Andrea Iavarone, 16 anni. Massacra a calci, pugni e coltellate un’amica cui ha teso una trappola, poi abbandona il corpo in un bosco. Condannato a 16 anni con rito abbreviato
Monteveglio (Bologna), 27 Giugno 2021
Titoli & Articoli
“Il killer di Chiara capace di intendere. Non è pentito e può uccidere ancora” (il Giornale – 2 luglio 2021)
Il gip sul 16enne in carcere: “È pericoloso, deve restare in cella”
Prima l’appuntamento-trappola. Poi l’abbraccio. Il tutto ripreso da una videocamera di sicurezza. È il «film» che precede l’omicidio. Frame angoscianti agli atti dell’inchiesta sul delitto di Chiara. Ieri li ha mostrati in esclusiva il Tg1 della Rai. Chiara, 15 anni, si avvicina al suo carnefice, di un anno più grande. I due si scambiano un gesto di affetto. Lui le ha promesso un regalo. Lei crede che il dono sia nello zaino che il 16enne di cui si è invaghita porta sulle spalle. Invece in quello zaino c’è il coltello con cui lui ammazzerà lei pochi minuti dopo.
Altro che «demoni» e «voci». Per il gip del Tribunale dei minori di Bologna, chiamato a confermare l’arresto del 16enne accusato di aver ucciso «con inaudita crudeltà» Chiara Gualzetti, il giovane reo confesso è «capace di intendere e volere». Non solo. Per il giudice il ragazzo presenta un «alto indice di pericolosità», che potrebbe portarlo al «reiterare il reato» (cioè ad uccidere ancora), essendo la sua personalità «priva di scrupoli» e animata da uno «spirito di «efferatezza». Per queste ragioni il gip non ritenendo decadute le esigenze cautelari, ha disposto che debba restare in carcere. Nel motivare il suo provvedimento il giudice dell’udienza preliminare ha tracciato un ritratto dell’imputato che lascia poco spazio alle interpretazioni. Parole durissime, giustificate dallo stesso resoconto del delitto riferito dal giovane assassino nel corso della confessione ai carabinieri all’indomani della scoperta del cadavere di Chiara. Particolari da film horror su cui preferiamo glissare anche per rispetto della famiglia della vittima e delle tante persone che volevano bene a Chiara. Tutti, eccetto lui. Proprio quel ragazzino di cui la 15enne pare si fosse invaghita, e del quale si fidava ciecamente tanto da seguirlo senza sospetti il giorno dell’omicidio.
Chiara voleva parlare, confidarsi. Lo aveva già fatto tante altre volte. Ma in quella maledetta domenica, l’«amico» nel quale riponeva fiducia si è trasformato in una belva: l’ha accoltellata, finendola a calci.
«Me lo hanno ordinato le voci che sento da tempo», si è giustificato lui al momento dell’arresto. Un giallo risolto in poche ore: il 16enne era infatti l’ultima persona incontrata dalla vittima, c’erano poi i tanti messaggi che annunciavano il massacro, i vestiti sporchi di sangue, il coltello ripulito in cucina, la custodia del telefonino di Chiara trovato in casa, infine la confessione. A tratti confusa. Ma piena di riscontri «concordanti».
Un ragazzo psicotico col pallino di «Lucifero» se pur in versione Netflix. Ma non basta una serie tv per scaricare le responsabilità su una fantomatica «entità satanica». No, per il gip il martirio di Chiara è tutta opera del 16enne, non del diavolo. Il «signore del male» è solo lui. Poco più di un bambino ma – scrive il giudice – completamente «privo di scrupoli e freni inibitori», inoltre il minore non presenta «alcun segnale di pentimento. Emerge invece un piano criminoso «studiato con cura e premeditazione». Un mostro quindi dall’esistenza fuori dalla regole e in un cotesto di degrado sociale? No, esattamente l’opposto: circostanza che rende la vicenda più angosciante. «Vita regolare condotta in un ambiente familiare sostanzialmente adeguato e studi positivamente frequentati», spiega il gip.
