Vanessa Scialfa, 20 anni. Strangolata con un cavo elettrico, soffocata con la candeggina e gettata in un cavalcavia dal convivente
Enna, 24 Aprile 2012
“Alla base del racconto di Lo Presti, fin dal giorno della confessione, c’era infatti la sua convinzione che Vanessa avesse pronunciato – al culmine di una lite – il nome di un suo ex fidanzato. Ma non solo questo elemento non ha trovato riscontri oggettivi, secondo la Cassazione, ma l’intero racconto non è stato ritenuto solido neanche in altre parti.”
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La Stampa
Vanessa, il fidanzato crolla: l’ha strangolata per gelosia. Vanessa non era uscita di casa ed è morta proprio a causa di un litigio, e con l’uomo che amava e che è diventato il suo carnefice. Il corpo della giovane è stato trovato nella tarda mattinata di ieri in fondo a un burrone … Uccisa non lì ma in casa sua, dove avrebbe dovuto sentirsi più protetta. Lo ha ammesso in un lungo interrogatorio il fidanzato. Una brutta e triste storia, quella della fine di Vanessa Scialfa, che non è stata ancora scritta del tutto dagli inquirenti perché devono essere ancora chiariti i motivi esatti della sua uccisione. A Enna dicono che era la gelosia il tarlo di quella coppia. La ragazza conviveva con Lo Presti da qualche mese e negli ultimi tempi c’erano stati frequenti litigi, pare proprio per l’asfissiante gelosia dell’uomo; martedì scorso, come aveva ammesso lui stesso dopo la denuncia di scomparsa fatta dai genitori di Vanessa, c’era stato l’ultimo.
Gli investigatori, insospettiti, tenevano d’occhio Lo Presti e, peraltro, pare che già fosse sotto controllo per un’altra inchiesta. Lui però continuava a fornire la stessa versione: «Abbiamo avuto una discussione, ma poi è uscita di casa perché doveva andare a un colloquio di lavoro». Lui era molto geloso e non voleva che frequentasse i suoi vecchi amici, l’aveva chiusa in casa». Una gelosia che era spesso fonte di litigi, come hanno confermato anche i vicini.
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A “Mattino Cinque” stamattina sono intervenuti i genitori di Vanessa Scialfa, 20enne uccisa dal fidanzato Francesco Lo Presti, 34 anni, dopo averla strangolata e poi buttata sotto un cavalcavia a Pasquasia (nella foto a sinistra, ndr), tra Caltanissetta ed Enna, poichè aveva nominato il nome del suo ex, Alessandro, durante un rapporto sessuale. In collegamento da Enna Paolo Del Debbio ha raccolto le testimonianze di Isabella e Giovanni Scialfa.
Il padre ha voluto precisare quale fosse il vero movente dell’omicidio, rigettando la tesi che si fosse trattato di un raptus di gelosia dal momento che sua figlia “sarebbe stata ritrovata completamente vestita”. Contesta anche la notizia secondo la quale Lo Presti avesse fatto uso di cocaina e che quindi avesse colpito la 20enne in un momento di non lucidità, quasi a voler giustificare il suo atroce gesto. “Queste sono le dichiarazioni che Lo Presti sta facendo per buttare fango su mia figlia”, ribadisce a Mattino Cinque. Sua figlia, quindi, forse gli avrebbe detto di volerlo lasciare. Questo avrebbe portato il 34enne ad uccidere la fidanzata e poi a tentare di suicidarsi, tanto da spingere il padre di lui a chiamare le forze dell’ordine. Lo Presti avrebbe commesso l’omicidio in lucidità, e per questo la sua posizione potrebbe aggravarsi.
Giovanni Scialfa, dunque, smonta il movente del raptus di gelosia. Gli fa eco la madre Isabella: “Io non ho mai chiesto le scuse dei genitori di Francesco. Non mi servono e non basterebbero”. Ma ha promesso alla figlia di non nominarlo più, adesso tutte le attenzioni sono rivolte a lei, a quell'”angelo”, così l’ha chiamato il suo ex, durante il funerale – con una cattedrale colma di amici, parenti e conoscenti in lacrime – che è volato via troppo presto. I genitori adesso si appellano alla giustizia chiedendo che il processo venga fatto subito, senza sconti di pena per l’assassino, il quale ha confessato dopo 12 ore di interrogatorio. Gli inquirenti infatti gli hanno fatto credere che la giovane vittima si fosse salvata: “Non è possibile” ha replicato Lo Presti, ammettendo quindi l’omicidio. E’ l’ennesimo caso di violenza alle donne: sono 54 le donne uccise dagli uomini nel 2012.
