Silvana Cassol, 50 anni, ex vigile urbano, impiegata, mamma. Il marito uccide se stesso e lei con un unico colpo di pistola
Cadeneghe (Padova), 22 Maggio 2013
Titoli & Articoli
Uccide la moglie e si spara alla testa (il Mattino di Padova – 22 maggio 2013)
Omicidio-suicidio passionale del poliziotto Gabriele Ghersina. Ha freddato nel sonno Silvana Cassol, sua moglie e madre di tre figli
Non ha nemmeno avuto il coraggio di guardarla in faccia per l’ultima volta. L’ha colta nel sonno, le ha puntato la canna della pistola alla nuca e ha premuto il grilletto. Poi ha rivolto l’arma contro di sé, alla tempia, mettendo così fine al suo amore malato, all’ansia che lo stava divorando, alla paura di un futuro che non vedeva più. Gabriele Ghersina, 38 anni, originario di Trieste, assistente capo della polizia, ha ucciso la moglie Silvana Cassol, 49 anni, originaria di Sedico (Belluno), ex vigile urbano a Padova, ora impiegata in municipio e madre di tre figli.
«Ho rovinato tutto io», aveva confidato l’agente ad un collega qualche giorno prima. Ieri l’epilogo. In camera da letto, la tomba di una storia che durava da dieci anni. In una stanza adibita a studio, l’album ancora aperto con le foto del matrimonio. L’allarme alle 9.30 L’assistente capo Gabriele Ghersina ieri mattina doveva presentarsi a lavoro alle 8 in punto. Lui, armaiolo al II Reparto Mobile di via D’Acquapendente, agente preciso, puntuale e con il telefono cellulare sempre acceso, non aveva mai tardato nemmeno un minuto. Per questo i colleghi si sono subito preoccupati quando hanno visto che non arrivava. Hanno tentato di contattare la moglie senza ricevere alcuna risposta. Così, verso le 9.30, hanno raggiunto casa sua: un appartamento di 90 metri quadrati al terzo piano di una palazzina costruita vent’anni fa, in via Alberto Mario a Cadoneghe, un quadrilatero delimitato dalle case popolari e da piazza del Sindacato. Un lago di sangue La porta dell’alloggio al terzo piano, interno 7, era chiusa a chiave.
I colleghi di Ghersina hanno chiesto aiuto ai residenti del palazzo, intercettando i testimoni di nozze che disponevano di una copia delle chiavi. Dopo aver percorso qualche metro in un appartamento perfettamente in ordine e con un mazzo di fiori ancora freschi sul tavolo del soggiorno, hanno spalancato la porta della camera da letto e sono stati travolti dall’odore di chiuso mescolato a quello del sangue.
Sul letto matrimoniale Silvana Cassol dava le spalle al compagno, giaceva su un fianco, in pigiama, coperta dal piumone invernale, con il cranio bucato all’altezza della nuca. Gabriele Ghersina era accanto a lei, supino, con la testa perforata da tempia a tempia. Tra loro, nel materasso tempestato di chiazze rosse, una pistola Glock calibro 9, arma austriaca, leggera e infallibile. Sul pavimento, un cuscino con impressi i segni della tragedia. Nella stanza c’era anche Luke, l’adorato pitbull tigrato, che si muoveva nervosamente attorno al letto.
Indaga la squadra mobile. Al momento la ricostruzione più attendibile, secondo gli uomini della squadra mobile di Marco Calì, è quella dei due colpi di pistola sparati dal poliziotto tra le 4 e le 6 del mattino: prima contro la moglie, poi contro se stesso. Gli investigatori della questura però hanno trovato un solo bossolo, circostanza che potrebbe avvalorare la tesi di un unico colpo esploso dall’agente. In questo caso, prima di far fuoco, l’uomo avrebbe appoggiato la testa a quella della consorte. In via Mario ieri mattina è giunto anche il pubblico ministero di turno Vartan Giacomelli. Oggi in procura sarà conferito l’incarico per l’autopsia sui due corpi, esame che servirà a dare risposte a tutte le domande.
Movente passionale Ciò che non lascia adito a dubbi è il movente. La tragedia di via Mario è figlia di una storia d’amore che durava da dieci anni ma che ormai, dopo appena due anni di matrimonio, si stava avviando alla conclusione. Chiuso e introverso lui, vivace ed esuberante lei. Due caratteri molto diversi, a tratti anche opposti. L’ultimo fine settimana l’avevano trascorso lontani l’uno dall’altra. Doveva essere un momento di pausa. È stato l’inizio della fine. (di Enrico Ferro)
Omicidio-Suicidio: chi erano Silvana Cassol e Gabriele Ghersina (Telecittà – 22 maggio 2013)
La notizia della tragedia dell’omicidio di Silvana Cassol e del suicidio di Gabriele Ghersina in pochi minuti sta mane è giunta al reparto mobile di Padova lasciando i colleghi dell’uomo sgomenti ad interrogarsi su cosa possa aver scatenato in lui sentimenti tanto forti da farlo sparare. Al reparto il suo ruolo era quello di armaiolo, il suo compito quello di controllare armi, munizioni e dispositivi degli altri poliziotti. Di lui i colleghi parlano come di un uomo riservato, ma sorridente, molto attento nel lavoro che eseguiva con responsabilità e severa attenzione.
