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Alessandro Maja, 57 anni, architetto, padre. Uccide con martello e cacciavite la moglie e la figlia, tenta di uccidere anche il figlio che rimane gravemente ferito. Condannato all’ergastolo, confermato in appello (strage di Samarate)

Samarate (Varese), 4 Maggio 2022


Titoli & Articoli

Samarate, uccise Stefania Pivetta e la figlia Giulia. Fermato il padre Alessandro Maja: «Tutti morti, bastardi», ha detto (Corriere della Sera – 4 maggio 2022)
Le donne di 56 e 16 anni trovate alle 8 in una villetta in via Torino, a Samarate (Varese): sarebbero state uccise a martellate e forse anche con un trapano. Ferito gravemente il figlio maggiore di 23 anni, Nicolò. A dare l’allarme i vicini di casa. Il padre di 57 anni trovato insanguinato e ferito ai polsi: avrebbe tentato di darsi fuoco
Due donne uccise probabilmente a martellate (e forse anche con un trapano) nella loro villetta: madre e figlia. Una dormiva sul divano, l’altra nella sua cameretta. E un ferito grave, il figlio maggiore. È il bilancio di quanto avvenuto nella notte fra martedì e mercoledì a Samarate, non distante dall’aeroporto della Malpensa, in via Torino. Stefania Pivetta, 56 anni, e la figlia di 16 anni, Giulia, sono morte per i colpi ricevuti.
È stato fermato Alessandro Giovanni Maja, architetto, marito e padre di 57 anni, trovato insanguinato e con ferite da taglio ai polsi: dopo il duplice omicidio avrebbe tentato di darsi fuoco. «Era per terra, con le ferite che sanguinavano, col corpo metà dentro e metà fuori dalla porta di casa e diceva: “Li ho uccisi tutti, bastardi”», hanno raccontato sconvolte le vicine di casa, che hanno chiamato i soccorsi. «Lo ha detto con tono tranquillo, in apparenza non era agitato» , hanno aggiunto le vicine, descrivendo i Maja come «una famiglia da Mulino Bianco, perfetta».
Nicolò Maja, 23 anni, il figlio maggiore della coppia, non era morto come credeva il padre: è stato trovato con un importante trauma cranico ed è stato portato in elisoccorso all’ospedale di Circolo di Varese. Anche il padre Alessandro Maja è stato portato in ospedale a Busto Arsizio: non è chiaro se le ferite che ha riportato siano dovute solo a gesti di autolesionismo o anche alla colluttazione con moglie e figli che hanno provato a difendersi. È piantonato in reparto dai carabinieri.
Maja avrebbe colpito i figli e la moglie nel sonno, per poi tentare il suicidio. L’uomo, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, avrebbe impugnato un martello e si sarebbe accanito su tutta la famiglia, uccidendo Stefania Pivetta e Giulia, per poi scagliarsi contro Nicolò. I due figli sono stati aggrediti nei loro letti, la madre sul divano. Successivamente, ancora sporco di sangue, avrebbe tentato di darsi fuoco. L’allarme è stato dato mercoledì mattina attorno alle 7.30 dai vicini di casa, spaventati dalle urla che provenivano dalla casa di via Torino, periferia residenziale di Samarate. Una vicina ha visto l’uomo insanguinato e ha chiamato i soccorsi. Sul posto i carabinieri della compagnia di Busto Arsizio e del reparto operativo di Varese. «Cercheremo di capire meglio le dinamiche dell’accaduto dal figlio Nicolò, sperando che si possa riprendere — spiega il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Varese David Pirrera — Anche l’arma del delitto non è stata ancora individuata con certezza».
Il sindaco Enrico Puricelli «Un risveglio terribile stamattina per la città, una tragedia, ma nessuno ha mai dubitato che ci fossero problemi, secondo alcuni amici comuni che vivono in zona, speriamo che il ragazzo si riprenda». Così il sindaco di Samarate, Enrico Puricelli, dopo l’omicidio di madre e figlia: «I ragazzi, Nicolò e Giulia, vivevano una vita serena. Il padre è un architetto, lei era una casalinga — prosegue Puricelli — avevano acquistato la villetta nel 1999, dopo essersi trasferiti qui da Milano. Non risulta alcun episodio di violenza pregressa».