Corriere della Sera
Pronuncia il nome dell’ex fidanzato , Il convivente la strangola per gelosia
Lo avrebbe chiamato col nome del suo ex fidanzato in un momento di intimità. Sarebbe stata questa la molla della violenta gelosia che ha spinto Francesco Lo Presti, 34 anni, a uccidere la sua convivente Vanessa Scialfa nella loro abitazione di Enna. È quanto si apprende da fonti investigative. Secondo questa ricostruzione, dopo la lite la ragazza stava per uscire di casa, ma l’uomo l’avrebbe strangolata con un cavo di un lettore dvd e soffocata con un fazzoletto imbevuto di candeggina agendo sotto l’effetto di cocaina.
GLI ESAMI – La Procura avrebbe disposto accertamenti tossicologici su vittima e fermato per verificare l’eventuale assunzione di stupefacenti o sostanze alcoliche. Vanessa, 20 anni, scomparsa martedì pomeriggio, è stata poi trovata morta sotto a un viadotto a Enna. Il suo convivente, Francesco Lo Presti, giovedì mattina aveva raccontato solo del litigio per gelosia, avvenuto proprio martedì, dopo il quale la giovane si sarebbe allontanata da casa senza portare con sè soldi, documenti e cellulare. Nel frattempo gli uomini della Squadra mobile di Enna hanno fermato Lo Presti, dopo averlo interrogato per dodici ore.
LO STRATAGEMMA – Dopo avere commesso il delitto Francesco Lo Presti avrebbe valutato l’ipotesi di suicidarsi, ma lontano da Enna, probabilmente a Catania. È quanto emerge dalle otto pagine del fermo disposto dalla Procura nei confronti del 34nne incastrato con uno stratagemma degli investigatori. Giovedì mattina, gli uomini della Squadra mobile di Enna avevano intercettato Lo Presti nei pressi del Palazzo di Giustizia. Appariva confuso e una volta condotto in questura ha chiesto di essere accompagnato a Catania, in un posto dove era stato insieme alla fidanzata. «Ho fatto una fesseria», avrebbe detto ad un certo punto. Allora chi lo stava interrogando ha «giocato una carta»: fingendo di volerlo tranquillizzare, gli ha detto che Vanessa era stata trovata e che aveva fatto ritorno a casa. Sull’abilità degli investigatori della Mobile è arrivata la svolta. Lo Presti è scoppiato in lacrime, dicendo che non era possibile, che Vanessa non sarebbe tornata mai più, e ha confessato. L’uomo ha poi condotto il capo della Squadra Mobile, Giovanni Cuciti, ed i suoi uomini sul cavalcavia dal quale aveva lanciato il corpo di Vanessa avvolto in un lenzuolo.
L’omicidio di VanessaLE INDAGINI – Il cadavere di Vanessa Scialfa è stato trovato avvolto in un lenzuolo sotto a un cavalcavia, il viadotto Morello, lungo la strada statale per Caltanissetta. Il questore di Enna, Salvo Patanè, ha detto che sembrava un vero e proprio «sudario». Gli investigatori non escludono che qualcuno possa avere aiutato l’omicida ad avvolgere il corpo e poi a gettarlo dal cavalcavia. La scomparsa di Vanessa era stata denunciata alle 15.15, del 24 aprile, dai genitori ai carabinieri. Il convivente, Francesco Lo Presti, aveva detto alla madre della ragazza che la figlia era andata a un colloquio di lavoro. I genitori evidentemente non gli hanno creduto e si sono rivolti ai militari. Secondo indiscrezioni è possibile che Lo Pesti sia coinvolto in un’altra indagine e che, attraverso un filone di quest’ultima, i poliziotti siano riusciti a risolvere l’omicidio. Gli inquirenti hanno detto che saranno effettuati esami tossicologici sia sul corpo della vittima che sul presunto assassino.
