Sara Washington, 22 anni, commessa. Uccisa con un pugno poi chiusa in un sacco dell’immondizia e gettata nel fiume dal suo migliore amico
Beinasco (Torino), 27 Settembre 2007
Titoli & Articoli
Torino, uccisa e gettata in un canale (La Stampa – 30 settembre 2007)
Ferdinando L., 25 anni, ha confessato l’omicidio – La vittima è una commessa di 26 anni. Confessa l’omicida: lei non mi voleva
Uccisa e abbandonata in un sacco nero nel bosco a due passi da Torino. Sara Wasington, 26 anni, commessa in una crêperie del centro era scomparsa nel nulla giovedì sera. E si era subito temuto il peggio. Ieri notte, purtroppo, la svolta. Il cadavere della giovane è stato ritrovato dalla polizia a poche decine di metri dall’Isola del Pescatore, un laghetto a Villaretto, una località tra Torino e Borgaro. Il corpo era stato abbandonato dall’amico che l’aveva assassinata, Nando B. Il ragazzo è stato interrogato per alcune ore in questura. Alla fine è crollato e ha indicato ai poliziotti della sezione omicidi della Squadra Mobile il punto esatto. E il giallo di Sara si è così concluso, nel modo più tragico.
Sara era un ragazza minuta, molto carina. Viveva con la mamma Caterina, in via Rosta 25, alle spalle del quartiere di San Donato. Figlia unica di una famiglia normale, di grandi lavoratori, che si erano comperati con fatica l’alloggio al quinto piano dello stabile Anni 70. Faceva la commessa, aveva una vita specchiata, senza ombre. Le piaceva soltanto andare in discoteca. Spesso lo faceva con il fidanzato storico, Simone. Talvolta anche con una compagnia di amici suoi. E così è avvenuto anche giovedì sera.
Simone, il ragazzo con la quale stava da sei anni, alto e magro, tatuaggi sulle braccia, orecchini e occhiali da sole con la montatura bianca, amante delle auto sportive e della palestra, ha trascorso con lei una parte del tardo pomeriggio. «Alle 20 ci siamo salutati, lei mi ha detto che andava a prendere un cocktail nel solito bar e poi, dopo, sarebbe andata al The Beach, ai Murazzi, con i soliti amici». «Saretta» è andata davvero al bar. E qui ha incontrato Nando, un suo amico, soltanto amico, con il quale non aveva nessuna relazione sentimentale. Hanno bevuto insieme qualche cocktail e poi lui l’ha accompagnata a casa. Due ore dopo i due decidono di rivedersi. L’appuntamento è davanti all’ospedale Maria Vittoria. Lei arriva con la sua auto, una Fiat Punto bianca. Dopo essersi trovati ripartono nella notte a bordo dell’auto di lui, una Fiesta verde. Vagano per le strade, a lungo, discutono. Alla fine scoppia una lite furiosa. Lui probabilmente è innamorato di lei, e di fronte ad un rifiuto perde la testa. La aggredisce e la colpisce violentemente alla testa. Troppo forte. Perché la uccide. Quando capisce che Sara non respira più chiude il corpo in un sacco di plastica nero. Cerca di uscire dalla città, senza sapere dove. Vuole fuggire anche dal buco nero che ora ha in testa. Le strade sono deserte. Arriva alla periferia. Vede un bosco e decide di abbandonare lì il cadavere. Poi torna a casa.
Nella casa di Sara, invece, serpeggia l’angoscia. Lei non rientra. E non è mai stata fuori la notte senza avvertire. Il suo cellulare è muto. I genitori, preoccupati, si rivolgono alla polizia. E agli inquirenti il caso appare subito complesso. Iniziano le indagini non per una fuga volontaria. Ma per omicidio. L’auto di Sara, oltretutto, viene ritrovata chiusa, parcheggiata di fronte al Maria Vittoria.
Per tutta la mattinata di ieri, e fino alle 8 di sera, la polizia ha cercato Nando, operaio che si occupa del montaggio di stand. Di lui nessuna traccia. In questura, intanto, sfilavano gli amici e i conoscenti di Sara. Ognuno raccontava quel che sapeva. Frammenti di storie. Alibi inconsistenti. I genitori, intanto, sempre più disperati aspettavano negli uffici della Squadra Mobile. Ci sono rimasti per tutto il giorno. Sperando che arrivasse qualche buona notizia. Con loro, anche il fidanzato Simone. Alle 20 una pattuglia della Omicidi ha bloccato Nando e l’ha portato in questura. Due ore di interrogatori davanti al capo della mobile, Sergio Molino, e a quello della Omicidi, Marco Basile, l’hanno fatto crollare. In lacrime, pentito, ha raccontato il suo folle omicidio. Pochi minuti prima delle due di stanotte il furgone della mortuaria ha portato via il cadavere di Sara. Nando, invece, è stato accompagnato da una volante in carcere. Disperato, pentito, in lacrime, dice «Non volevo farlo, non so perché l’ho fatto. Io le volevo bene». (di Lodovico Poletto e Massimo Numa)
Ammazzata e nascosta in un sacco. L’amico confessa: “Sono stato io” (il Giornale – 1 ottobre 2007)
Lei lo respinge, lui la uccide con un pugno. Poi cerca di rubare a casa della ragazza. I genitori avevano denunciato la scomparsa della giorvane giovedì scorso
Non ha retto alle domande dei poliziotti e dopo quasi due ore di serrato interrogatorio ha confessato in lacrime di aver ammazzato la sua migliore amica. «Sono stato io, ma non so perché l’ho fatto. Le volevo bene». Ferdinando Lo Campo, operaio di 25 anni, ha colpito con un pugno alla testa la ventiseienne Sara Wasington, uccidendola. Poi ha nascosto il cadavere in un paio di sacchi neri della spazzatura e lo ha abbandonato in aperta campagna, a poche decine di metri dall’Isola del Pescatore, un laghetto artificiale tra Torino e Borgaro. All’origine del delitto, con molta probabilità, un amore non corrisposto.
