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Gabriele Ghersina, 38 anni, poliziotto. Uccide la moglie e se stesso con un solo colpo di pistola

Cadeneghe (Padova), 22 Maggio 2013


Titoli & Articoli

Dramma a Cadoneghe, poliziotto spara alla moglie e si uccide (Padova Oggi – 22 maggio 2013)
Il fatto oggi in via Mario: Gabriele Ghersina, 38 anni, ha sparato alla moglie Silvana Cassol per motivi sentimentali. I due erano sposati dal 2011. La scoperta dei corpi è avvenuta da parte di un vicino di casa, allertato dai colleghi
Un poliziotto Gabriele Ghersina, 38 anni, ha ucciso la moglie, Cassol Silvana, 50 anni, con un colpo di pistola e si sarebbe suicidato con la stessa arma. Il fatto è avvenuto a Cadoneghe questa mattina presto.
IL FATTO. Secondo una prima ricostruzione, l’uomo avrebbe sparato alla moglie alla nuca mentre stava ancora dormendo. I due erano sposati dal 2011 e lei, un tempo vigile urbano, da 10 anni era impiegata in Comune. Il motivo del gesto sarebbe riconducibile a motivi sentimentali: c’erano delle crepe, e a quel che si sa la moglie aveva già due figli avuti da un precedente matrimonio.
LA SCOPERTA. A scoprire i due cadaveri un vicino di casa, allertato dai colleghi del poliziotto che, non vedendolo arrivare, hanno pensato inizialmente ad un incidente. Sul posto subito dopo che è scattato l’allarme sono giunti il questore di Padova e il pubblico ministero di turno Vartan Giacomelli. Il poliziotto apparteneva al Secondo reparto mobile della polizia. All’opera ora, anche la polizia scientifica e un patologo, per stabile una prima sequenza dei fatti.
PERSONA STIMATA. Sgomento tra i colleghi, il questore di Padova Vincenzo Montemagno afferma: “Era una persona stimata, solare, amata e benvoluta da tutti”.

Omicidio-Suicidio: chi erano Silvana Cassol e Gabriele Ghersina (Telecittà – 22 maggio 2013)
La notizia della tragedia dell’omicidio di Silvana Cassol e del suicidio di Gabriele Ghersina in pochi minuti sta mane è giunta al reparto mobile di Padova lasciando i colleghi dell’uomo sgomenti ad interrogarsi su cosa possa aver scatenato in lui sentimenti tanto forti da farlo sparare. Al reparto il suo ruolo era quello di armaiolo, il suo compito quello di controllare armi, munizioni e dispositivi degli altri poliziotti. Di lui i colleghi parlano come di un uomo riservato, ma sorridente, molto attento nel lavoro che eseguiva con responsabilità e severa attenzione.
Più di qualcuno era stato rimproverato per non aver presentato al controllo un arma perfettamente pulita e la sua dedizione al lavoro lo aveva portato a sostituire una per una tutte le viti dei caschi in dotazione al reparto mobile che con l’usura avevano creato qualche problema alle visiere
. A ricorrere nei ricordi dell’uomo la parola “normale”.
Così come di una persona serena e tranquilla parlano i colleghi di lavoro di Silvana. Dieci anni fa la donna aveva prestato servizio nei vigili urbani della Città del Santo poi aveva deciso di diventare un impiegata civile e da soli due mesi aveva preso posto nella segreteria del settore edilizia pubblica di Palazzo Moroni. I vicini di casa conoscevano la coppia e ancora una volta la parola d’ordine per descrivere la famiglia è normalità.