 

Alessandro Maja, chi è l’architetto che ha ucciso moglie e figlia a martellate a Samarate (Corriere della Sera – 4 maggio 2022)
Omicidio Samarate, Alessandro Giovanni Maja, 57 anni, ha lo studio sui Navigli di Milano e progetti in Italia e all’estero. Mondo del design sotto choc. «Il matrimonio era in crisi». Le testimonianze dei vicini: «Insanguinato diceva: “Li ho uccisi tutti, bastardi”»
Ha preso moglie e figlia 16enne a martellate, la prima sul divano del salotto e la seconda nel letto della sua camera. Dormivano Stefania e la giovanissima Giulia. Per ucciderle potrebbe essersi accanito anche con un trapano. Era convinto di aver ammazzato anche il figlio maggiore, Nicolò. Poi è uscito in strada, ancora insanguinato, e davanti ai vicini che lo guardavano inorriditi ha detto: «Li ho uccisi tutti, bastardi». Alessandro Giovanni Maja, 57 anni, l’ennesimo killer famigliare nella provincia di Varese, è un nome assai noto nel settore dell’interior design. Architetto conosciuto fino ad oggi solo per idee ed energia, mai fermo, anzi sofferente quando a corto di nuovi progetti, specializzato nella realizzazione di spazi architettonici non soltanto in Italia. Il suo studio, con sede sui Navigli, e composto in maggior parte da giovani, è un punto di riferimento per imprenditori e commercianti che vogliono vestire i propri spazi. Mondo del design che ora è sotto choc e attonito di fronte alla violenza scatenata nella villetta di via Torino, a Samarate. Lui si trova piantonato in ospedale, con varie ferite (ha tentato anche di darsi fuoco). Non ha risposto alle domande del pm di Busto Arsizio.
Maja – uno di quelli che parlano sempre, specie di se medesimi – aveva raccontato, nel suo ambiente, delle difficoltà nel suo matrimonio. Difficoltà che, se pure venissero confermate, non offrirebbero comunque giustificazione alcuna al progetto stragista che il 57enne ha quasi completato in questa villetta, né sfacciata né anonima, di Samarate. «Quasi», perché nelle sue intenzioni Maja voleva eliminare tutti i componenti della famiglia. Maja avrebbe colpito i figli e la moglie nel sonno. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri avrebbe impugnato un martello (e forse anche un trapano) e si sarebbe accanito su tutta la famiglia, uccidendo la moglie Stefania Pivetta e la figlia 16enne Giulia, per poi scagliarsi contro il figlio 23enne Nicolò (grave trauma cranico). I due ragazzi sono stati aggrediti mentre dormivano nella loro camera, la madre sul divano.  Successivamente, ancora sporco di sangue, Maja avrebbe tentato di darsi fuoco.
I testimoni. «Era per terra, con le ferite che sanguinavano, col corpo metà dentro e metà fuori dalla porta di casa e diceva: “Li ho uccisi tutti, bastardi”», hanno raccontato sconvolte le vicine che hanno chiamato i soccorsi. «Lo ha detto con tono tranquillo, in apparenza non era agitato». E dire che fino al giorno prima i Maja sembravano «una famiglia da Mulino Bianco. Perfetta».

 

 