“Farò fuori una ragazza”, spuntano i vocali dell’orrore (il Giornale – 2 luglio 2021)
L’assassino di Chiara Gualzetti avrebbe inviato alcune chat agli amici nei giorni precedenti al delitto: “Farò fuori una ragazza”, riferiva
Quella di Chiara Gualzetti, la sedicenne di Montevoglio accoltellata la scorsa domenica, era una morte annunciata. Il suo assassino, un coetano, aveva rivelato in una chat agli amici le intenzioni omicida: “Domenica farò fuori una ragazza“, scriveva qualche giorno prima di dare seguito al piano criminale.
Le chat dell’orrore “Questa depressa… mi urtava i nervi“. E poi, ancora: “L’ho fatto. Ho fatto le foto“. Sono solo alcuni dei messaggi vocali che il 16enne, reo confesso, ha inviato a un’amica col cadavere di Chiara ancora caldo nel bosco del parco regionale di Monteveglio, in Val Samoggia. Dopo aver consumato la furia omicida sul corpo della giovane, il presunto killer ha raccontato la mattanza in una breve sequenza audio: “Le ho dato i calci in testa. Mi sa che mi sono rotto un piede“, rivela senza mancare dettagli inquietanti.
Proprio quei messaggi hanno messo spalle al muro il 16enne. E’ stata la destinataria della chat che, alla notizia della scomparsa di Chiara, ha informato ai carabinieri. “Una condotta che evidenzia mancanza di scrupoli, di freni inibitori, di motivazioni e segnali di resipiscenza“, scrive il Gip del Tribunale per i minori di Bologna nella ordinanza di custodia cautelare in carcere del ragazzo. Ora, uno stralcio delle conversazioni è al vaglio della Procura del capoluogo felsineo nel fascicolo di indagine per omicidio.
“Farò fuori una ragazza” Stando a quanto si apprende da La Repubblica, ci sarebbe un’altra chat che proverebbe le responsabilità del 16enne nell’assassinio di Chiara. Si tratta di una conversazione intercorsa tra il ragazzo ed alcuni amici nei giorni antecedenti al delitto. “Domenica farò fuori una ragazza. – scriveva ad un amico – Già stavo per perdere il controllo, allora ho dovuto fare un patto con lui e almeno un po’ ho colmato la sua sete“. Il ragazzo, nel corso dell’interrogatorio successivo al fermo, ha detto di aver sentito “una voce” che gli avrebbe intimato di uccidere. Tuttavia, sarà solo la perizia psichiatrica a stabilire se sia affetto o meno da un vizio parziale di mente. Certo è che, alla luce dei riscontri raccolti, l’ipotesi della premeditazione diventa sempre più consistente. L’assassino di Chiara potrebbe aver pianificato l’omicidio nei minimi dettagli con fredda e lucida follia. (di Rosa Scognamiglio)
Iavarone e la mano guidata dal “demone”: chi è il 16enne che uccise Chiara Gualzetti (il Giornale – 1 agosto 2023)
Poco più di 16 anni con il rito abbreviato: è la pena cui è stato condannato il killer, anche lui minorenne, di Chiara Gualzetti. Il padre della ragazza a IlGiornale.it: “Lo ha fatto per il gusto di uccidere”
L’ha attirata in una trappola, l’ha uccisa e non ha mai mostrato pentimento. Per questo Andrea Iavarone, diventato maggiorenne il giorno della sentenza d’appello è stato condannato per l’omicidio di Chiara Gualzetti, 16 anni, avvenuto in provincia di Bologna il 27 giugno 2021. Il caso scatenò l’indignazione nell’opinione pubblica, non solo per le modalità ma anche per la minore età di vittima e assassino.