Dramma a Cadoneghe, da “pausa di riflessione” a omicidio-suicidio (Padova Oggi – 23 maggio 2013)
Recentemente il matrimonio di Gabriele Ghersina e Silvana Cassol si era incrinato. Il poliziotto aveva trascorso separatamente, in accordo con la moglie, il fine settimana fuori casa. Dopo 2 giorni dal rientro nell’appartamento di via Mario, però, la tragedia.
Avevano trascorso il fine settimana divisi. Lui aveva dormito fuori casa. Una sorta di “pausa di riflessione” in un momento di crisi matrimoniale. Poi però lunedì era rientrato nell’appartamento coniugale in via Mario a Cadoneghe per tornare dalla moglie. Il rapporto si era incrinato, certo, ma nulla faceva presagire che nella mente di lui ci fosse in programma, due giorni dopo, un epilogo così drammatico.
DUE CARATTERI AGLI ANTIPODI. Questo il retroscena che emerge dai racconti di parenti, amici e colleghi più vicini alla coppia, come riportano oggi i quotidiani locali. Gabriele Ghersina, 38 anni, assistente capo del secondo Reparto mobile della questura di Padova, nella notte tra martedì e mercoledì ha sparato nel sonno alla moglie Silvana Cassol, 50enne ex vigile urbano, impiegata del Comune di Padova. Dai racconti di chi li conosceva bene traspare una grande diversità di caratteri: più schivo, riservato e casalingo lui, più solare, estroversa, amante dei viaggi lei. Differenze che negli ultimi tempi avevano cominciato a incrinare la serenità della coppia, convolata a nozze appena due anni fa, nel 2011. Gli inquirenti non hanno dubbi sul movente passionale del gesto estremo di Ghersina che, con la sua Glock regolamente detenuta, avrebbe fatto fuoco prima, sembra, contro la moglie, e poi contro di sè, a letto. Il condizionale è d’obbligo, visto che di proiettili, per ora, ne è stato rinvenuto solo uno. Oggi in Procura sarà conferito l’incarico per l’autopsia sui due corpi, per ricostruire con precisione gli ultimi attimi di vita di Gabriele e Silvana.

Gabriele, spunta un rivale. L’sms: «Non me la porti via» (Corriere del Veneto – 25 maggio 2013)
La svolta nell’inchiesta dopo il sequestro dei telefonini: la donna gli aveva chiesto di lasciare casa
«Non lascerò che me la porti via». E’ Gabriele Ghersina che scrive all’amante di Silvana Cassol, sua moglie. Un sms mandato qualche giorno prima della tragedia di mercoledì e ora finito nel fascicolo in mano al sostituto procuratore Vartan Giacomelli, in cui il 38enne poliziotto addetto all’armeria del Reparto Mobile di Padova lasciava intendere di essere pronto a tutto per tenere con sé la sua Silvana, sposata nel 2011 con rito civile. Di essere pronto, forse, a mettere in atto il proposito purtroppo concretizzato attorno alle 5 di mattina di mercoledì, quando ha preso la sua Glok semiautomatica calibro 9, ha messo la testa vicino a quella della moglie (che dormendo sul lato sinistro del letto glu dava le spalle e quindi non s’è resa conto di nulla, nemmeno di morire) e ha premuto il grilletto.
Il proiettile, di quelli «incamiciati», ovvero ricoperti in acciaio e che non esplodono al primo contatto, ha trapassato la testa dell’uomo da destra a sinistra, per poi finire nella nuca di Silvana, 50 anni dipendente comunale e impiegata nel settore Edilizia Pubblica, a Padova. Un solo colpo li ha uccisi entrambi, come aveva progettato Gabriele Ghersina, esperto d’armi. La certezza di quanto accaduto nell’appartamento che marito e moglie condividevano a Codoneghe arriverà solo dall’autopsia che stamattina alle 9.30 i medici legali Giovanni Cecchetto e Massimo Puglisi svolgeranno sui due cadaveri, ma l’ipotesi di un solo colpo killer è la più accreditata, risultando compatibile da un punto di vista medico- legale con l’esame esterno dei corpi di Gabriele e Silvana. Sono due i particolari che fanno propendere verso questa versione: il proiettile calibro 9 si è conficcato nella testa della donna, che quindi non ha fori d’uscita; la particolare perdita di materia grigia per il foro d’entrata, e non d’uscita, dal cranio del poliziotto, che certifica come la tempia sinistra (dove appunto c’è il foro d’uscita del proiettile) fosse appoggiata a quella della moglie, colpita nella parte bassa della nuca. Intanto a due giorni di distanza dall’omicidio-suicidio di Cadoneghe (Padova) sembra alzarsi il velo anche sul movente, passionale: la storia d’amore condita da mille difficoltà e altrettanti tira e molla tra Silvana e Gabriele era al capolinea.
Lui non aveva accettato quanto la moglie gli avrebbe detto alcuni mesi prima, in piena sincerità: e cioè che stava frequentando un altro uomo (un collega di lavoro del settore comunale di Edilizia pubblica) e che del marito non voleva sapere più nulla. Tanto da arrivare a chiedergli di andare via di casa, di proprietà della donna. Dagli interrogatori che gli agenti della Squadra Mobile hanno condotto in maniera serrata su parenti e conoscenti della coppia fin da mercoledì mattina infatti, sembra che negli ultimi tempi Gabriele Ghersina si fosse chiuso in se stesso più del solito, nonostante fosse di carattere un tipo taciturno. Ma si vedeva, dicono i vicini e i parenti sentiti dagli inquirenti, che le ultime settimane le aveva vissute con tensione, magari progettando un piano, un modo, per tenere legata a lui la donna della sua vita.
Poi, una volta scoperto chi era l’uomo che Silvana aveva iniziato a frequentare, gli aveva mandato quel messaggio di sfida: «Non lascerò che me la porti via». Il presunto amante è stato ascoltato giovedì dagli uomini della Squadra Mobile guidati dal vicequestore aggiunto Marco Calì e a loro ha detto che sì, aveva iniziato a frequentare la collega di lavoro ma che tutto era solo all’inizio. Che non si andava oltre un feeling particolare e una forte simpatia reciproca e che mai si era arrivati a parlare di un rapporto serio e duraturo. Ma quella simpatia, quei nuovi stimoli tipici dell’inizio di una relazione avevano portato Silvana a decidere di cambiare vita, di chiudere con il passato e con un uomo, Gabriele, con cui c’erano state più di una difficoltà. Glielo aveva detto in faccia, in maniera schietta e gli aveva chiesto di lasciarla sola, di allontanarsi anche di casa. Glielo aveva chiesto senza nemmeno lontanamente immaginare che suo marito potesse architettare il terribile piano messo in atto mercoledì: avvicinare la sua testa a quella della moglie, puntarsi la pistola alla tempia e sparare, uccidendola nel sonno una mattina di primavera, nel loro letto. Tenendola con sé per sempre, legata da un filo di morte.


