mentre per i difensori l‘anziano soffrirebbe di un’amnesia “a macchie”, a riprova dei suoi problemi psichiatrici.
Ora il pm Luca Petrucci si prepara a chiudere l’indagine e a chiedere il rinvio a giudizio di Camboni.
Condannato a 28 anni il papà della psicologa Alessandra Camboni (il Mattino di Padova – 20 febbraio 2013)
La donna, che abitava ad Albignasego, fu uccisa a coltellate Per la famiglia la sentenza della Corte d’Assise è troppo mite
Il padre di Alessandra Camboni, Mario, è stato condannato a 28 anni di reclusione. La sentenza è giunta l’altro ieri, dopo che la Corte d’Assise di Varese, presieduta dal giudice Ottavio D’Agostino, si era riunita per otto ore in camera di consiglio. Sentenza che non ha accolto le richieste del pm Luca Petrucci, che invocava una condanna all’ergastolo, in quanto non sono state riconosciute le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, affermando invece che il delitto commesso dall’ex finanziere settantenne sia stato dettato da un impulso omicida improvviso. L’uomo aveva confessato il delitto subito dopo l’arresto ed è stato dichiarato incapace di intendere e di volere. Una sentenza giudicata troppo mite dalla famiglia.
Alessandra Camboni,33 anni, era originaria di Marchirolo, ma si era trasferita a Padova e risiedeva da alcuni anni nel quartiere di San Tommaso ad Albignasego. Dopo la laurea, aveva iniziato a lavorare come psicologa tirocinante in ospedale a Camposampiero. La sua vita trascorreva serena. Tra il lavoro, gli amici e la sua adorata gattina, fino al giorno di Pasqua i due anni fa, il 24 aprile. In occasione delle festività era tornata a Varese a trovare i famigliari: con il fratello Federico, 34 anni, avvocato a Milano, si era recata a Gavirate, nel residence in cui abitava il padre Mario, che era stato allontanato dalla casa familiare per i ripetuti episodi di violenza contro la moglie. Alessandra gli aveva portato vestiti, denaro e una colomba pasquale. Durante la visita il padre aveva chiesto di poter tornare a casa, ma gli era stato negato il permesso, per cui aveva riversato la sua rabbia e la sua furia contro i figli. Preso un coltello da cucina, aveva inferto oltre una decina di coltellate contro Alessandra, una delle quali mortali. Quelle dirette invece all’altro figlio, Federico, intervenuto nel tentativo di salvare la sorella, non erano risultate fortunatamente fatali. Il giovane riuscì a scappare dalla casa e a chiamare aiuto. All’arrivo dei soccorsi il padre venne ritrovato in stato confusionale, ma ammise il delitto; per Alessandra non ci fu purtroppo più nulla da fare.
Uccise la figlia, condanna confermata in appello a 28 anni (il Giorno – 8 gennaio 2014)
La corte di appello di Milano ha confermato 28 anni di carcere per Mario Camboni, l’uomo che, il 24 aprile del 2011, uccise a coltellate la figlia Alessandra e ferì il figlio a Gavirate (Varese). Il pg di Milano aveva chiesto l’ergastolo ma visti i 70 anni del killer la pena equivale di fatto alla massima condanna prevista dal codice penale. La corte non ha cambiato nulla rispetto alla sentenza di primo grado e ha confermato l’impianto accusatorio fornito della procura di Varese. I due figli gli portarono la sera di Pasqua del 2011 una colomba come gesto pacificatore dopo anni di liti: lui iniziò a litigare con i figli e brandì un coltello. Poi la tragedia.
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In memoria di
Tragico incidente dopo il funerale (la Nuova Sardegna – 10 maggio 2011)
Vittime le 2 sorelle cagliaritane di Mario Camboni dopo le esequie della nipote
Due sorelle cagliaritane morte in un incidente stradale a Borgo Ticino in provincia di Novara. Lucia Camboni viveva in città, in via Redipuglia, a due passi da piazza San Michele. La sorella Franca Laura si era invece trasferita da tempo a Bodio Lomnago, vicino a Varese. Entrambe, nei giorni scorsi erano al funerale della nipote Alessandra, uccisa dal loro fratello Mario.
Dolore su dolore. Giovedì c’era stato il funerale di Alessandra Camboni, la giovane psicologa vittima del raptus omicida del padre Mario, finanziere di origine sarda da tempo trasferito in Lombardia. Una tragedia familiare nata da un momento di follia: Camboni una settimana fa si era scagliato contro la figlia con un coltello. Inutile era stato l’intervento di Federico, fratello di Alessandra. Il funerale si era svolto a Mesenzana, vicino a Varese. Lucia Camboni era partita dalla Sardegna proprio per l’ultimo saluto alla nipote e aveva raggiunto la sorella Franca Laura a Bodio. Un viaggio di dolore e disperazione. Ma il destino aveva in serbo altre bruttissime sorprese. Non bastavano la nipote morta in quel modo e il fratello in carcere incapace anche di ricordare quel momento di follia. L’ultima tragedia risale a domenica mattina. Lucia, considerata la situazione, aveva deciso di trattenersi ancora qualche giorno in Lombardia. E domenica mattina le due sorelle erano a bordo della Citroen C3 guidata dalla figlia di Franca Laura, Elisabetta Sessa, 29 anni. Avevano preso l’A8. La tragedia si compie in una frazione di secondo, a causa di un improvviso rallentamento del traffico. L’auto, secondo la ricostruzione del compartimento della Polizia Stradale di Romagnino Sesia intervenuta per i rilievi di rito, ha sbandato paurosamente da una parte all’altra della carreggiata. L’ultimo cambio di direzione è fatale: la vettura, scivolata dalla terza corsia al bordo della A8, si è impennata su un ostacolo, ha sfondato la rete di recinzione ed è rotolata più volte lungo un leggero pendio finendo la sua corsa in un campo adiacente. Lucia Camboni, 61 anni, è morta sul colpo. Per la sorella Franca Laura, 66 anni, aiutata da un medico in transito che l’ha liberata dalle cinture di sicurezza, si è reso necessario il trasferimento all’ospedale Maggiore con l’elisoccorso. Ma la donna non è riuscita a resistere alle gravi ferite riportate: è morta poche ore dopo il ricovero. Si è salvata solo la ragazza al volante, la figlia di Franca Laura. Per lei una prognosi di dieci giorni. Dal giorno di Pasqua una tragedia dopo l’altra. E una sofferenza immane. Tutto era iniziato durante le ultime feste, da quella visita di fratello e sorella al padre Mario. Finita sulle pagine di tutti i giornali. Un lutto terribile: tutta la comunità si era stretta intorno alla famiglia Camboni, gente conosciuta e benvoluta. Neanche il tempo della consolazione che il destino ha riservato per la famiglia Camboni una nuova immane tragedia.(st.am.)