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Il branco di Leno: Giovanni Erra (36 anni, operaio e padre), Nicola Bertocchi (16 anni, manovale), Nicola Vavassori (16 anni, muratore), Mattia Franco (14 anni). Sequestrano, violentano, seviziano e uccidono una vicina di casa 14enne. Condannato a 30 anni Giovanni Erra, 18 anni per Nicola, 15 e 10 anni per Nico e Mattia. Tutti liberi, tranne Erra che si è sempre professato innocente e chiede la revisione del processo. Resta il sospetto di una rete di pedofili e di una verità giudiziaria inesatta e parziale

Leno (Brescia), 28 Settembre 2002

cascinamattianico

 

Nicola Bertocchi., 16 anni, manovale. Condannato a 18 anni di reclusione. Libero.

Nicola Vavassori. (Nico) , 16 anni, muratore. Condannato a 15 anni di reclusione. Libero.

Mattia Franco (Bibo) , 14 anni. Condannato a 10 anni. Libero.

Giovanni Erra (nella foto), 36 anni, operaio e padre. Condannato a 30 anni di reclusione


Titoli & Articoli

Il branco che uccise Desirée Piovanelli (Le stronzate di Pulcinella – 13 ottobre 2014)
Era il 28 settembre 2002, Leno, in provincia di Brescia. Desiree Piovanelli, 14 anni, frequenta il liceo scientifico. Nel pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, esce di casa. Le sue tracce si perdono lì, lungo una stradina del piccolo comune, vicino casa sua. Il mattino successivo sul cellulare del fratello arriva un sms: “so che state in pensiero, ma non preoccupatevi. Sto bene, non torno a casa”. Un messaggio un po’ strano, perché accredita la “pista” di una fuga d’amore … ma non è stato inviato dal cellulare di Desiree.
Le indagini portano subito ad un primo risultato: l’sms proviene da una prepagata smarrita da una donna a Jesolo, nell’agosto del 2002, in un camping. Grazie ad una serie di dati incrociati i Carabinieri arrivano ad individuare un sedicenne vicino di casa dei Piovanelli, Nicola, che – guarda caso – nell’agosto 2002 era proprio in quel camping. Ragazzino con un carattere ribelle. Beve, è arrogante, prepotente. Nicola, interrogato, fa il duro, non parla, ammette solo di aver inviato l’sms. Dopo ore di interrogatorio gli inquirenti lasciano Nicola in una stanza con suo padre: un’intercettazione ambientale rivelerà che è l’assassino di Desiree. Lo confessa lui stesso, in uno scatto d’ira . E accompagna gli inquirenti nel luogo dove sa che troveranno il cadavere della ragazzina.
Si chiama Cascina Ermengarda, quel luogo. E’ un casolare diroccato e abbandonato. All’improvviso è diventato un teatro dell’orrore. Il corpo di Desiree è lì, massacrato di coltellate. La scena che si presenta agli occhi dei Carabinieri è agghiacciante.
Le braccia di Desiree sono legate da fascette autobloccanti, il sangue è ovunque, la violenza che è stata esercitata sulla ragazza è spaventosa. Eppure la stessa ragazza aveva scritto sul suo diario:”“Nicola, attenzione, da non frequentare”..
Pressato dagli inquirenti Nicola ammette che c’era anche un’altra persona :Mattia, un ragazzino di 14 anni. Lo prelevano e ammette: si, c’era anche lui alla cascina. Quando è arrivato – racconta – con Desiree c’erano Nicola e un certo Nico. Lei era già ferita. Due giorni prima questo Nico gli aveva detto che avrebbe voluto violentare Desiree. E anche Nicola era dello stesso avviso. L’idea era proprio quella di portare la giovane alla cascina, di immobilizzarla e di abusare di lei. Proprio per questo erano state acquistate le fascette. E il coltello.
I Carabinieri fermano pure Nico, ma con scarsissimi risultati. Non parla, adotta un atteggiamento da duro. L’accusa per tutti e tre, comunque, è di omicidio volontario premeditato, con l’aggravante dei futili motivi.
Tutto questo orrore potrebbe bastare. E invece no. Mattia continua a parlare: quel giorno con loro c’era anche un adulto. E’ Giovanni Erra, un operaio di Leno, sposato e padre di un bambino di otto anni. Erra aveva raccontato ai ragazzini che Desiree lo cercava.
Erra è un personaggio strano: è un adulto con un cervello da ragazzino. Deviato, però. E cocainomane, oltre che ubriacone. Durante l’interrogatorio si scopre che la storia che Desiree lo cercava era una grande balla. Lo aveva detto per farsi grande con i tre ragazzini.
Prima nega , poi ammette. Si, c’era anche lui qual pomeriggio, ma dice di essere arrivato quando tutto era stato compiuto. A seguito delle indgini dei Ris di Parma e ulteriori indagini degli organi competenti, si giunge alla verità.
Nicola invita Desiree alla cascina con il pretesto di mostrarle una cucciolata di gattini. Quando i due arrivano sul posto, ad attenderli ci sono Nico e Mattia. La ragazza viene percossa, insultata, Desiree urla a Nicola: “Mi fai schifo!” Lui si infuria. Poi arriva Erra. Ed è quando sono tutti insieme che inizia il massacro vero e proprio. Dopo il primo colpo lei cerca di fuggire, ma viene bloccata da Erra e da uno dei ragazzini, e colpita ancora da Nicola per due volte alla schiena. Lo dice il sangue di Desiree: sulla scala di legno c’è l’impronta della sua mano ad indicare un tentativo di fuga. Un’altra macchia di sangue sul davanzale della finestra dice che ci ha provato una seconda volta, a scappare. L’ultimo colpo è alla gola, un colpo inutile, di troppo, ma la violenza è cieca.
Nicola, Nico e Mattia vengono giudicati dal Tribunale dei Minori: in silenzio e senza alcuna reazione ascoltano la lettura della sentenza. Una freddezza che fa paura, e che dovrebbe far riflettere. Come si può restare così cinicamente estranei dopo aver commesso un delitto simile? Nessun senso di colpa, nessuna remora, neppure un battito di ciglia. Alla fine saranno condannati rispettivamente a 18, 15 e 10 anni.
Erra invece fa sceneggiate, piange, invoca pietà, è patetico. Condannato in primo grado all’ergastolo, in secondo grado se la cava con 20 anni; la sentenza definitiva della Cassazione è di 30.
Mattia e Nico sono già in libertà da un po’ di tempo: si, perché l’indulto ha regalato tre anni di “sconto” a tutti, poi non dimentichiamo che ogni sei mesi di detenzione il condannato può ottenere 45 giorni di libertà anticipata per buona condotta.
Sono passati meno di undici anni dai fatti. Mattia oggi ha 25 anni, Nico 27. Ancora in carcere ci sono soltanto Nicola e Giovanni Erra, ma anche per loro il percorso detentivo sarà breve.

