Valeria Bufo, 56 anni, impiegata, mamma. Inseguita e uccisa in strada a colpi di pistola dal marito
Bovisio Masciago (Monza Brianza), 19 Aprile 2018
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Bovisio Masciago, blocca la moglie al semaforo le spara in auto: stavano per separarsi (Corriere della Sera – 19 aprile 2018)
La vittima, Valeria Bufo, 55anni. Contro di lei il marito, Giorgio Truzzi, 57 anni, ha esploso numerosi colpi. In caserma ha detto: «Ho sparato a mia moglie»
Quella frase, pronunciata davanti ai carabinieri, come a volersi liberare di un peso, prima di chiudersi in silenzio: «Ho sparato a mia moglie». È passata da poco l’una quando alla stazione dei carabinieri di Seveso, in provincia di Monza, si presenta in stato confusionale il 57enne Giorgio Truzzi, autista per una società privata brianzola, mai un guaio con la legge. Nel frattempo, in corso Italia a Bovisio Masciago, a pochi chilometri di distanza, i soccorritori del 118 stanno cercando disperatamente di tenere in vita la moglie dell’uomo: Valeria Bufo, 56 anni, impiegata, trovata priva di sensi da alcuni passanti nell’abitacolo della sua «Giulietta», con almeno tre fori di proiettile nella parte sinistra del torace. Seduta sul lato del guidatore, ma col corpo riverso su quello del passeggero, forse nell’ultimo, inutile, tentativo di sottrarsi alla furia omicida del suo assassino. Quella è la donna dalla quale Giorgio Truzzi ha avuto tre figli, due maschi e una femmina. Ammazzata mentre stava andando a prendere alla stazione la più piccola dei tre, una ragazza appena diciassettenne (gli altri ne hanno 24 e 30). Vana la corsa all’ospedale San Gerardo di Monza, dove è avvenuto il decesso. Stando alle prime indagini Valeria Bufo sarebbe stata uccisa perché l’uomo non accettava la fine della loro relazione. Rapporto che proprio nelle ultime settimane stava naufragando, tra dissidi che i carabinieri della compagnia di Desio, comandati dal capitano Mansueto Cosentino, stanno cercando di approfondire. I coniugi abitavano nel quartiere «Altopiano», a Seveso. Ma negli ultimi tempi, secondo quanto emerso, la vittima aveva lasciato casa, trasferendosi a vivere sola con la figlia adolescente. Il rancore del marito in questi giorni, sarebbe montato al punto da procurarsi (non si sa ancora come) una pistola di grosso calibro e a mettere in atto la sua «vendetta».
Mercoledì, all’altezza di un semaforo in pieno centro, Truzzi, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, scende dalla sua Smart e raggiunge l’Alfa Romeo che marciava davanti a lui, con a bordo la moglie da sola. I testimoni, alcuni passanti, sentono il rumore dei colpi, ma quando giungono sul posto lui si è già allontanato. Prima di andare a costituirsi alla stazione dei carabinieri del suo paese, però, si libera della pistola e, almeno nelle prime dichiarazioni agli investigatori e al pm di Monza Stefania Di Tullio, non fornisce informazioni utili al ritrovamento. Fino a ieri sera, Truzzi, difeso d’ufficio dall’avvocato Patrizio Le Piane, era ancora negli uffici della caserma di Desio, dove era stato trasferito nel pomeriggio, in stato di fermo. Sgomento tra i colleghi d’ufficio di Valeria Bufo, e nella comunità di Seveso dove il sindaco Paolo Butti conosceva personalmente la coppia. Nulla avrebbe fatto pensare ad un simile epilogo. Il figlio grande della coppia vive all’estero, mentre l’altro ragazzo gioca a calcio nelle serie minori lombarde. «Una famiglia conosciuta e stimata — dice il primo cittadino — frequentavano la parrocchia. Non ho mai avuto sentore che tra loro ci fossero problemi così gravi. Avevo sentito Giorgio un anno fa. Erano molto orgogliosi del figlio Alessandro. Erano orgogliosi perché con il suo lavoro di restaurant manager aveva avuto molto successo. Amavano molto i loro figli». E, almeno in apparenza, «sembrava una famiglia felice».
A Seveso i funerali di Valeria Bufo, uccisa dal marito. I figli: «Mamma, ti ameremo per sempre» (il Cittadino Monza Brianza – 28 aprile 2018)
La chiesa parrocchiale di San Carlo a Seveso non è stata sufficiente venerdì 27 aprile, giornata di lutto cittadino proclamata dall’amministrazione comunale, ad accogliere tutti coloro che sono arrivati per assistere al funerale di Valeria Bufo, la sevesina uccisa la settimana precedente a Bovisio Masciago dal marito Giorgio Truzzi.
La cerimonia, officiata da don Adriano Colombini, oggi a Costamasnaga dopo l’esperienza come vicario all’Altopiano, e dal prevosto don Carlo Pirotta, di fronte tra gli altri a Paolo Butti e Giuliano Soldà, rispettivamente sindaci di Seveso e Bovisio Masciago, è stata caratterizzata da una partecipazione profonda, segnale del desiderio di condividere lo strazio dei figli Alessandro, professionista nel settore della ristorazione, Stefano, calciatore dell’Inveruno in serie D, ed Eleonora, studentessa, nonché dei loro familiari più stretti.