Più di qualcuno era stato rimproverato per non aver presentato al controllo un arma perfettamente pulita e la sua dedizione al lavoro lo aveva portato a sostituire una per una tutte le viti dei caschi in dotazione al reparto mobile che con l’usura avevano creato qualche problema alle visiere. A ricorrere nei ricordi dell’uomo la parola “normale”.
Così come di una persona serena e tranquilla parlano i colleghi di lavoro di Silvana. Dieci anni fa la donna aveva prestato servizio nei vigili urbani della Città del Santo poi aveva deciso di diventare un impiegata civile e da soli due mesi aveva preso posto nella segreteria del settore edilizia pubblica di Palazzo Moroni. I vicini di casa conoscevano la coppia e ancora una volta la parola d’ordine per descrivere la famiglia è normalità.
Omicidio-suicidio a Cadoneghe, il ricordo dei colleghi in Comune (Padova Oggi – 23 maggio 2013)
Il vicesindaco reggente di Padova Ivo Rossi interviene sul dramma della morte del poliziotto Gabriele Ghersina che si è sparato dopo aver ucciso la moglie Silvana Cassol, dipendente comunale
E’ una tragedia che colpisce tutti”. Così il vicesindaco reggente di Padova Ivo Rossi sull’omicidio a Cadoneghe di Silvana Cassol, uccisa dal marito poliziotto Gabriele Ghersina che poi si è tolto la vita.
I COLLEGHI DI LEI. “In particolare – aggiunge Rossi in una nota – colpisce i colleghi che negli anni, in Comune e nel servizio della Polizia di Stato, hanno avuto modo di lavorare a fianco di queste due persone”. Rossi ricorda che “Silvana Cassol era stata impegnata a lungo nel corpo della polizia municipale prima di prendere servizio alla segreteria dell’edilizia pubblica. In queste ore ho avuto modo di ascoltare il racconto e il ricordo affettuoso di molti suoi colleghi, rimasti sgomenti come tutti noi di fronte ad una fine tanto tragica. Alla polizia di Stato ed ai dipendenti del Comune che non potranno più salutare i loro colleghi va tutta la mia vicinanza”.
Condomini chiusi nello sgomento: “Erano delle brave persone” (Padova Oggi – 22 maggio 2013)
Poca voglia di parlare fra i vicini delle vittime dell’ennesima tragedia familiare consumatasi questa mattina a Cadoneghe. La coppia protagonista dell’omicidio-suicidio non lasciava trapelare grosse difficoltà ma sembra che da tempo tra i due ci fossero degli screzi
Una coppia esemplare, ma solo in apparenza. In pochi, si erano accorti dei problemi fra Gabriele Ghersina e Silvana Cassol, vittime questa mattina di un omicidio-suicidio consumatosi nella loro abitazione di via Mario 6, a Cadoneghe. Forse per la poca confidenza con i vicini, nessuno aveva intuito la possibilità di un gesto tanto grave. I colleghi di Ghersina hanno riferito di qualche screzio avvenuto fra lui e la moglie. Discussioni che si sarebbero protratte da un po’, ma sempre senza far immaginare un così tragico epilogo.
PARLA UNA VICINA. A parlare nel video, una vicina di passaggio che ha riferito di essere stata avvertita dalla figlia dell’accaduto questa mattina. Passando per via Mario la ragazza avrebbe udito il rumore dello sparo mettendosi subito in contatto con la madre. La signora conosceva da vicino Silvana Cassol e i figli, definiti delle brave persone, legate da un rapporto di amicizia a sua figlia e ai suoi nipoti. Non resta che lo sgomento di amici e colleghi e il mistero della fine violenta di una relazione in apparenza normale.
Dramma a Cadoneghe, da “pausa di riflessione” a omicidio-suicidio (Padova Oggi – 23 maggio 2013)
Recentemente il matrimonio di Gabriele Ghersina e Silvana Cassol si era incrinato. Il poliziotto aveva trascorso separatamente, in accordo con la moglie, il fine settimana fuori casa. Dopo 2 giorni dal rientro nell’appartamento di via Mario, però, la tragedia.
Avevano trascorso il fine settimana divisi. Lui aveva dormito fuori casa. Una sorta di “pausa di riflessione” in un momento di crisi matrimoniale. Poi però lunedì era rientrato nell’appartamento coniugale in via Mario a Cadoneghe per tornare dalla moglie. Il rapporto si era incrinato, certo, ma nulla faceva presagire che nella mente di lui ci fosse in programma, due giorni dopo, un epilogo così drammatico.