“Chiara – racconta a IlGiornale.it il padre Vincenzo Gualzetti – era una ragazza semplice, molto sportiva. Il martedì prima dell’omicidio era andata per la prima volta a un corso di skate, avrebbe voluto cimentarsi in tanti nuovi sport e lavorare nel settore dell’accoglienza turistica. Lo sottolineo perché, dopo l’omicidio, si è detto che mia figlia fosse depressa. Non è assolutamente vero. Questa cosa è stata detta e strumentalizzata da qualcuno nel tentativo di giustificare l’orrore commesso dall’assassino di mia figlia. Lei era l’amore fatta persona”.
Chiara Gualzetti era un’adolescente abbastanza tipica. Scuola, passatempi, passioni, amici, famiglia erano il suo mondo. Si era invaghita di Iavarone. Ma nessuno immaginava l’epilogo di questa cotta.
Il giorno dell’omicidio Iavarone diede a Gualzetti un appuntamento per una passeggiata: ma durante l’incontro la accoltellò per poi finirla con calci e pugni e abbandonarla nel parco dell’abbazia di Monteveglio dove il corpo sarebbe stato ritrovato il 28 giugno 2021. Una volta arrestato, Iavarone confessò, aggiungendo che la sua mano sarebbe stata guidata dal demone Samael, uno dei personaggi della serie tv Lucifer. Da allora è detenuto nel carcere di Pratello.
“Ho conosciuto l’assassino di mio figlia tre anni prima del delitto – continua Vincenzo Gualzetti – lui ha mangiato a casa mia e lavorato con me. Mai avrei immaginato che sarebbe stato capace di commettere un delitto così efferato. Altrimenti non avrei lasciato che Chiara ci parlasse neanche per mezzo secondo. Ha raggirato tutti facendo credere di essere qualcuno che in realtà non era”.
A marzo 2023 Iavarone si è visto confermare in appello la sentenza di primo grado: 16 anni e 4 mesi senza messa alla prova e con rito abbreviato – il massimo della pena – quando il killer era ancora minorenne, per l’accusa di omicidio pluriaggravato dalla premeditazione (tra l’altro aveva ammesso di aver già tentato di uccider Gualzetti), dai futili motivi e dalla minore età della vittima. Alla causa, come in tutti i processi che riguardano imputati minorenni, non erano state ammesse parti civili.
Ma il movente resta sconosciuto. “Dopo due due anni di processo – chiarisce Vincenzo Gualzetti – non è ancora chiaro il movente dell’omicidio. Ho letto la confessione dell’assassino di mia figlia e c’è una frase che mi è rimasta in testa: ‘Io non ricordo quanto sia durato, ricordo che lei non voleva morire. Non pensavo che il corpo umano fosse così resistente’. Io credo che abbia voluto provare cosa volesse dire ammazzare una persona e ci abbia trovato gusto. Pensi che dopo l’omicidio si è persino glorificato, vestendosi di bianco e mettendo le lenti a contatto rosse. Non solo: si è fatto anche i selfie con mia figlia morta. E non si può neanche dire che sia pazzo. Cinque perizie psichiatriche lo hanno dichiarato capace di intendere e volere, lui non era ed è perfettamente lucido. Ha ammazzato Chiara per il gusto di uccidere”.
A Iavarone è stata riconosciuta quindi la capacità di intendere e di volere. A pesare nella sentenza è stata la “mancanza di empatia e senso di colpa”, tanto da aver rivolto alla vittima e ai suoi genitori “parole spregevoli prima e dopo il fatto”. Inoltre l’aver cercato di attribuire la responsabilità dell’omicidio a un demone è stato, secondo i giudici, “un tentativo di deresponsabilizzazione con modalità ed escamotage che gli hanno permesso di distaccarsi dal fatto reato”. Tra l’altro Iavarone “aveva fatto ricerche su Google per cercare nomi da dare al demone” e gli è stato riconosciuto “un atteggiamento supponente e mai dispiaciuto, utilizzando frasi e parole che hanno sempre evidenziato mancanza di resipiscenza”.