Alessandro Maja, l’architetto e l’ossessione per i soldi: le liti in famiglia perché «si spende troppo» (Corriere della Sera – 6 maggio 2022)
I conoscenti del padre assassino di Samarate hanno tracciato il ritratto di un uomo solitario e con improvvisi scatti d’ira, che si lamentava della crisi per la pandemia e rimproverava moglie e figli. Resta in fin di vita il primogenito
Negli scrupolosi colloqui degli inquirenti con colleghi e collaboratori di lavoro, parenti, amici sia dell’assassino che delle vittime, di lui, il 57enne Alessandro Maja, emergono queste note aggiuntive al profilo già tracciato di uomo solitario e poco loquace, uso a improvvisi scatti d’ira per inezie : un individuo esasperato in certe sue (vere o false) preoccupazioni, desideroso d’avere ogni cosa sotto controllo, spinto dal sospetto e dalla diffidenza verso il prossimo. Tutti quanti inclusi.
A cominciare dalla moglie Stefania e la figlia Giulia, uccise nel sonno tra martedì e mercoledì, e dal primogenito Nicolò, che Maja credeva ugualmente morto e che invece rimane ricoverato in condizioni drammatiche. Quei conoscenti evidenziano una mania dell’architetto-imprenditore: i soldi. Maja era convinto che in famiglia si spendesse troppo.
Non faceva che ripeterlo. Sgridate a Stefania, venditrice ambulante d’un anno minore, e stanca, stanchissima di quelle ossessioni; sgridate a Giulia e Nicolò, di 16 e 23 anni, che avevano preso le difese della mamma, nella speranza che Maja la smettesse una buona volta. E invece discussioni, arrabbiature, reiterazione dei sermoni affinché non un euro andasse perduto. Una quotidianità tesa, logorante, e forse basata su esclusive costruzioni mentali dell’assassino, il quale insisteva nel parlare dei devastanti effetti economici della pandemia sulla sua azienda, piangendo miseria. Azienda che però, quantomeno a leggere l’ultimo bilancio depositato e dandolo per buono, cioè non truccato, vantava crediti di riserva vicini ai 200 mila euro. Insomma un generale quadro di sicurezza, grazie anche alle iniezioni di denaro contante di commercianti cinesi ai quali Maja ristrutturava bar e ristoranti. A meno che, certo, non vi fossero anomale situazioni debitorie e oscuri giri di denaro: scenari che i carabinieri non hanno evidenziato, in un’inchiesta che si pensava, con l’interrogatorio previsto per venerdì mattina, potesse generare nuovi elementi. Ma l’imprenditore, che mercoledì si era avvalso della facoltà di non rispondere, mercoledì ha lasciato il carcere per essere ricoverato in Psichiatria e l’interrogatorio è saltato. I medici hanno fatto sapere che il suo stato di salute è incompatibile per la permanenza in carcere.
Una trincea di silenzio rotta solo dalle frasi pronunciate da Maja negli spostamenti tra il primo e il secondo ospedale, e il carcere. Dapprincipio, affacciandosi in mutande dal balcone all’alba di mercoledì, dopo il massacro nella villetta a due piani a Samarate, 16 mila abitanti in provincia di Varese, aveva urlato: «Ci sono riuscito», a conferma di un piano sanguinario ideato e coltivato per settimane fino alla sua attuazione, armato di cacciavite e martello; ma nelle ultime ore, Maja ha iniziato a maledirsi, la testa fra le mani e una frase ribadita: «Sono un mostro». Se abbia già iniziato a orientare la linea difensiva, non è dato sapere. Di sicuro quel presunto tentativo di togliersi la vita dopo il massacro è stato piuttosto una messinscena: Maja aveva dei lievi tagli a polsi e addome; inoltre aveva una leggera bruciatura a un sopracciglio, causata dalla fiammella di un cerino.
A domanda sull’eventuale rinvenimento di droga, medicinali, appunti relativi a visite psichiatriche, viene risposto che nell’abitazione, al di là della scia di sangue in ogni camera, nient’altro c’era di utile per i riscontri. Venerdì l’esame del medico legale permetterà la ricostruzione della sequenza della notte d’orrore, quando alle quattro Maja ha impugnato le armi casalinghe avviando il terzo massacro in cinque mesi in questa provincia ricca, impaurita, angosciata da se stessa.

 

Strage di Samarate, le ossessioni di Alessandro Maja: i soldi e la moglie (Sky Tg24 – 19 settembre 2023)
I giudici non hanno alcun dubbio. Alessandro Maja avrebbe agito schiacciato dalla convinzione di andare incontro a problemi economici. Nelle 32 pagine delle motivazioni della sentenza pronunciata il 21 luglio scorso dal presidente della Corte d’Assise di Busto Arsizio Giuseppe Fazio e oggi depositate a carico del geometra 58enne vengono ripercorsi i fatti avvenuti nella notte fra il 3 e 4 maggio 2022 nella villa di Samarate. Maja, accusato di aver massacrato la sua famiglia, era capace di intendere e di volere al momento dei fatti.
Secondo la Corte, Alessandro Maya agì “in un contesto subdolo” uccidendo di notte in casa la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia e riducendo in fin di vita il figlio Nicolò, unico sopravvissuto alla strage. L’assassino viene descritto come una persona turbata e preoccupata. L’uomo “era schiacciato dalla convinzione di andare incontro a problemi economici da lui ingigantiti” si legge nella sentenza. Il giorno prima dell’omicidio aveva chiesto al commercialista come fare per disfarsi di alcuni documenti, esprimendo anche la preoccupazione per aver firmato alcune carte come architetto. “Pur disponendo di beni immobili e di liquidità consistente, Maya non ha mai offerto alcun risarcimento a sostegno delle lunghe e costose cure che il figlio ha affrontato e ancora dovrà affrontare” si legge nelle motivazioni.
La Corte rileva una particolare rabbia nei confronti della moglie “che da una decina di anni gli rifiutava rapporti sessuali” e che, a detta dell’imputato, lo “aveva tradito con un macellaio” oltre 30 anni prima. I giudici hanno infine escluso l’aggravante della crudeltà tale da prolungare la sofferenza delle vittime”. Il legale di Maja, l’avvocato Gino Colombo, ha fatto sapere che ricorrerà in appello. Alessandro Maja rimane chiuso nel carcere di Monza.

