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Francesco Lo Presti, 35 anni, disoccupato. Strangola la fidanzata e getta il corpo da un cavalcavia, poi finge di cercarla. Condannato a 30 anni di reclusione

Enna, 24 Aprile 2012

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Titoli & Articoli

Francesco Lo Presti arrestato per avere strangolato Vanessa Scialfa, cocainomane, uccisa perchè mentre facevano sesso pronunciava nome dell’ex (ViviEnna – 27 aprile 2012)
Lo Presti, durante la solita lite per gelosia, aveva poco prima assunto della cocaina, colto da un raptus, utilizzando i cavi di connessione del lettore DVD al televisore, la sorprendeva alle spalle e, dopo averle annodato i cavi attorno al collo, la sollevava di peso, scaraventando Vanessa sul letto. Successivamente continuava a serrare il nodo, fino a che la vittima non esalava l’ultimo respiro, poi soffocata con un fazzoletto imbevuto di candeggina. Dopodiché, riponeva il cadavere all’interno di un lenzuolo grigio chiaro e, dopo averlo assicurato con dei nodi, lo caricava, nel pomeriggio del 24, nel bagagliaio della propria vettura, dirigendosi verso la statale 122 (Pasquasia), per abbandonare il corpo nel luogo in cui è stato poi trovato dagli investigatori.
La furia omicida sarebbe stata scatenata dal convincimento che la ragazza, in un momento di intimità, avesse pronunciato il nome dell’ex fidanzato.
Francesco Mario Lo Presti, classe 1978, ennese disoccupato, nella notte del 27 aprile 2012 è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, da parte degli uomini della Squadra Mobile di Enna, diretti dal Vice Questore Aggiunto dott. Giovanni Cuciti, e coordinato dal Comm. Capo dott. Claudio Pucci, poiché indagato in ordine:
– al delitto previsto e punito dall’art. 61 n. 1, 575 c.p., 577 n. 4, perché strangolandola con un cavo di connessione audio – video di un lettore DVD e, quindi soffocandola con un fazzoletto imbevuto di candeggina, cagionava la morte di SCIALFA Vanessa, classe 1991, ennese; con l’aggravante dell’aver agito per motivi futili;
– al delitto previsto e punito dall’art. 61 n. 2, 412 c.p., perché, abbandonandolo lungo una scarpata contigua alla sede stradale, occultava il cadavere di SCIALFA Vanessa, dopo averlo avvolto in un lenzuolo di colore grigio; con l’aggravante di avere commesso il reato al fine di occultare il reato di cui al punto precedente.
commesso in Enna in data 24.04.2012.
Già dal pomeriggio dello scorso 24 aprile, i genitori della giovane Vanessa avevano denunciato ai Carabinieri di Enna la scomparsa della figlia, apparentemente allontanatasi volontariamente dall’abitazione ove viveva con il Lo Presti, a seguito di una lite per futili motivi.
Della ragazza non si avevano notizie da due giorni, nonostante le ricerche effettuate anche tramite elicotteri, fino a quando, nella mattina di ieri 26 aprile 2012, personale della Squadra Mobile della Questura di Enna veniva contattato dal padre del Lo Presti, preoccupato per i manifestati intenti suicidiari del figlio Francesco.
Questi, dopo la scomparsa di Vanessa, era già stato sentito come persona informata sui fatti dai Carabinieri di Enna, riferendo falsamente che la convivente si era allontanata da casa a seguito di un banale litigio, facendo perdere la proprie tracce.
Acquisita la segnalazione da parte del genitore dell’indagato, gli investigatori della Squadra Mobile riuscivano a contattare e rintracciare Francesco Lo Presti nei pressi del Palazzo di Giustizia di Enna, constatando che questi si trovava effettivamente in stato di palese confusione. Indotto a parlare, dopo estenuante opera di convincimento, il sospettato cominciava a fare timide dichiarazioni asserendo di avere “fatto una fesseria” e che per tale ragione voleva essere condotto a Catania, nella via dei Gesuiti all’altezza del civico n. 23, presso un luogo in cui si era in precedenza incontrato con Vanessa.
Temendo che il Lo Presti avesse potuto porre in essere atti di violenza ai danni della Scialfa, gli uomini della Squadra Mobile cercavano di calmarlo per acquisire quante più notizie possibili, al fine di potere rintracciare la scomparsa; pertanto, cercavano di rassicurare l’uomo, dicendogli che la giovane era riuscita a fare rientro a casa e che le sue condizioni non erano preoccupanti come lui credeva. A tali affermazioni il Lo Presti ribatteva asserendo con forte convincimento che Vanessa non sarebbe più potuta tornare a casa, scoppiando poi in lacrime.
Avuta la certezza che la ragazza fosse stata oggetto di violenze, il personale operante intavolava una complessa discussione con l’indagato, al fine di rassicurarlo il più possibile, per potere acquisire notizie su dove si potesse trovare la donna. Dopo estenuante trattativa, il Lo Presti si decideva a fare delle prime ammissioni, riferendo informalmente di avere ucciso la convivente a seguito di un violento litigio scoppiato per motivi passionali e di avere abbandonato il cadavere lungo una scarpata adiacente la strada statale che da Enna conduce a Caltanissetta, nei pressi della miniera di Pasquasia.
Gli investigatori della Squadra Mobile, diretti dal Dirigente dr. Giovanni Cuciti e dal Commissario Capo dr. Claudio Pucci, unitamente al Lo Presti si recavano lungo la citata S.S. 122, dove, a seguito di una battuta di ricerche, alle ore 15.00 circa, all’altezza del km. 84,700 rinvenivano, nascosta dalla vegetazione, una sagoma umana, raccolta in posizione fetale all’interno di un lenzuolo grigio chiaro, fermato da una serie di nodi.