È durato poco più di 48 ore il mistero della scomparsa di Sara, giovane commessa in una crêperie del centro, a Torino. Di lei si erano perse le tracce giovedì sera. Aveva trascorso il pomeriggio con il fidanzato, Simone. I due si erano poi salutati. «Vado a casa a cambiarmi – aveva spiegato Sara al ragazzo -, raggiungo gli amici nel solito bar e da lì ci spostiamo al The Beach». Al The Beach, locale torinese lungo i Murazzi del Po, Sara però non ci è mai arrivata. È andata effettivamente a bere qualcosa nel solito bar in piazza Statuto, poi è sparita. Qualcuno l’avrebbe vista salire sulla Ford Fiesta verde del suo amico Ferdinando, detto Nando. Poi più nulla, il buio.
Venerdì mattina i genitori della ragazza presentano una denuncia in questura, gli agenti della squadra mobile cominciano ad ascoltare parenti e amici della commessa scomparsa. In tanti sfilano lungo i corridoi della questura, l’unica persona con la quale gli agenti non riescono a parlare è proprio Nando. Il ragazzo non si trova fino a sabato sera, quando viene rintracciato e portato in questura. Dopo due ore di interrogatorio, Nando crolla. E in lacrime confessa il delitto.
Agli investigatori spiega di aver effettivamente incontrato Sara in un locale del centro, di aver bevuto un cocktail con lei e di averla poi accompagnata a casa. E di averla rivista un paio di ore più tardi. Ma non è così. Nel tragitto verso casa i due ragazzi discutono, litigano. Nando è innamorato di Sara e di fronte all’ennesimo rifiuto della ragazza perde la testa. La colpisce con un pugno e la uccide. Quando capisce che l’amica è morta, va a casa. Nasconde il cadavere in cantina, prende le chiavi dell’alloggio di Sara e raggiunge l’abitazione della ragazza. È in cerca di denaro, Nando. Denaro con cui poter fuggire da Torino. Entra in casa di Sara e va in camera da letto. Ma viene scoperto dalla madre della ragazza. In preda alla confusione, tenta di soffocare la donna e la colpisce alla testa. Poi fugge, torna a casa. Il mattino seguente nasconde il cadavere in due sacchi neri, lo carica sull’auto e lo abbandona in aperta campagna.
Nella sua prima versione dei fatti, Nando confessa il tentativo di rapina in casa di Sara. Nel suo racconto, però, c’è un buco. Un buco di circa due ore. Racconta di essere stato con Sara fino alle 22 di giovedì nel solito bar e di aver trascorso con lei circa mezz’ora. Lui avrebbe invece incontrato i suoi amici attorno a mezzanotte. Cos’è accaduto, quindi, tra le 22 e mezzanotte? Nando spiega di essere tornato al bar per recuperare la borsetta dimenticata da Sara sul bancone e di aver poi raggiunto l’abitazione dell’amica per consegnarla alla madre. Ma non è così: una cameriera del locale di piazza Statuto smonta il suo racconto. Messo alle strette, Nando confessa il delitto e accompagna gli agenti a recuperare il cadavere dell’amica. (di Giovanni Falconieri)
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In memoria di
‘Mia figlia non c’ è più, lui ha lo sconto’ (la Repubblica – 6 maggio 2010)
IGNORA Iannino, 20 anni di carcere all’ assassino di Sara… «Sono troppo pochi: solo un anno e due mesi in più rispetto a prima. Non posso accettare che gli sia stato concesso lo sconto del rito abbreviato. Per un genitore non è concepibile che venga nemmeno dato uno schiaffo al figlio, figuriamoci togliergli la vita. Non è giusto che la legge italiana consenta una tale agevolazione per il reato di omicidio, per giunta provato e anche ammesso». A differenza del primo grado, Lo Campo è stato ora condannato anche per aver tentato di uccidere lei e di rapinarla. Però non hanno riconosciuto l’ aggravante della crudeltà su sua figlia. Cosa ne pensa? «Avrei di gran lunga preferito che l’ assolvessero per me ma che lo condannassero al massimo per Sara. Come si fa a non considerare crudeltà quello che le ha fatto? L’ ha picchiata, l’ ha soffocata, l’ ha rinchiusa in due sacchi dell’ immondizia e non sappiamo nemmeno se fosse ancora viva quando l’ ha fatto… E poi l’ ha gettata via. Non voglio nemmeno pensare agli ultimi istanti di mia figlia. E come si fa a non considerare crudele uno che viene da me, prima cerca di uccidermi e poi mi aiutaa cercare mia figlia, mi dà il numero di telefono degli amici, pur sapendo cosa aveva fatto? Quello è un essere senza coscienza morale. Ha tolto la vita a mia figlia, che aveva tutto il diritto di vivere, e ha distrutto le nostre esistenze». Su Facebook c’ è un gruppo di 339 amici di Sara che la ricorda ogni giorno… «Tutti quelli che l’ hanno conosciuta le hanno voluto bene: Sara era semplice, ma piena di voglia di fare e di vivere. Del resto è stata uccisa proprio per una forma malata di bene, per una crudele fissazione morbosa nei suoi confronti».