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Giovanni Potenza, 27 anni, pescatore. Sposato, due figli. Uccide a colpi di pietra l’amante quattordicenne. Condannato a 30 anni.

Manfredonia (Foggia), 12 Novembre 2004

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Titoli & Articoli

Trent’anni al killer di Giusy (La Stampa – 27 luglio 2006)
Lo zio: «Lui protegge altre persone. Mi farò giustizia da solo»
Trent’anni di carcere. Tanto vale la vita di Giusy Potenza, la quindicenne uccisa nel 2004 a colpi di pietra dal cugino-amante dopo una lite sulla scogliera di Manfredonia. E’ questa la condanna decisa ieri dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia, Lucia Navazio, per Giovanni Potenza, suo cugino e suo assassino. E non ci si sarebbe potuti aspettare di più: trent’anni sono la pena più severa prevista dalla legge per un rito abbreviato.
Una sentenza pesante, che accoglie in pieno le richieste fatte dal pm Vincenzo Maria Bafundi per quel delitto orrendo, ma non soddisfa le aspettative di tutti. Almeno non quelle di Matteo Rignanese, zio di Giusy, fratello di sua madre morta suicida mentre era al settimo mese di gravidanza. «Questa condanna non rende giustizia. Sono sicuro che protegga altre persone. Peggio per lui se non vuole parlare: la storia non finisce qui». E davvero sembra non finire mai questa storia, iniziata con un omicidio feroce e diventata una folle tragedia familiare fatta di dolore, vendette, suicidi, minacce. Non c’è pace per questa casa, nemmeno dopo la sentenza. E non c’è consolazione per Rignanese: «Per me questa non è giustizia. La giustizia la farò io quando…, col tempo».
Le reazioni degli altri, di quel che resta della famiglia Potenza, arrivano per bocca degli avvocati Raul Pellegrini e Innocenza Starace. Toni distaccati, razionali. «Dal punto di vista giudiziario, siamo soddisfatti. Non si poteva chiedere di più».
L’inizio della tragedia risale al 2004. La mattina del 12 novembre Giusy Potenza, ragazzina di appena quindici anni, viene trovata morta con il volto sfigurato, a ridosso di una scogliera a Manfredonia. Era scomparsa il giorno prima: viene uccisa con un colpo di pietra sulla testa dopo un incontro di sesso. Si pensa a un omicidio di gruppo, si comincia a parlare di branco. Si seguono piste diverse finché quaranta giorni più tardi, il 23 dicembre, Giovanni Potenza, pescatore ventisettenne cugino di Giusy, viene fermato con l’accusa di omicidio: dall’esame del Dna risulta che il liquido seminale trovato sul corpo della ragazza è il suo. Lui, che come altri parenti aveva partecipato al dolore straziante della famiglia, confessa l’omicidio: ha ucciso Giusy perché minacciava di rivelare alla moglie la loro storia d’amore clandestina.
Il racconto di Potenza è preciso. Dice che la relazione andava avanti da un paio di mesi. Il giorno del delitto si sarebbero appartati in auto nelle campagne di Manfredonia dove, dopo aver fatto l’amore, avrebbero cominciato a litigare. La ragazza gli avrebbe chiesto di lasciare moglie e figli. Al suo «no» Giusy sarebbe uscita dall’auto, cadendo dalla scogliera. Potenza l’avrebbe soccorsa e dopo averla riportata vicino all’autovettura, avrebbe tentato di rianimarla. Ma Giusy avrebbe continuato a minacciarlo, dicendo che era decisa a raccontare tutto alla moglie. A quel punto il pescatore l’avrebbe colpita al capo con una pietra, uccidendola.
Una confessione precisa, che però non convince i legali della famiglia Potenza e viene subito rigettata dai genitori della ragazza. In effetti, diverse prove smentiscono la versione di Giovanni Potenza. Prima di tutto l’ipotesi della caduta accidentale, esclusa da ulteriori accertamenti sul corpo di Giusy. E poi la dinamica dell’omicidio, «addolcita» nella confessione. La morte di Giusy coincide con il crollo della sua famiglia: il papà finisce in carcere per aver tentato di uccidere per vendetta il padre di una ragazza coinvolta nella vicenda. Anche la mamma non regge al dolore: un anno dopo la morte della figlia si uccide mentre è al settimo mese di gravidanza.

 

Omicidio Giusy Potenza, uccisa a 14 anni: dopo 20 anni il cugino chiede perdono dal carcere (FanPage – 28 maggio 2023)
Giovanni Potenza confessò di aver ucciso la cugina Giusy, massacrata a colpi di pietra la sera del 12 novembre 2004 a Manfredonia. A suo dire, avevano una relazione clandestina. Il nonno “disposto a perdonare l’assassino di sua nipote solo se rivelasse chi sono i suoi complici”.
Dopo quasi venti anni dal giorno in cui uccise la cugina e ne abbandonò il corpo sugli scogli, Giovanni Potenza chiede perdono. Lo fa dal carcere nel quale è detenuto dopo una condanna definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio del 2004 a Manfredonia, in provincia di Foggia, della cugina di secondo grado Giusy Potenza. La ragazza aveva appena 14 anni. Giovanni Potenza, oggi 46enne, ha ora chiesto di essere perdonato dalla famiglia di Giusy. A darne notizia è l’avvocata  Innocenza Starace che assiste i parenti della vittima, tra cui il nonno materno. E proprio quest’ultimo ha fatto sapere attraverso il suo legale di essere “disposto a perdonare l’assassino di sua nipote solo se rivelasse chi sono i suoi complici”.
La stessa avvocata Starace è convinta che altre persone abbiano avuto un ruolo nell’omicidio di Giusy Potenza nel 2004. “Anche sotto il profilo giudiziario, sebbene il processo si sia concluso con una pesante condanna – le parole dell’avvocata – molti elementi emersi nel corso del procedimento già all’epoca dei fatti portarono a ipotizzare la presenza di complici”.
Giovanni Potenza è in carcere dal 2004: ha confessato ed è stato condannato in via definitiva con l’accusa di aver ucciso la ragazza, di averla sfigurata e poi di avere abbandonato il corpo su una scogliera. L’omicidio risale al 12 novembre del 2004: quel giorno Giusy uscì di casa senza mai più far rientro. Il giorno dopo i familiari sporsero denuncia alla polizia e nello stesso giorno venne ritrovato il corpo senza vita della ragazza.
All’epoca dei fatti Giovanni Potenza disse che da tempo aveva una relazione segreta con Giusy e che il giorno del delitto si erano appartati nelle campagne di Manfredonia. Secondo il racconto dell’uomo, che era sposato e padre di due figli, la ragazza gli avrebbe chiesto di lasciare la moglie ma, in seguito al suo rifiuto, Giusy sarebbe uscita dall’auto cadendo dalla scogliera. Potenza allora l’avrebbe soccorsa e tentato di rianimarla. La vittima, secondo la ricostruzione, avrebbe continuato a minacciare l’uomo aggiungendo che avrebbe raccontato a tutti della loro relazione. A quel punto lui l’avrebbe colpita con una pietra fino a ucciderla.
Quella di Potenza fu una confessione precisa, che però non convinse tutti e venne rigettata dai genitori della ragazza, che non credevano alla relazione clandestina. Anche l’ipotesi della caduta accidentale venne esclusa da ulteriori accertamenti sul corpo di Giusy. Secondo l’avvocata Starace, la quattordicenne venne uccisa dopo un tentativo di violenza sessuale.


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