DUE CARATTERI AGLI ANTIPODI. Questo il retroscena che emerge dai racconti di parenti, amici e colleghi più vicini alla coppia, come riportano oggi i quotidiani locali. Gabriele Ghersina, 38 anni, assistente capo del secondo Reparto mobile della questura di Padova, nella notte tra martedì e mercoledì ha sparato nel sonno alla moglie Silvana Cassol, 50enne ex vigile urbano, impiegata del Comune di Padova. Dai racconti di chi li conosceva bene traspare una grande diversità di caratteri: più schivo, riservato e casalingo lui, più solare, estroversa, amante dei viaggi lei. Differenze che negli ultimi tempi avevano cominciato a incrinare la serenità della coppia, convolata a nozze appena due anni fa, nel 2011. Gli inquirenti non hanno dubbi sul movente passionale del gesto estremo di Ghersina che, con la sua Glock regolamente detenuta, avrebbe fatto fuoco prima, sembra, contro la moglie, e poi contro di sè, a letto. Il condizionale è d’obbligo, visto che di proiettili, per ora, ne è stato rinvenuto solo uno. Oggi in Procura sarà conferito l’incarico per l’autopsia sui due corpi, per ricostruire con precisione gli ultimi attimi di vita di Gabriele e Silvana.
L’addio a Silvana «Una morte ingiusta monito per il futuro» (il Mattino di Padova – 30 maggio 2013)
Almeno 500 persone presenti alla cerimonia laica Vigili schierati, fiori e tanti ricordi: «Era fiera e passionale»
Il feretro di Silvana Cassol è giunto al cimitero maggiore di Chiesanuova scortato dai centauri della polizia municipale. Ad attenderlo, sull’attenti, i colleghi in divisa tra applausi, fiori bianchi e rose rosa. All’interno della sala del commiato, gremita da 500 persone, per il rito laico, le figlie e il figlio erano seduti accanto al papà, ex marito di Silvana, alla nonna e alle zie. Il nome di Silvana, scritto in azzurro sullo schermo bianco è davanti a tutti: rievoca la tragedia della morte e il dramma del femminicidio perché la quarantanovenne non è solo una madre strappata all’affetto dei figli, una sorella rubata al cuore dei suoi cari, un’amica e una collega stimata, è anche l’ennesima donna uccisa dalle mani che fino ad un minuto prima accarezzavano.
La vita di Silvana è stata fermata per sempre dal colpo di pistola esploso dal marito Gabriele Ghersina, 38 anni, armiere della polizia. La tragedia si è consumata nella notte tra il 21 e il 22 maggio scorsi nell’appartamento in via Mario, a Cadoneghe. Gabriele ha impugnato la sua pistola, si è steso accanto alla moglie che dormiva su un fianco, ha appoggiato la testa sulla nuca di lei e si è sparato un colpo alla tempia destra. È bastato quell’unico colpo per uccidere entrambi. Le prime a tracciare un ritratto commosso dell’ennesima vittima dell’amore malato, sono state le colleghe: «Silvana era desiderosa di imparare sempre cose nuove», ricordano, «fiera e passionale, dimostrava competenza in tutto quello che faceva». Il saluto è una promessa: «Carissima Silvana, ti salutiamo con un impegno, che la tua morte serva a salvare tante altre vite umane innocenti». Poi ha preso la parola don Giovanni Brusegana: «Cosa ci faccio in un contesto laico? Ci sono perché ho Silvana nel cuore». Don Giovanni ha raccontato d’aver conosciuto una Silvana bambina dal racconto di un confratello: «Ho conosciuto, prima della persona» rivela «la sua esperienza personale con la religione, fuori dai soliti canoni dei ragazzi, ma mistica e profonda. Poi l’ho ritrovata studentessa al Curiel, negli anni caldi delle occupazioni e delle tensioni, sempre alla ricerca di una dialettica viva. Ho sempre conservato un grande rispetto per lei: come una farfalla che non deve essere toccata per non sciuparne i colori, incontenibile, intelligente ed assetata d’infinito perché era sempre alla ricerca di qualcosa di più. Dotata di intelligenza superiore e forte spirito critico, curiosa ed affamata di ricerca. La sua bellezza ed il suo amore erano troppo grandi: malgrado la tragica fine, Silvana è più grande del suo feretro perché resterà sempre nei nostri cuori». Amici, conoscenti e istituzioni (c’erano il sindaco di Cadoneghe e l’assessore padovana Silvia Clai) hanno voluto aggiungere gratitudine, ma l’ultima parola è stata della sorella: «La morte di Silvana così ingiusta è una ferita che non si può rimarginare ma deve essere un monito per il futuro perché drammi di questo genere non debbano più accadere».