Francesco Barone, 22 anni. A capo di un commando di sicari, uccide la madre e ne occulta il cadavere per punirla di una relazione extraconiugale con il boss di un’altra famiglia di ‘ndrangheta. Ergastolo
Rosarno (Reggio Calabria), 18 Agosto 2013
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Uccise madre per punirla: ergastolo.
Uccise madre per punirla, ergastolo. Corpo mai ritrovato. Da giorno delitto sparito anche amante
I giudici della Corte d’assise di Palmi hanno condannato all‘ergastolo Francesco Barone, di 25 anni, di Rosarno, con l’accusa di avere ucciso la madre Francesca Bellocco dopo avere scoperto che aveva una relazione extraconiugale. La vittima, della quale non è stato trovato il corpo, era figlia del defunto boss di ‘ndrangheta Pietro Bellocco. L’omicidio, per l’accusa, sarebbe stato commesso il 18 agosto 2013 dopo che Barone aveva scoperto la mamma insieme a Domenico Cacciola, ritenuto ai vertici dell’omonima cosca federata ai Bellocco. L’uomo sarebbe riuscito a fuggire – ore dopo provò a contattare la donna senza riuscirci – ma da quel giorno è sparito ma nessuno ne ha denunciato la scomparsa. Barone è stato arrestato il 15 aprile 2015. Un testimone ha raccontato di avere visto arrivare un’auto con 3 persone armate e mascherate. Ad attenderli c’era Barone che entrò in casa con loro. Poi il testimone sentì la donna gridare “Pirdunatimi!“. Tre giorni dopo il figlio ne denunciò la scomparsa.
Rosarno, uccise la madre per “onore”: ergastolo confermato per Francesco Barone
Rigetto del ricorso e conferma del carcere a vita. La Corte d’assise di appello di Reggio Calabria, nella giornata di ieri, in linea con la sentenza di primo grado ha confermato l’ergastolo per Francesco Barone, difeso dagli avvocati Giovanni Vecchio e Salvatore Staiano. Una sentenza che ha sposato in pieno quanto era stato richiesto dal pm Adriana Sciglio nella sua requisitoria.
Il giovane rosarnese è accusato dell’omicidio di sua madre, Francesca Bellocco, avvenuto nella cittadina medmea il 18 agosto 2013. Un delitto, secondo quanto ricostruito dalla Procura antimafia di Reggio Calabria, compiuto per lavare col sangue l’onta della relazione extraconiugale che la donna intratteneva con Domenico Cacciola, pezzo grosso dell’omonima cosca di Rosarno. Una relazione che stava per sfociare in una faida tra le due famiglie di ’ndrangheta. Secondo la tesi dell’accusa, confermata anche in appello, Barone avrebbe scoperto la madre in compagnia di Cacciola, scomparso la stessa sera insieme alla sua amante e mai più ritrovato.
La Distrettuale antimafia di Reggio Calabria sta indagando anche su quest’ultimo delitto. Secondo quanto emerso nell’indagine “Ares”, inchiesta della Procura reggina contro il clan Cacciola dello scorso luglio, a ucciderlo sarebbero stati i suoi stessi figli, pareggiando i conti con la cosca (alleata) dei Bellocco. Uno spaccato di inaudita violenza, quello nel quale sarebbe maturato il duplice omicidio, fotografato nelle motivazioni della sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’assise di Palmi, presieduta dal giudice Silvia Capone.