“Sedici anni per uno che ha letteralmente massacrato una ragazzina, addirittura colpendola con calci in faccia fino a renderla irriconoscibile, sono una miseria – commenta Vincenzo Gualzetti – Non si può parlare di pena giusta, ma è il massimo ottenibile dalla giustizia italiana. Considerando che la minore età è considerata un’attenuante, a prescindere dalla efferatezza del delitto, devo ritenermi anche ‘fortunato’ per il risultato ottenuto. Vorrei solo che qualcuno mi spiegasse perché l’età conta solo per gli assassini e non per le vittime. Mia figlia non era pure lei una ragazzina quando è stata uccisa?”.
A fine giugno 2023, il giorno dopo il funerale della moglie Giusy, papà Vincenzo Gualzetti, si è ritrovato a commentare ad Adnkronos l’omicidio di Michelle Causo, coetanea della figlia, avvenuto il 28 giugno a Primavalle: “Quando perdi un figlio è come perdere per strada i pezzi di se stessi. Con l’omicidio di Michelle, mentre seppellivo mia moglie, ho rivissuto quello che ha passato mia figlia. Minorenne anche lei, uccisa con cinque coltellate da un suo amico coetaneo che in casa conoscevamo, per un movente mai chiarito. Abbandonata tra le siepi e ritrovata solo grazie a una testimonianza il 28 giugno, lo stesso giorno in cui, due anni dopo, sarebbe stato ritrovato il corpo della 17enne a Roma. Anche lei sarebbe finita in un campo incolto, se il suo assassino non avesse trovato un cancello a sbarrargli la strada”.
“L’ergastolo – conclude alla nostra redazione Vincenzo Gualzetti – lo abbiamo avuto io e mia moglie Giusy, che si è ammalata per il troppo dolore. Prima che morisse abbiamo voluto sposarci per esaudire un desiderio di Chiara. E anche ora che non c’è più so che continuerà a lottare al mio fianco: non smetteremo mai di chiedere giustizia per nostra figlia e tutte le ragazze che, come lei, hanno subito queste terribili atrocità. Basta”. (di Rosa Scognamiglio e Angela Leucci)
Selfie del killer e offese dal carcere, il papà di Chiara Gualzetti a Fanpage: “Colpito e sdegnato” (Fan Page – 25 luglio 2022)
Vincenzo Gualzetti, papà della giovane uccisa a coltellate a Monteveglio nel giugno 2021, a Fanpage.it dopo il selfie che ritrae il killer di sua figlia direttamente dal carcere del Pratello di Bologna: “Sono sdegnato per la foto, per le parole usate nei confronti di Chiara e perché mi chiedo se il percorso di recupero che dovrebbero fare questi ragazzi funzioni davvero”.
“Sono sdegnato”. Cerca le parole, Vincenzo Gualzetti, padre di Chiara, la giovane uccisa a coltellate a Monteveglio il 27 giugno 2021. Fa fatica ad esprimere le emozioni che gli ha suscitato il fatto di vedere la foto, postata sui social dall’interno del carcere minorile del Pratello di Bologna, che ritrae un giovane detenuto in compagnia del killer reo confesso di sua figlia. Intento, quest’ultimo, a disegnare con le dita il segno “V” di “Vittoria” (questa l’interpretazione che viene data del gesto). In descrizione al selfie postato dall’altro detenuto, la scritta “Killer”, con un cuore rosso.
Poi ci sono i commenti, sempre da parte del detenuto autore del selfie, in risposta a un altro ragazzo membro del gruppo Facebook “Giustizia per Chiara”, che si augurava, in seguito all’esito dell’ultima perizia psichiatrica, che l’assassino di Chiara restasse a lungo in carcere. “Fatevi i c…. vostri, non sapete niente”, scrive il giovane detenuto. “Se avete le palle entrate qua da noi in carcere. Siete bravi a giudicare ma non sapete niente. Se sei così depressa da chiedere a uno di ammazzarti, c***i tuoi ” .