«DATEMELO CHE LO AMMAZZO» – Giovanni, il padre della ragazza, giunto all’obitorio per il riconoscimento della figlia, ha esplicitamente accusato Lo Presti: «Lo avevo accolto in famiglia perchè pensavo che fosse un bravo ragazzo, ma come si fa a uccidere una ragazza per un futile litigio… Datemelo tra le mani che lo ammazzo… Non lo devono arrestare: ci penserò io, con le mie mani…».
Lo sfogo del papà
I LITIGI – Vanessa, figlia di un geometra, dipendente comunale e con cinque fratelli, si era diplomata all’istituto artistico, poi aveva interrotto gli studi. E per non pesare economicamente sulla famiglia aveva cominciato a fare dei lavoretti: commessa, barista e altre piccole cose. Era cambiata – dice chi la conosce – dalla scorsa estate, da quando si era interrotta, dopo tre anni, la relazione con il fidanzato storico, per poi mettersi con uno più grande di lei: Francesco Lo Presti, 34 anni, anche lui, come lei, figlio di un dipendente comunale, e anche lui senza un lavoro stabile. Una relazione che aveva dei problemi: «Lui non lo conoscevo bene, ma era geloso – afferma una vicina di casa – lo so perchè litigavano, alcune volte è stata chiamata anche la polizia…». Nella casa era rimasto il cagnolino di Vanessa, che è stato preso in custodia dai carabinieri.
GLI APPELLI – Dopo la scomparsa della ragazza, su Facebook erano sorti cinque gruppi per il suo ritrovamento cui si sono iscritte circa tremila persone. Uno è nato poco fa e si chiama «Solidarietà e partecipazione per l’assassinio di Vanessa Scialfa» ed è aperto con una grande foto di rose rosse. Il padre, Giovanni, aveva postato questo appello per il suo ritrovamento: «A tutti gli amici di Facebook, vi prego di diramare questa foto, è mia figlia non abbiamo notizie da martedì 24 aprile, vi prego di fare più annunci possibili in modo di potere scongiurare il peggio,eventualmente potete chiamare ai numeri qui di seguito … oppure direttamente ai carabinieri o qualsiasi altre forze dell’ordine. Vi ringrazio tutti per la collaborazione».
Vanessa Scialfa, vandalizzata la lapide della vittima di femminicidio
Enna, fatta a pezzi sul cavalcavia la stele della 21enne uccisa nel 2012 dal fidanzato Francesco Lo Presti. L’uomo era stato condannato a trent’anni
Potrebbe anche essere stato un colpo di piccone malamente assestato per errore da un operaio sbadato. Ma quella lapide fatta a pezzi sul cavalcavia a 15 chilometri da Enna dove nel 2012 fu gettato via il corpo di Vanessa Scialfa, 21 anni appena, fa temere ai suoi genitori che misteriosi amici dell’assassino siano tornati ad azzannare il loro dolore. È il dubbio, «quasi la certezza», di papà Giovanni e mamma Isabella. Mai rassegnati all’ipotesi di un omicidio per gelosia, con «solo» trent’anni di carcere affibbiati a un balordo col vizietto della coca, Francesco Lo Presti, 42 anni. Loro cercano ancora un complice o i complici «perché Vanessa ha pagato per avere visto quel che non doveva vedere». E, come già fatto una prima volta, chiedono la riapertura delle indagini con un avvocato che, intanto, presenterà una nuova denuncia in Procura. Anche perché, dopo averla strangolata nel suo appartamento, Lo Presti ha impacchettato il corpo di Vanessa in un lenzuolo e, secondo la sua stessa ammissione, l’ha trascinata per i quattro piani di un edifico senza ascensore, caricandola da solo sulla sua auto dove il Ris non ha però trovato una sola traccia ematica.
Il padre: cercate i complici
«Il lenzuolo era invece inzuppato di sangue», spiega Giovanni Scialfa, all’epoca usciere al Municipio, altri cinque figli a carico, un’avversione dichiarata per quel bellimbusto che non gli piaceva: «Un allocco, una cosa inutile, glielo dicevo a mia figlia…». Eppure, già allora, lo gridò a gran voce che l’assassino non poteva avere agito da solo, come ripete adesso: «Qualcuno l’ha aiutato a scendere per quelle scale, caricando il corpo di Vanessa su un’altra auto e poi cancellando o omettendo telefonate e messaggi scambiati con un suo amico che lavorava e lavora in questura». Ha deciso di lanciare una bomba quest’uomo che chiedeva «un vero ergastolo» per Lo Presti: «Con abbreviato e attenuanti, fra dieci anni, ce lo vedremo per strada. Ma la magistratura deve tornare a indagare anche guardando dentro la questura. Senza affidare alcuni accertamenti alla Forestale come ha fatto, ma a Carabinieri e Finanza, pur con tutto il rispetto per le guardie forestali».