 

A 17 anni dalla morte si riapre il caso Desiree Piovanelli. “C’è altro oltre la verità giudiziaria” (Cremona Oggi – 1 aprile 2019)
Si riapre il caso di Desiree Piovanelli, la 14enne di Leno uccisa in cascina 17 anni fa.  Il padre Maurizio chiede la riapertura delle indagini, partendo da una traccia biologica trovata sul giubbino della ragazza, e di cui si parla anche negli atti processuali. La traccia biologica non apparterrebbe a nessuno dei soggetti su cui si sono concentrate le indagini. Il dubbio era già emerso nel libro del giornalista cremonese Roberto Fiorentini, che ora conferma: “c’è qualcosa oltre la verità giudiziaria”.

 

L’omicidio di Desirée Piovanelli: la difesa di Giovanni Erra e i dubbi del padre della vittima (FanPage – 26 agosto 2023)
Nel settembre 2002 cascina Ermengarda di Leno, comune che si trova in provincia di Brescia, la quindicenne Desirée Piovanelli è stata uccisa: è stata massacrata a coltellate. Il vicino di casa della ragazzina, un altro quindicenne, l’ha attirata con un pretesto: l’adolescente aveva progettato di violentare e uccidere Desirée insieme ad altri due coetanei e un adulto, Giovanni Erra nonché altro vicino di casa. Tutti sono stati arrestati e condannati in via definitiva. I tre ragazzi hanno già scontato la loro pena mentre Erra è ancora in carcere perché condannato a trent’anni. Nel 2019 ha chiesto la revisione del processo.
Da quel terribile giorno sono trascorsi 21 anni. Proprio l’anno scorso in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Resto del Carlino, il padre di Piovanelli ha sostenuto che per lui ci sarebbero ancora molti punti oscuri intorno all’omicidio della figlia. Ha spiegato che dietro l’efferato delitto ci sarebbe una rete di pedofili che sarebbe ancora attiva.
Giovanni Erra è l’unico ancora in carcere oggi, cosa sostiene la difesa
Giovanni Erra è tra coloro che è stato condannato per l’omicidio di Desirée Piovanelli. All’epoca dei fatti aveva 36 anni. L’ex operaio è l’unico, tra i quattro condannati, a essere ancora in carcere: è stato infatti condannato a trent’anni. Dall’istituto penitenziario, nel 2019, ha chiesto la revisione del processo. Erra, attraverso i suoi legali, contesta la ricostruzione dei giudici e sostiene di essere in carcere da innocente, come aveva scritto nel 2016 in una lettera. All’epoca aveva sostenuto che fosse tempo “di verità” e, in particolare, lungo il testo chiedeva ai tre ragazzi condannati con lui di raccontare veramente come fossero andate le cose.
Sulla condanna di Erra, si era espresso anche il fratello: l’uomo ha raccontato che Giovanni Erra si sarebbe recato nella cascina, dove è morta Desirée, perché nascondeva della droga. E proprio, una volta arrivato lì, avrebbe trovato il cadavere: si sarebbe poi allontanato senza dare l’allarme. Sarebbe poi tornato il giorno successivo per recuperare la sostanza stupefacente: “Mio fratello ha tentato parecchie volte di difendersi, ma non è mai stato creduto. È stato interrogato ed è arrivato al punto di dire: ‘Fate come volete però smettetela’”.
Nel 2022, in un’intervista al settimanale Giallo, l’avvocato di Erra – chiedendo nuovamente la revisione del processo – aveva spiegato che ci sarebbe uno scontrino che sposterebbe l’orario dell’acquisto dell’arma del delitto di un’ora. Il minore che ha acquistato l’arma avrebbe di averlo fatto alle 15.10, ma sullo scontrino l’orario riportato sarebbe un altro: 14.14. Questo escluderebbe il coinvolgimento del suo cliente. Per la difesa, inoltre, l’uomo sarebbe stato in casa a dormire al momento del delitto.
