Romina Vento uccisa nel fiume, per Carlo Fumagalli chiesti 22 anni di condanna: «Poi, torni dai suoi figli»
L’omicidio di Fara Gera d’Adda, processo alle battute finali. La difesa: «Fu un raptus, l’auto aveva la prima ingranata». E il presidente della Corte ringrazia le parti per i toni pacati
«Devo ringraziare le parti per la sobrietà, la pacatezza e la competenza. Credo sia la prima volta che mi capita di farlo». Le parole del presidente della Corte d’Assise Giovanni Petillo, dalle quali sembra trasparire un velo di umana partecipazione, suggellano la fine del processo a Carlo Fumagalli, operaio di 50 anni che il 19 aprile 2022 annegò la compagna 44enne Romina Vento lanciandosi con l’auto nel fiume, a Fara Gera d’Adda, dove vivevano con i loro due figli che oggi hanno 11 e 17 anni. È un giudice di lungo corso, Petillo, che infine rinvia la sentenza(al 30 maggio) per eventuali repliche e perché ritiene che le conclusioni «per la loro profondità meritino di essere sedimentate». Per un omicidio da ergastolo, il pm Carmen Santoro chiede 22 anni di carcere, gli avvocati il minimo edittale, le parti civili i risarcimenti, ma il punto su cui tutti si soffermano è un altro.
Sforzandosi di non rimanere ingessati nei propri ruoli — l’accusa non solo accusa, la difesa non solo difesa — pm e avvocati riflettono sul dopo-pena, sulla possibilità attraverso la giustizia di offrire un futuro a una famiglia andata in frantumi in un modo così tragico.
In aula assistonoSofia Venerina e Luca Vento, madre e fratello di Romina, lui particolarmente provato, ma anche la madre e il primogenito (avuto da una precedente relazione) di Fumagalli, che stringe il papà in un lungo abbraccio prima del suo rientro in carcere. «Mai come in questo caso mi sono resa conto di come il ruolo delle vittime sia marginale — osserva l’avvocato Cristina Maccari, che rappresenta i figli della coppia, parti civili —. Per le vittime la giustizia prevede solo la possibilità di chiedere risarcimenti, ma come può essere risarcito un figlio per la morte della madre? Le vittime meritano di più, meritano una vita senza odio. E allora il mio augurio — e cita Agnese Moro — è che quando sarà passato un po’ di tempo e forse questi ragazzi saranno adulti, possano incontrare il padre, chiedere a lui il perché e provare a ricostruire un rapporto». Così i difensori e la pm rimandano alla funzione rieducativa che deve avere la pena.
«Confessò tutto, subito» È la pm a ricapitolare fatto, movente e stato mentale dell’imputato. «D’impeto, non c’è premeditazione», Fumagalli si lanciò nel fiume e annegò Romina «perché lei lo voleva lasciare».
Ci sono i testimoni che videro la scena e nessuna traccia di frenata. Erano in crisi, lui depresso.
«Portatore di una fragilità emotiva», scrive lo psichiatra consultato dall’accusa, ma non per questo, conclude, incapace di intendere e di volere. Pur tra deliri e tormenti, Fumagalli era lucido. E questo è un punto mai contestato dalla difesa, in un processo in cui le parti hanno acconsentito all’acquisizione degli atti d’indagine. Nel chiarire perché a suo giudizio l’aggravante della convivenza debba valere quanto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (la richiesta così oscillava tra i 21 e i 24 anni), Santoro evidenzia, in senso positivo, il comportamento dell’uomo, reo confesso: «Arrestato dai carabinieri, il suo difensore lo avvisa che può restare in silenzio e invece Fumagalli vuole parlare. Ci dà una risposta che è un pugno allo stomaco ma ci dice anche ciò che non avremmo mai potuto sapere con certezza». Che voleva ucciderla, Romina, e che in acqua uscì dall’abitacolo e mentre la donna gridava aiuto la spinse sotto.
Il dolore dei familiari «Chissà che freddo avrà avuto», è il pensiero ricorrente della madre della donna, riportato dall’avvocato Eleonora Radaelli: «Non esiste una parola nella lingua italiana che possa definire lo stato di Sofia Venerina, forse perché è contro natura sopravvivere a una figlia», dice l’avvocatessa prima di depositare la richiesta di un risarcimento che non potrà mai quantificare il dolore della perdita, soprattutto con quelle modalità.
Il collega Matteo Anzalone, che per il fratello calcola 176 mila euro di risarcimento e 90 mila di provvisionale, è più esplicito: «La sofferenza di Luca è accresciuta infinitamente dal fatto che la sorella ha visto la morte in faccia». Sono Luca Vento e la madre, inoltre, a essersi fatti carico dei nipoti. Non chiedono vendetta, solo giustizia. «Abbiamo un lutto immane per la famiglia di Romina e un imputato che ha preso contezza dell’atrocità del suo delitto con una consapevolezza progressiva», riassume la pm. E ancora: «Chiamiamolo femminicidio, ma qui, a differenza di altre tragedie, il delitto non è preceduto da altri episodi di violenza, nemmeno Fumagalli si capacita del suo gesto, ce lo ha detto nelle dichiarazioni spontanee».
La difesa: «Si fermò per discutere, l’auto era in prima» «Il trattamento deve essere proporzionato ai fatti ma anche alla persona», è lo stesso concetto riportato dall’avvocato Carmelo Catalfamo, che assiste l’operaio con Luca Bosisio. «Carlo Fumagalli è un essere umano come tutti noi, che a un certo punto si è rotto». Era incensurato, mai una lite, solo quella «grave» depressione. «L’omicidio l’ho pensato 3 secondi prima di farlo», riferì al consulente. «In 3 secondi è come se fosse uscito da se stesso e il giorno dopo, quando ha confessato, era ritornato il solito Carlo», aggiunge Catalfamo. Quando fu ripescata dal fiume, l’auto era in prima: «Carlo si era fermato per discutere, non esplosero nemmeno gli airbag, è stato il raptus di un uomo mite», ribadisce Bosisio, per il quale l’ergastolo non dovrebbe esistere in generale:
«Certamente non lo merita Carlo. Prima di incontrarlo non sapevo che una persona che si macchia di un simile delitto può soffrire così, l’ho sempre visto piangere. La pena la sta già scontando dentro di sé, vive una non vita. Sono disorientato — ammette il legale —, mi ero preparato ma ora non so cosa dire se non che bisogna dare a lui e ai suoi figli la possibilità di riconciliarsi». Fumagalli, seduto tra i due avvocati, a tratti chiude gli occhi, a tratti piange composto, annuisce piano. Catalfamo pensa che il processo sia stato il primo passo verso il recupero.