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In memoria di

L’addio a Gabriele in Carnia «Un oscuro mistero» (il Mattino di Padova – 29 maggio 2013)
Gabriele Ghersina ha trovato la pace alla fine e ora riposa nel cimitero di Castoia. I funerali del poliziotto che si è ucciso assieme a sua moglie Silvana Cassola sono stati celebrati ieri pomeriggio dal parroco don Piero Piller e da don Ulisse, il cappellano del Reparto mobile di Padova, cui apparteneva Gabriele. La salma è arrivata con un’ora di anticipo sulla piazzetta ai piedi della chiesa di Castoia, seguita da una corriera sulla quale viaggiavano i colleghi del poliziotto. Sotto un cielo plumbeo i commilitoni sono rimasti in silenzio, dopo aver portato le condoglianze alla mamma Lia Moroni, al papà Mario e al fratello minore Giovanni. Al rintocco delle campane alle 15, è partito il corteo lungo la ripida salita sino alla chiesa. Tra le corone di fiori una con la scritta “Coisp e gli amici del Veca”, ossia il sindacato di polizia e i colleghi del Reparto mobile. «Un oscuro mistero quello che è accaduto» ha detto don Piller durante l’omelia «per il quale non si hanno parole, se non il conforto della fede. La presenza di tanti amici esprime la solidarietà di tutti a chi, qui presente o più lontano, è nel dolore».Chiaro riferimento non solo alla famiglia di Gabriele, ma anche a quella delle moglie.
Don Ulisse ha paragonato la vita di ciascuno a un quadro, a un’opera d’arte. «Non importa se, mentre si dipinge questa meravigliosa opera, qualche pennellata lascia qualche piccola o grande macchia; tutti, anche Gabriele, cercando la sua realizzazione, ha dipinto il quadro della sua vita. Ha eseguito un’opera d’arte che viene testimoniata dalla presenza di tanti colleghi e amici ora qui presenti a porgergli l’estremo saluto, e dal lavoro che ha svolto».