Vanessa, il fidanzato crolla: l’ha strangolata per gelosia (La Stampa – 27 aprile 2012)
Vanessa non era uscita di casa ed è morta proprio a causa di un litigio, e con l’uomo che amava e che è diventato il suo carnefice. Il corpo della giovane è stato trovato nella tarda mattinata di ieri in fondo a un burrone … Uccisa non lì ma in casa sua, dove avrebbe dovuto sentirsi più protetta. Lo ha ammesso in un lungo interrogatorio il fidanzato. Una brutta e triste storia, quella della fine di Vanessa Scialfa, che non è stata ancora scritta del tutto dagli inquirenti perché devono essere ancora chiariti i motivi esatti della sua uccisione. A Enna dicono che era la gelosia il tarlo di quella coppia. La ragazza conviveva con Lo Presti da qualche mese e negli ultimi tempi c’erano stati frequenti litigi, pare proprio per l’asfissiante gelosia dell’uomo; martedì scorso, come aveva ammesso lui stesso dopo la denuncia di scomparsa fatta dai genitori di Vanessa, c’era stato l’ultimo.
Gli investigatori, insospettiti, tenevano d’occhio Lo Presti e, peraltro, pare che già fosse sotto controllo per un’altra inchiesta. Lui però continuava a fornire la stessa versione: «Abbiamo avuto una discussione, ma poi è uscita di casa perché doveva andare a un colloquio di lavoro». Lui era molto geloso e non voleva che frequentasse i suoi vecchi amici, l’aveva chiusa in casa». Una gelosia che era spesso fonte di litigi, come hanno confermato anche i vicini.

Il delitto di Vanessa Scialfa Confermati 30 anni per Lo Presti (La Sicilia – 13 febbraio 2015)
L’uomo di 37 anni uccise la fidanzata di venti anni strangolandola e poi gettandola in un fosso. Esclusa la gelosia ma la corte d’assise di appello non ha concesso alcuna attenuante.
La Corte d’assise d’appello ha confermato la pena di 30 anni a Francesco Lo Presti, 37 anni, accusato di avere ucciso la fidanzata ventenne Vanessa Scialfa. La Corte ha escluso l’aggravante della gelosia ma non ha concesso alcuna attenuante generica. Vanessa fu uccisa il 24 aprile 2012, strangolata con una cavo del dvd e finita con uno straccio intriso di candeggina. Dopo due giorni l’omicida confessò e fece ritrovare il cadavere in un fosso ai margini della miniera abbandonata di Pasquasia. In aula erano presenti le parti civili, la madre Isabella, il padre Giovanni e la sorella, assistite dagli avvocati Eleanna Parasilliti Molica e Patrizia Di Mattia. Anche il Comune di Enna, con il legale Viviana Fonte, si é costituito parte civile.