Il padre di Desirée Piovanelli: È stata una rete di pedofili
Per il padre di Desirée non è ancora emersa tutta la verità. Anche lui, infatti, aveva chiesto di poter riaprire il caso per poter chiarire tutti i punti oscuri della vicenda. Tra questi, ci sarebbe una traccia biologica che – all’epoca dei fatti – era stata isolata sul giubbotto indossato dalla figlia e che non apparteneva a nessuno dei condannati. Un elemento che non sarebbe mai stato approfondito. L’uomo ha spiegato che a rapire la ragazzina sia stata una rete di pedofili che opererebbe ancora nella Bassa Bresciana. Un’altra incongruenza riguarderebbe l’orario in cui Desirée sarebbe uscita da casa: “È uscita alle 14.30. Non è vero che è uscita un’ora dopo, alle 15.30. Uno dei ragazzi, dalle 15.15 alle 16, ha fatto parecchio telefonate. Quindi Desy era già morta”.
L’uomo ha spiegato che la telefonata quindi è stata molto lunga: “Come se il ragazzo avesse dovuto riferire a qualcuno quello che era successo. Perché non è stato verificato a chi ha telefonato e cosa si sono detti?”.

 

Il killer di Desirée libero nel 2025. Ma è già in comunità (il Giornale – 4 febbraio 2024)
Erra è l’unico adulto condannato per l’omicidio della 14enne a Leno. I sospetti del papà di lei: “C’è un quinto uomo”
È l’unico adulto condannato per l’omicidio di Desirée Piovanelli uccisa a 14 anni dopo un tentativo di stupro nella cascina Ermengarda a Leno (Brescia) nell’ottobre del 2002. Giovanni Erra potrebbe tornare libero già nel 2025 ma già non si trova più nel carcere di Bollate: è stato affidato ai servizi sociali e vive in una comunità. In virtù dei benefici di legge per buona condotta, dovrebbe tornare in libertà entro la fine del prossimo anno.
Erra è una delle quattro persone condannate per l’omicidio di Desirée. All’epoca dei fatti aveva 36 anni, e nel processo di primo grado era stato condannato all’ergastolo, pena poi ridotta a 20 anni in appello e poi tornata a 30 anni nel nuovo processo in Cassazione a Milano. Oltre a lui furono condannati tre minorenni – due sedicenni e un quattordicenne – che hanno già finito di scontare le rispettive pene.
Desirée fu uccisa in un cascinale diroccato che si trovava a pochi metri dalla casa in cui abitava. Il suo corpo massacrato a coltellate fu ritrovato la mattina del 4 ottobre 2002 dopo giorni di ricerche e la confessione di uno dei tre minorenni. La ragazza avrebbe provato a ribellarsi a un tentativo di violenza sessuale, colpita da una prima coltellata, poi avrebbe tentato di fuggire ma sarebbe stata di nuovo acciuffata dai suoi aguzzini, condotta di nuovo al piano di sopra del cascinale e quindi uccisa. Secondo i giudici la quattordicenne sarebbe stata attirata in quel luogo isolato dal vicino di casa quindicenne con il pretesto di mostrarle dei gattini appena nati.
Il padre della ragazza Maurizio Piovanelli resta convinto che quella ricostruita dalle indagini e dalle successive sentenze sia solo una parte della verità e sostiene che ci sarebbe un quinto uomo implicato nel delitto, che sarebbe indicata dalla presenza di una traccia biologica estranea a quelle dei quattro condannati, isolata già all’epoca sul giaccone indossato da Desirée e mai approfondito. «Traccia di un soggetto di sesso maschile diverso dagli indagati», secondo l’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano. Piovanelli chiede di riaprire il caso mentre i tre giovani hanno sempre negato la presenza di un’altra persona.


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