Proprio i tre figli, dopo il messaggio di commiato letto da una coscritta della defunta, hanno commosso gli astanti salutando la mamma. «Non ci sono parole – ha cominciato Stefano -, per rendere giustizia dell’amore che proviamo per te. A voi che siete qui, raccomando quando tornerete a casa di godere fino in fondo dei vostri familiari, amandoli, baciandoli ed abbracciandoli. Io lo facevo spesso con mamma. Gli abbracci più belli sono quelli che continui a sentire anche quando finiscono. Ed io ti sento ancora vicina a noi. Ti amiamo e ti ameremo sempre». Quindi ha proseguito la figlia: «Questa è la giornata più triste e malinconica che possa capitare ad un figlio. Mi manchi tanto e voglio ricordarti con il tuo sorriso. Mi consola solo che adesso sei vicina ai tuoi genitori, i miei nonni». Infine ha concluso Alessandro, appena rientrato dopo un decennio all’estero, tra Londra e Sidney: «Grazie a tutti voi per quello che state facendo per noi. Mi rassicura che vi sia una stella in cielo, che ci guarda da lassù. Il mio cuore è spezzato da un dolore enorme, che cercheremo di colmare con l’amore che c’è tra noi. Per raccontare di te, mamma, non basterebbe una giornata, tante sono le cose che hai fatto e che ancora avresti potuto fare. Scusa se negli ultimi tempi non ti sono stato così vicino come avresti voluto. Ma almeno ti sono stato vicino nelle ultime tre settimane. Penso al tuo sorriso, quando in aeroporto ti ho detto che non sarei più partito: eri così felice che quasi non ci credevi. Noi resteremo i tuoi bambini».
Alessandro e Stefano, al termine della funzione, hanno quindi contribuito a portare a spalla fuori dalla chiesa la bara della madre. Ad attenderli c’erano gli abbracci di conoscenti, amici e parenti. In mezzo alla folla, Achille Mazzoleni, allenatore dell’Inveruno, piangendo ha salutato Stefano con due semplici parole: «Ti aspettiamo». Due semplici parole, appunto, ma una testimonianza di un grande affetto ed un invito ad andare avanti, nonostante la più lancinante delle ferite.
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In memoria di
“Mamma sorrideva sempre”, la ricorda Alessandro. “Prima dell’omicidio c’erano stati altri episodi violenti. Mia madre si era anche presentata dai carabinieri, ma poi aveva ritirato la denuncia. Per trovare un po’ di pace si era trasferita da sua sorella a Bovisio Masciago. Non potevamo immaginare tutto questo”. E aggiunge: “Per una settimana dopo l’omicidio ricordo di aver pensato che non sarei più riuscito ad andare avanti. Come è possibile superare tutto questo?”. Il padre dal carcere li ha cercati due volte scrivendo loro delle lettere, che “noi abbiamo stracciato. Di lui non ne vogliamo più sapere”.
Alessandro, Stefano ed Eleonora decidono di non stare in silenzio: creano un’associazione dedicata a Valeria “X Noi Vale” e organizzano giornate di raccolta fondi necessari per dar vita al progetto “Eco”, ovvero uno sportello telematico d’aiuto alle donne vittime di violenza, ora attivo online grazie anche all’aiuto dell’associazione “Adagio”. E come funziona? “Sulla pagina dell’associazione è possibile – spiega Stefano – accedere allo sportello e chiedere aiuto. Pronti a rispondere ci sono psicologici in grado di sostenere la vittima e assisterla nel caso in cui voglia procedere con una denuncia. Abbiamo pensato a finestra online perché non sempre le donne vittime di violenza riescono a uscire di casa”.
Come loro, altri orfani di femminicidi si sono trovati da un giorno soli, senza un aiuto statale. Eppure le leggi ci sono: con la legge 4 dell’11 gennaio 2018, entrata in vigore il 16 febbraio 2018, il Parlamento aveva garantito agli orfani della violenza domestica assistenza medica e psicologica, accesso al gratuito patrocinio e stanziato soldi per orientamento, formazione e sostegno a scuola e nell’inserimento al lavoro. Per minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti. Le leggi ci sono, ma mancano i decreti attuativi per rendere operativa la legge. Ora è arrivata la promessa del ministro dell’Economia e ad attenderla sono in tanti. In Italia, se si guardano gli ultimi 15 anni, si contano almeno 2000 orfani di femminicidi, tra i 5 ad i 14 anni, che in molti casi hanno anche assistito all’omicidio.
Nel 2018 le donne vittime di violenza per mano di compagni o mariti sono state 142, in crescita rispetto all’anno precedente. 94 quelle registrate nei primi dieci mesi del 2019: di cui secondo l’osservatorio sul femminicidio 32 erano mamme. Un quadro che appare ancor più drammatico alla luce della prima indagine sui centri antiviolenza condotta dall’Istat: il numero delle strutture è pari a 281, ovvero 0,05 per 10 mila residenti. Sono, invece, 44mila le donne che hanno chiesto aiuto a un centro e solo due su tre, ovvero 29mila, sono state prese in carico, con percentuali più alte al Nord rispetto a Sud e isole. Le donne con figli sono il 63,7%. Eppure i fondi stanziati a favore dei centri antiviolenza sono ancora in attesa di essere ripartiti tra le Regioni. Risultato? Tutte le spese della famiglia, da quelle dei funerali alle pratiche burocratiche, passano a figli e parenti stretti.
(di Giorgia Venturini)