Frasi e atteggiamenti che lasciano sbigottito il padre di Chiara, che a distanza di più di un anno dalla morte violenta di sua figlia, aspetta ancora giustizia e, dice a Fanpage.it, spera ancora “in una sentenza esemplare”.
“Dalla morte di Chiara mi sono espresso e ho sempre agito per la riabilitazione in carcere… Non sono della filosofia ‘Occhio per occhio, dente per dente'”, dice Vincenzo Gualzetti. “Ma mi ha davvero colpito – aggiunge – che dei detenuti possano usare i social”. Ad ogni modo, chiarisce “non è tanto il fatto che li abbiano usati a ferirmi, quando l’uso che ne è stato fatto”. Dispiace, a Vincenzo, non solo e non tanto che il fatto in sé, “quanto che l’autore di quel post lodava ed elogiava quello che lui stesso definiva un killer”. “Che riabilitazione è questa?” si chiede Vincenzo. “Più volte – ha aggiunto – l’assassino di mia figlia ha detto ‘tanto sono minorenne, non sono responsabile’, ma adesso c’è bisogno che capisca quanto in realtà lo è e che si assume le sue responsabilità”.
In altri video, sempre postati nelle storie in evidenza dall’amico detenuto dell’assassino reo confesso di Chiara Gualzetti, lo si vede chiaramente all’interno del carcere minorile del Pratello. “Le parole utilizzate nei commenti – ha concluso Vincenzo – sono offensive non solo nei confronti di mia figlia, che, tengo a sottolineare, non era depressa, ma anche nei confronti di chi depresso lo è davvero, che andrebbe aiutato, non certo ammazzato”.
Intanto, a seguito della denuncia ai Carabinieri di Gualzetti, la Procura ha aperto un fascicolo, al momento senza ipotesi di reato. L’ipotesi per ora è che sia stato fatto da parte dei detenuti un uso improprio dei tablet che vengono messi a disposizione dei giovani detenuti del carcere minorile del Pratello per le video chiamate con i parenti (che sostituiscono i colloqui dall’inizio della pandemia) e per le lezioni ed esami universitari. Martedì 26 luglio è prevista una nuova importante udienza. Attesa la sentenza nei confronti del presunto killer, che ha chiesto il rito abbreviato.
Omicidio Chiara Gualzetti, definitiva la condanna per il killer (Ansa – 22 marzo 2024)
In appello 16 anni e quattro mesi, non è stata impugnata
Non è stata impugnata in Cassazione la sentenza di secondo grado per il giovane killer di Chiara Gualzetti, assassinata a 15 anni il 27 giugno 2021 vicino a casa a Monteveglio (Bologna). La condanna a 16 anni e quattro mesi, confermata dalla sezione minorenni della Corte di appello il 20 marzo di un anno fa, è dunque nel frattempo divenuta definitiva.
Il ragazzo imputato, che due giorni fa ha compiuto 19 anni e si trova in carcere, era accusato di omicidio aggravato da premeditazione, futili motivi e minore età della vittima oltre che del porto del coltello con cui Chiara venne colpita, prima che l’amico infierisse anche con calci e pugni. Dopo l’omicidio se ne andò, lasciando il cadavere abbandonato ai margini di un bosco, nel parco dell’abbazia di Monteveglio. Il corpo venne trovato dopo un giorno di ricerche e il ragazzo, fermato qualche ora dopo dai carabinieri, confessò, dicendo di aver agito spinto da un demone. In primo grado era stata disposta una perizia psichiatrica che aveva concluso per la capacità di intendere e di volere.
Nelle motivazioni di appello, la Corte aveva sottolineato come il giovane killer non avesse mai mostrato pentimento, non solo nei confronti della vittima, ma anche dei genitori di lei, non riuscendo, anche a distanza di tempo, ad attribuirsi la piena responsabilità. La colpa di quanto successo, ha continuato a sostenere, è di quel “demone” che gli diceva cosa fare.