Vanessa Scialfa, 30 anni al fidanzato Lo Presti: condanna definitiva. La strangolò e la gettò da un cavalcavia (il Fatto Quotidiano – 22 marzo 2016)
Respinto il ricorso nel processo sull’omicidio di Enna. I legali chiedevano un processo bis per la mancata perizia per l’incapacità di intendere e di volere e la concessione dell’attenuante della provocazione. I genitori della ragazza, morta a 20 anni: “Non potrà tornare in vita, ma oggi giustizia è fatta”
Uccise la convivente ventenne, prima strangolandola con il cavo del lettore dvd e poi con uno straccio intriso di candeggina. Poi avvolse il cadavere in un lenzuolo e lo gettò da un cavalcavia della statale Enna-Caltanissetta. Ora la Corte di Cassazione ha condannato definitivamente a 30 anni di carcereFrancesco Lo Presti, oggi 38enne. Fu lui a confessare, pochi giorni dopo il delitto avvenuto il 24 aprile 2012, e a portare la polizia nel luogo in cui si trovava il corpo senza vita della compagna di 14 anni più giovane, Vanessa Scialfa, in un fosso ai margini della miniera di Pasquasia, in provincia di Enna. La Suprema Corte ha respinto il ricorso dagli avvocati di Lo Presti contro il giudizio d’appello: secondo i legali, i giudici di secondo grado non avevano concesso la perizia collegiale che avrebbe provato l’incapacità di intendere e volere dell’assassino, negando quindi anche la concessione dell’attenuante della provocazione e della confessione.
Alla base del racconto di Lo Presti, fin dal giorno della confessione, c’era infatti la sua convinzione che Vanessa avesse pronunciato – al culmine di una lite – il nome di un suo ex fidanzato. Ma non solo questo elemento non ha trovato riscontri oggettivi, secondo la Cassazione, ma l’intero racconto non è stato ritenuto solido neanche in altre parti. Non è stato provato, per esempio, che Lo Presti abbia agito – come ha detto – dopo aver assunto cocaina.
Per giunta Lo Presti non confessò subito il delitto. Nelle prime ore finse di preoccuparsi della scomparsa della giovane. E la polizia lo portò a parlare solo con uno stratagemma. “Abbiamo trovato Valentina, è viva…”, gli dissero. Lui, disperato, scoppiò a piangere: “Non è possibile, ho fatto una fesseria, non può tornare più…”.
“Siamo soddisfatti dell’esito del processo – ha detto il legale dei genitori di Vanessa, Eleanna Parasiliti Molica, dopo la sentenza definitiva – Non è stato un processo facile in tutti i tre gradi di giudizio ma siamo contenti perché sono state accolte tutte le istanze della parte civile. Commossi i genitori di Vanessa, Giovanni e Isabella che hanno assistito all’udienza di Cassazione. “Nostra figlia purtroppo non potrà più ritornare in vita – hanno detto – ma oggi siamo sereni perché giustizia è fatta. Per tutto questo tempo abbiamo temuto che Vanessa potesse venire uccisa ancora una volta con una sentenza ingiusta. Così non è stato e l’omicida di nostra figlia si farà il carcere, come stabilisce la legge”.


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In memoria di

Morte di Vanessa Scialfa: avviate nuove indagini difensive (il Sicilia – 11 gennaio 2021)
Nuove indagini difensive sono state avviate ad un mese dai danneggiamenti della tomba a Enna e della stele realizzata nella strada sotto il confine della ex miniera di Pasquasia che ricorda Vanessa Scialfa, la ventenne uccisa 9 anni fa dal convivente Francesco Lo Presti.
Gli avvocati Eleanna Parasiliti Molica, Patrizia Di Mattia e Mauro Lombardo sono stati incaricati dai genitori della vittima, Giovanni e Isabella Castro, di avviare l’iter che porti alla riapertura delle indagini sull’omicidio della figlia. I legali hanno avviato indagini difensive ed hanno già ascoltato alcune persone informate sui fatti. Secondo indiscrezioni si sarebbe cominciata a delinearsi un’ipotesi, da approfondire, che presenta un collegamento con le vicende correlate alla morte di Vanessa.
Secondo il collegio di difesa i danneggiamenti a distanza di 9 anni dalla morte della giovane avrebbero un movente che porta a una pista nuova che, auspicano i tre penalisti, potrebbe portare alla riapertura delle indagini. Nessuna dichiarazione arriva dai legali, annunciando che un report sulle loro indagine sarà comunicato a magistrati e investigatori, nei quali, sottolineano, ripongono piena fiducia. Per i genitori di Vanessa, Francesco Lo Presti condannato, in via definitiva a 30 anni di carcere, non era solo quando ha ucciso la figlia.
Lo testimonierebbe il fatto che nella macchina dell’omicida, nella quale sarebbe stato trasportato il corpo di Vanessa, non sono mai state trovate tracce di sangue, nonostante il lenzuolo dove era avvolta la povera ragazza, strangolata e poi finita con uno straccio imbevuto di candeggina, fosse intriso di sangue. Il collegio di difesa chiede anche di fare luce sulla relazione di servizio di un agente che, il giorno dell’omicidio di Vanessa, avrebbe omesso di scrivere, nella relazione di servizio, alcune telefonate intercorse con l’omicida, che era un ‘confidente’ della polizia.