La richiesta di riapertura del caso. Rivela dettagli inquietanti, articolati negli appunti da consegnare all’avvocato per invocare la riapertura di un caso che resta un giallo in parte irrisolto: «Quando abbiamo chiesto gli audio delle intercettazioni eseguite subito dopo l’omicidio, ci hanno consegnato dei files risultati vuoti. Uno scandalo. Qualcuno li ha cancellati. Uno scandalo doppio perché di quei documenti si era occupata l’antidroga, dove lavora il poliziotto da noi indicato come amico dell’assassino. Perché non affidare il caso alla squadra omicidi? Ecco la domanda che adesso voglio riproporre ai nuovi magistrati…». Si ferma sul ciglio del cavalcavia di fronte a una miniera abbandonata questo padre che vorrebbe diradare la nebbia dalla rocca di Enna. Analizza i cocci della lapide e non crede alla versione di una picconata casuale: «I cocci sarebbero davanti al piedistallo, non sparsi alle spalle. Né posso fare a meno di pensare a tutti i precedenti…».
Il cagnolino ucciso. E qui i dubbi s’intrecciano. Prima, la morte del cagnolino di famiglia, Romeo: «Trovato impiccato a una tenda di casa mia mentre in casa non c’era nessuno della famiglia e con il veterinario che parla di “evento doloso”». Poi, le statuine della tomba di Vanessa divelte: «È accaduto più volte. Ma la cosa più grave è il ritrovamento di un’agendina e di una scheda telefonica. In tempi diversi lasciate a due passi dalla sepoltura». Un’agendina senza alcuni fogli. E una scheda tagliata a metà. «Se è un modo di zittirci non ci riusciranno», giura il padre di Vanessa alla moglie che ascolta preoccupata. Mentre in questura avviano le indagini. Partendo da un incerto colpo di piccone o, dicono, da un attrezzo meccanico usato per togliere erba dal cavalcavia.
Morte di Vanessa Scialfa: avviate nuove indagini difensive
Nuove indagini difensive sono state avviate ad un mese dai danneggiamenti della tomba a Enna e della stele realizzata nella strada sotto il confine della ex miniera di Pasquasia che ricorda Vanessa Scialfa, la ventenne uccisa 9 anni fa dal convivente Francesco Lo Presti.
Gli avvocati Eleanna Parasiliti Molica, Patrizia Di Mattia e Mauro Lombardo sono stati incaricati dai genitori della vittima, Giovanni e Isabella Castro, di avviare l’iter che porti alla riapertura delle indagini sull’omicidio della figlia. I legali hanno avviato indagini difensive ed hanno già ascoltato alcune persone informate sui fatti. Secondo indiscrezioni si sarebbe cominciata a delinearsi un’ipotesi, da approfondire, che presenta un collegamento con le vicende correlate alla morte di Vanessa.
Secondo il collegio di difesa i danneggiamenti a distanza di 9 anni dalla morte della giovane avrebbero un movente che porta a una pista nuova che, auspicano i tre penalisti, potrebbe portare alla riapertura delle indagini. Nessuna dichiarazione arriva dai legali, annunciando che un report sulle loro indagine sarà comunicato a magistrati e investigatori, nei quali, sottolineano, ripongono piena fiducia. Per i genitori di Vanessa, Francesco Lo Presti condannato, in via definitiva a 30 anni di carcere, non era solo quando ha ucciso la figlia.
Lo testimonierebbe il fatto che nella macchina dell’omicida, nella quale sarebbe stato trasportato il corpo di Vanessa, non sono mai state trovate tracce di sangue, nonostante il lenzuolo dove era avvolta la povera ragazza, strangolata e poi finita con uno straccio imbevuto di candeggina, fosse intriso di sangue. Il collegio di difesa chiede anche di fare luce sulla relazione di servizio di un agente che, il giorno dell’omicidio di Vanessa, avrebbe omesso di scrivere, nella relazione di servizio, alcune telefonate intercorse con l’omicida, che era un ‘confidente’ della polizia.