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Monia Del Pero, 19 anni. Strangolata, denudata, messa in un sacco della spazzatura e nascosta in una conduttura delle acque dall’ex fidanzato

Manerbio (Brescia), 13 Dicembre 1989

 


Titoli & Articoli

Associazione Italiana Vittime della Violenza
MONIA DEL PERO NATA e MORTA a MANERBIO (BS) Anche lei come una farfalla e’ vissuta poco! SOLO 19 ANNI
Dopo una storia durata 6 mesi e finita da 5,  la sera di S. Lucia accetta, dopo insistenze, di incontrare il suo ex per ritirare un fantomatico regalo e per restituire le foto che avevano in comune. È partita da casa con il solito sorriso (voleva portare anche la sorella, poi ci ha ripensato) salutandoci, tutta allegra e dicendo ”VADO E TORNO! al massimo tra due ore sono a casa” (Monia rispettava sempre gli orari), ma questa volta tornerà dopo 3 giorni, in una bara! Il suo assassino dopo averla strangolata, l’ha messa in sacchi della spazzatura e, come tale, l’ha buttata sotto un ponte, dopo averla spogliata di tutto per renderla irriconoscibile. Per tre lunghissimi giorni anche l’assassino si e’ unito agli amici e parenti nella ricerca di Monia. Con freddezza e autocontrollo che impressionano se si pensa che anche lui aveva 19 anni! Ed è con lo stesso autocontrollo che risponde alle accuse della madre (quando questa gli chiede di dirle dov’è sua figlia, che lui lo sa …) ”SIGNORA NON E’ GIUSTO CHE LEI MI ACCUSI PERCHÉ IO NON C’ENTRO!” Dopo 3 giorni, e tante ore di interrogatorio, confessa: “ho ucciso io MONIA” e accompagna i militari sul posto. Questa sua confessione forzata gli permette di andare in giudizio con il rito abbreviato che gli darà la possibilità di usufruire dello sconto di un terzo della pena.
Il processo di 1° grado gli infligge una pena di 11 anni e 8 mesi per omicidio volontario e occultamento di cadavere + 3 anni di libertà vigilata; in appello sono più clementi, gli tolgono la libertà vigilata! In tutto, tra comunità – arresti domiciliari – sconti – premi il suo debito si è ridotto a 5 anni – TANTO VALEVA LA VITA DI MONIA
Monia lascia tutti nel dolore e nella disperazione, era una presenza solare e gioiosa, non riusciva a pensare al male, lei diceva sempre ”mamma, so che tu non ti fidi degli altri, ma la gente che frequento è brava gente non ti preoccupare” non si era accorta che tra la brava gente si annidava un feroce assassino, che oltre a toglierle la vita, quella sera le ha rubato anche un album di fotografie che ritraevano la sua vita, togliendo alla sua famiglia anche i ricordi, come si può perdonare tanta ferocia?
NB:non era ancora finito il funerale e l’assassino era già agli arresti domiciliari

 

Equitalia chiede 2mila euro alla famiglia (Abruzzo Web – 1 ottobre 2012)

Monia Del Pero è stata uccisa 23 anni fa dall’ex fidanzato. Oggi, a distanza di tanti anni, al dolore per la perdita della figlia si è aggiunta anche la rabbia per i genitori Giliola e Adriano. I due coniugi hanno ricevuto da parte dell’Agenzia delle Entrate la richiesta di 2mila euro per il deposito della sentenza che aveva condannato l’assassino della loro figlia a 11 anni in primo grado più 3 anni di libertà vigiliata. Attraverso il Giornale di Brescia hanno denunciato l’assurdità della richiesta e annunciato ricorso al Tar e alla Giuistizia Europea perché, dicono, “Siamo vittime come quelle di mafia e del terrorismo”. Monia è stata uccisa a 19 anni dall’ex fidanzato nel 1989 che, dopo averla strangolata, l’ha spogliata per renderla irriconoscibile, l’ha messa in sacchi della spazzatura e poi l’ha buttata sotto un ponte. La confessione arrivò a tre giorni dall’omicidio durante un interrogatorio.