 

Condannato all’ergastolo per la strage di Samarate, Alessandro Maja ricorre in appello (FanPage – 15 novembre 2023)

Nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 Alessandro Maja uccise a martellate la moglie Stefania Pivetta e la figlia 16enne Giulia, riducendo in fin di vita il figlio maggiore Nicolò. Per la difesa, quando sterminò la famiglia non sarebbe stato pienamente capace di intendere e di volere.
Ricorrono in appello contro la sentenza di ergastolo in primo grado i legali di Alessandro Maja, il geometra di Samarate (Varese) che nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 uccise a martellate la moglie Stefania Pivetta e la figlia sedicenne Giulia, riducendo in fin di vita il primogenito Nicolò. Gli avvocati Gino Colombo e Laura Pozzoli tornano quindi a invocare la parziale infermità, così come già avvenuto nel corso del processo in primo grado: secondo i difensori, infatti, al momento della strage Alessandro Maja non sarebbe stato pienamente capace di intendere e di volere. Il motivo? Una condizione psichica “delirante”, dal momento che l’uomo sarete stato convinto di essere ormai spacciato dal punto di vista lavorativo. Uno stato persistente di paranoie, ossessioni e deliri dettati dalla credenza (poi rivelatasi errata) di aver commesso un grave errore nell’ambito di un progetto sbagliato, e di doverne presto pagare le conseguenze economiche. Tutto il contrario di quanto dichiarato dalla perizia psichiatrica già disposta sul 58enne di Samarate, che ne aveva accertato la piena capacità di intendere e di volere al momento in cui sterminò la famiglia.
“Ci parlava di questo suo errore sul lavoro, si chiedeva come fosse possibile. Ma noi cercavamo di spronarlo a fare meglio, a risolvere”, aveva detto il figlio Nicolò che adesso, sostenuto dai nonni materni, cerca pian piano di riprendere la propria vita. “Non posso credere che mio papà abbia fatto una cosa di questo genere. Notavo un po’ di preoccupazione, ma sembrava tutto normale. Niente che facesse presagire quello che poi è successo”. E ancora. “Fino a quella notte era stato un bravo papà, non ci ha mai fatto mancare niente”.

Strage di Samarate, confermato in appello l’ergastolo per Alessandro Maja (Rai News- 14 febbraio 2024)
Nessuno sconto di pena. Per il 60enne interior designer che uccise a martellate la moglie e la figlia, ferendo gravemente il figlio, la Corte sancisce detenzione a vita e un anno e mezzo di isolamento diurno
La Corte d’Assise d’appello di Milano ha confermato la condanna all’ergastolo e ad un anno e mezzo di isolamento diurno per Alessandro Maja, il 60enne interior designer che, nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, uccise nella casa di famiglia a Samarate (Varese) la figlia Giulia di 16 anni e la moglie Stefania Pivetta, di 56, a colpi di martello mentre stavano dormendo. Subito dopo l’uomo tentò di ammazzare anche il figlio maggiore Nicolò, 23 anni, rimasto gravemente invalido e oggi assente al processo perché ricoverato in ospedale per un nuovo intervento chirurgico programmato.
A causa del mio squilibrio emotivo ho cancellato la mia famiglia. Confido nel perdono di Gesù, determinato dal mio pentimento. Mi aspetto una pena adeguata, sperando nella clemenza”, aveva detto Maja con dichiarazioni spontanee all’inizio dell’udienza. “Adoravo la mia famiglia, non riuscirò mai a perdonarmi fino all’ultimo dei miei giorni”.
Il procuratore generale aveva chiesto la confermadella sentenza di primo grado. Anche il legale di parte civile – che rappresenta, tra gli altri, Nicolò, unico scampato alla strage – aveva chiesto di confermare la sentenza di primo grado della scorsa estate. E si è opposto, così come la procura generale, alla riapertura del processo con una nuova perizia psichiatrica chiesta dalla difesa. In aula presente solo il nonno materno Giulio Pivetta, 82 anni, nonno materno di Nicolò: “La giustizia qualche volta c’è, la legge c’è ed è stata rispettata. Non credo alle sue scuse, al suo pentimento, l’ha fatto per trarre vantaggio. Il perdono? Ci mancherebbe altro … ho avuto pietà a vederlo”, ha detto commosso dopo la conferma dell’ergastolo. Alessandro Maja è rimasto impassibile durante la lettura del verdetto.

 

 

 


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