 

I genitori di Monia Del Pero contro il Ministero: «Vogliamo giustizia» (Corriere della Sera – 28 marzo 2017)
Nessuna possibilità di appellarsi alle sentenze per le vittime, con la beffa per i Del Pero di una cartella di 2 mila euro recapitata da Equitalia per il deposito della sentenza di condanna di Scotuzzi
Consiglio di Stato, 25 maggio 2017, Angelo Del Pero e Gigliola Bono contro il Ministero dell’Interno. La battaglia prosegue. «Cosa ha mia figlia meno delle vittime di strada, di mafia o di terrorismo?» parla Gigliola, mamma di Monia, uccisa a 19 anni dall’ex fidanzato, Simone Scotuzzi, la sera di Santa Lucia del 1989. L’aveva strangolata, spogliata, messa in sacchi della spazzatura e poi buttata sotto un ponte nelle campagne di Manerbio. Non si rassegnava alla fine della loro relazione. Per tre giorni aveva anche partecipato alle ricerche.
«Monia, come tutte le vittime di violenze, però non è stata riconosciuta tale e per questo noi ci stiamo battendo, perché siano riconosciute le vittime di violenza e sia istituito un fondo per il risarcimento dei familiari, come accade negli altri casi». Si appella alla pari dignità di tutti declinata nell’articolo 3 della Costituzione mamma Gigliola insieme a papà Adriano, per arrivare, assistiti dall’avvocato Piera Buffoli, dello Studio Mina, a fare dichiarare incostituzionale la legge 302. «Perdere una figlia in questo modo per loro non vuole dire nulla? Centosedici donne uccise ogni anno non bastano? Se necessario arriveremo a Strasburgo», dice Gigliola a nome di tutti i familiari delle vittime di violenza. «Il Consiglio di Stato dovrà dirci che vittime sono le nostre figlie». Nessuna possibilità di appellarsi alle sentenze per le vittime, con la beffa per i Del Pero di una cartella di 2 mila euro recapitata da Equitalia per il deposito della sentenza di condanna di Scotuzzi. Intanto qualcosa comincia a muoversi. «Il 7 aprile si terrà a Milano la riunione del nuovo Osservatorio nazionale per la tutela delle vittime di violenza. Le adesioni sono già molte e c’è il sostegno anche di avvocati che prestano la loro opera gratuitamente».

Il Giornale di Brescia
Battagliera con un patire immenso nell’anima, è possibile? … vi verrà incontro una signora dagli occhi azzurri di bambina, con un ritmo di lingua e di carattere da spaventare il maligno. Soprattutto interrogante: «Lei conosce l’articolo 3 della Costituzione? Lei sa che lì si dice che siamo tutti uguali? E allora, perché a mia figlia Monia uccisa a 19 anni e messa in fondo a un canale il giorno di Santa Lucia del 1989, ritrovata 3 giorni dopo, non sono concessi gli stessi benefici dati alla vittima di un terrorista o di un criminale mafioso? Io e la mia famiglia stiamo facendo questa battaglia, assistiti dallo studio dell’avv. Andrea Mina e in particolare dall’avv. Piera Buffoli. Un’assistenza totale e amica. Chiediamo al Tar e alla Corte di Giustizia Europea, a cui l’Italia paga una multa ogni anno, proprio perché non aderisce a questo protocollo legislativo, di ottenere gli stessi benefici delle altre vittime. Sia chiaro, quando dovessimo ottenere quello che chiediamo, li devolveremmo in beneficenza».
La fitta più acuta, dicono la madre e il padre di Monia Del Pero, fu al ritorno dal funerale: «Sapemmo che l’assassino di Monia era già agli arresti domiciliari.
Strangolò la mia Monia, la lasciò in fondo a un canale nella nostra campagna, si sentenziò la sua piena colpevolezza. Fu condannato a 11 anni di carcere. È giusto?».
Tra Monia e quello là c’era stato un filarino di qualche mese. L’ultimo appuntamento per definire la storia delle foto da restituire. Lui non si era rassegnato e aveva deciso di sopprimerla per punirla del diniego. Fu ritenuto capace di intendere e di volere. La giustizia non è geometrica, non è proprio l’immagine della sua metafora scultorea, alta, sicura e bilanciata. La giustizia incarna e patisce le storture umane, niente restituisce Monia, se non la speranza di un misterioso rivedersi nella luce e la cura dell’amore dei suoi cari.
Lì, sulla scrivania vicina, dorme la speranza in carne ed ossa, nel fagottino bello di nome Siria, ha 15 giorni, è figlia di Rossana, la sorella di Monia ed è la sua nipotina, il testimone di una vita che si unisce alla resistenza dei nonni e porta avanti i giorni, a denti stretti, con lacrime e sorrisi. Poichè, sempre, si è vissuto piangendo e ridendo e forse accade di andarsene così, con l’idea di ridere e di piangere. Gigliola e Adriano, la madre e il padre di Monia, stanno seduti nell’ufficio dell’azienda di Cignano di Offlaga. Seduti eppure eretti nel loro orgoglio familiare e di resistenza alla tragedia, fermi in un dolore che non passa.
«Si sopravvive – dice la madre – dopo la morte di Monia non c’è più stata la vita dei nostri viaggi in quattro a sorridere e dormire in un sacco a pelo, ad ascoltare i concerti a bocca aperta. È una vita di memoria. Monia è sempre dentro di noi, sorridente e determinata, con mani magre e lunghe, identico è suo fratello Francesco. Sorridono allo stesso modo, sorridono con gli occhi, il viso». Sorridono perfino i capelli.
Francesco è nato tre anni dopo la scomparsa di Monia e fino a 16 anni ha creduto che Monia fosse morta in un incidente stradale. A scuola cominciarono a spuntare libri sulle tragedie del tempo e dunque, la madre Gigliola e il padre Adriano pensarono che era venuto il tempo di mettere sulle spalle di Francesco un lembo della sparizione di Monia.
«Mia figlia non si è messa le mani al collo da sola – continua la madre – e dunque la sua morte merita di essere valutata come altre vittime di morte violenta. Noi siamo in un’Associazione delle vittime e ci sono madri e padri che hanno speso un patrimonio per pagare avvocati e spese di sentenze. Devono rivalersi sul colpevole, ma spesso quelli non si vedono più».
Il padre cerca di aggiungere qualcosa su Monia: «Quando mi viene in mente e sono in macchina, allora mi prende un groppo al cuore e alla gola…». Soffoca di pianto e si allontana e in quel momento vorremmo che Monia uscisse dalla grande foto sulla scrivania e lo carezzasse per dirgli che primo o poi ci si vedrà, si creda o non si creda. Ci si vedrà da qualche parte. Lo denunciano gli occhi azzurri della madre. Ci si vedrà, Gigliola. Vedrai.

 

 

La figlia morì nel 1989, uccisa dall’ex: “Deve risarcirmi lo Stato” (il Giornale – 16 dicembre 2019)
Domani l’udienza, durante la quale la donna chiederà il risarcimento: “Il killer non paga, ma anche lo Stato è responsabile” Era il 1989. E Monia aveva solo 19 anni quando morì, uccisa dal suo ex fidanzato. È stata una delle numerose vittime di femminicidio. Ora la madre, Gigliola Bono, chiede giustizia.
Monia, uccisa dall’ex. Il 13 dicembre del 1989, il giorno di Santa Lucia, Monia Del Pero fu attirata dal suo ex fidanzato in una trappola. Lui, Simone Scotuzzi, coeataneo di Monia, le aveva chiesto di vederla ma, una volta incontratala, la aveva strangolata, chiusa in un sacco e poi gettata in un burrone, sotto un ponte. Le ricerche erano partite immediatamente e, nei primi giorni, anche l’assassino partecipò al setacciamento della zona, fino a quando crollò e confessò l’omicidio, indicando agli investigatori dove avrebbero potuto trovare il corpo della giovane. Non disse mai, però, dove finirono i vestiti e un album di fotografie, che la ragazza aveva portato con sé. Scotuzzi venne condannato a 11 anni e 8 mesi in primo grado, per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Oltre a quello, gli vennero inflitti anche 3 anni di libertà vigilata. Ma in tutto, l’uomo ha scontato 5 anni. Poi si è trasferito in Perù, dove ha sposato una donna del posto, con cui ha avuto due figli, un maschio e una femmina, secondo quanto riporta la Nazione.
La madre chiede giustizia. La madre della vittima, sostenuta dall’Unione nazionale vittime, presieduta da Paola Radaelli, domani si presenterà davanti al tribunale di Roma. Durante l’udienza, come ricordato da Ansa, sarà chiesto il risarcimento allo Stato italiano. Il motivo? “Lo ritengo colpevole in concorso di quanto accaduto a mia figlia e alle altre vittime di femminicidio“, ha spegato Gigliola Bono. E chiede “che quello che è successo a mia figlia e alla mia famiglia sia un esempio e sia un simbolo e un caso pilota che aiuti altre vittime. Quello che chiedo è che le vittime di femminicidio siano equiparate alle vittime della mafia grazie alla legge 302 del 1990 e all’articolo 3 della Costituzione Italiana“.
Secondo la donna, infatti, sarebbe compito dello Stato proteggere “le ragazze e le donne, evitando che diventino vittime. Va fatta prevenzione, sin dai tempi dell’ asilo e della scuola in generale. Ai maschi bisogna insegnare che le donne non si toccano. La madre di Monia sa che probabilmente il tribunale non prenderà una decisione domani, ma anticipa che se l’Italia non si pronunciasse, “io andrò in Europa, a Strasburgo“. Infine, la donna lascia un messaggio all’assassino della figlia: “Voglio chiedergli come farà a spiegare a sua figlia ciò che ha fatto alla mia. Sarà in grado di proteggerla da quelli come lui?“.


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